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In Italia il traffico delle merci sta crescendo, ma il sistema nazionale dei trasporti è sofferente
Particolarmente grave lo stato dell'autotrasporto, afflitto da delocalizzazione e colonizzazione
9 ottobre 2017
Negli ultimi anni il traffico delle merci in Italia sta crescendo ed è passato dai 413,1 miliardi di tonnellate per chilometro del 2014 ai 436,5 milioni di t-km del 2015 per arrivare ai 439,6 miliardi di t-km stimate del 2016, ai 444,6 miliardi di t-km previste del 2017 e ai 448,3 miliardi di t-km attese per il 2018. Lo evidenzia l'ultimo rapporto su “Analisi e previsioni per il trasporto merci in Italia” realizzato dall'Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con Isfort che è stato presentato oggi a Cernobbio (Como) in apertura del terzo Forum Internazionale di Conftrasporto-Confcommercio.
Lo studio rileva che, se la buona notizia è la crescita del traffico merci in Italia e il ritmo sostenuto di sviluppo dell'intermodalità, quella cattiva è che di questo traffico stanno approfittando sempre più altre nazioni. «Si registrano nei trasporti - spiegano Confcommercio e Isfort - nuovi fenomeni: la delocalizzazione all'estero di molte imprese (soprattutto dell'autotrasporto) e la contemporanea colonizzazione del settore (dalle strade agli scali portuali) da parte di aziende e gruppi stranieri, che riversano all'estero la ricchezza prodotta in Italia e rischiano di relegarci ai confini dell'impero tracciato dalla Via della Seta trasformando un'opportunità in un danno».
Riferendosi all'autotrasporto, lo studio specifica se «che una parte delle imprese italiane abbia delocalizzato, mantenendo la proprietà in tutto o in parte delle aziende di autotrasporto, o abbia semplicemente abbandonato il Paese per lavorare con leggi e costi di altre economie non fa troppa differenza. Si è in presenza di una perdita netta di un settore produttivo: dopo la deindustrializzazione che ha investito settori strategici dell'economia italiana, quanto appena visto - evidenzia il rapporto - appare come un brutto sintomo di de-terziarizzazione, anch'essa riguardante un settore particolarmente rilevante per il funzionamento dell'intero sistema produttivo nazionale».
Se Confcommercio-Isfort parla anche di colonizzazione del sistema dei trasporti, in particolare relativamente all'autotrasporto, intervenendo al Forum il presidente di Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio, Paolo Uggè, ha denunciato l'allontanamento dai porti italiani di possibili investimenti esteri: «in Europa - ha affermato - il porto dei cinesi rischia di diventare il Pireo. Siamo all'assurdo. Purtroppo i casi di Napoli e Taranto parlano chiaro. Colossi come MSC e COSCO - ha spiegato - volevano investire lì, ma per le beghe italiane hanno rinunciato. La Via della Seta è un'opportunità enorme. Rischiamo di perderla se non ci muoviamo subito e con decisione».
Aprendo i lavori del Forum di Cernobbio, il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha ricordato che «un anno fa, qui ad ottobre, avvistavamo la ripresa, che oggi si conferma un po' più solida delle attese. Oggi - ha osservato - possiamo parlare, dunque, di ripresa, ma di una ripresa, purtroppo lenta e parziale come confermato dal nostro Ufficio Studi che ha rivisto al rialzo di alcuni decimi di punto le previsioni su Pil e consumi per il 2017 e il 2018. Una crescita con una domanda interna ancora debole e lontana da quel ritmo attorno al 2% che consentirebbe un più rapido riassorbimento della disoccupazione, una riduzione apprezzabile dell'area della povertà assoluta, un recupero vigoroso dell'attività produttiva nelle regioni italiane che più hanno perso durante la crisi».
Riferendosi nello specifico al tema dei trasporti, che - ha rimarcato - sono «un asset strategico per l'Italia», il presidente di Confcommercio ha rilevato che, «interessati da timidi segnali di ripresa, si sono dimostrati davvero capaci di assorbire maggiori traffici. Eppure - ha sottolineato Sangalli - tutto ciò non si trasforma in maggiore ricchezza per l'economia. Il punto cruciale è che a beneficiare di questi ritrovati traffici e, soprattutto, della loro crescita futura non sono e non saranno le nostre imprese e il nostro Paese, ma gli operatori stranieri. Infatti, in dieci anni il valore del trasporto internazionale di merci in Italia è cresciuto di quasi quattro miliardi di euro, mentre le imprese italiane del settore hanno perso oltre un miliardo e mezzo di euro».
«I trasporti - ha proseguito Sangalli - sono, purtroppo, sempre più in mano alle imprese straniere. In particolare, le imprese dei Paesi dell'Est Europa stanno mettendo in crisi il nostro trasporto su gomma e oggi hanno in pugno oltre la metà del mercato internazionale in Italia. In questo contesto di “colonizzazione” massiccia i nostri imprenditori per sopravvivere e continuare ad operare sul mercato nazionale sono costretti a delocalizzare. Una delocalizzazione che penalizza i redditi interni, riduce il tasso d'innovazione, pregiudica le prospettive di integrazione del sistema con il resto dell'Europa e del mondo. A salire sul banco degli imputati sono, ancora una volta, le nostre debolezze strutturali. Mi riferisco al deficit di infrastrutture e all'eccesso di burocrazia e di pressione fiscale, fattori che penalizzano e rendono meno competitive le nostre imprese. Basti pensare che per via di lungaggini e adempimenti burocratici, le imprese italiane di navigazione e di autotrasporto perdono complessivamente oltre un miliardo di euro all'anno in termini di guadagni e di fatturato».
In particolare, Confcommercio e Conftrasporto specificano che «fermo restando che le imprese italiane spendono, rispetto alla media di quelle dei Paesi competitor, il 52% in più delle giornate dedicate agli adempimenti burocratici» e, precisando che nella loro rilevazione sono riportati i dati dei costi diretti effettivi sostenuti dalle imprese e quelli indiretti legati alle inefficienze amministrative, «nella differenza tra tempo congruo, con un'amministrazione efficiente, ed effettivo, sperimentato “sul campo” dalle imprese - chiariscono Confcommercio e Conftrasporto - per quelle di navigazione (traghetti e mezzi veloci) i ritardi cumulati generano un danno di 140 milioni di euro all'anno, mentre per quelle dell'autotrasporto il danno in termini di mancato fatturato è di 790 milioni di euro e supera i 260 milioni in mancato guadagno».
«Allora - ha detto Sangalli - è necessario fare presto e bene perché rischiamo di perdere un intero comparto che è di fondamentale importanza per l'economia e le prospettive di crescita del Paese. Le priorità a nostro avviso sono chiare: un contrasto più forte alla concorrenza sleale e al dumping sociale nell'autotrasporto; l'applicazione del principio “chi meno inquina meno paga” per un trasporto più sostenibile; l'incentivazione dell'intermodalità; la piena attuazione della strategia d'intervento “Connettere l'Italia” prevista per il settore e del Piano nazionale strategico della portualità e della logistica».
Oggi Confcommercio e Conftrasporto hanno avanzato una serie di richieste alle istituzioni per il sostegno e il rilancio del settore del trasporto a partire da «modifiche al “pacchetto mobilità” presentato dalla Commissione Europea lo scorso mese di maggio, per introdurre più efficaci disposizioni di contrasto della concorrenza sleale e del dumping sociale, subordinando prioritariamente qualsiasi forma di ulteriore liberalizzazione delle attività di cabotaggio, ad un necessario riallineamento delle differenziate condizioni di contesto (fisco e previdenza in primis) in cui si trovano ad operare le imprese del continente»
In tema di tariffazione dell'uso delle infrastrutture, Confcommerci e Conftrasporto chiedono «completa ed efficiente applicazione del principio “chi più inquina più paga” a tutti gli utilizzatori delle stesse, con meccanismi premiali per le soluzioni di trasporto più sostenibili e rapportando i danni ambientali generati, all'entità del trasportato, tenendo in considerazione il sistema impositivo complessivamente gravante sui diversi operatori».
La Confederazione Generale Italiana delle Imprese e la Confederazione delle aziende di trasporto invitano anche alla «definizione di un nuovo strumento europeo per incentivare il trasporto combinato» e allo «sblocco del sistema dei trasporti eccezionali su strada in Italia» con «criteri uniformi nazionali per il rilascio delle autorizzazioni, potenziamento degli organici degli uffici tecnici, catasto delle strade, procedure telematiche e sportelli unici».
Inoltre è sollecitata la «piena attuazione alla strategia organica d'intervento nel settore “Connettere l'Italia”, promossa dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti per una sostenibilità della mobilità, da conseguire nell'ambito di una politica che punti prioritariamente ad accrescere l'accessibilità e la connettività dei territori, premiando le soluzioni di trasporto più sostenibili, tra quelle che riescono a soddisfare con efficacia ed efficienza, le esigenze della domanda (intermodalità, cura del ferro, cura dell'acqua, sistemi di trasporto rapido di massa nelle città)».
La lista delle richieste include una «coerente strategia d'attuazione del Piano nazionale Strategico della Portualità e della Logistica e della conseguente riforma della “governance portuale” con la piena operatività della Conferenza Nazionale di Coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale, e del coinvolgimento dei rappresentanti degli operatori, per garantire l'originaria visione nazionale della riforma».
Confcommercio e Conftrasporto esortano anche ad un «determinato perseguimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva DAFI per la diffusione delle infrastrutture per i combustibili alternativi, per uno sviluppo, tecnologicamente neutrale, delle diverse alimentazioni alternative disponibili per le diverse tipologie di trasporto» e alla «riforma del sistema di adempimenti amministrativi a carico dei vettori anche in tema di sicurezza, per renderlo efficace e non meramente burocratico/formale, coerente con le pratiche internazionali, proporzionato agli effettivi rischi, non discriminatorio e rispettoso delle esigenze di operatività delle imprese (Revisioni, Certificazioni di sicurezza ferroviaria e marittima)».
Infine, in tema di trasporto ferroviario è richiesta la «concreta adozione, anche in Italia, del modulo di equipaggio ad “agente solo” superando la prassi risalente all'epoca dei treni a vapore di avere due operatori addetti alla condotta del treno (all'epoca, appunto, il macchinista e il fuochista) ora tecnicamente non più giustificata, efficientamento dell'attività di manovra ferroviaria e potenziamento dei terminal intermodali».
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