- Il mondo è davvero cambiato. Prendiamone atto. Stamani abbiamo assistito ad una delle ennesime dimostrazioni del sovvertimento di circostanze e ruoli partecipando all'assemblea annuale dell'Associazione Agenti Raccomandatari Mediatori Marittimi Agenti Aerei - Genova (Assagenti) svoltasi nella sede dell'authority portuale genovese a Palazzo San Giorgio.
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- Ormai ci si può attendere di tutto. Eppure ci siamo meravigliati quando il console della Compagnia Unica del Porto di Genova, Antonio Benvenuti, ha evidenziato l'opportunità di seguire con attenzione le proposte di possibili investimenti privati nella portualità italiana avanzate di recente, tra cui quella presentata per l'Alto Adriatico. La sorpresa è diventata stupore probabilmente per il fatto che poco prima il presidente di Assagenti, Giovanni Cerruti, si è espresso in tutt'altri termini, o almeno così ci è parso di intuire. Infatti non abbiamo compreso quale sia il parere di Cerruti sullo stato della portualità nazionale e, in particolare, di quella ligure. Anzi: una delle sue analisi, quella relativa alle infrastrutture portuali, dove esamina “la sovra capacità dei terminal dell'Alto Tirreno”, proprio non l'abbiamo capita. Fatevi una vostra opinione leggendo la sua relazione che pubblichiamo nella rubrica “Forum dello Shipping e della Logistica”.
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- Antonio Benvenuti suggerisce di guardare con interesse ai progetti di sviluppo della portualità. Cerruti scrive che i nuovi aumenti di capacità non sono prioritari per i porti liguri. Sì, il mondo è proprio cambiato.
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- Rilevando che «negli ultimi venti anni la percentuale di utilizzazione della capacità container dei porti dell'Alto Tirreno, da Livorno a Savona passando per Spezia e Genova, è arrivata al 90% solo nel 2007, ma è stata normalmente inferiore all'80%, con minimi del 60%», il presidente di Assagenti ne deduce che «per i porti liguri non sono urgenti tanto nuovi aumenti di capacità, quanto la realizzazione di infrastrutture di collegamento con il mercato e la modernizzazione di procedure arcaiche e insopportabili rendite di posizione, che limitano la nostra capacità competitiva».
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- Se è così il presidente dell'Autorità Portuale di Genova, Luigi Merlo, può dormire sonni tranquilli. Il suo porto, a parte qualche necessario intervento di maquillage, va bene così com'è. Ad asserilo non è uno degli esponenti dei comitati cittadini contrari all'ampliamento delle aree portuali. A dirlo è nientemeno che il presidente degli agenti marittimi genovesi.
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- Merlo ha intenzione di delineare il nuovo piano regolatore portuale nei prossimi mesi. Il piano regolatore vigente ha ottenuto qualche applauso e molte, moltissime critiche. È stato definito dagli operatori, e dagli stessi agenti marittimi, un progetto positivo per lo sviluppo del porto, anche se qualcuno lo ha ritenuto “poco coraggioso”, ma è stato subissato dai giudizi negativi di esponenti delle comunità del ponente cittadino. Se ne ricorda bene l'allora presidente dell'ente portuale Giuliano Gallanti, che invano cercò di difendere le scelte dell'Autorità Portuale per l'area di Voltri, dove era previsto un contenuto ampliamento del container terminal.
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- Be', Merlo non dovrà affrontare gli inviperiti abitanti delle delegazioni cittadine, a meno che non voglia progettare nuove opere portuali. Non ci è chiaro se Cerruti gli proponga o meno di farlo quando suggerisce che la costruzione di «un terminal container nuovo a Genova applicando il piano regolatore ancora vigente costerebbe tra il 25 e il 50% del costo della piattaforma di Vado, a parità di grandezza». Secondo il presidente degli agenti, «con le opere già previste dal piano regolatore, il porto di Genova potrebbe in pochi anni raggiungere una capacità di movimentazione di 4-5 milioni di teus l'anno, un volume più che adeguato alle esigenze della nostra economia per i prossimi dieci anni».
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- Francamente non abbiamo capito: Cerruti ipotizza che il gruppo danese A.P. Møller-Maersk, che per anni ha invano cercato di insediare un proprio terminal a Genova, possa essere indotto a tornare nel capoluogo ligure abbandonando Savona Vado, dove la sua piattaforma container ha finalmente ottenuto il via libera? (inforMARE del 9 aprile 2010). Tutto ciò per tornare a Genova, ma dove? Nella nuova area terminalistica che sta sorgendo con i riempimenti a Calata Bettolo?
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- Da anni riportiamo sulle pagine elettroniche del nostro giornale le dichiarazioni di esponenti della comunità portuale che denunciano la cronica carenza di spazi sulle banchine genovesi. Ora Assagenti ci viene a dire che non si tratta di un problema di capacità, e quindi anche di superfici portuali. Ne prendiamo atto. Non sappiamo se faranno altrettanto quelli che, come gli operatori interessati al compendio Multipurpose o le ditte del settore delle riparazioni navali, sembrano pronti a scannarsi pur di ottenere una fetta di aree dove svolgere le proprie attività.
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- D'altronde lo stesso Cerruti, in un altro passo della sua relazione, riferendosi all'investimento effettuato da un operatore nordeuropeo nel porto di Algeciras, rileva che «Genova manca di spazi e pertanto rischia di essere uno dei porti serviti da traffici marginali». Più avanti asserisce che «c'è necessità di spazi per creare gli autoparchi, i depositi per i contenitori vuoti ed altri servizi similari, che non possono trovare la giusta collocazione a 60 chilometri dal porto; nessun porto al mondo si sognerebbe di relegare questi servizi ausiliari ad una tale distanza; non potrebbero essere funzionali e rischierebbero di non risolvere le necessità minime che i traffici richiedono».
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- Non sappiamo ancora quale sarà il futuro progetto del porto di Genova e, quindi, se saranno realizzate nuove banchine e aree. Tuttavia oggi Merlo ha rivelato che uno dei temi del prossimo piano regolatore portuale «sarà quello della nuova diga», basata su fondali di -40/-50 metri. Un'opera che fa presupporre la realizzazione di nuovi spazi portuali.
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- Secondo Merlo, la tesi della sovracapacità del sistema portuale ligure proposta da Cerruti «è un tema molto delicato che - ha osservato - «rischia di creare tensione tra i porti liguri». Il presidente dell'Autorità Portuale di Genova ha manifestato piuttosto la volontà di dare agli investitori l'opportunità di contribuire allo sviluppo portuale genovese e ligure. «Attualmente - ha constatato - non vedo in vista un Duca di Galliera».
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- Al facoltoso nobile che nell'Ottocento, elargendo una consistente somma di danaro (20 milioni di lire), consentì l'ampliamento del porto e al quale è intitolata la diga foranea dello scalo si è riferito anche il presidente della Provincia di Genova, Alessandro Repetto, sollecitando l'individuazione di finanziatori in grado di mettere a disposizione i fondi che il governo non è intenzionato ad erogare ai porti. Per Repetto è necessario sia prendere atto del prosciugamento delle casse dello Stato («il barile - ha precisato - è stato toccato al fondo») sia dell'impossibilità di ottenere dal governo misure di federalismo applicate ai porti («dobbiamo - ha spiegato - mettere una pietra sopra all'autonomia finanziaria»).
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- Tra gli altri interventi, quelli del presidente della Sezione Terminalisti di Confindustria Genova, Beppe Costa, del presidente dell'associazione degli spedizionieri genovesi Spediporto, Roberta Oliaro, e del presidente di Fedespedi, Piero Lazzeri, il più incisivo - anche se (non ce ne voglia Antonio Benvenuti) il più farragginoso - ci è sembrato proprio quello del console della Compagnia Unica. Benvenuti ha parlato del recente disegno di legge del governo sull'ordinamento dei porti: di nuovo non c'è alcunché, tranne la modalità di nomina del presidente dell'Autorità Portuale - ha commentato - «è il caso di farci una guerra sopra?» Come dargli torto? Ancora più energico il giudizio sui progetti per lo sviluppo delle infrastrutture portuali : «se la partita è aperta - ha confermato - è bene che noi partecipiamo a questa partita».
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- Anche per Filippo Gallo, presidente della federazione nazionale degli agenti marittimi Federagenti, è opportuno valutare le varie ipotesi progettuali sulla portualità attirando «investimenti da dentro e finanziamenti da fuori». Pure Gallo ha dato per persa la partita sull'autonomia finanziaria alle Autorità Portuali condotta - ha sottolineato - con una strategia sbagliata. Così come stanno ora le cose - secondo il presidente di Federagenti - è meglio puntare ad ottenere un federalismo fiscale indiretto, attraverso ad esempio la formula pay-per-use, piuttosto che un federalismo fiscale diretto basato sul gettito dell'IVA.
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- Gallo si è soffermato anche sul recente provvedimento governativo che consente alle Autorità Portuali di ridurre l'importo delle tasse di ancoraggio (inforMARE del 9 febbraio 2010), un'imposta - ha specificato - che «per i porti di destinazione è una tassa alta e per i porti di trasbordo è una tassa altissima». Tuttavia - secondo Gallo - il decreto legge è sbagliato e «rischia di creare sperequazioni molto importanti»
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Bruno Bellio
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