- LAVORO PORTUALE: UNA SFIDA EUROPEA
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La crescita dei traffici e lo sviluppo dei porti di Genova e
Savona passano anche attraverso l'evoluzione normativa ed
organizzativa del lavoro temporaneo delle Compagnie Portualità-
- Genova, 5 dicembre 2014
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Il quadro generale in cui operiamo registra ancora il debole
andamento del ciclo economico, con una bassissima inflazione che
accentua i problemi dei paesi con un alto debito pubblico (come
l'Italia).
Il FMI vede una” mediocre e tormentata” fase di
ripresa del ciclo economico con previsioni riviste al ribasso per il
2014 ed ipotesi di sviluppo inferiori anche per il 2015.
Continua la debolezza economica mondiale a sette anni dalla
crisi.
Nello specifico si registrano previsioni con ritmi diversi di
sviluppo del PIL in varie aree:
PIL MONDIALE |
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2014 |
|
2015 |
|
+3.3 |
+3.8 |
|
|
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PIL PAESI EMERGENTI 2014 |
+4.4 |
+5.0 |
Tra cui: |
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Cina |
+7.4 |
+7.0 |
India |
+5.6 |
+6.4 |
|
|
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PIL EUROZONA |
+0.8 |
+1.3 |
Tra cui |
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Germania |
+1.4 |
1.5 |
Spagna |
+1.3 |
+1.7 |
Francia |
+0.4 |
+1.0 |
Italia |
-0.2 |
+0.8 |
- Dopo aver esagerato in previsioni ottimistiche, continuamente
riviste, ora gli esperti internazionali ritengono assai probabile un
periodo di lunga stagnazione per le economie occidentali anche per i
prossimi anni. Tuttavia secondo il WTO sta aumentando lo scarto tra
la crescita del PIL e quella del commercio internazionale, con il
fatto che l'economia mondiale è condizionata da più
alte esportazioni.
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- I.S.L. di Brema ha previsto per il 2014 in Europa una crescita
del 9% di movimentazione nel settore container (anche se non è
detto che corrisponda a volumi trasportati).
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La BCE prevede per il 2014 e il 2015 una crescita della domanda
estera con buone prospettive per l'area euro cioè +4.9% e
+5.7%.
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- In questo quadro i porti sono un po' le vittime del disordine
economico dello shipping, cioè di quella situazione in cui la
redditività delle Compagnie Marittime cala a causa della
sovracapacità di stiva; eppure si continuano ad ordinare navi
a livelli precrisi.
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- Per contenere i costi i gruppi armatoriali tagliano i servizi,
rallentano la velocità delle navi allungano i tempi di
servizio oppure costruiscono navi sempre più grandi che
costringono i porti, le Autorità Portuali, i Terminal
Operators a continui investimenti per adeguare banchine, fondali e
mezzi di movimentazione se vogliono intercettarne i traffici.
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- Soprattutto in nord Europa i porti sono andati a rimorchio di
queste scelte con progetti di porti giganti ed anche in Italia con
vari progetti ambiziosi.
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E' tuttavia confermato che il gigantismo navale non è
automaticamente per tutti i porti una garanzia di maggiori volumi
acquisibili.
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- Lo scenario specifico del nostro lavoro è quello dei
traffici marittimi nazionali nella crisi.
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- Nel 2009 si è registrato un - 14% dei volumi trasportati
con circa 500 ml di tons sull'anno precedente, nel 2013 si torna al
2009: se ci sono porti che crescono è prevalentemente per una
redistribuzione di volumi tra i vari scali attraverso i citati
fenomeni di aumento delle esportazioni e del gigantismo navale, che
stanno selezionando i porti.
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- Cosa accade al lavoro portuale?
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- Nei porti italiani si registrano 21.000 dipendenti diretti degli
art. 18 e 16, comprese imprese di appalto e subappalto, e 2200
addetti alla fornitura di lavoro portuale temporaneo (art.17) di cui
circa 1300 a Genova e Savona. Le due Compagnie portuali e la Pietro
Chiesa sono un fulcro del lavoro nei rispettivi porti, proprio
perché non sono imprese di somministrazione pura ma strutture
del lavoro flessibile organizzato e professionalizzato. Si conferma
che anche a Genova e Savona l'attività portuale più
oggi che ieri è dominata dalla variabilità del ciclo
operativo e dalle esigenze di flessibilità del lavoro, perché
bisogna rispondere a fattori esterni al porto.
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- Il Terminal Operator non è un officina in cui un' impresa
controlla tutti i fattori organizzativi del proprio ciclo
produttivo; oltre al fenomeno oggettivo e storico delle condizioni
meteo-marine, l'impresa portuale non controlla il fondamentale
elemento del proprio ciclo operativo: la nave.
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- In tal senso anche il futuro dei porti europei di Genova e
Savona è collegato alle scelte dei grandi gruppi armatoriali,
alle loro alleanze, al fenomeno delle grandi navi ed alla
collocazione effettiva dei due porti nelle reti TENT europee e nei
corridoi di traffico d'Europa.
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- Il lavoro portuale anche nell'apparente ciclo industriale del
container ha perciò bisogno di adattarsi continuamente a
scelte di mercato compiute altrove e da modelli organizzativi in
continua evoluzione. In ciò è fondamentale per
l'impresa portuale la terziarizzazione delle proprie attività,
una necessità insita nella movimentazione delle merci.
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- Ovviamente ci può essere una tendenza per le imprese
concessionarie ad una terziarizzazione del lavoro senza regole (Vedi
analisi” FAR WEST” Apetecchia) o in una forma che passi
attraverso la regolazione del lavoro temporaneo, specializzato e
flessibile, coniugato alla sicurezza del lavoro soprattutto per i
porti di dimensioni e valenza internazionale.
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- Guardando proprio all'Europa ci sono modelli di organizzazione
del lavoro che sono stati attuati in certi grandi porti del nord
come Anversa ed Amburgo, il cui studio può essere fonte di
una valutazione sui tratti comuni con Genova e Savona e di una
ipotesi di lavoro e proposta per le imprese operanti.
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- ANVERSA
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- In Belgio possono lavorare nei porti solo lavoratori
riconosciuti e registrati, dotati di un tesserino di riconoscimento.
Possono essere impiegati lavoratori non registrati solo nel caso in
cui una situazione di carenza di mano d'opera sia stata verificata e
accertata dalle rappresentanze datoriali e sindacali. Ad Anversa la
mano d'opera fissa e intermittente è gestita tramite un
istituto, il Joint Subcommitte, il Sottocomitato Congiunto del porto
di Anversa (abbreviato d'ora in poi con JSC), presieduto da un
funzionario del Ministero del lavoro e composto da rappresentanti
della confederazione datoriale Cepa, alla quale sono affiliate circa
100 imprese operanti nel porto, e da rappresentanti dei tre
sindacati, Il Sottocomitato decide sulle condizioni di lavoro nel
porto, che fanno oggetto di uno specifico Codice aggiornato di volta
in volta, i contratti conclusi in questa sede possono essere
riconosciuti per legge. Il JSC è responsabile del
reclutamento, della sorveglianza sul rispetto degli istituti
contrattuali e delle norme previdenziali. Un “Ufficio
Permanente” paritetico all'interno del JSC decide su eventuali
controversie, le sue decisioni sono inappellabili. Sono in sostanza
organismi, imprenditori-sindacati, tutelati dal Ministero del
Lavoro, la cui politica occupazionale e i cui criteri di
reclutamento sono decisi consensualmente tra le due parti.
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- I Registri sono due, uno per i portuali e un altro per i
lavoratori della logistica. Alla data del 30 settembre 2013 il
totale dei lavoratori registrati era di 7.128, di cui 1.003 nella
logistica. I 6.125 lavoratori portuali registrati si dividono in
lavoratori di categoria A e lavoratori di categoria B; questi
ultimi sono gli avventizi che dopo 18 mesi passano alla categoria A
oppure sono lavoratori di categoria A che hanno subito delle
sanzioni per cui sono tornati nella categoria B. La differenza tra
le due categorie è data sul piano salariale, dal fatto che
ambedue hanno diritto al sussidio di disoccupazione (mancato
avviamento) di € 68,30 ma solo quelli di categoria A hanno
diritto, in caso di mancato avviamento, alla cosiddetta attendance
money aggiuntiva di € 13,5. L'orario di lavoro normale è
di 36 ore e 1/4 la settimana, cioè 7 ore e 1/4 dal lunedì
al venerdì. Sabato e domenica sono opzionali. I turni di
notte e del sabato sono pagati il 50% in più, i turni di
domenica il 100% in più. Lo straordinario è pagato il
50% in più. L'orario di lavoro del turno giornaliero può
essere prolungato di due ore per consentire di finire la nave,
dietro pagamento di uno straordinario al 150%. In realtà non
tutti i lavoratori sono assunti a giornata, ci sono tre categorie:
1) conduttori di mezzi speciali (che sono 1.054), 2) supervisori
(966) e 3) lavoratori della logistica (1.003) che sono assunti in
maniera permanente; i lavoratori generici di categoria A e B (1.965)
ed i lavoratori specializzati di categoria A e B (1.928) sono
assunti in maniera intermittente, a chiamata, senza un contratto
scritto. I tallymen per i container (212) possono essere sia casual
che permanent. Nel 2013 i permanenti sono stati il 46,43%, gli
occasionali il 53,57%. I portuali a chiamata sono 4.000 circa contro
2.000 fissi (conduttori di mezzi speciali e preposti). Le chiamate
giornaliere per i lavoratori flessibili sono quattro.
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- L'associazione datoriale Cepa ha il compito di amministrare
centralmente i salari inerenti l'occupazione dei lavoratori
registrati, raccoglie capillarmente le informazioni sugli avviamenti
dai gates dei terminals o dei magazzini e dalla sala della chiamata
in modo da poter inviare settimanalmente una fattura ai singoli
datori di lavoro. Tutto il resto rispecchia l'esito del negoziato
tra Cepa e organizzazioni sindacali, Il JSC quindi non sostituisce
il sindacato nella negoziazione delle condizioni contrattuali ma, in
quanto organismo riconosciuto dal Ministero del lavoro e presieduto
da un funzionario del Ministero, garantisce che siano rispettate le
norme previste per legge relative al salario base, alle indennità
di mancato avviamento e che siano riconosciuti tutti gli istituti
previsti dalla previdenza sociale (assegni familiari, ferie,
indennità malattia, pensione, invalidità ecc.) ed
eventuali altri benefits riconosciuti dalle associazioni datoriali.
JSC non è un organismo rappresentativo della forza lavoro ma
un organismo di sorveglianza dei Ministero del lavoro controllato
dai datori di lavoro e dai sindacati perché siano rispettate
le norme di legge e garantito il rispetto degli accordi
contrattuali. E' un organismo di regolazione dei lavoro
intermittente. La Cepa gestisce un Fondo sociale di Compensazione
riservato alla categoria dei lavoratori portuali che elargisce la
cosiddetta attendance money e un'indennità ulteriore per i
lavoratori anziani in caso di mancato avviamento, i contributi per
ricoveri ospedalieri, per indumenti protettivi di lavoro ecc.. Il
suo Training Centre è il luogo più interessante del
porto dal punto di vista della mano d'opera. Ci lavorano 17
istruttori (portuali anziani con molta esperienza pagati
dall'Ufficio del Lavoro) che hanno a disposizione per i conduttori
di mezzi speciali (gru di banchina, reach stacker, van carrier ecc.)
dei simulatori (il più recente, per le gantry cranes, costa 1
milione di dollari!).
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- Ad Anversa c'è un pool di lavoro temporaneo
professionalizzato ed organizzato che opera in un porto di imprese
private con meno dipendenti che lavoratori flessibili. E' un
organismo fondamentale in un porto con alti volumi di traffico per
tutti i terminal che lo utilizzano completamente mantenendone il
funzionamento e l'equilibrio economico attraverso il JSC.
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- AMBURGO
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- La situazione nel porto di Amburgo è diversa perché
l'evoluzione storica dell'istituto che regola ed organizza il lavoro
intermittente è stata diversa, ma l'impostazione rimane la
stessa di Anversa in quanto l'ente che assume e dispone i lavoratori
secondo le esigenze dei terminals è anch'esso un ente
paritetico datori di lavoro-sindacati: il Gesamthafenbetrieb (GHB).
I suoi Statuti traggono legittimità giuridica da una legge
del 3 agosto 1950 che istituisce un “datore di lavoro speciale
per i lavoratori del porto” che non può esercitare però
nessuna attività commerciale. Il GHB ha il compito, una volta
costituiti i suoi organi direttivi, di incassare, amministrare e
impiegare le somme a lui versate; i suoi statuti, debbono esser
approvati ed autorizzati dall'autorità regionale di
regolamentazione del lavoro; sul GHB esercita la vigilanza il
Presidente dell'autorità regionale di regolazione del lavoro.
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- Anche qui dunque, come nel caso di Anversa, si tratta di un
istituto paritetico che sta sotto la vigilanza del Ministero del
lavoro del Land. Il fatto di aver affidato ai Länder e non al
Bund la vigilanza rispecchia il carattere “municipale”
dei principali porti tedeschi, Amburgo e Brema, che appartengono
ambedue a delle città-stato, ovvero a due Länder. La
legge fissa soltanto i principi generali è ovvio che ogni
Land ovvero ogni porto fa per conto suo e lo statuto del GHB di
Amburgo può essere diverso da quello di Bremerhaven o di
Rostock o di Lubecca, purché sia approvato dall'autorità
di vigilanza (l'Ufficio dei lavoro).
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- Come ad Anversa, per quanto riguarda le condizioni di carattere
generale, orario di lavoro, paga base, istituti contrattuali,
valgono anche per i lavoratori del GHB i contratti nazionali di
lavoro. Anche ai lavoratori GHB è stata riconosciuta
l'indennità di mancato avviamento (Garantielohnaufwendung).
Inoltre a livello locale possono esser stipulati degli accordi
intesi sia come accordi integrativi sia come accordi che modificano
alcune condizioni di base, in particolare quelle che sono
suscettibili di migliorare la produttività. Dal punto di
vista del sindacato, il GHB ha come scopo principale quello di
ridurre la precarietà del lavoro portuale assicurando ai
lavoratori un impiego continuato pur cambiando continuamente posto
di lavoro. Mentre ad Anversa si è cercato il più
possibile di stabilizzare i lavoratori presso un terminalista, ad
Amburgo si è preferito dotare il lavoratore di più
specializzazioni in modo da offrirgli più occasioni di lavoro
con una continua rotazione. Solo nel 1984, con l'intervento del
Ministero federale del lavoro, viene definitivamente riconosciuta
l'esclusiva della GHB nella fornitura di mano d'opera per le
operazioni portuali. Dopo di allora la funzione istituzionale del
GHB non è stata più messa in discussione, i
terminalisti hanno assunto dipendenti ed il numero di lavoratori
presente nel pool di mano d'opera è rimasto costante. Va
detto che i terminalisti non sono titolari di una concessione ma
sono degli affittuari il cui contratto d'affitto può essere
prolungato senza dover ricorrere ad una gara europea. La consistenza
esigua della forza lavoro del pool, oggi sulle 1.100 persone circa,
è inversamente proporzionale alla tendenza alla
stabilizzazione della forza lavoro. La scelta vincente da parte
della GHB è stata quella di farsi carico, mediante i fondi
del Ministero del lavoro, della formazione dei suoi lavoratori per
tutte le professionalità richieste nel porto in seguito alla
profonda trasformazione introdotta dal container e dall'informatica.
Oggi come oggi il GHB può coprire con la sua mano d'opera
specializzata tutti i ruoli, compreso quello di gruista delle gantry
cranes ed, a detta di uno dei responsabili del personale di una
grande impresa terminalista presente nel porto, il livello
qualitativo del lavoratore avviato dal GHB non ha nulla da invidiare
a quello dei dipendenti del terminal.
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- La scuola portuale, inaugurata dal cancelliere Helmut Schmidt
nel 1986, istruisce sia il personale del GHB che il personale dei
terminals. Il settore portuale a sua volta si suddivide in
containers (C), in merci varie (S) e in rinfuse (M) ma la
specializzazione dei lavoratori è il più possibile
polivalente. La tradizione di essere all'avanguardia
dell'innovazione viene mantenuta nel senso che tutto il lavoro
dell'avviamento per singolo lavoratore e per qualificazione
richiesta, tutto il lavoro di amministrazione e contabilità,
tutti i rapporti organizzativi con i terminalisti vengono gestiti da
un unico sistema informatico. Generalmente, per formulare una
previsione di massima sul bisogno di mano d'opera intermittente,
verso la fine dell'anno, tra novembre e dicembre, i terminalisti
fanno degli incontri con il GHB per valutare la situazione e
abbozzare delle previsioni.
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- Come ad Anversa, il GHB emette alla fine del mese una fattura
nei confronti dei terminalisti in base al numero, alla qualifica e
ai turni per cui i lavoratori sono stati impiegati. Ma quello che
caratterizza il sistema ad Amburgo è il contributo che i
terminalisti versano al GHB per i suoi costi di gestione e di
funzionamento sotto forma di versamento unitario in aggiunta alla
retribuzione. Se alla fine dell'anno il bilancio del GHB,
distribuiti i salari e trattenuto il contributo, è in attivo,
la somma eccedente viene restituita ai terminalisti, se è in
passivo i terminalisti coprono il deficit. La differenza di costo
per un terminalista che impiega un lavoratore del GHB rispetto al
suo dipendente, a parità di qualificazione, è di 20%,
se si dovesse tener conto anche dei costi che il GHB sopporta per la
formazione diventa di più. I rapporti quindi tra le imprese
operanti nel porto ed il soggetto che fornisce mano d'opera
flessibile sono, a detta delle imprese, soddisfacenti.
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- La base professionale del pool di Amburgo ha un età media
di 44 anni e in media ogni lavoratore dispone di 4 specializzazioni
certificate nelle seguenti professionalità: gruisti di gantry
cranes, conduttori di cavalieri, spuntatori, segnalatori, rallisti,
rizzatori, gruisti di transtainer, conduttori di reach staker,
conduttori di carrelli pesanti, portuali qualificati, per un totale
di circa 5.000 diplomi.
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- Cosa suggerisce questa organizzazione del lavoro flessibile
di Anversa ed Amburgo al lavoro delle Compagnie Portuali di Genova e
Savona?
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- - Visto che il lavoro a chiamata, la sua flessibilità, la
polivalenza professionale e la struttura di organizzazione sono di
fatto simili, siamo di fronte ad un modello operativo collaudato e
funzionante nei grandi porti europei.
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- - Sono simili anche le forme (ma non le quantità) di
ammortizzatori sociali per i lavoratori con il mancato avviamento
indennizzato. [Il problema che va chiarito è che l'impresa di
lavoro temporaneo a Genova e Savona non ha beneficio alcuno con
l'Indennità di mancato avviamento che rappresenta un costo
non pagato dal terminalista quando non utilizza l'art.17, è
certamente un'integrazione salariale a favore del lavoratore di
fronte a crisi e a calo di giornate lavorate, ma se cresce, il
mancato avviamento, aggrava i costi di gestione dell'impresa art.17
che trae risorse solo dalle giornate lavorate.]
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- - Ciò che invece manca del tutto alle compagnie portuali
nel confronto è un ente regolatore del lavoro intermittente:
non esiste un ufficio del lavoro triparte dove l'Autorità
Portuale (come il Land o il Ministero del Lavoro ) possa essere il
soggetto attivo del mercato del lavoro portuale assieme alla
compagnia portuale e i rappresentanti dei terminal operators datori
di lavoro. In tale ufficio del lavoro ci sono le condizioni per
affrontare collegialmente e con continuità, le necessità
operative, professionali, le quantità e qualità della
formazione necessaria, gli accordi sulla produttività e la
gestione comune della sicurezza sul lavoro, nonché i piani di
lavoro dell'anno sulla base di un numero di giornate a chiamata
prevedibili in un quadro verificato e studiato di organico porto
complessivo tra dipendenti diretti e addetti del Pool.
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- - A Genova e Savona manca rispetto ai Pool europei una
regolamentazione specifica sul ruolo del Pool (compagnia portuale)
anche se si opera di fatto come struttura organizzata non certo
interinale.
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- - Manca un finanziamento del porto attraverso l'Autorità
Portuale o delle imprese utilizzatrici per la formazione della
compagnia portuale, che resta affidata al volontarismo e
autofinanziamento della stessa senza alcun programma concordato con
terminal operator e con Autorità Portuale pur essendo
operante a Genova ad esempio per la Culmv una scuola portuale
accreditata.
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- - Manca altresì uno strumento di compensazione economica
con cui ad Anversa ed Amburgo viene mantenuto l'equilibrio di
bilancio dell'impresa di lavoro temporaneo da parte dei terminalisti
o da risorse del porto in caso di crisi e riduzione di giornate
lavorate a chiamata, con conseguente risultato negativo di bilancio.
E' una organizzazione di lavoro nei porti con un proprio meccanismo
di compensazione, sostenuta quando occorre perché necessaria
a tutti gli operatori del porto e proprio perché non ha un
proprio ambito commerciale. [Va chiarito che per le compagnie
portuali di Genova e Savona non può rappresentare un
obiettivo di prospettiva e di continuità aziendale
l'applicazione del comma 15 bis art. 17 l. 84/94 che consente
temporaneamente fino al 2017 il motivato utilizzo del 15% massimo
delle tasse portuali di sbarco e imbarco delle merci nel porto in
compensazione delle variazioni - verificate con istruttoria -
negative del bilancio delle compagnie portuali a fine anno e con
assurdo obbligo di ridurre l'organico del 5% l'anno: così da
ridurre la flessibilità e rendere difficile la copertura dei
picchi di lavoro con la restrizione imposta del polmone di riserva
flessibile. Una vera contraddizione in termini!!]
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- - Nel raffronto appare infine evidente che il problema delle
compagnie portuali di Genova e Savona è strutturale e
normativo, in quanto hanno regolamentazioni del lavoro temporaneo
che non colgono questo ruolo appieno ed a fronte di una legge 84/94
(art. 17) cristallizzata da vent'anni che non lo prevede, c'è
invece la realtà operativa che ha evoluto e superato nei
fatti la generica norma. Oggi non esiste quindi una base giuridica
come ad Anversa ed Amburgo che regoli ed equilibri ciò che di
fatto già funziona in termini di lavoro flessibile.
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- - L'attuale criticità dell'impresa di fornitura di lavoro
portuale temporaneo che organizza, gestisce e forma, richiede
proprio nella modalità particolare dei traffici una soluzione
definitiva di continuità altrimenti non sopravvive la
compagnia portuale che gestisce tale ruolo; ciò a detrimento
anche del porto con l'unico risultato per altro poco duraturo che la
compagnia portuale diventa l'ammortizzatore economico di tutte le
imprese terminaliste su cui poter scaricare i costi di
organizzazione in caso di riduzione delle giornate lavorate a
chiamata.
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- - In generale dal raffronto con Anversa ed Amburgo si conferma
altresì che il peso crescente della flessibilità e
della formazione sono valori necessari per l'efficienza di un porto:
è il contesto internazionale dell'organizzazione del lavoro
portuale ad evidenziarlo. Infatti l'esigenza di un porto moderno è
la continuità organizzativa e qualitativamente alta di un
pool flessibile e professionale per le operazione portuali. A parere
nostro tale flessibilità del lavoro è divenuta un
interesse generale del porto ed un servizio/valore pubblico proprio
per tutto il sistema delle imprese. Oggi non si tratta solo, come
venti anni fa dettava la norma, di integrare al ciclo ordinario del
lavoro dei dipendenti diretti dei terminals, l'intervento di singoli
avviamenti somministrati per una contingente mancanza di manodopera
ma si richiede una crescente specializzazione a tutto campo per i
lavoratori della compagnia portuale art. 17, una polivalenza
professionale sia nel settore dei contenitori sia nel ro/ro sia
nelle merci varie o generai cargo, fino ai passeggeri ed alle
crociere proprio nei ricorrenti picchi di richiesta di risorse
strutturate ed organizzate per porti multifunzionali.
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- LA CULMV P.BATINI
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- Genova resta ancora il porto leader e con i suoi ampliamenti è
destinato a restano nel futuro. Ma a fronte delle considerazioni
fatte l'avvenire per chi organizza il lavoro temporaneo non si
presenta facile pur con una piccola ripresa dei traffici in atto. Il
dato inconfutabile è che non si può rinunciare alla
flessibilità della compagnia portuale ed occorre essere
consapevoli che un organico calibrato a millimetro sui fabbisogni
automaticamente perde la flessibilità; questa invece è
il valore più alto della compagnia portuale dal punto di
vista dei datori di lavoro oltre ad un costo ridotto rispetto ai
dipendenti diretti.
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- Il Pool a Genova come a Savona richiede un organico”
ridondante” proprio rispetto al suo ruolo: dove le sette
chiamate giornaliere della Culmv che diventano anche 10 o 12 con i
turni spezzati o sovrapposti rappresentano un bel vantaggio per il
terminalista e per il porto. Questa è certo la soluzione per
i picchi di lavoro ma anche per l'integrazione funzionale temporanea
che serve al ciclo operativo dei terminals, non risolvibile con il
lavoro interinale o con l'apporto di cooperative esterne.
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- Il vero ruolo della Compagnia portuale è quello che sta
scritto negli accordi operativi con i singoli terminal operators più
che il generico riferimento nella legge 84/94 o nel regolamento
ormai datato dell'Autorità Portuale. L'aspetto che tutti
trascurano è che se si spaccia per somministrazione il nostro
lavoro non se ne vuoi vedere la struttura che organizza le
variabilità del ciclo operativo né la professionalità
né il risparmio né la produttività complessiva
e cioè il volano che muove il lavoro flessibile con i suoi
costi di gestione e il reale valore inquadrato nell'interesse
generale del porto. La nostra classificazione è di una grande
azienda con 42 ml di fatturato annuale (2013) che opera su 13
terminal operators attraverso 1017 soci operativi, assieme ai 1070
dipendenti operativi di tutti i terminals. Anche in questi anni
della crisi la Culmv ha comunque rappresentato circa il 50% di tutto
il monte ore operativo del lavoro portuale proprio con una
flessibilità particolare che è di orario, di
postazione di lavoro, di funzione professionale unica nei porti
italiani. Per regolamento la tariffa massima di riferimento pagata
alla compagnia per prestazione singola è fissata ogni due
anni da Autorità Portuale. Tuttavia la Compagnia deve
stipulare un contratto di fornitura di lavoro temporaneo organizzato
con ogni singolo terminal; si tratta del 95% degli avviamenti, fatto
salvo il restante 5% in cui si ricorre alla chiamata singola uomo
turno in “ mobilità”. L'avviamento di squadre
organizzate corrisponde alle esigenze dei terminals, garantisce
livelli di produttività la relativa formazione professionale
per le specializzazioni, l'abilitazione dei vari sistemi operativi
informatici di ognuno nonché la copertura assicurativa della
squadra. Il tutto però senza alcuna garanzia contrattuale di
un numero definito di giornate a chiamata nell'anno da cui dipendono
fatturato e bilancio di gestione. Da quando la Culmv è
autorizzata dopo gara pubblica a fornire lavoro temporaneo (
novembre 2009) alla fine di ogni anno la tariffa reale media per
turno è sempre stata inferiore alla tariffa deliberata da
Autorità Portuale inclusi i premi di produttività con
una differenza in meno del 8-9% sui maggiori terminal utilizzatori
che ha determinato uno squilibrio economico in ogni bilancio
mettendo a rischio la continuità aziendale della Compagnia.
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- Paradossalmente applicando ad ogni chiamata la tariffa di
riferimento definita uomo/turno la Compagnia compresa la
produttività avrebbe ottenuto un risultato di pareggio
economico. Il paradosso è che alla fine la struttura
organizzata ad orari flessibili formata e responsabilizzata sulle
norme di sicurezza sul lavoro ha ottenuto un risultato economico
inferiore per giornata lavorata all'avviamento deresponsabilizzato
della giornata di mobilità! Sappiamo che la tariffa per turno
in quanto “massima” e quindi teorica ha forse la
funzione di tutelare il terminalista dal potere contrattuale di
mercato della Compagnia ma non ha certo alcuna funzione di tutelare
la Compagnia dal maggior potere di mercato dei terminalisti proprio
perché non c'è un impegno contrattuale delle imprese
utilizzatrici che rapporti il valore della tariffa ad un numero di
giornate a chiamata prestabilite.
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- In questo senso anche con un aumento importante dei contenitori
movimentati nei terminal genovesi (+9% nel 2014), registriamo un
incremento delle giornate lavorate non corrispondente in percentuale
(+4% nel 2014) per un aumento di efficientamento e produttività
(cui contribuiamo come compagnia ) nei terminals.
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- Il deficit si scarica sui pur compressi costi di gestione
dell'impresa organizzata Culmv; oggi la situazione richiede perciò
un intervento sulla organizzazione del lavoro nel porto al fine di
ottenere un equilibrio di gestione del lavoro temporaneo anche
attraverso una proposta di regolazione dello stesso che dia atto del
reale ruolo dell'art.17
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- CULP SAVONA
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- Per quanto riguarda la realtà savonese, in questa sede è
bene ricordare che a Savona la Compagnia, con un organico oscillante
tra i 150 ed i 180 lavoratori globali ed un volume d'affari tra 8 e
10 milioni di €, svolge storicamente il proprio lavoro,
caratterizzato da sempre dalla flessibilità, professionalità
e polivalenza dei soci, al servizio sia dei terminalisti del porto
storico - in terminal con una struttura propria “leggera”-
sia a Vado Ligure dove il terminalista Reefer Terminal risulta
strutturato e dotato di personale diretto su livelli medio alti.
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- Naturalmente, anche sulla base delle caratteristiche dei
richiedenti, il tipo di attività prestata varia dal servizio
più completo con squadra organizzata, mezzi ed attrezzature,
all'uomo in giornata (che rappresenta comunque una quota
assolutamente marginale dell'attività).
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- I volumi di traffico (con esclusione del periodo 2008-2011)
risultano a livello globale stabilizzati, anche se caratterizzati da
consistenti spostamenti da un tipo di traffico all'altro - basti
ricordare negli ultimi anni il calo dei containers compensato
dall'incremento del ro-ro - che hanno richiesto alla Compagnia una
capacità notevole di adattamento alle trasformazioni in atto.
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- In questa situazione la Compagnia (escludendo il periodo
2008-2010) era riuscita a trovare una situazione di relativo
equilibrio economico che risulta ogni giorno più precario a
causa dei sempre maggiori problemi finanziari derivanti
dall'allungamento dei tempi medi di pagamento dei terminalisti e
comunque non in grado di consentire il necessario rinnovamento di
attrezzature e mezzi.
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- Non va tra l'altro dimenticato il fatto che nel triennio
2009-2011 la CULP ha cumulato perdite superiori a € 1.700.000,
rispetto alle quali non si è verificato nessun intervento
esterno, e che hanno quindi azzerato le riserve costituite in
decenni indebolendo la Compagnia dal punto di vista patrimoniale in
modo decisivo.
-
- La Compagnia di Savona non può certo essere considerata
come l'isola felice che può proseguire la propria attività
senza particolari problemi in attesa della partenza della
Piattaforma Maersk con la quale, per altro, sono già avviati
contatti interessanti.
-
- Nonostante questo, però, anche a livello savonese la
situazione attuale risulta sempre meno sostenibile senza una
completa rivisitazione del lavoro portuale temporaneo organizzato e
l'inserimento per il soggetto che lo fornisce di chiare e precise
garanzie in termini economici.
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- PROPOSTA PER IL LAVORO
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- Dalle valutazioni esposte appare evidente che le Compagnie
portuali di Genova e Savona sono di fatto organizzate come un
servizio obbligatorio di interesse generale del porto del tutto
compatibile con il mercato europeo, richiamando l'art. 106 TFUE.
-
- Anche se ad oggi l'art.17 della legge 84/94 non ne esplicita i
contenuti ha, nel suo evolversi organizzativo nei due porti, tutti i
requisiti che ne richiamano l'applicazione e l'individuazione di
servizio di interesse pubblico che garantisce parità di
trattamenti alle imprese, flessibilità formazione e relativo
regime di responsabilità sulla sicurezza.
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- Ci richiamiamo non ad un idea, ma al diritto di riconoscimento,
agli stati membri della comunità europea di assegnare
specifici obblighi di servizio pubblico concesso anche per mantenere
un livello di qualità e continuità del servizio di
interesse generale individuato, attivando una compensazione che va
garantita dallo Stato alle condizioni previste dalla Corte di
Giustizia Europea.
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- In tal senso si possono regolare attraverso l'Autorità
Portuale alcuni servizi di interesse economico generale (ex art.14 e
106 TFUE ) riformulando nella fattispecie il comma 9 dell'art. 17 e
lo stesso comma 15 bis dello stesso articolo. Lo scopo è di
garantirsi la forza lavoro necessarie per coprire le esigenze
ordinarie e straordinarie del porto sulla base del valore della
flessibilità nel lavoro indispensabile per la progressiva
variabilità del traffico marittimo.
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- Con questo obiettivo l'Autorità Portuale può di
conseguenza individuare alcuni oneri di servizio pubblico da imporre
ai concessionari utilizzatori ed dal fornitore per mantenere un
elevato livello di qualità, sicurezza e formazione
specializzata del lavoro portuale.
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- Con ciò l'Autorità Portuale ha il compito di:
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- - Verificare preliminarmente ogni anno la necessità di
lavoro temporaneo per garantire la flessibilità in porto; nel
confronto con i soggetti interessati si determinerebbe il numero di
giornate annue minime a chiamata;
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- - Far garantire dal fornitore Compagnia Portuale la formazione
specializzata dei lavoratori anche sulla sicurezza specifica;
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- - Identificare i soggetti responsabili in materia di sicurezza
tenendo presente l'attuale normativa di riferimento1
-
1) Già oggi le due
compagnie portuali sono un pool di lavoro con propria
assicurazione, RSPP, medico competente che può operare con
mezzi propri e squadre organizzate coordinate da un caposquadra,
anche se il rischio di impresa e le direttive di lavoro rimangono
in capo al terminalista. La direzione della squadra ed il suo
coordinamento rimane attraverso il caposquadra sulla compagnia
portuale. Si configura in tal modo una quota di responsabilità
nell'operazione a carico della squadra organizzata del
fornitore/pool ma solo relativamente al lavoro della squadra.
Certo se danni o infortuni dipendono dal malfunzionamento di mezzi
del terminal o pericoli insiti e non segnalati nella postazione di
lavoro (nave e piazzale) la responsabilità ricade
sull'impresa utilizzatrice. La forma giuridica ditale assunzione
di responsabilità delle Compagnie portuali può
avvenire in sede di accordo con il terminalista ed un eventuale
atto regolatore dell'Autorità Portuale. Tale responsabilità
(pro-quota) delle compagnie portuali pool va esclusa solo nella
fattispecie in cui si limitano a somministrare manodopera. E'
altresì evidente che una parte di responsabilità
nelle stesse compagnie nelle operazioni della squadra organizzata
avviata comporterebbe un valore economico aggiuntivo alla tariffa
per prestazioni determinata dall'Autorità Portuale con la
generica tariffa massima omnicomprensiva. |
- - L'Autorità Portuale dovrà altresì
indicare i soggetti su cui gravano gli obblighi ed individuare le
modalità di compensazione, tenendo conto dei costi sostenuti
e verificati dalla Compagnia Portuale.
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- La compensazione può avvenire in termini economici con
utilizzo delle quote delle tasse portuali da parte APG o con un mix
che colleghi la tariffa a consuntivo annuale pagata dai terminal
operators alle giornate lavorate del pool effettivamente effettuate
a fine esercizio di bilancio con una possibile verifica di
riequilibri e conguaglio. Evidentemente per consentire tale obbligo
di compensazione a sostegno dell'organizzazione dei lavoro del porto
e del terminal operator attraverso lo strumento tariffario si
potrebbe trovare in accordo con AP un meccanismo compensativo per le
imprese attraverso la durata e il rinnovo delle concessioni.
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- Per altro verso riteniamo che esista una base giuridica del
potere di regolazione del lavoro da parte dell'Autorità
Portuale.
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- Analizzando le norme in materia portuale emerge una forte
potestà dell'Autorità Portuale in materia di lavoro
per produrre un intervento regolatorio diretto (comma 10 art. 17 l.
84/94). Del resto il previsto compito di adottare specifici
regolamenti per determinare e controllare le attività
effettuate dalle compagnie portuali, secondo parità di
trattamento e secondo livelli quantitativi e qualitativi adeguati, è
già un richiamo alle nozioni di servizio generale (di cui al
citato art. 14 TFUE).
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- L'Autorità Portuale con lo strumento del regolamento per
l'art.17 dovrebbe prevedere nello specifico per l'organizzazione
lavoro del pool:
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- - Criteri per determinare ed applicare la tariffa
omnicomprensiva non solo quella teorica e massima di riferimento
-
- - Disposizioni per determinare quantità e qualità
degli organici dell'impresa autorizzata alla fornitura in rapporto
alle esigenze del porto
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- - Predisporre programmi di formazione professionale sia per
l'accesso alle attività portuali sia ai fini
dell'aggiornamento e riqualificazione dei lavoratori delle compagnie
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- - Procedura di verifica e controllo delle regolamentazioni
adottate
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- - Criteri per la salvaguardia della sicurezza sul lavoro
rispetto all'organizzazione del lavoro determinata tra
fornitore/pool organizzato e imprese utilizzatrici
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- La base giuridica di questa impostazione è anche
nell'art.6 comma 1 lettera a) delle legge 84/94 che prevede
specifico potere di indennizzo, programmazione coordinamento e
promozione da parte dell'Autorità Portuale, nonché il
controllo delle operazioni portuali (art. 16 comma 1) con poteri di
regolamentazione ed ordinanza in riferimento alla sicurezza.
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- Quanto sopra riguarda anche le esigenze di organico diretto dei
terminal operators ai fini del rilascio delle concessioni, ma in una
visione di organico porto complessivo anche la necessità di
avvalersi di un pool esterno, la cui presenza e il cui utilizzo nel
caso di rinnovo o allungamento di concessioni private deve risultare
elemento computato e previsto nella organizzazione lavoro del
concessionario.
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- In sintesi fermo restando l'ipotesi di introdurre una norma da
parte del Governo che regoli la materia, l'Autorità Portuale
può elaborare un regolamento in questo senso e ciò
presuppone che la forma giuridica della compagnia portuale rimanga
immutata nello schema dell'art. 17 1.84/94.
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- Certamente il regolamento deve avere i contenuti dell'art.106
TFUE, prevedendo appunto i citati obblighi della compagnia portuale
che la Autorità Portuale si impegna a compensare istituendo
un proprio capitolo di bilancio destinato a politiche attive del
mercato del lavoro ed individuando appositi stanziamenti in sede di
approvazione del bilancio preventivo.
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- Sarebbero punti importanti del regolamento:
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- - Tariffe specifiche per squadra organizzata e responsabilità
della compagnia portuale da rideterminare da parte di Autorità
Portuale;
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- - Numero minimo di giornate lavorate della compagnia previste a
tariffe fissate all'inizio di ogni anno (anche con una ipotesi di
tariffa fissata variabile per fasce annuali di giornate lavorate a
chiamata per singolo terminal operator e per il totale del porto
considerando anche il valore della produttività);
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- - Formazione specializzata garantita: individuando le necessità
di specializzazione ad inizio anno imponendo alla compagnia portuale
l'aggiornamento continuo e predisponendo il finanziamento attraverso
la scuola portuale accreditata.
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- L'auspicio è che in un tavolo di confronto con le parti
sociali e partendo dalle considerazioni fatte si possa attuare una
riorganizzazione del lavoro temporaneo necessaria al porto con cui
determinare un nuovo regolamento da parte dell'Autorità
Portuale quale organismo terzo tra compagnia e terminal operators,
aprendo una fase di sperimentazione nel 2015 attraverso un Ufficio
di Coordinamento del lavoro portuale (triparte) composto da
rappresentanti della stessa Autorità Portuale, della
compagnia portuale e dei terminal operators, per attuare
concretamente la delibera sul nuovo assetto.
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- In conclusione nei porti di Genova e Savona la necessità
descritta di regolazione del pool quale polmone di lavoro temporaneo
deriva quindi non da una semplice sommatoria degli accordi con i
singoli terminal operators come è stato finora ma da una
visione strategica del porto capace di trasformare quello che è
un condominio di imprese in un porto moderno sia a Genova che a
Savona. Forse i mutamenti o gli sconvolgimenti nel lavoro portuale
di cui nessuno mai parla si renderanno necessari come conseguenza di
nuove normative in preparazione o per adeguarsi alle rivoluzioni del
mercato indotte da alleanze tra grandi gruppi armatoriali o con le
nuove modalità del trasporto; forse saranno determinati da
riforme istituzionali che promuovono una logica di distretto
logistico o da politiche UE che si impongono e che intendono
collegare corridoi di traffico ai nodi marittimi.
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- Certamente il lavoro portuale temporaneo delle compagnie
portuali di Genova e Savona ha una straordinaria necessità di
collegare la propria insostituibile realtà ad una
corrispondente regolazione.
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