Convegno
IL MEDITERRANEO E LO SVILUPPO SOSTENIBILE
SUL MARE, NEL MARE, PER IL MARE
Genova 21,22 settembre 1998
Navi sub-standard, sicurezza e salvaguardia dell'ambiente marino
Ing. Giuseppe Bernardi Presidente e A D, CETENA S.p.A.
Genova 21 settembre 1998
Il problema delle navi sub-standard potrebbe apparire remoto nel
contesto di questo Convegno, ma come vedremo esso influenza non
solo l'attività delle industrie navali e marittime, ma
anche, e pesantemente, i problemi di salvaguardia della vita umana
in mare e della protezione dell'ambiente marino.
Per navi "sub-standard" si intendono, infatti, navi
non più rispondenti ai canoni di sicurezza che vengono
continuamente aggiornati in funzione del progresso tecnologico
non solo sotto l'aspetto tecnico, ma anche gestionale e di qualificazione
degli equipaggi.
Queste navi continuano a navigare perché particolarmente
competitive dal punto di vista commerciale dato, che, quasi tutte
le navi sub-standard sono vecchie, quindi completamente ammortizzate
e di conseguenza in grado di essere offerte a prezzi molto bassi,
con l'effetto di deprimere il mercato dei noli a scapito degli
operatori più responsabili.
Inoltre, e questo è il motivo di maggiore preoccupazione,
le navi sub-standard rappresentano un reale pericolo per gli equipaggi,
per l'ambiente e per i carichi trasportati.
Da un recente studio condotto dall'Università Tecnica di
Danimarca sul problema dell'influenza dell'età della nave
sull'indice di sinistrosità annuale, sono stati ottenuti
i seguenti risultati
SINISTROSITA' DEL TRASPORTO MARITTIMO
Età della nave (anni) | 1
| 5 | 10
| 15 | 20
|
Sinistrosità media (per mille) | 6.30
| 6.70 | 8.30
| 11.80 | 19.25
|
La tabella illustra con estrema chiarezza la correlazione tra
l'età della nave e la sua sinistrosità, che appare
costante nei primi 7 - 8 anni di vita, ma poi cresce in modo esponenziale
dal decimo anno in poi.
Se ne deduce che la sinistrosità di una nave di venti anni
è in pratica tre volte superiore a quella di una nave di
5 anni.
Diventa sempre più sentita, quindi, la necessità
di eliminare le navi sub-standard non solo per le distorsioni
che introducono nel mercato globale del trasporto marittimo, ma
soprattutto per la loro pericolosità per quanto riguarda
le vite umane e l'ambiente marittimo.
Va evidenziato peraltro che esiste anche una notevole difficoltà
nella demolizione delle vecchie navi.
In Europa, infatti, ci sono ben pochi Cantieri di demolizione
e pertanto se, per le navi più grandi, è pensabile
di utilizzare un Cantiere di demolizione in India o in Estremo
Oriente, per piccole e medie navi ciò non è economicamente
sostenibile e quindi vanno ad alimentare un perverso mercato degli
scafi di seconda mano che hanno un tasso di sopravvivenza del
50%.
Infatti solo il 50% delle piccole - medie navi viene demolito,
le altre terminano di operare solo quando affondano, e questo
drammaticamente ci riporta alla nostra frase di apertura sull'impatto
delle navi sub-standard.
Per fronteggiare adeguatamente questa situazione, si pongono quindi
due diversi problemi:
- come controllare efficientemente l'esistenza di navi sub-standard,
- a che livello devono essere fissate le sanzioni per annullare
la convenienza economica ad operare navi sub-standard,
- come l'Europa può incoraggiare la nascita di cantieri
di demolizione nei paesi circostanti come Medio Oriente, Nord
Africa o Europa dell'Est.
Nei paragrafi che seguono si cercherà di dare una traccia
sulle iniziative in atto e sulle proposte relative per successivi
sviluppi.
Port State Control
In un serio programma di sviluppo della cultura della sicurezza
e della qualità nel trasporto marittimo, la Commissione
Europea sta conducendo una forte campagna per rafforzare le procedure
di controllo delle navi affidate al Port State Control (PSC) di
ciascuna nazione per le rispettive acque territoriali e per le
nazioni circostanti incluse nell'area del Memorandum di Parigi.
Anche altre aree del mondo stanno applicando una forte politica
di controllo come USA, Canada ed Australia.
Al contrario, le nazioni dell'Estremo Oriente non sembrano aver
ancora preso piena coscienza del problema, anche se qualcosa si
muove come testimoniato dal Memorandum di Tokyo. Infatti alle
azioni già messe in atto da Corea e Giappone, fa riscontro
il nulla o quasi attivato perfino nei porti più ricchi
di traffico, come Singapore e Hong Kong.
D'altra parte le navi continuano ad affondare, con gravi perdite
di vite umane e seri danni all'ambiente marino e costiero, anche
se i primi risultati della maggiore severità nei controlli
da parte di Registri ed Amministrazioni Marittime cominciano a
dare risultati.
Infatti, secondo le statistiche elaborate dalla Società
di Assicurazione, la percentuale di tonnellaggio perso annualmente
è stata ridotta dal 66% negli ultimi 20 anni.
Tuttavia alcune bandiere hanno percentuali di incidenti nettamente
superiori alla media, come ad esempio Belize, Honduras, Antigua,
e, nel Mediterraneo, Cipro, Siria, Turchia, che, per numero di
navi perdute, presentano percentuali tre o quattro volte superiori
alla media mondiale.
Se ne deve concludere che le flotte di questi Paesi operano con
navi sub-standard e che, in aggiunta, non sembrano avere adeguate
amministrazioni marittime capaci di controllare il livello di
sicurezza delle loro navi.
Non è infatti una coincidenza che gli stessi Paesi compaiano
ai primi posti nelle liste delle navi "trattenute",
ed anche in questo caso con numero di navi quattro o cinque volte
superiori alla media mondiale.
Questo dà un forte sostegno alla politica del Sistema del
Port State Control, che dimostra la più efficace iniziativa
per individuare, controllare ed, eventualmente, eliminare le navi
sub-standard.
Sulla base dei dati già ottenuti, si ritiene senz'altro
utile introdurre il concetto di "orientare" la selezione
delle navi da controllare, riducendo il carico che grava sugli
operatori corretti, che assai di rado hanno una nave trattenuta,
ed infittendo i controlli su quelle navi trattenute più
volte.
D'altra parte l'obbligo del controllo di almeno il 25% delle navi
che toccano il porto può portare a qualche distorsione
nella filosofia dei controlli dato che certamente le navi sub-standard
sono "time consuming" per i controllori.
D'altra parte il fatto che esistano ancora in servizi navi trattenute
quattro o cinque volte negli ultimi due anni, dimostra che le
sanzioni applicate sono troppo deboli e le informazioni troppo
circoscritte per scoraggiare effettivamente l'armatore a mantenere
in servizio la sua nave.
Per quanto concerne le potenzialità offerte da una più
puntuale e mirata diffusione dell'informazione basti ricordare
le recenti decisioni politiche del Gruppo G7 riguardanti MARIS
(Maritime Information Society) per comprendere che una maggiore
capacità di gestione ed utilizzo dei flussi di informazioni
resi possibili dallo sviluppo delle moderne Reti Informatiche
come internet, renderebbe già oggi disponibili in tempo
reale i dati relativi alle navi potenzialmente pericolose ad Autorità
Marittime e Portuali, alla Guardia Costiera ed ai Registri di
Classifica in modo che possano venire predisposte le opportune
azioni di controllo anche solo in caso di attraversamento delle
acque territoriali.
Di conseguenza, alla recente Quality Shipping Conference di Lisbona
sono state proposte misure deterrenti più efficaci, come
ad esempio:
definire criteri obiettivi per la individuazione delle navi sub-standard,
agevolare l'accesso alla lista delle navi "trattenute",
rendere più fluido e tempestivo il flusso di informazioni
tra porti, autorità marittime, guardia costiera, ecc.,
sottoporre a sanzioni progressive le navi che siano state trattenute
dai PSC due o più volte negli ultimi due anni, in modo
che dopo il terzo intervento, vengano certamente escluse da tutti
i porti che aderiscono allo schema PSC,
escludere l'intera flotta dell'operatore che abbia avuto più
di una nave sospesa nello stesso periodo,
analogamente, dovrebbe essere posta sotto osservazione come possibile
"bandiera sub-standard", una bandiera che abbia percentuali
di navi trattenute superiore alla media, con eventuali conseguenze
sui diritti di certificazione e dei privilegi di traffico garantiti
dalle convenzioni internazionali.
Cooperazione
Le attività di repressione delle navi, degli operatori
e delle bandiere sub-standard non dovrebbero peraltro essere fine
a sé stesse, se non per le bandiere di convenienza.
Per tutte le altre bandiere l'obiettivo finale dovrebbe essere
infatti di offrire la possibilità di un adeguamento degli
attuali operatori sub-standard e dei rispettivi paesi ai livelli
di sicurezza ed affidabilità previsti dalle norme internazionali,
che come abbiamo già detto, vengono continuamente aggiornati
grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie.
Tutto ciò nell'ambito di interessi sicuramente condivisi
avrebbe lo scopo di operare una flotta "globalmente"
più sicura.
Ad esempio un mare "chiuso", come il Mediterraneo, che
vede aumentare i suoi volumi di traffico anche grazie al crescente
sviluppo dei porti italiani, appare particolarmente vulnerabile
per la notevole presenza di inquinanti da petrolio e prodotti
chimici in particolare.
Dalla figura che segue infatti è evidente come il Mediterraneo
presenti percentuali di inquinamento da idrocarburi quindici volte
superiori al Baltico, inquinamento che, tra l'altro, risulta essenzialmente
dovuto a sversamenti per incidenti.
Figura:
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Quantitativo medio di greggio movimentato in ogni momento (in milioni di tonnellate) e quantitativo medio spillato per anno a causa di incidenti (in 10.000 tonnellate) nelle acque Europee. (Fonte: CEC, 1993)
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Ne deriva come punto cruciale che i governi e quindi le autorità
marittime dei Paesi Mediterranei pongano particolare attenzione
ai livelli di sicurezza delle navi che lo attraversano e che si
impegnino a sostenere ed incoraggiare gli sviluppi tecnologici
che rendano la costruzione e la gestione delle navi più
sicure ed a minore impatto ambientale.
Vale la pena di citare che, anche solo nell'ultimo decennio, sono
stati assunti importanti provvedimenti volti all'aumento della
sicurezza come il doppio scafo per le navi cisterna, i nuovi regolamenti
per le navi bulk carrier e per le navi traghetto, la obbligatorietà
di uno studio affidabilistico dei nuovi mezzi veloci, l'introduzione
di strumenti per il controllo del traffico (VTS), l'obbligatorietà
dell'International Safety Management Code (ISM) per le Società
Armatoriali, i nuovi standard culturali e di addestramento degli
equipaggi (STCW), ecc.
Tutto questo deriva dai risultati di decine di progetti di ricerca
sviluppati a livelli internazionale, che sono i soli a poter garantire
ad una nazione marinara la possibilità di mantenere posizioni
nella competizione globale.
Appare inevitabile, quindi, che, se non inseriti in uno schema
di cooperazione, i Paesi in via di sviluppo non riescano a seguire
gli sviluppi della tecnologia che sono, tra l'altro, particolarmente
rapidi, specialmente per quanto riguarda le tecnologie informatiche.
Per questa ragione sarebbe auspicabile in ambito Mediterraneo
l'assistenza delle nazioni più evolute a favore dei Paesi
in via di sviluppo allo scopo di migliorare il loro sistema di
certificazione e controllo delle navi che toccano i loro porti.
Inoltre potrebbe essere attivata una politica di sostegno alle
attività di demolizione, che, come abbiamo già accennato,
sono decisamente insufficienti in ambito Europeo. Anche in questo
caso ci potrebbe essere un positivo sostegno ai paesi in via di
sviluppo sia dal punto di vista tecnico che di addestramento delle
risorse umane.
Peraltro, ci sono molti Paesi in Medio Oriente, Nord Africa ed
anche nell'Europa dell'Est dove un cantiere di demolizione può
significare molto benvenuti posti di lavoro.
Se questo non accade è per la complessità del business
e per la mancanza di collegamento tra i cantieri di demolizione
ed i fabbricanti di acciaio europei.
Una attività di demolizione sicura e rispettosa dell'ambiente
potrebbe quindi nascere in qualcuno di questi Paesi purché
sia sostenuta da una politica di assistenza tecnico-economica
e di accesso al mercato da parte dei Paesi europei sviluppati.
Conclusioni
Quanto esposto in precedenza rende evidente l'utilità di
rafforzare l'azione del Sistema del Port State Control al fine
di scoraggiare l'uso di bandiere di convenienza e di ridurre e,
se possibile, eliminare l'impiego di navi sub-standard.
A questo scopo, come già detto, dovrebbero essere definite
sanzioni progressive a carico delle navi e degli operatori che
dimostrano di trascurare le regole internazionali.
D'altra parte dovrebbe essere avviato dalla Comunità Europea
un programma di assistenza ai Paesi in via di sviluppo più
vicini all'area comunitaria sia per consentire un miglioramento
dei loro Sistemi di Controllo sulle navi sia per avviare proficue
iniziative industriali legate ai cantieri di demolizione.
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