Con l'applicazione della direttiva europea che include il
trasporto marittimo nell'ambito dell'EU ETS, il sistema per lo
scambio di quote di emissioni nell'Unione Europea, Malta Freeport
Terminals, la società che gestisce il container terminal del
porto maltese di Marsaxlokk, perderà una quota assai
significativa di traffico a seguito della riduzione dei servizi di
linea che vi approdano, in particolare di quelli delle compagnie MSC
e CMA CGM, quest'ultima azionista di Malta Freeport Terminals
detenendo il 51% di Terminal Link, la joint venture che possiede il
50% del capitale della società terminalista maltese.
L'allarme è stato lanciato dall'amministratore delegato
di Malta Freeport Terminals, Alex Montebello, sulle pagine del
quotidiano “Times of Malta”, spiegando che la direttiva,
se si consentirà che rimanga così com'è,
«assesterà un duro colpo alla competitività di
Malta Freeport, con la conseguenza che ne risentiranno i
collegamenti per l'industria locale e che probabilmente i costi
saliranno». Montebello ha ricordato che, «secondo le
nuove regole, a partire da gennaio del prossimo anno, tutte le navi
al di sopra di una determinata capacità di carico dovranno
acquistare quote di emissione pari al 40% delle loro emissioni di
carbonio, percentuale che salirà al 100% entro il 2027. Cosa
fondamentale, tuttavia - ha specificato - è che la direttiva
non si applica pienamente ai porti extra-UE della regione del
Mediterraneo, ponendo le infrastrutture di transhipment dell'UE,
inclusa Malta Freeport, in netto svantaggio competitivo».
«In parole povere - ha denunciato Montebello - gli
operatori saranno facilmente in grado di aggirare la direttiva se
scaricheranno le merci provenienti dall'Asia, da dove oggi in gran
parte provengono i prodotti spediti in tutto il mondo, in un porto
di trasbordo del Mediterraneo non appartenente all'UE e quindi
utilizzano navi feeder, cioè navi più piccole, per
raggiungere la destinazione finale. Se questo scenario dovesse
verificarsi, esiste il rischio preciso ed evidente che i vettori
possano decidere di evitare Malta come hub di transhipment e,
invece, di puntare verso un porto extra-UE nel Nord Africa come Port
Said East, Tanger Med o Damietta. L'inevitabile conseguenza sarebbe
una perdita significativa di attività per gli hub di
trasbordo dell'UE, inclusa Malta Freeport Terminals.
Inevitabilmente, ci sarà anche un impatto negativo sugli
importatori ed esportatori locali».
Relativamente all'inclusione nell'ambito di applicazione della
direttiva di porti extra-UE, che è avvenuta con l'inserimento
nello specifico regolamento europeo dei soli porti di Port Said East
e di Tanger (inforMARE del 27
ottobre 2023), Montebello ha rilevato che «l'inclusione
dei porti vicini, come Port Said East, Tanger Med e Damietta,
nell'allegato della direttiva non è sufficiente a
salvaguardare la competitività degli hub di transhipment
dell'Europa meridionale poiché i servizi che attualmente
fanno scalo negli hub dell'UE potrebbero essere dirottati verso gli
hub del nord Africa senza dover sostenere costi aggiuntivi dato che
l'UE non ha giurisdizione su questi porti. Di conseguenza è
probabile che le compagnie di navigazione scelgano il trasbordo più
conveniente per i loro servizi».
Forte preoccupazione per la probabile perdita da parte di Malta
di servizi marittimi containerizzati che attualmente scalano il
container terminal di Marsaxlokk è stata espressa in
un'intervista al quotidiano maltese “The Malta Independent”
anche da Kevin J. Borg, amministratore delegato del Malta Maritime
Forum, l'organizzazione non governativa che rappresenta l'industria
marittima e logistica maltese. Borg ha evidenziato che, con
l'entrata in vigore della direttiva europea, «la differenza di
costo tra i porti dell'UE e quelli extra-UE potrebbe ammontare a 34
milioni di euro all'anno per ciascuna rotta servita. Ciò - ha
precisato - è stato confermato dai principali vettori
marittimi, che hanno confermato anche che lo scenario competitivo è
tale che la decisione di un singolo vettore di sostenere il costo
aggiuntivo determinato dalle Emission Unit Allowances potrebbe avere
conseguenze sulla stessa sopravvivenza della compagnia rispetto ad
altre che decidono di aggirare la direttiva. Chiaramente, questo
onere è eccessivo e tale da costringere le principali
compagnie di navigazione a cercare soluzioni alternative».
Inoltre Borg ha affermato che la crescita degli investimenti
effettuati dalle principali compagnie di navigazione nei container
terminal nei porti situati in nazioni mediterranee non appartenenti
all'UE, come l'Egitto e il Marocco, non lascia dubbi sul fatto che
le compagnie di navigazione stiano predisponendo alternative per
aggirare il regime dell'EU ETS.
Riferendosi poi alla decisione della Commissione Europea di
valutare gli effetti della direttiva ogni due anni, anziché
ogni cinque come in precedenza previsto, al fine di appurare se le
nuove norme determinino una perdita di volume di traffico per il
porti dell'UE, Borg ha sottolineato che anche un esame effettuato
dopo due anni non sarà sufficiente a fermare il dirottamento
del traffico verso porti extra-UE perché gli investimenti e
le decisioni assunte dalle compagnie di navigazione saranno ormai
irreversibili e devastanti per i porti europei, «con
catastrofiche ripercussioni che colpiranno non solo Malta Freeport
Terminals, ma anche hub di transhipment europei come Gioia Tauro,
Valencia, Barcellona e Algeciras».
Per scongiurare che si concretizzi questo scenario, il Malta
Maritime Forum ha invitato la Commissione Europea «a
sospendere immediatamente e temporaneamente l'applicazione della
direttiva in alcuni porti dell'UE per il trasbordo di container
destinati a Paesi terzi e provenienti da porti extra-UE in attesa di
un'adeguata valutazione ex ante del rischio sulle attività e
di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e per trovare
soluzioni adeguate». Inoltre il MMF ha suggerito «di
proporre, in consultazione con le principali parti interessate, un
metodo alternativo di calcolo della percentuale che garantisca
un'attuazione efficace della direttiva ETS in modo tale da
assicurare: il successo del raggiungimento dei suoi auspicati e
lodevoli obiettivi sul cambiamento climatico; costante e completa
solidarietà fra tutti gli operatori e gli Stati membri
dell'UE, cercando nel contempo di evitare qualsiasi distorsione
delle eque condizioni di concorrenza, di trasferimento di attività
e della stessa rilocalizzazione delle emissioni di carbonio che la
direttiva si propone di evitare».
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