- L'azione delle Autorità Portuali italiane può essere efficace solamente se realizzata nell'ambito di un quadro di autonomia e piena responsabilità degli enti stessi, in grado di contare su proprie risorse. Lo ha sottolineato oggi il vice ministro alle Infrastrutture Mario Ciaccia, intervenendo all'inaugurazione dell'Anno Portuale 2012 a Venezia.
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- Nel corso della cerimonia il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha sottolineato che due terzi del traffico portuale non viene gestito dal porto di Venezia, «ma - ha spiegato - vanno verso nord, significa che paghiamo una tassa logistica che non ci possiamo permettere: abbiamo quindi l'obbligo, come comunità, di dare servizi ai nostri territori. La Regione Veneto - ha aggiunto il governatore - coglie questa sfida, sostenendo il porto d'altura, ma anche con la volontà di riconoscere che, in questi quattro anni, ci sono stati investimenti per mezzo miliardo. Perché la sfida da cogliere passa attraverso il rilancio di queste aree, puntando anche sull'intermodalità, con la connessione con interporti e traffico aeroportuale. E noi stiamo portando avanti la partita con la prospettiva della macroregione, perché credo che il corridoio Adriatico-Baltico, il corridoio Helsinki-La Valletta, il corridoio 5 siano tutti elementi su cui dobbiamo lavorare insieme».
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- «L'anno che si è chiuso - ha dichiarato il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni - ha visto il porto resistere ad una profonda e prolungata crisi economica che ha colpito orizzontalmente tutte le attività industriali del nostro territorio. Uno dopo l'altro i grandi bacini occupazionali del veneziano hanno subito pesanti contrazioni. Una crisi economica che si è trasformata fatalmente in crisi sociale e si è abbattuta sugli strati più fragili della nostra comunità aggredendo le famiglie che si sentivano forse fino ad oggi immuni da questa crisi, essendo il nostro un territorio fino ad ora ricco di attività. Le politiche sociali della nostra amministrazione sono impegnate incessantemente su questa che consideriamo oramai la prima linea di un difficilissimo fronte di battaglia. Un problema molto grave di cui siamo tutti consapevoli».
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- «Tuttavia il porto - ha proseguito il sindaco - grazie anche all'opera tenace dell'attuale amministrazione del presidente Costa, ha resistito anche in termini di difesa dell'occupazione, recuperando sul fronte del traffico commerciale e della logistica quel che è stato perso in industriale. È chiaro a tutti che la causa di questa crisi che ha colpito anche il porto di Venezia è certamente globale, ma la vera emorragia di traffico industriale è determinata anche dal progressivo impoverimento della storica attività produttiva dell'area di Porto Marghera. Un impoverimento determinato anche dalle troppe incertezze sul destino di questo sito. Incertezze alle quali l'amministrazione comunale ha creduto di dover porre rimedio con indicazioni che non possono essere equivocate». Orsoni ha ricordato che è di queste settimane l'approvazione del nuovo Piano di Assetto del Territorio da parte del consiglio comunale di Venezia e che questo documento «dice che Marghera è il luogo dedicato all'industria, oltre che alla portualità, e che l'industria sarà al centro dello sviluppo di questo territorio. Dice insomma chiaramente e senza infingimenti - ha precisato - che a Porto Marghera non vogliamo sia più possibile anche solo pensare ad una speculazione delle aree dismesse. Nostro obiettivo è attirare un'industria nuova, capace di rispettare nuovi standard ambientali (la nuova chimica, la produzione di energie rinnovabili, la cantieristica, la logistica integrata), rompendo con un passato non privo di criticità; un'industria in cui la conoscenza e l'innovazione siano al centro della creazione di valore; in cui logistica, servizi e produzione siano integrati e su scala globale».
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- Nel suo intervento il sindaco è ritornato anche sul tema del passaggio delle grandi navi in Bacino di San Marco, «un tema - ha rilevato - non facile da affrontare. Attendiamo al riguardo con fiducia - ha aggiunto Orsoni - il decreto preannunciato dal ministro Clini, che è in fase di elaborazione insieme al ministero delle Infrastrutture; servirà a tutti per avere più chiara la visione e la strada da compiere facendo riferimento ad un nuovo e preciso quadro normativo. Un tema sul quale la città è sensibile e che la città si aspetta sia risolto in tempi brevi. È certo che non possiamo dimenticare che lo scalo veneziano è importante, oltre due milioni di passeggeri con tutte le ricadute sulle economia del territorio, e che quindi le crociere sono un bene economico per Venezia che non può essere messo in discussione. Ma è necessario anche contemperare questo valore con l'esigenza oramai improcrastinabile di rendere compatibile ambientalmente la presenza delle grandi navi in Laguna. Navi che negli ultimi anni hanno raggiunto dimensioni non più sostenibili per il passaggio in Bacino di San Marco, la parte più pregiata e delicata del centro storico. Diverse sono dunque le strade che sono state indicate e sono certo che riusciremo a trovare una soluzione adeguata, così come sono state trovate tante altre soluzioni, come ad esempio la decisione sul trasferimento dei ro-ro al nuovo terminal in fase di ultimazione che allontanerà una grande quantità di navi da San Marco, ma che produrrà anche una riduzione drastica del transito di camion e automobili sul Ponte della Libertà».
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- «Sono argomenti difficili - ha concluso Orsoni - ma io credo che la città meriti un'attenzione particolare, per la quale il Comune ovviamente è il soggetto in prima linea, ma non è l'unico, e soprattutto non è il soggetto pubblico che ha tutte le competenze che vorrebbe avere. Mi fa piacere peraltro che in questa visione si stia guardando al futuro con infrastrutture importanti, come il porto offshore o l'ipotesi di estromissione definitiva delle grandi navi dalla Laguna. Forse non sarà questo il risultato definitivo, certo non lo sarà a breve. A breve vedremo di assumere altri provvedimenti, credo che però l'impegno speso da tutte le istituzioni per la salvaguardia del valore economico del porto e allo stesso tempo la salvaguardia della città che lo ospita, sia un valore importante da parte di tutti».
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- Da parte sua il presidente dell'Autorità Portuale di Venezia, Paolo Costa, ha evidenziato come «l'anno portuale che oggi si inaugura sia il quarto di un ciclo dedicato, pensiamo di poter dire con successo, al rilancio del porto di Venezia. Un rilancio - ha specificato - già avviato nel quadriennio precedente con la ripresa degli escavi, promossa dal mio predecessore il presidente Zacchello, e reso possibile dalle certezze di prospettiva definite - dopo un dibattito durato quasi quarant'anni - nel 2003 in sede di approvazione del progetto definitivo del MoSE, oggi in corso avanzato di realizzazione. Oggi - ha osservato - sappiamo che il destino del porto di Venezia è stato conclusivamente segnato nel momento nel quale si sono stabilite le soglie di profondità dei canali portuali all'ingresso delle tre bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia. I -12 m di profondità imposti alla bocca di Lido, i -14 m assegnati a Malamocco e i -11 m per Chioggia, soglie stabilite tenendo conto degli obiettivi di salvaguardia idraulica e morfologica della laguna, costituiscono in sé un limite oggettivamente pesante alle potenzialità di sviluppo portuale veneziano , ma, paradossalmente, hanno, da un lato, creato un quadro di certezze entro le quali si è programmato e realizzato lo sviluppo di breve e medio periodo oggi in corso e, dall'altro, stimolato la ricerca di soluzioni innovative di lungo periodo».
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- In quest'ottica - ha spiegato Costa - si inquadra la soluzione trovata nello sfruttamento commerciale del porto d'altura (o offshore) previsto dalla Legge speciale per Venezia per l'allontanamento dalla laguna del traffico petrolifero, «soluzione che - ha osservato - migliora la sostenibilità ambientale dell'attività portuale in laguna; risolve definitivamente il problema dell'accessibilità nautica del porto di Venezia; consente di mettere in valore parte del ricco patrimonio di spazi portuali e logistici di Porto Marghera, oggi abbandonati dalle industrie di base (petrolchimica e metallurgica) che lo hanno caratterizzato nello scorso secolo; permette di mettere a sistema, valorizzandoli, altri scali portuali regionali, a partire da Chioggia e Porto Levante e fino a terminali ancora da individuare lungo l'asta dell'idrovia Venezia-Padova; permette di dare base portuale propria ad un sistema logistico veneto ricco delle eccellenze interportuali di Verona e Padova; consente di sfruttare al meglio la rete idroviaria padano-veneta, almeno nella tratta da Venezia a Mantova».
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- Anche Costa si è soffermato sul tema del transito delle grandi navi da crociera nel Bacino di San Marco. «Purtroppo, come ancora ci ricordano le cronache - ha detto il presidente dell'Autorità Portuale - un'ulteriore emergenza, quella relativa alle grandi navi da crociera, “scoppiata” a gennaio con l'incidente alla nave Costa Concordia naufragata all'Isola del Giglio, è venuta a complicare le prospettive di evoluzione del comparto passeggeri-crocieristico. Un comparto di grande successo per il nostro porto, affermatosi nel 2011 come primo “porto capolinea” (home port) del Mediterraneo che fa di Venezia un motore di sviluppo anche per tutto l'arco Adriatico (vedi per esempio il gemellaggio stipulato con Dubrovnik). Una complicazione - ha aggiunto - che ha peraltro solo accelerato le decisioni conseguenti alla riflessione già avviata con il sindaco e il Comune di Venezia - vedi il protocollo congiunto siglato il 14 dicembre 2011 ( del 16 dicembre 2011, ndr) - sui limiti di compatibilità del gigantismo navale crocieristico con la forma urbis veneziana e sulla necessità di una gestione ancor più sostenibile del traffico crocieristico in laguna. Obiettivi da conseguire senza “buttare il bambino con l'acqua sporca”, senza andare cioè a mettere in crisi l'economia di fornitura che prospera attorno ad un home port e che nel caso di Venezia coinvolge qualche migliaio di occupati oltre ai 1.600 direttamente impegnati nei servizi alle navi e ai loro passeggeri».
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- Costa è tornato a parlare anche dei servizi tecnico-nautici: «i porti italiani, a partire da quello di Venezia - ha spiegato - sono meno efficienti rispetto ai competitori europei anche perché in ogni scalo manca un coordinamento efficiente tra le diverse attività svolte sul lato terra e sul lato mare e perché queste ultime vengono spesso svolte in regime di limitata concorrenza , se non di monopolio. L'Autorità Portuale - ha ricordato - è perfino ricorsa alle vie legali per rivendicare il diritto di contribuire a regolare le tariffe dei servizi tecnico-nautici, oggi invece stabiliti in sede centrale, e per avviare processi di liberalizzazione (nel mercato o per il mercato) dei mercati relativi. Una liberalizzazione che porterebbe benefici al sistema economico italiano, ma soprattutto agli utenti del porto di Venezia sui quali ricade il costo dei servizi tecnico-nautici (fatto pari a 100 il costo dei servizi tecnico-nautici a Venezia, gli stessi costano 55 a Trieste, 42 a Koper-Capodistria e 30 a Rijeka-Fiume), una differenza che alla fine dell'anno può comportare a Venezia maggiori costi, superiori a un milione di euro per un solo servizio di linea intercontinentale. Ne è scaturita una “segnalazione” al governo da parte dell'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato e una sentenza del Consiglio di Stato ( del 21 dicembre 2011, ndr) - ha sottolineato Costa - che hanno sancito definitivamente la competenza locale in materia di disciplina e organizzazione dei servizi tecnico nautici, incidendo di fatto sulle tariffe degli stessi ai sensi dell'articolo 14 della legge 84/94. Se recepite e fatte proprie dal governo e dal parlamento queste indicazioni consentirebbero di accrescere l'efficienza dei servizi sul lato mare, migliorando la competitività dell'intera portualità italiana».
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