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Secondo un rapporto del RINA l'affondamento dell'Erika potrebbe essere stato causato da una lesione nella parte bassa dello scafo
Non si sarebbe verificato un collasso della struttura longitudinale dello scalo, ma progressivi cedimenti strutturali. La società di classificazione chiama in causa «la gestione della nave e l'insufficiente supporto ricevuto da terra»
10 aprile 2000
RINA (Registro Italiano Navale Group), la società italiana di classificazione navale e certificazione, ha reso noti i risultati di una prima indagine tecnica sulle possibili cause dell'affondamento della nave cisterna di bandiera maltese Erika, avvenuto di fronte alla coste francesi lo scorso 12 dicembre.
La società afferma che «i risultati dell'indagine tecnica preliminare - realizzata sulla base degli elementi disponibili - evidenziano quali possibili cause dell'affondamento della nave un'iniziale lesione verificatasi nella parte bassa dello scafo al di sotto della linea di galleggiamento, che, non adeguatamente valutata e gestita, ha portato, diciotto ore più tardi, alla rottura dello scafo». Secondo il RINA «la nave non è affondata a causa di un collasso della struttura longitudinale dello scafo, ma a seguito di progressivi cedimenti strutturali».
In particolare il rapporto, realizzato con l'assistenza dello Studio Tecnico Navale Ansaldo di Genova e della società inglese Three Quays Marine Services, ipotizza che «la lesione iniziale abbia potuto aver origine in corrispondenza della parte inferiore del fianco», ma aggiunge che «questa lesione, qualunque sia stata la sua origine, avrebbe difficilmente portato nell'arco di diciotto ore, al deterioramento della situazione e alla perdita dell'Erika in assenza di altri fattori, tra cui in particolare la gestione della nave e l'insufficiente supporto ricevuto da terra. Inoltre, hanno potuto contribuire alla perdita della nave, altri fattori, quali la sequenza di caricazione e la condizione di carico alla partenza, l'effetto del riscaldamento del carico, le cattive condizioni del mare e le riparazioni nel corso della vita dell'Erika».
«E' necessario ricordare - ha sottolineato Nicola Squassafichi, amministratore delegato del RINA - che la condotta operativa della nave e la sua manutenzione sono responsabilità dell'armatore o del gestore e che, come le regole di classificazione delle navi specificano, il concetto di classe implica che la stessa sia caricata, gestita e mantenuta in maniera adeguata, da un equipaggio competente e qualificato. Inoltre, armatore o gestore devono assicurare il controllo e la manutenzione della nave nel periodo che intercorre tra le visite di classe».
«Gli eventi che hanno condotto alla perdita dell'Erika e la loro successione - secondo il RINA - hanno messo in evidenza l'importanza della competenza, della preparazione dell'equipaggio e della società di gestione nelle situazioni di emergenza». La società italiana sta pertanto analizzando questo problema con l'intenzione di proporre agli organismi competenti l'adozione di quelle modifiche nelle attuali prescrizioni del codice ISM (Codice Internazionale delle Procedure di sicurezza) che tengano conto delle indicazioni emerse.
Il RINA, a conclusione del rapporto, invita l'Unione Europea e tutte le organizzazioni del settore marittimo a promuovere una campagna per l'adozione di un'idonea normativa rivolta agli Stati costieri per identificare i porti di rifugio e pubblicizzare il fatto che sono equipaggiati e in grado di gestire gli incidenti. «Le autorità di questi porti - spiega la società - dovrebbero essere in grado di fornire un'assistenza attiva alle navi in difficoltà, in modo particolare nelle situazioni in cui l'equipaggio o l'armatore/gestore non sia in grado di intervenire in modo adeguato e vi sia pericolo per le vite umane o per l'ambiente marino».
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