- Le difficoltà in cui versa attualmente il settore del trasporto marittimo dei container sono sì determinate dalla forte contrazione della domanda avvenuta negli ultimi anni a seguito della crisi economica e finanziaria che ha colpito i mercati mondiali, ma soprattutto dal fenomeno del gigantismo navale che in questi anni ha letteralmente ammaliato le compagnie armatoriali che operano nel settore e non solo queste. Da soli, infatti, i dirigenti dei più grandi gruppi armatoriali mondiali non avrebbero potuto ottenere l'oggetto del desiderio se non fossero stati assecondati in questo incantamento da banche e operatori finanziari e dalle nazioni leader nel segmento delle costruzioni navali.
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- Il fenomeno del gigantismo navale nel comparto dei servizi di linea è stato analizzato oggi a Roma nel corso del convegno sul tema “Il confine dei giganti” che è stato organizzato dalla federazione nazionale degli agenti marittimi Federagenti e che è stato dedicato in particolare all'impatto che tale fenomeno ha sulla portualità italiana.
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- Sulla seduzione prodotta dal gigantismo navale sugli armatori, e sul fascino e sugli appetiti che questo fenomeno ha acceso nel mondo della finanza e nei governi delle principali nazioni navalmeccaniche, si sono soffermati Michele Acciaro, docente di logistica marittima presso la Kühne Logistics University (KLU) di Amburgo, che per definire questo incantesimo si è rifatto alla fiaba del pifferaio magico e degli abitanti di Hamelin, e Sergio Bologna, docente universitario, consulente ed esperto di logistica, che ha evidenziato il parallelo tra la bolla immobiliare e quella della finanza dello shipping, con le banche pronte a elargire generosamente crediti alla costruzione di navi, e la finanza per la navalmeccanica, con i generosi sussidi pubblici forniti alla cantieristica del Far East.
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- Diametralmente opposte le conclusioni a cui sono giunti i due esperti. «La logica del sistema containerizzato - ha rilevato Bologna - ha interamente soggiogato per decenni il settore portuale, ne ha definito le performances, era diventata quasi la ragione di esistere dei porti marittimi. Con il gigantismo navale questa egemonia “culturale” ha subito per la prima volta da 40 anni una battuta di arresto. Se a questa sommiamo altre resistenze che si stanno manifestando, quelle di natura ambientalista e quella, che man mano si fa più accentuata, della stessa forza lavoro (la logistica sta diventando un settore ad alta conflittualità sindacale) e se a queste resistenze sommiamo quelle derivanti dalle sempre più complesse e frequenti cause di disruption della supply chain, come ci segnalano le grandi società di assicurazione - ha sostenuto Sergio Bologna - dobbiamo concludere che le possibilità che le compagnie marittime siano indotte a un ripensamento del loro modello di business non sono poche». Secondo Bologna «la critica al gigantismo navale e la resistenza ad un suo incontrollato diffondersi non solo sono indispensabili ma - ha sottolineato - possono diventare anche, a mio avviso, un fattore di cambiamento e, in definitiva, di innovazione. Quindi occorre una volontà, un comportamento soggettivo, una forzatura, a cui sono chiamati tutti gli attori della catena logistica, perché - lo abbiamo visto - la crisi economica del 2008 e seguenti non è bastata a far cambiare la testa dei governi, delle imprese e della cultura, com'era avvenuto invece dopo il 1929».
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- Se per Bologna è necessaria un'azione di resistenza al gigantismo navale, secondo Acciaro, invece, «il gigantismo potrebbe essere davvero l'incantesimo del pifferaio magico necessario a risolvere alcuni dei problemi del sistema portuale italiano», perché - ha spiegato - «l'utilizzo di queste navi potrebbe favorire l'emergere di nuovi hubs e la ristrutturazione, almeno parziale, delle reti di navigazione di linea. Ma anche noi, come gli abitanti di Hamelin forse dobbiamo dare al pifferaio magico il suo compenso, in termini d'investimenti e sviluppo, perché il gigantismo navale non resti una maledizione per il sistema marittimo italiano». Per Acciaro evidentemente il fenomeno del gigantismo navale può essere tramutato in un'opportunità per il sistema portuale e logistico italiano: «questo compenso - ha precisato - è il necessario sviluppo delle reti logistiche a terra, perché gigantismo e ferrovia costituiscano il binomio vincente per erodere, almeno in parte, il tradizionale dominio dei porti dell'Europa settentrionale anche nei mercati confinanti d'oltralpe. Solo in questo modo il settore e la collettività saranno in grado di ottenere pieno vantaggio dalle mega-ships, essendo sicuri che l'incanto offerto dal pifferaio magico tramite il gigantismo navale, non si trasformi nelle amare lacrime dovute alle poche merci, ai bassi noli e alla marginalizzazione dei nostri porti».
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- Nel corso del convegno è stato osservato che solo pochi porti italiani potranno ospitare navi portacontainer di grande capacità, ma solo quelle fino ad una capacità massima di 15-16.000 teu e non le unità da 21.000 teu che ora si stanno affacciando sulla scena marittima mondiale, e ciò non solo perché le infrastrutture portuali e le dimensioni dei porti italiani non consentono l'ingresso di portacontenitori di questo tipo, larghe 60 metri e con uno scafo immerso per oltre 17 metri, ma specialmente per due motivi economici di base. Innanzitutto non esiste in Italia, se non si realizza una effettiva concentrazione in pochi poli portuali, il mercato in grado di garantire il carico sufficiente ad alimentare questi giganti. Inoltre le strategie già decise dalle grandi concentrazioni che in una corsa ormai incontrollata stanno investendo in navi giganti, non prevedono scalo in Mediterraneo se non occasionalmente a Malta, in carenza di strategie politiche italiane coerenti. Quindi allo stato attuale le super navi provenienti dall'Estremo Oriente scaleranno solo in Nord Europa.
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- Il presidente di Federagenti, Michele Pappalardo, si è soffermato sulle criticità del cluster marittimo italiano: «tutti gli interventi legislativi, regolatori e infrastrutturali del settore - ha evidenziato - sono fermi al palo e il paese si trova a subire passivamente scelte sulle quali non può incidere perché non può neppure contare sulla definizione di un piano logistico o su scelte precise su quali porti (e su quali sistemi infrastrutturali coerenti) potranno ambire a un ruolo sulle grandi rotte del trasporto container».
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- Nel corso del convegno, che è iniziato con i saluti di Paolo Uggè (Confcommercio), si è svolta anche una tavola tavola rotonda alla quale hanno partecipato il presidente di Assoporti, Pasqualino Monti, il presidente di Assiterminal, Marco Conforti, l'amministratore delegato di Fercam, Thomas Baumgartner, e Ignazio Messina, amministratore delegato della Ignazio Messina & C. Le conclusioni sono state tracciate da Ivano Russo, consigliere del ministro dei Trasporti.
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