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I porti italiani non devono continuare ad essere considerati una sorta di optional
Lo sottolinea Assoporti, che presenta un elenco delle priorità del settore per il nuovo governo
13 febbraio 2013
Nonostante siano utilizzati per il 53% dell'import-export dell'Italia, nonostante siano terzi in Europa per movimentazione delle merci e secondi per i passeggeri, nonostante realizzino un valore della produzione pari ad oltre 6,5 miliardi di euro, i porti - per l'Italia - «continuano ad essere una sorta di optional e tutti gli ultimi provvedimenti di tipo normativo e finanziario li condannano a un declino inesorabile».
La denuncia è di Assoporti, l'associazione nazionale che riunisce le Autorità Portuali, che chiede al governo e al parlamento che scaturiranno dalle prossime elezioni «l'immediata attuazione di una serie di provvedimenti di reale emergenza e specialmente - ha sottolineato l'associazione - una brusca inversione di rotta rispetto all'approccio di cronico disinteresse e di colpevole sottovalutazione dell'importanza del settore, vittima di una carenza di visione strategica, di misure che hanno mortificato il ruolo delle Autorità Portuali e di una assenza pressoché totale di programmazione nell'allocazione delle scarse risorse pubbliche disponibili».
Nell'elenco delle priorità sottoposte dalle Autorità Portuali al futuro governo, che pubblichiamo di seguito, Assoporti invoca l'adozione immediata di provvedimenti finalizzati tra l'altro a «restituire autonomia alle Autorità Portuali, (oggi equiparate a meri organismi burocratici) , rimuovendo quei vincoli di spesa che impediscono loro di essere il reale motore istituzionale dello sviluppo logistico e territoriale. Rimuovere quindi l'impropria equiparazione alle pubbliche amministrazioni a partire da quelle riferite ai dipendenti (sgomberando il campo da rischi oggi concreti di un conflitto sociale); conferire alle Autorità Portuali un ruolo effettivamente centrale di coordinamento, di semplificazione dei processi amministrativi e dei servizi (oggi anche di competenza di altri enti e uffici) e di accelerazione delle procedure amministrative nonché degli interventi di programmazione, pianificazione e realizzazione di interventi infrastrutturali; attuare nei porti quanto previsto in materia di project bond e realizzare il coordinamento (previsto nel Salva-Italia) fra porti e interporti».
Secondo Assoporti, «solo attribuendo ad Autorità Portuali con una reale autonomia finanziaria, e quindi al presidente delle Autorità Portuali l'effettiva responsabilità (e l'effettivo potere che ne consegue) dell'intero coordinamento (e controllo sui costi) delle attività in porto, sia sul lato mare sia sul lato terra, si possono porre le basi per un rilancio del settore». «Rilancio - ha precisato l'associazione - che passa anche attraverso un recupero delle competitività degli operatori portuali attraverso la parziale e temporanea fiscalizzazione degli oneri sociali per le imprese autorizzate a operare in porto (articoli 16,17 e 18 della legge 84 del 94), ma anche una riduzione delle accise sui prodotti energetici consumati dai mezzi utilizzati esclusivamente in porto e la fissazione di regole certe e omogenee in materia di Imu sui beni demaniali».
Inoltre Assoporti, «alla luce di quanto sta accadendo in Europa in tema di reti transeuropee - ha specificato l'associazione - propone al governo che verrà di elaborare un piano strategico del sistema logistico nazionale che faccia perno sulla portualità nazionale, in quanto unico soggetto in grado di coniugare le esigenze di interscambio delle reti europee con quelle estese del Mediterraneo (e quindi dei paesi extra UE), garantendo fra l'altro quella specializzazione delle operazioni di transhipment nei porti che operano in diretta concorrenza con gli scali del nord Africa. Chiede inoltre un piano finalizzato allo sfruttamento di tutte le potenzialità inespresse del mercato crocieristico».
Infine Assoporti chiede ai futuri ministri e parlamentari «l'avvio di una riflessione approfondita su un nuovo modello di governance portuale che faccia delle Autorità Portuali soggetti logistici di aree estese nell'ambito delle politiche di assetto territoriale, individuando anche la possibilità di costituzione o definizione di sistemi multiportuali e multiscalo. Il tutto condizionato a una reale autonomia finanziaria delle Autorità Portuali finalizzata a consentire una costante crescita infrastrutturale, anche mediante nuovi rapporti di partnership con i privati. Assoporti oltre a proporre i provvedimenti da assumere nei primi mesi di governo a costo zero - ha anticipato l'associazione - presenterà al nuovo esecutivo le linee guida di una propria proposta di riforma della legge portuale».
Priorità delle Autorità Portuali per il futuro Governo
I principali porti marittimi nazionali, che singolarmente considerati costituiscono realtà composite (bene pubblico, sistemi infrastrutturali, nodi della rete logistica, sistemi di imprese e centri di molteplici interessi pubblici), rappresentano per l'Italia, nel loro insieme, un complesso di valenza strategica dal punto di vista della competitività produttiva e logistica del Paese, oltre che dal punto di vista economico, occupazionale e sociale.
Ciò è indubbio se si ha riguardo alle essenziali funzioni svolte, pur in misura diversa, da ogni porto a servizio dei sistemi produttivi e di consumo dei territori, nazionali ed internazionali, di riferimento.
Valgono a tal riguardo i dati relativi all'import/export che utilizza per circa il 54% la via marittima, risultando così il nostro Paese, anche in un periodo di crisi, al 3° posto in Europa per movimentazioni portuali di merci. Addirittura, l'Italia si colloca al 2° posto tra tutti i Paesi europei per traffico passeggeri e, si stima, al primo per numero di crocieristi nonché per ricadute economiche e posti di lavoro generati dalle attività legate al settore crocieristico.
Studi di approfondimento specifici, ripetutisi negli anni, testimoniano altresì il contributo che la portualità fornisce al PIL ed all'occupazione nazionale, anche favorendo in alcune aree del Paese la riconversione ad usi portuali logistici di aree industriali dismesse.
Per i servizi di logistica portuale e le attività ausiliarie, si stima un valore della produzione per oltre € 6.500 milioni e quasi 32.000 occupati diretti.
Il sistema delle Autorità Portuali, secondo gli ultimi studi, genera, avvalendosi di soli 1280 occupati, un valore della produzione superiore ad un miliardo di euro con un effetto moltiplicatore di circa 4,7; nuove spese ed investimenti per 100 euro da parte delle Autorità Portuali, generano cioè oltre 470 euro nel circuito economico complessivo.
A tutto ciò vanno aggiunte la produzione e l'occupazione generata da tutte quelle branche del settore marittimo-portuale complessivamente inteso - attività marittime industriali e terziarie (trasporti marittimi/armamento, cantieristica navale, pesca, trasporto marittimo) e soggetti istituzionali (Capitanerie di Porto e, in parte, Marina Militare) - le cui attività non possono prescindere dalla portualità.
Tutti questi dati, ed in particolare quelli riguardanti specificatamente i porti, non ci possono però far dimenticare che, se dal 1997 al 2008 - anno nel quale sono scoppiate le crisi prima americana e poi europea che stanno ancora sconvolgendo il mondo - il traffico merci trattato dai porti italiani è aumentato del 27% mentre quello trattato .dai porti europei è aumentato del 50%.
Parimenti è innegabile come da troppo tempo la rilevanza e la strategicità di queste realtà non è stata adeguatamente valorizzata. Né si è materializzata una politica fondata sulla consapevolezza delle opportunità e delle difficoltà alle quali i porti sono attualmente di fronte.
Oggi i porti italiani patiscono la concorrenza degli scali stranieri che contendono i mercati italiani ai nostri con l'assistenza di operatori logistici e ferroviari anche nazionali.
La vicenda della mancata riforma della legge 84/94 - comunque solo in parte adeguata alle effettive esigenze - e quella dell'estenuante braccio di ferro sull'autonomia finanziaria, risoltosi con una soluzione largamente insoddisfacente, sono i soli terreni sul quali Governo e Parlamento hanno mostrato una minor disattenzione alla portualità italiana.
Di fatto la politica per i porti italiani si è tradotta, da un lato in misure oggettivamente penalizzanti, in una fase in cui, agli effetti indotti dalla crisi economica a scala nazionale e sovranazionale, si sommano la forte concorrenza sia di scali marittimi mediterranei sia di scali del Mare del Nord.
Dall'altro, trascurando di affrontare misure intese a fronteggiare i più rilevanti e storici elementi di debolezza e le minacce cui sono esposti i porti nazionali:
carenza di visione complessiva nell'organizzazione dl una strategia che traduca in termini nazionali il punto fermo costituito dalle decisioni europee in materia di reti Ten-T;
assenza di una visione strategica nell'allocazione dei pochi fondi pubblici a disposizione per l'infrastrutturazione anche ai fini di favorire il coinvolgimento dl finanziamenti privati;
basso livello di connessione fisica (in particolare ferroviaria) e infotelematica con gli altri nodi e soggetti della rete;
eccessiva complessità delle norme, incertezze del processi decisionali;
mancanza di una concezione unitaria dell'attività che si svolge in ogni porto, tanto a terra quanto in mare, che necessita di un duplice coordinamento mare/terra e tra attività amministrative ed attività di mercato.
Le Autorità Portuali, gli enti pubblici ai quali per legge è affidato il compito di amministrare queste realtà e di promuoverne lo sviluppo infrastrutturale ed operativo, ovvero un modello di soggetto di amministrazione per molti versi peculiare, concepito in funzione di quegli obiettivi, sono anzi state impropriamente equiparate a meri organismi burocratici ed hanno subito, da 5 anni e più, tagli di capitoli di bilancio per manutenzioni, promozione (che pure è uno dei compiti istituzionali), consumi intermedi; contenimenti degli organici; sottrazione di risorse la cui mancata spesa era risultante di insuperabili ostacoli procedurali; sovrapposizione di compiti di altri enti non opportunamente coordinati con quelli delle stesse Autorità Portuali.
Ma, soprattutto, si ribadisce, le Autorità Portuali e l'intero sistema dei porti hanno sofferto della mancanza di una visione strategica, di una politica che detta priorità, indispensabili ancor più allorché ristrettezze del bilancio rendono impossibili risposte risolutive alle aspettative di tutti: enti ed operatori.
Tutto ciò neanche in parte bilanciato: dall'adeguamento di voci di entrate (le tasse ed i diritti marittimi) che, pur necessario, è venuto a cadere in modo automatico in una fase in cui massima è la sensibilità degli operatori economici per ogni pur minimo incremento di costo; da una “autonomia finanziaria” che, per dimensioni, è del tutto inadeguata alle esigenze di investimento nei porti. Effetti altrettanto intempestivi sono legati a incrementi tariffari dei servizi tecnico-nautici che riducono la competitività dei nostri scali in un momento di contrazione del mercato.
Le Autorità Portuali, proprio quali soggetti dello sviluppo dei porti, nodi logistici essenziali di un sistema che da rete di trasporto deve trasformarsi in compiuta rete logistica industriale del versante sud dell'Europa, propongono pertanto al Governo che uscirà dalla prossima sfida elettorale, in una fase auspicabilmente di ripresa del Paese, l'adozione immediata di misure intese a:
restituire autonomia e specialità alle Autorità Portuali, rimuovendo vincoli di spesa che impediscono ad esse di svolgere la funzione istituzionale di motore dello sviluppo logistico e territoriale;
rimuovere improprie equiparazioni alle pubbliche amministrazioni, a partire da quelle riferite ai propri dipendenti, sgomberando in tal modo il campo da concreti (e pericolosi) rischi di conflitti sociali;
rafforzare il ruolo di coordinamento dei diversi soggetti pubblici e privati nella fase portuale rendendolo effettivo, ossia consentendo alle Autorità Portuali di adottare misure intese concretamente a compensare e porre rimedio a quelle carenze di enti ed uffici che operano offrendo servizi ed attività amministrative che completano la fase portuale (es. dogana, sanità marittima, ecc.);
attribuendo alle Autorità Portuali la possibilità di graduare alcuni costi, almeno fino al superamento della fase più difficile della crisi, in funzione competitiva; semplificare, velocizzare e dare certezza di tempi delle procedure amministrative, in particolare ai processi di pianificazione, programmazione e realizzazione degli interventi infrastrutturali nei porti e per le connessioni tra i porti, le direttrici stradali e ferroviarie, i nodi logistici interni;
attuare quanto previsto in merito all'introduzione dei Project Bond;
attuare quanto contenuto nel c.d, D.L. Salva Italia, art. 46, con una maggiore integrazione fra porti ed interporti.
Il completamento dell'autonomia finanziaria dovrebbe poi diventare tanto premessa quanto conseguenza di una applicazione di un regime di concorrenza tra i porti.
Competizione tra porti, autonomia portuale, responsabilità delle autorità portuali, sono tre facce della stessa medaglia che esigono l'identificazione di un responsabile ultimo dell'andamento delle attività in un porto. Questo pone il problema del riconoscimento nel Presidente dell'Autorità Portuale o comunque nell'Autorità Portuale stessa, l'ente effettivamente responsabile dell'efficiente e coordinato andamento di tutte le attività in porto, sia quelle che si svolgono a terra sia quelle che si svolgono sul lato mare, sia delle attività svolte in regime di mercato, sia si tratti di attività delle pubbliche amministrazioni.
Nel rispetto delle responsabilità doganali, sanitarie, di polizia, di sicurezza in mare, eccetera, occorre infatti che si riconosca un potere effettivo di coordinamento - e di controllo dei costi - delle attività in porto dotando l'AP di poteri corrispondenti alle responsabilità che gli vengono attribuite.
Contestualmente le A.P. ritengono di poter far proprie esigenze e priorità di riallineamento competitivo degli operatori economici del settore della logistica portuale, quali:
la parziale e temporanea fiscalizzazione degli oneri sociali delle imprese autorizzate ex artt. 16, 17 e 18, L.84/94;
una riduzione delle accise dei prodotti energetici utilizzati dai mezzi esclusivamente operanti in aree portuali;
la fissazione di certe ed omogenee regole in tema di IMU sui beni demaniali marittimi affidati in concessione.
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A seguire quegli urgenti e prioritari interventi, le A.P. ritengono necessario, e propongono al futuro Governo del Paese, di porre mano, in coerenza con il disegno delle reti di trasporto transeuropee TEN-T che si va ridefinendo in sede UE, e con le proposte di politica portuale che si stanno valutando a Bruxelles, a:
elaborare un piano strategico di sviluppo del sistema logistico, imperniato sulla portualità nazionale, come parte della rete logistica dell'Europa per servire i mercati regionali italiani nelle connessioni tra loro e con i porti mediterranei; dell'accesso al Continente da sud; di ponte e porta d'accesso per i Paesi del fronte sud del Mediterraneo; del rafforzamento e della crescita di collegamenti marittimi di breve e medio raggio aventi caratteristiche di “Autostrade del mare” e del loro prolungamento anche a paesi mediterranei terzi extra-UE; la specializzazione delle operazioni di transhipment nei porti che, in questo segmento di traffico hanno come concorrenti scali marittimi nord-africani;
mettere a punto un piano che supporti la crescita della valenza crocieristica dei porti italiani e la migliore valorizzazione delle risorse storiche, culturali e paesaggistiche dei territori;
l'avvio di una approfondita riflessione sull'adeguamento del modello di Governo dei porti anche valutando la possibilità, di attrarre nuovi traffici, facendo delle Autorità Portuali soggetti logistici di area nell'ambito delle politiche di assetto del territorio (quindi anche di politiche che sono regionali e/o interregionali) in grado di incidere effettivamente sui costi della fase portuale, per assicurare l'economicità del sistema, anche adeguando, laddove possibile, a logiche concorrenziali la regolazione (da ricondurre in capo alle Autorità Portuali) di singoli servizi necessari nella fase portuale; di costituzione/definizione di sistemi multi portuali e multiscalo, comunque coordinando le politiche di investimento dei singoli porti;
adeguare il livello dell'autonomia finanziaria delle A.P. per consentire un'effettiva crescita infrastrutturale, anche mediante iniziative di PPP, e per realizzare le connessioni mancanti tra i porti e le reti.
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