Spedizionieri e agenti marittimi chiedono una maggiore definizione della normativa nazionale per il recepimento delle direttive comunitarie sulla territorialità dell'IVA. La richiesta è stata avanzata oggi da Fedespedi (Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali) e Federagenti (Federazione Nazionale Agenti Raccomandatari Marittimi e Mediatori Marittimi) nel corso del convegno “Le novità IVA 2010: prestazioni di servizi, reserve charge e intrastat” organizzato dalle due federazioni di categoria e svoltosi presso il Palazzo della Borsa Valori di Genova.-
- La riforma, che costituisce attuazione di tre direttive comunitarie (2008/8/CE, 2008/9/CE, 2008/117/CE) - hanno ricordato le due federazioni - ha interessato in modo significativo anche le prestazioni di servizio nel settore dei trasporti (ambito di riferimento per le attività svolte da spedizionieri, agenti e mediatori marittimi), modificando il regime di tassazione delle stesse rispetto alla previgente normativa comunitaria. «L'augurio degli spedizionieri - ha spiegato il presidente di Fedespedi, Piero Lazzeri - è quello che, oltre ad una maggiore chiarezza sull'interpretazione della norma da parte dei nostri decisori nazionali, l'applicabilità della stessa sia univoca in tutti i Paesi comunitari al fine di garantire una corretta concorrenza sul mercato».
- «In un momento di mercato come quello attuale, che vede la produttività delle aziende marittime messe a dura prova - ha rilevato il presidente della federazione degli agenti marittimi, Filippo Gallo - Federagenti chiede a istituzioni e pubblica amministrazione di mantenere alta l'attenzione sui nostri problemi. In particolare, sulle novità IVA 2010, chiediamo all'Agenzia delle Dogane e all'Agenzia delle Entrate l'apertura di più momenti di confronto, con gli operatori per identificare e risolvere le criticità operative emerse con il decreto 11/2/2010 n.18 che ha recepito le direttive comunitarie. Penso in concreto ad aspetti ancora poco chiari come l'identificazione del soggetto stabilito e del momento impositivo. Infine è molto importante rimediare all'impatto finanziario che deriva dalla perdita dello status di esportatore abituale per gli operatori italiani le cui prestazioni di servizi, rientranti in ambito internazionale o connesse agli scambi internazionali, fornite a clienti stranieri (UE ed extra UE), passano da un regime di non imponibilità ad uno di esclusione e non sono quindi più idonee pertanto a formare plafond».

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