- Associazione Agenti Raccomandatari
Mediatori Marittimi Agenti
Aerei - Genova
Assemblea dei soci 20 maggio 2010
Relazione del Presidente
Giovanni Cerruti
Autorità, Illustri Ospiti, Colleghi ed Amici,
anche quest'anno ci ritroviamo per la nostra Assemblea in questa
magnifica sala di Palazzo San Giorgio. Un doveroso ringraziamento va
pertanto all'Autorità Portuale ed al suo Presidente per la
consueta ospitalità.
E' prassi consolidata, in ogni occasione pubblica di questo
tipo, fare una breve analisi della situazione di mercato e, magari,
provare a disegnare i possibili scenari futuri che ci attendono nei
prossimi anni; allo stato attuale, è praticamente impossibile
non fare i conti o sorvolare sulle conseguenze della crisi economica
mondiale e sui riflessi che, come in molti altri settori, sono stati
e continuano ad essere molto pesanti per la nostra categoria.
Nonostante solo ora si cominci auspicabilmente ad intravvedere
un termine a questo periodo di forte contrazione dei traffici, non
abbiamo comunque dubbi sul fatto che la ripresa sarà lunga ed
ancora in salita.
Vorrei iniziare questa mia relazione con un breve esame dei
comparti in cui operano le nostre aziende associate.
I traffici di linea
Senza dilungarmi troppo sugli effetti della crisi mondiale,
abbiamo già parlato in molte occasioni dei miliardi di
dollari (si calcola che ammontino a oltre 20) bruciati dalle
compagnie di navigazione nel solo 2009, dell'importante numero di
navi in disarmo, freddo o caldo che sia e, quindi, solo dopo averne
dato una sintetica analisi, passerei a valutare i cambiamenti e le
nuove prospettive che verosimilmente dovremmo aspettarci nel
prossimo futuro.
Il picco massimo delle navi porta contenitori in disarmo si è
raggiunto a novembre e dicembre 2009: con una flotta di 1.520.000
teus, molto vicina al 20% del totale. Fortunatamente, già a
partire da gennaio 2010, questo numero si è ridotto, per
arrivare ad aprile a 1.100.000 teus.
La crisi dei noli e le navi in disarmo (Teus)
Circa l'andamento dei noli, il periodo contraddistinto da valori
più bassi va da marzo a giugno 2009, con noli all-in dal Far
East al Mediterraneo che si assestavano intorno ai 350/400 Usd per
teu, comprensivi delle varie addizionali. Nello stesso periodo un
nolo dal Mediterraneo al Far East valeva circa 250/300 Usd per teu.
Da settembre 2009 vi è stata una decisa inversione di
tendenza, con noli, che soprattutto dall'Asia, sono risaliti a
livelli quantomeno decenti.
Noli All-In Far East/Mediterraneo
Le ragioni sono due: da un lato un reale aumento dei traffici,
cosa che possiamo già constatare con la crescita dei volumi
fatti registrare dai porti liguri, con Genova e La Spezia che
segnano nel primo quarto un +13% rispetto al 2009. La seconda
motivazione è legata ad una generale riduzione dell'offerta
di stiva: a partire infatti da settembre/ottobre 2009, gli armatori
hanno ridotto in gran parte la quantità di stiva disponibile
sul mercato.
Quasi tutte le compagnie di navigazione hanno impiegato nei
servizi un maggior numero di navi al fine di ridurre la velocità
di rotazione, con una notevole diminuzione dei consumi che,
considerato l'importante costo a tonnellate del Bunker (ormai
mediamente intorno ai 500 Usd), riesce a coniugare due esigenze
fondamentali: da una parte ridurre il numero delle navi in esubero,
dall'altra risparmiare carburante. Questo è anche un mezzo
per ridurre le quantità di Co2 emesse nell'atmosfera e quindi
essere più “environment friendly”. L'esempio
della CKYH Alliance è un classico: da aprile il nuovo nome
dell'alleanza sarà “Green Alliance”.
Le previsioni di crescita per il 2010 sono decisamente
incoraggianti: le più pessimistiche parlano di una crescita
globale del 5.5% rispetto al 2009, con un aumento dei traffici tra
Asia ed Europa del 4.6%, mentre le più ottimistiche prevedono
una crescita globale del 7.6% con una crescita Asia/Europa del 7.5%.
Sicuramente la crisi ha portato cambiamenti sostanziali nella
visione e nelle strategie che le compagnie metteranno in campo nel
prossimo futuro. L'abbondanza di navi a prezzi relativamente bassi
ha indotto gli armatori ad aumentare il numero delle toccate e a
scalare un maggior numero di porti diretti. Porti dell'East Med, del
Black Sea, dell'Adriatico, vengono sempre più frequentemente
toccati da navi madre, in parziale sostituzione dei pre-esistenti
servizi feeders.
A soffrire saranno sempre più i porti specificatamente di
trasbordo, che oltre ad una generale riduzione dei traffici,
vedranno ridursi anche la quota generale del traffico in
transhipment. Si può ritenere che a breve, non appena
verranno realizzati alcuni progetti di “hub ports”
nell'area del nord Africa, la percentuale di containers in
trasbordo, per lo meno attraverso i porti italiani, potrà
subire un vistoso calo. Non si parlerà più solo ed
esclusivamente di trasbordo, ma anche e principalmente di relay
(trasbordo da nave madre a nave madre). Questo concetto
tendenzialmente serve a ottimizzare al massimo i servizi e gli spazi
a bordo delle navi. Il concetto di relay, quindi, non ha bisogno di
una forte connotazione geografica, ma deve trovarsi nei punti di
intersezione delle principali rotte East/West, North/South.
Il traffico tramp
Tutto il comparto dei carichi secchi è stato
contrassegnato lo scorso anno in Italia da una totale stagnazione.
Non c'è stato settore, dal siderurgico al cemento, dal
carbone alle granaglie che non sia stato colpito dalla frenata che
ha condizionato sia l'Europa che le Americhe.
Lo choc è stato particolarmente forte nel dry per una
miscela di fattori che si sono scatenati contemporaneamente:
l'eccessiva offerta di stiva, gli effetti di un mercato, quello
cinese, che non poteva continuare ad acquistare materie prime ed
energia a prezzi “drogati”, la crisi al consumo in
America.
Tuttavia man mano che i mesi passavano si potevano toccare con
mano piccolissimi segnali di riconquistata fiducia.
Come al solito oggi vediamo che a trainare la ripresa sono i due
paesi con la popolazione più numerosa: Cina e India. Ambedue
i Paesi hanno obiettivi ambiziosi da raggiungere sia nelle
infrastrutture che nell'industria. La Cina, infatti, vuole uscire
dallo stato di fabbrica del mondo, deve dimostrare che non si fa più
il “Made in China” ma “Designed, thought,
projected in China”. Per ottenere questo, lo standard di vita
deve alzarsi, i giovani devono studiare all'estero per portare idee
da attuare nel loro paese.
Oggi le grandi metropoli hanno una maggiore sensibilità
sia alla qualità della vita che al rispetto dell'ambiente,
con riflessi anche sui trasporti. Riprendono i grandi flussi di
materie prime e prodotti finiti che si spostano da Est a Ovest e ora
anche da Est a Sud.
Il 2010 ha da subito mostrato qualche debole segno di ripresa
anche perché la quasi totale stagnazione dalla seconda metà
del 2008 aveva pressoché azzerato la riserva. Il settore
delle costruzioni è forse ancora più immobile di
qualche mese fa, ma i protagonisti sanno di non potersi far trovare
impreparati di fronte ad un auspicabile ripresa.
I governi dovrebbero ora riaccendere il volano dell'economia
attraverso l'attuazione di progetti sulle infrastrutture. Purtroppo
ad oggi non si rilevano grandi segnali di ripresa nei traffici delle
rinfuse bianche. Ciò significa che i grandi cementifici
mantengono un atteggiamento di estrema prudenza.
In questo contesto la portualità ligure sta attraversando
un momento particolarmente delicato che potrebbe portare a
significativi cambiamenti.
Tuttavia ritengo vi sia un generale desiderio di cambiamento
che, se sarà visto in un contesto più ampio e non
meramente cittadino o regionale, porterà Genova e la Liguria
in una posizione strategica e importante per il sistema
trasportistico Europeo.
Il settore cisterniero ha risentito con qualche mese di ritardo
degli effetti del black out economico. Quasi tutti gli armatori si
aspettavano per il 2010 qualcosa di peggio rispetto al 2009. I
programmi di consegne erano ingenti e tutti sono rimasti col fiato
sospeso aspettando di essere travolti da questo grande numero di
nuove costruzioni che stava per riversarsi sul mercato.
Siamo arrivati al primo trimestre del 2010 senza drammi o
vittime sul campo. Alcune consegne sono state ritardate, i noli
hanno subito un calo ma non così verticale come ci si
aspettava. Nel frattempo l'Asia ha ricominciato a marciare a pieno
ritmo e l'onda sembra essere di nuovo in salita.
Ovviamente non è il momento di farsi prendere
dall'euforia, ma neppure di guardare avanti con troppo sospetto. E'
difficile pensare cosa ci riserva il futuro in questo settore ma è
immaginabile che i volumi tenderanno a ridursi. Le energie
alternative, la spasmodica ricerca della riduzione dei consumi fanno
si che il vecchio Continente non sarà l'area dove gli
armatori punteranno.
Dobbiamo aggiungere che sia in Europa, sia in America, non è
più possibile costruire o ampliare impianti di raffinazione
ma è solo permessa un'opera di mantenimento. Questo
comporterà una graduale mancanza di competitività
nella raffinazione con la conseguente migrazione verso l'India, la
Cina e la Korea.
Volendo traguardare il futuro potremmo pensare ai principali
porti come aree di stoccaggio per i prodotti petroliferi serviti da
grande Navi ed i minori serviti da handysize coaster.
In questi giorni si è letto che un grande operatore nord
europeo ha investito in un'area di stoccaggio di liquidi ad
Algeciras.
Genova manca di spazi e pertanto rischia di essere uno dei porti
serviti da traffici marginali, nonostante la posizione geografica
particolarmente favorevole rispetto al Sud Europa. La soluzione
potrebbe esserci, adottando quello che in Nord Europa ed in Cina è
diventata prassi: reclamation. Recuperare terreno sul mare
investendo nei progetti davvero strategici, quali la
riqualificazione del Porto Petroli, da troppi anni fermo solo alla
fase propositiva progettuale.
Le crociere
L'impatto della crisi mondiale sul comparto crocieristico non ha
apparentemente generato quella contrazione cui gli indicatori
economici avrebbero potuto far pensare. Da un punto di vista dei
numeri relativi ai passeggeri trasportati parrebbe anzi che il trend
espansivo dei principali gruppi del comparto sia proseguito senza
particolari scosse.
A dispetto di queste apparenze però, la crisi generale
non è rimasta senza conseguenze per il cruising. I prezzi
medi dei biglietti sono scesi in maniera sensibile aumentando
ulteriormente la competitività della crociera rispetto ad
altre forme di turismo, ma esasperando la politica tesa alla
riduzione dei costi correnti praticata dalle compagnie armatrici.
Questa pressione al risparmio sui costi si è riverberata
principalmente sui fornitori di servizi, tra cui gli Agenti
Marittimi, da sempre elemento debole di una catena dai molteplici
anelli, parecchi dei quali incomprimibili o quasi.
Tutto ciò ha inasprito la competizione tra imprese,
spesso trascinate in una devastante corsa al ribasso dalla procedura
ormai quasi generalizzata di “messa a gara”, i
famigerati “bid”, che hanno quasi ovunque soppiantato i
tradizionali equilibri di fedeltà e continuità di
rapporto tra agenti e armatori.
Pare purtroppo prevalere l'idea che l'agente migliore sia quello
che costa meno, salvo poi pretendere performances di alto livello
attraverso stringenti procedure di valutazione del servizio.
E' qui forse opportuno ricordare che, pur nel quadro della
liberalizzazione di molte professioni, intervenuta anche in Italia
con il recentissimo recepimento della direttiva comunitaria, la
nostra tariffa professionale mantiene integra la propria
obbligatorietà, con tutte le implicazioni che tale
inderogabilità comporta.
Il porto di Genova ha fatto segnare, nel settore specifico,
cifre da primato, fatto questo che non deve far dimenticare
l'intrinseca fragilità di un successo che finora si è
basato fondamentalmente sulla presenza di un unico cliente.
Siamo poi ancora una volta a ricordare, se non fosse sufficiente
testimonianza la sua invadente e desolante presenza, l'ancora
irrisolto problema dell'Hennebique, cuneo fatiscente inserito in un
contesto di grande valore nel punto di articolazione tra porto
antico e stazioni marittime, strozzatura inverosimile nel passaggio
obbligato per i crocieristi in transito, che dal Mille si recano
all'Acquario. Non possiamo che augurarci che i lavori in corso sul
Ponte Parodi finiscano per trascinare nel risanamento tutta la
preziosissima area circostante: Calata Darsena e Silos inclusi.
La mediazione marittima
Il mercato dei noli nelle rinfuse secche è senza dubbio
quello che si è difeso meglio dalla crisi dello shipping. I
noli da qualche tempo (fatta eccezione per le Cape Size) sono
infatti a livelli più che apprezzabili.
I valori delle Panamax (da 60mila ad 80mila Dwt), per un anno
di noleggio, hanno tenuto una media di 24.500 Usd al giorno,
passando dagli 11.300 Usd di aprile 2009 a cifre di circa 30.750 Usd
di aprile di quest'anno.
Le moderne Cape Size (da 120mila a 180mila Dwt), come sopra
detto, hanno avuto un andamento altalenante: dai 20mila Usd di
aprile 2009, agli 80mila di giugno dello stesso anno. Ad aprile di
quest'anno hanno segnato cifre attorno ai 28mila Usd al giorno,
anche se si nota qualche segno di ripresa.
Le navi di portata inferiore hanno ottenuto buone rate sempre
riferite ad un noleggio della durata di un anno; una Supramax
(53mila Dwt) ha ottenuto un nolo medio lo scorso anno attorno ai
20mila Usd, oggi raggiungono quasi i 27mila. Le Handymax (da 35mila
a 46mila Dwt) sono passate dai 12mila usd di aprile 2009 ai circa
22mila di oggi. Le Handy Size (da 15mila a 35mila Dwt) nello stesso
periodo sono salite da 9.500 a 19.500 Usd al giorno.
Il mercato delle tankers nel 2009 ha toccato livelli assai
bassi, fino ad arrivare, in alcuni casi, a valori di time charter
negativo, cioè noli base viaggio che non solo non riuscivano
a coprire i costi vivi del viaggio, ma lasciavano scoperti anche i
costi fissi della nave. Per esempio in agosto 2009 le Aframax sul
mercato spot del Mare del Nord avevano un rapporto costi ricavi
negativo di -4.200 Usd giorno e le Products sulla rotta
Singapore/Giappone -2.700 Uds giorno. Una situazione che se fosse
durata più a lungo avrebbe portato sicuramente al disarmo di
molte unità.
Nell'anno, come media, le VLCC hanno registrato circa 30.000 Usd
giorno, le Aframax circa 15.000 e le Products poco più di
7.000, non al livello di far scattare la molla del disarmo, ma
valori inferiori al break-even (costo industriale) di cui hanno
bisogno navi moderne per coprire i costi fissi e gli oneri
finanziari .
Le prospettive, dopo i primi mesi del 2010, pur segnati da
leggeri rialzi, restano problematiche, a causa dell'offerta di stiva
dato l'incessante aumento della flotta dovuto alle nuove costruzioni
che arrivano dai cantieri a ritmo continuo. Ad esempio, per tutto
l'anno in corso sono previste nuove product carriers al ritmo di una
ogni tre giorni, ed una Aframax ogni quattro giorni e mezzo. Di
conseguenza, dobbiamo sperare che gli armatori più saggi
facciano ricorso al disarmo di alcune dello loro unità e alla
demolizione delle unità più vecchie, per cercare di
ridare vita ai noli.
Per quanto riguarda invece il mercato della compravendita navale
negli ultimi 12 mesi nel settore Dry Bulk i prezzi delle navi a
partire da aprile/maggio 2009 sono lentamente ma costantemente
risaliti per tutti i successivi 12 mesi.
Tale tendenza al rialzo è tuttora in atto, ad eccezione
forse delle navi Capesize che nelle ultime settimane hanno subito un
battuta d'arresto.
A titolo comparativo il valore di una Panamax Bulker di 5 anni a
maggio 2009 era di circa 31 milioni di Usd, a novembre 2009 di circa
35 milioni ed oggi è intorno ai 39 milioni.
A partire dalla fine del 2009 il volume delle transazioni è
aumentato in maniera consistente a causa della forte domanda di
acquisto di navi, inizialmente da parte dei cinesi e successivamente
anche degli armatori greci ed europei.
Nel settore Tanker c'è stata una pesante depressione per
tutti gli ultimi 12 mesi. I prezzi delle navi cisterne, che erano
già al “tappeto” ad aprile/maggio 2009 sono
rimasti sostanzialmente invariati e il numero di transazioni
concluse è stato estremamente esiguo.
Solo in queste ultime settimane si è potuta notare una
maggiore attività che lascia sperare in una ripresa di questo
settore, tuttavia è prematuro parlare di un trend rialzista
sui prezzi.
Negli ultimi 12 mesi il valore di una Aframax Tanker di 5 anni è
rimasto intorno ai 42 milioni di Usd, quello di una MR Tanker
(47-51,000 tdw) della stessa età intorno ai 26 milioni e
quello di una chimica da 20mila tdw (coated) intorno ai 19 milioni.
Il settore dei Containers è stato quello più
colpito dalla crisi finanziaria e dalla recessione economica.
Diverse navi (in alcuni casi intere porzioni di flotte), come
abbiamo visto prima, sono state messe in disarmo e il mercato è
rimasto “stagnante” per tutti gli ultimi 12 mesi. Le
transazioni in compravendita sono state molto scarse e i prezzi sono
rimasti depressi ed invariati fino a poche settimane fa.
Nell'ultimo mese tuttavia c'è stato qualche segnale di
inversione di tendenza, ma le compravendite concluse hanno
riguardato maggiormente navi oltre i 10 anni di età.
Una Full Container da 5000 Teu di 5 anni di età, fino a
marzo/aprile 2009 valeva intorno ai 26 milioni di Usd, oggi
probabilmente potrebbe ottenere un prezzo intorno ai 28-30 milioni.
Ed, infine, il settore delle Newbuilding. Nella seconda metà
del 2009 si è molto parlato a proposito delle numerose
cancellazioni (negoziate o forzate!) relative alle commesse
acquisite in precedenza dai cantieri, o dei tentativi da parte di
molti armatori di posticipare le date di consegna al fine di
superare la crisi del mercato.
Tuttavia la reale portata di tali fenomeni rimane tutt'ora
incerta.
Probabilmente le cancellazioni riguardano circa il 20-25%
dell'orderbook mondiale, ma i più colpiti sono indubbiamente
i cantieri cinesi di seconda categoria (i cosiddetti GREENFIELD
YARDS). Per una ragione o per l'altra comunque le consegne di navi
nuove tra seconda metà 2009 e l'inizio del 2010 sono state
inferiori a quelle previste.
In ogni modo il numero di navi previste in consegna nel
2010/2011 rimane molto alto e per alcune tipologie di esse equivale
a circa il 70-80% della flotta navigante. Conseguentemente le nuove
commesse concluse nella seconda metà del 2009 sono state
quasi inesistenti.
Nel primo trimestre del 2010 ci sono stati un certo numero di
nuovi ordini sia per tankers che per bulk carriers, con consegne
previste per il 2012.
La riforma della legge 84/94 e l'autonomia finanziaria
Dopo una gestazione durata alcuni anni, la riforma della legge
portuale del 1994 si è arenata sul tema di fondo di una
relativa autonomia finanziaria delle autorità portuali.
Il disegno di legge proposto dal Governo è carente
proprio nella norma chiave, quella dell'autonomia finanziaria,
promessa a più riprese sia dalla maggioranza che
dall'opposizione e ancora una volta negata.
L'ipotesi di restituire ai porti il 5 per cento di quanto
incassato sotto forma di Iva e di accise e girato integralmente
all'Erario, approvata in forma bipartisan dalla Commissione
Trasporti del Senato, è stata semplicemente cancellata.
Al suo posto, in parallelo al disegno di legge, è stato
istituito un fondo nazionale che, per tutti i porti, mette a
disposizione per quest'anno 80 milioni di euro, mentre la sola
Genova dall'autonomia finanziaria ne attendeva almeno 200.
La Commissione Trasporti propone ora un compromesso, quello di
iniziare con una quota del 2 o 3 per cento. Vedremo ma fino ad ora
questi schemi hanno dimostrato di essere impraticabili.
Visto che tutto è stato azzerato, conviene ricordare che
il punto di partenza avrebbe dovuto essere quello delle linee guida
fissate alcuni anni fa dall'Unione Europea, poi completamente
disattese sia dall'Italia che dalla maggioranza dei Paesi
dell'Unione.
Il punto nodale è allora quello del ripensamento delle
modalità di esazione e destinazione dei tributi, abbandonando
i sistemi a ripartizione fin qui adottati che hanno finito per
spalmare su troppi scali le poche risorse disponibili. I porti non
possono seguire una logica regionalistica, nella quale prevarrebbero
gli interessi locali a discapito del mercato.
L'obiettivo è l'integrazione dei porti nella catena
logistica, dai terminal ai retroporti e alle destinazioni fìnali.
Quello che e due proposte sul tappeto di riforma della legge
portuale non hanno considerato è che il nostro problema
principale non sono i terminal, ma le infrastrutture di collegamento
con il mercato.
E' questo il nodo sul quale ci dobbiamo confrontare, I terminal
portuali dei principali scali strategici del Paese sono tutto
sommato adeguati alle nostre esigenze, sia pure cori molti doppioni
e con troppe sovrapposizioni.
Diciamolo con chiarezza: lo spreco di denaro pubblico è
stato una costante delle politiche fin qui seguite, con la
moltiplicazione delle Autorità Portuali all'incredibile
numero di venticinque (che stanno per diventare ventisei con
l'aggiunta di Trapani) e con la conseguente erogazione a pioggia dei
fondi nazionali.
In questa situazione, riteniamo che debbano essere valutate con
molta attenzione ipotesi di diverse modalità di investimento
nei 'porti corridoio' di Genova e Trieste come quelle prospettate
nei mesi scorsi con il supporto del gruppo Unicredit.
Questo in prospettiva. Ma hic et nunc, qui ed ora, il
problema è quello di risolvere i veri nodi della nostra
operatività. Per questo crediamo siano urgenti quegli
interventi che diano alle Autorità Portuali margini più
ampi sul fronte regolamentare.
Che, per esempio, consentirebbero da subito di attuare un
migliore coordinamento negli orari dei controlli della Dogana e
della Guardia di Finanza, della Sanità marittima e dei
controlli veterinari. E, speriamo, costringerebbero alla
compatibilità i sistemi informatici fito-sanitario e
veterinario, tanto per fare un esempio.
Per quanto riguarda la velocizzazione delle operazioni ai varchi
portuali, vorrei aggiungere un elemento di riflessione. Circa il 93%
dei controlli della Guardia di Finanza viene effettuato sulle base
di intelligence. Ma è allora proprio necessario che i
controlli della Finanza vengano effettuati soprattutto nei porti?
Non sarebbe più ragionevole che le procedure della nostra
polizia finanziaria fossero allineate a quelle degli altri Paesi con
un migliore utilizzo del personale dei servizi legati al controllo
delle merci, che in Italia è costituito da ben 25.000
addetti?
I collegamenti ferroviari con il mercato
Sia il disegno di legge elaborato dalla Commissione Trasporti
del Senato che quello proposto dal Governo intervengono in maniera
marginale sul vero problema dei porti: quello dell'insufficienza dei
collegamenti infrastrutturali con il mercato, sia domestico che
europeo. Per superare questa criticità, è necessario
che la legislazione sui porti includa il tema dei corridoi, della
retroportualità e delle infrastrutture, sia ferroviarie che
stradali.
Il tema di fondo è che uno sviluppo significativo dei
traffici deve necessariamente essere affiancato da servizi
ferroviari efficienti, Oggi non è così, e stiamo
assistendo al progressivo smantellamento pezzo per pezzo del
trasporto ferroviario merci di Trenitalia, che offre servizi
inadeguati a prezzi esorbitanti.
Negli ultimi cinque anni le ferrovie hanno ridotto gli
investimenti nel cargo, ma nello stesso tempo hanno di fatto
ostacolato la liberalizzazione imposta dall'ordinamento europeo.
Pur con i fondi limitati che potranno essere disponibili,
chiediamo che da subito la Regione Liguria intervenga nel settore
con l'erogazione di fondi a favore delle imprese private di
trasporto su rotaia, che si spera possano trovare nuovi spazi per le
merci con la realizzazione del nodo ferroviario di Genova. Ci sembra
che il percorso più opportuno sia un'alleanza fra Regioni per
incentivare lo sviluppo delle imprese private di trasporto su
rotaia.
Incentivi e non sovvenzioni, diretti a progetti specifici con un
rilevante interesse pubblico, come insegnano esperienze già
realizzate in regioni come Friuli, Emilia Romagna e Veneto. Per il
potenziamento del trasporto ferroviario è necessario puntare
ad un sistema efficiente in tutta la filiera, dallo sbarco dalla
nave al collegamento con la rete, fino all'inoltro in pianura, Nel
confronto con le altre Regioni si dovrà puntare ad offrire
una pianificazione logistica integrata con alcuni elementi di forte
innovazione anche sul piano legislativo.
Il primo obiettivo per la portualità ligure nel suo
complesso non può che essere quello di rendere più
semplice la connessione delle manovre portuali e navettamento al
retroporto e alla destinazione finale con tutti i vantaggi che
questo sistema comporterà anche in termini ambientali.
Si deve quindi puntare alla costituzione entro l'anno di un
sistema strutturato di servizio ferroviario, Gli agenti apprezzano
che l'utilizzo autonomo del sistema ferroviario sia condiviso dai
tre presidenti delle autorità portuali liguri. L'obiettivo è
quello di una gestione economica del vettore ferroviario al servizio
della retroportualità, che consenta di ottenere una
significativa diminuzione del traffico pesante e di delocalizzare
anche una parte del ciclo dei container vuoti. Solo con volumi
significativi si può pensare che dai nostri retroporti venga
formato un serio traffico ferroviario suile lunghe percorrenze.
Per questa proposta, siamo confortati dai fatto che, nel sua
programma elettorale, il Presidente Burlando ha confermato
l'intenzione di attrezzare la Regione per intervenire nello sviluppo
del trasporto su ferro delle merci che transitano dai nostri porti,
con estensione della possibilità da parte delle Autorità
Portuali di gestire un proprio parco mezzi per la trazione.
Il sistema dalle manovre ferroviarie nel porto di Genova dovrà
comunque essere superato entro il 2015.
La questione di fondo è che il nostro sistema ferroviario
merci è in via di dismissione, mentre i collegamenti
ferroviari dal Nord Europa continuano a progredire. Ogni settimana i
treni blocco per l'Italia che vengono formati solo a Rotterdam e ad
Amburgo sono rispettivamente 178 e 176, equivalenti a circa 740 mila
teus annui.
La sovra capacità dei terminai dell'Alto Tirreno
Oggi i porti liguri operano in competizione tra loro e non hanno
tempi coordinati per i progetti di sviluppo.
Il problema reale è quello di coordinare e tempistiche di
adeguamento della capacità produttiva per i tre porti. Sulla
base di un dato di fatto incontrovertibile: che i progetti di
sviluppo “paralleli” oggi in corso porteranno tra pochi
anni ad un insopportabile sottoutilizzo della capacità
stimato, nel caso di container, tra il 50 e il 60%.
Il tema sul tappeto è quello dei costi dello sviluppo.
Come e dove utilizzare al meglio le scarse risorse disponibili?
Costruire un terminal container nuovo a Genova applicando il Piano
Regolatore ancora vigente costerebbe tra il 25 e il 50% del costo
della piattaforma di Vado, a parità di grandezza. Senza
contare i vantaggi del sistema logistico esistente a Genova, che è
e rimane il primo porto del Sud Europa.
La realtà, su cui si può e si deve lavorare da
subito in maniera concreta producendo nuova occupazione e ricchezza
per la comunità è che con le opere già previste
dal piano regolatore, il porto di Genova potrebbe in pochi anni
raggiungere una capacità di movimentazione di 4 / 5 milioni
di teus l'anno, un volume più che adeguato alle esigenze
della nostra economia per i prossimi dieci anni.
Con il solo completamento di Calata Bettolo e Multipurpose a
Genova e con la piccola estensione prevista per il terminal della
Spezia, la capacità ligure salirebbe subito ad oltre 5
milioni di teu a fronte di una domanda che si ritiene tornerà
solo fra tre o quattro anni ai livelli del 2008, pari a 3.200.000
teu.
Un dato va sottolineato: negli ultimi venti anni la percentuale
di utilizzazione della capacità container dei porti dell'Alto
Tirreno, da Livorno a Savona passando per Spezia e Genova, è
arrivata al 90% solo nei 2007, ma è stata normalmente
inferiore all'80%, con minimi del 60%.
Anni |
% di utilizzazione |
Fasi |
|
|
|
1995 - 1999 |
70 - 75% |
Crescita del mercato, progressivo aumento della capacità
dei terminal e del loro uso. |
2000 - 2004 |
75 - 85% |
2005 - 2007 |
85 - 90% |
|
|
|
2008 - 2009 |
80 - 65% |
Crisi mondiale: cala la domanda e diminuisce l'uso degli
impianti portuali. Ma contemporaneamente se ne progettano di
nuovi. |
|
|
|
2010 - 2014 |
60 - 50% |
Ripresa lenta, aumenta la domanda ma nello stesso tempo vengono
completati importanti progetti. I terminal vengono utilizzati
sempre di meno. |
- Questa è la realtà, che significa soprattutto una
cosa: per i porti liguri non sono urgenti tanto nuovi aumenti di
capacità, quanto la realizzazione di infrastrutture di
collegamento con il mercato e la modernizzazione di procedure
arcaiche e di insopportabili rendite di posizione, che limitano la
nostra capacità competitiva.
-
- E' su questo terreno che la partita può essere giocata da
subito, con buone possibilità di successo, Senza facili
illusioni e senza dimenticare che la logica primaria dei trasporto
container non è tanto quella della distanza della tratta
terrestre dal porto alla destinazione, ma quella della
ottimizzazione degli spazi di stiva delle grandi portacontainer e
della disponibilità di sistemi logistici.
-
- Questo significa che ogni scalo deve far parte di una rete,
anche con i terminal interni, per il flusso delle tipologie di merce
in cui è specializzato. Altrimenti si continuerà a
sprecare denaro pubblico in iniziative che rischiano di essere
doppioni inutili e slegati dalle reti logistiche.
-
- Abbiamo bisogno di iniziative adeguate alla nostra realtà,
per eliminare i colli di bottiglia all'esterno dei porti e per
rendere più efficiente il sistema nel suo complesso. E di
dare spazio anche alla razionalizzazione di traffici specializzati
importanti, da quelli delle rinfuse all'ortofrutta e alle auto.
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- Le necessità reali del principale porto dell'Europa
meridionale sono la concreta ed urgente realizzazione del nodo
ferroviario e del terzo valico per il trasferimento di gran parte
della merce su rotaia, l'adeguamento delle procedure delle nostre
dogane a quelle dei porti del Nord Europa, la velocizzazione di
tutte le operazioni del ciclo portuale, la sistemazione del bacino
di Sampierdarena e l'apertura di un serio retroporto
nell'alessandrino. Questa è la realtà su cui è
necessario lavorare in maniera concreta.
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- I colli di bottiglia immateriali
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- Il problema è quello dell'efficienza del sistema, che
passa anzitutto per la sua modernizzazione, con l'eliminazione dei
colli di bottiglia, non solo fisici, che ancora lo caratterizzano.
Un buon punto di partenza è la collaborazione sempre più
stretta con l'Agenzia delle Dogane. Che ci sembra stia producendo
buoni risultati.
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- A tal riguardo, sia da quanto emerso dallo studio comparativo
tra Genova e Rotterdam condotta recentemente dalle due Autorità
Portuali, sia da un monitoraggio che la nostra Associazione ha
effettuato in questo ultimo periodo, le tempistiche di uscita delle
merci in contenitori sottoposte a verifica si possono definire
mediamente accettabili. Esistono certamente delle eccezioni in
negativo che comunque non devono essere genericamente portate ad
esempio e vi sono ambiti dove sarà importante cercare di
intervenire ancora sulla via del miglioramento: mi riferisco
essenzialmente all'ineludibile necessità dello “sportello
unico” per tutti gli interventi dei presidi, per evitare
duplicazioni dei controlli e dei relativi tempi, così come
sarebbe opportuno estendere gli orari della stessa Agenzia delle
Dogane e, non ultimo, un'auspicabile incremento degli effettivi
impiegati nelle operazioni di controllo.
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- Ma c'è un elemento in più che sta determinando
vistose distorsioni del mercato, ed è quello delle differenze
fra i codici doganali dei diversi Paesi dell'Unione Europea. La
realtà è che si tratta di sistemi non omogenei. La
mancanza di classi di rischio comuni sta determinando fenomeni di
autentico dumping normativo, con la sempre più diffusa
applicazione della sottofatturazione di prodotti destinati a certi
mercati ma scaricati in porti dove vengono applicati criteri più
permissivi. Un esempio per tutti è quello dei prodotti
tessili per il mercato italiano, fatturati a prezzi ridicoli e
sempre più spesso sbarcati in Polonia per essere poi avviati
verso l'Italia via camion. E comunque, con maggiore rispetto della
realtà commerciale, bisogna considerare i vantaggi
competitivi ormai irreversibili acquisiti dai sistemi logistici del
Nord Europa con i centri di assemblaggio e distribuzione pan-europei
in settori come l'elettronica di consumo.
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- La sensazione di generale incertezza che caratterizza i tempi in
cui stiamo vivendo non deve essere causa di maggiori preoccupazioni,
o ancor peggio acuire quel senso di “genovesità”
un po' negativa, che spesso ci impedisce di guardare avanti.
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- La realtà internazionale entro la quale le nostre aziende
operano, sta dando segnali concreti di ripresa. Gli Armatori, dopo
un anno di forti perdite, sembra stiano gradatamente risalendo la
china, riuscendo pian piano a riportare i conti in positivo. I
porti, chi più chi meno, dopo aver registrato pesanti
riduzioni di volume, con un conseguente ridimensionamento degli
investimenti programmati per gli anni a venire, annunciano timidi
segnali di ripresa dei traffici, Alcuni paesi, anche a noi molto
vicini, stanno vivendo con grande preoccupazione una crisi economica
e finanziaria, che sarà causa di pesanti sacrifici in termini
sociali e di sviluppo, nei prossimi anni.
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- In questo scenario internazionale, il nostro paese e il porto in
cui operiamo non hanno sfigurato, ma anzi per certi versi si sono
distinti per capacità di reazione e spirito imprenditoriale.
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- Il porto di Genova, il nostro porto, ha saputo reagire tutto
sommato positivamente alle molte difficoltà di questi ultimi
mesi. Sono stati fatti piccoli ma significativi passi avanti nella
gestione della più importante risorsa economica della nostra
città, e dì questo è doveroso darne atto.
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- Ne elenco alcuni:
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- Sono iniziati e stanno proseguendo a ritmi incalzanti i lavori
di dragaggio e riempimento di molte aree del bacino di
Sampierdarena, per consentire l'ingresso in porto di navi di
maggiori dimensioni.
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L'avvio dei lavori per l'estensione delle banchine di Ponte dei
Mille che potranno così accogliere navi oltre i 300 metri.
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L'Autorità Portuale ha completato il programma di
assegnazione delle aree ex Multipurpose, dove anche i privati hanno
confermato l'impegno ad investire importanti risorse economiche.
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Il VI modulo di Voltri è stato definitivamente assegnato a
VTE, portando a buon fine una vicenda alquanto discussa.
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L'insieme dei Terminal Portuali genovesi ha significativamente
migliorato i propri livelli di efficienza, incrementando il dialogo
informatico, e raggiungendo performances di produttività non
distanti dai più blasonati concorrenti Nord Europei.
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Il dialogo continuo con l'Agenzia delle Dogane, seppur con qualche
cono d'ombra, ha comunque di fatto contribuito a migliorare il
flusso delle merci attraverso i varchi doganali di Genova.
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E-port ha fatto importanti passi avanti e l'informatizzazione dei
flussi è ora una realtà nel nostro porto.
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In generale, i piani di investimento che gli operatori portuali
avevanodeliberato prima della crisi sono stati quasi tutti
confermati, ed in taluni casi addirittura incrementati.
- Credo fortemente che Genova abbia le carte in regola per
crescere e generare quindi maggiore ricchezza per la città.
Ma per fare ciò è necessario che noi per primi,
operatori del Porto siamo pronti a fare squadra e a lavorare insieme
per portare a Genova traffici e clienti che a Genova non vengono
più.
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- Contestualmente, c'è bisogno che la città si renda
partecipe di questa sfida continua e riconosca al porto e ai suoi
bisogni collaterali il peso e il valore che si merita. Mi rivolgo
quindi agli Amministratori presenti e futuri, affinché
facciano uno sforzo ulteriore per comprendere le vere e
irrinunciabili necessità del Porto di Genova, senza lasciarsi
sviare da localismi, che nulla hanno a che vedere con il mercato
mondiale, verso il quale ci dobbiamo raffrontare.
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- Nessuno ora può permettersi di mollare la presa. Abbiamo
ancora molte cose da fare e molte cose devono essere cambiate o
migliorate.
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- L'informatizzazione, intrapresa oramai da anni, ha migliorato ed
ancora migliorerà in futuro l'operatività del Porto;
al pari di altre categorie, gli Agenti Marittimi stanno dando il
massimo apporto allo sviluppo delle procedure di E-Port per
migliorare i flussi operativi, ed al sistema PMIS per velocizzare
gli aspetti autorizzativi, nei confronti della Capitaneria di Porto.
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- Oltre a ciò, dobbiamo insistere pesantemente e tutti
insieme, affinché si affronti una volta per tutte il nodo
delle verifiche doganali e il mancato coordinamento degli istituti
di presidio.
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- La carenza di adeguati servizi ferroviari è e rimane il
nodo centrale del problema Genova, Ho già espresso nei
paragrafi precedenti la necessità che la Regione Liguria sia
motore vincente di questa sfida, sicuramente non facile. Credo che
su questo problema non possa che esserci unicità di vedute,
sia sotto il profilo dell'efficienza dei servizi che sotto quello
più socialmente utile e ambientalmente necessario del minor
inquinamento e del decongestionamento delle autostrade.
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- C'è necessità di spazi per creare gli autoparchi,
i depositi per i contenitori vuoti ed altri servizi similari, che
non possono trovare la giusta collocazione a 60 chilometri dal
porto; nessun porto al mondo si sognerebbe di relegare questi
servizi ausiliari ad una tale distanza; non potrebbero essere
funzionali e rischierebbero di non risolvere le necessità
minime che i traffici richiedono.
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- Di tutto questo e di altro ancora la nostra categoria si è
sempre e comunque resa disponibile a dialogare con coloro che sono
preposti a pianificare le scelte strategiche e di sviluppo del Porto
e deila Città, Riteniamo, senza falsa modestia, di avere al
nostro interno una profonda conoscenza ed una lunga e provata
esperienza sulle questioni marittimo portuali, che mettiamo
volentieri a disposizione della città e del porto,
nell'interesse dell'intera comunità genovese.
-
- Grazie a tutti per l'attenzione.
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