La situazione genovese
Il porto di Genova ha superato nel 1997 il milione di Teus movimentati
e sembra che tale traguardo rappresenti la fine dei suoi guai.
Ma non è così.
Vi è ancora molto da fare ed, anzi, essendoci affacciati
ai volumi dei grandi porti, dobbiamo oggi compiere quel salto
qualitativo su tutti i fronti per dimostrare di saperci comportare
da grande porto internazionale.
L'impegno non è tanto quello di aumentare i volumi e di
saper navigare verso i 2 milioni di Teus ed oltre, impresa abbastanza
facile visto che il traffico containerizzato tende generalmente
all'incremento, ma il compito che ci attende sarà quello
di costruire le strutture, in uomini e mezzi, su cui poggiare
stabilmente il nostro sviluppo.
E qui sta la vera sfida.
Il problema che vediamo per Genova è quello di sottrarsi
al ruolo di città "avara" che fatica ad evolversi.
Per essere un grande porto Genova deve essere anche una grande
città.
E' questo un impegno che non può riguardare solo il management
del porto o delle aziende che di porto vivono, ma deve investire
tutto il tessuto economico e gestionale della città, della
provincia, ed anche della regione che, essendo piccola, deve puntare
prioritariamente sulle risorse del capoluogo.
Genova è nota come la città dei grandi ritardi.
Come ha scritto amaramente un grande giornalista, è "una
bella addormentata"; una città incompiuta che non
risolve i problemi di ieri per non affrontare quelli di domani.
Forse è una diagnosi troppo severa, ed è vero che
molte delle questioni aperte dipendono da volontà e casualità
non solo genovesi, ma è anche vero che troppe opere legate
al futuro della città rimangono incompiute.
Il treno veloce Milano-Genova, o più semplicemente l'apertura
del terzo valico, rischia di diventare una beffa per i genovesi,
come lo è stata la mancata realizzazione della "bretella"
autostradale.
Le discussioni, i veti, le prese di posizione, si susseguono all'infinito
e non si riesce a determinare una scadenza entro la quale si possa
definire un progetto, come normalmente avviene in tutti i paesi
evoluti.
Il pensiero va, ad esempio, ai grandi trafori svizzeri del Gottardo
e del Loetchberg, ed alla bella opera italiana dell'aeroporto
di Osaka, tutte realizzazioni nelle quali sono stati brillantemente
coniugati funzionalità ed impatto ambientale.
Poi il pensiero ritorna al nostro piccolo traforo abusivo di Fracconalto,
e ci si rende conto della distanza che ancora ci separa dal grande
contesto internazionale.
Il fatto è che, in quei paesi, il cittadino si sente parte
di un insieme, il cui sviluppo è prioritario agli interessi
dei singoli.
Da noi invece prioritariamente si discute, si litiga, si spacca
il capello in quattro, ... e si rimane al palo.
Intanto la nostra rete ferroviaria rimane sostanzialmente immutata
dal principio del secolo, ed i treni deragliano.
Le nostre strade, vecchie di molti decenni, sono insufficienti
e tendono a disintegrarsi per il carico eccessivo al quale sono
quotidianamente sottoposte.
Che dire poi delle grandi opere incompiute in città?
La storia infinita della metropolitana, vero monumento all'inefficienza.
Il ricupero del centro storico, la cui soluzione è viziata
da una progettualità non adeguata alla vastità del
problema.
La situazione del Silos e del complesso della Darsena, esempi
di indecorosi impatti edilizi vecchi e nuovi, che includono anche
la disarmonia architettonica della Facoltà di Economia.
Le interminabili discussioni intorno ai progetti Valpolcevera,
Fiumara, Cornigliano, per non parlare di viabilità e parcheggi
cittadini.
Tutti programmi che partono da buone intenzioni ma che fatalmente
stentano ad imboccare la via maestra.
Noi pensiamo che il nocciolo dei nostri problemi risieda nell'atteggiamento
generalizzato di fatale ineluttabilità, di rassegnazione
di fronte ad un destino avverso, che mostra solo brevi e superficiali
reazioni quando ci si accorge, in ritardo, della perdita di qualche
risorsa cittadina.
La gravità delle vicende Italimpianti, Piaggio, I.P., Fondiaria
ed, ultimamente, Ansaldo, non sta nel fatto che queste aziende
abbiano abbandonato il nostro territorio, ma nella mancanza dei
presupposti perché esse vi rimanessero.
Questa è una considerazione che, a nostro avviso, deve
essere tenuta presente proprio nel momento in cui si affacciano
nuovi ed importanti investimenti esteri nelle nostre strutture
portuali.
Le opportunità di catalizzare interessi, di attirare attività
ed imprese, e di trattenerle, si devono costruire per tempo con
un tipo di determinazione, di professionalità e di programmazione,
ben lontane dall'atteggiamento genovese dominante.
Chi guarda avanti con responsabilità sa che il nostro futuro
dipende dall'impegno e dalla capacità di perseguire obiettivi
concreti. Chi guarda indietro si rende conto che molti obiettivi
sono stati mancati per indecisione, per lotte di potere, per difetto
di chiarezza e confusione d'idee.
Non pretendiamo di vivere in una città senza problemi;
i problemi sono indice di vitalità, e si dice che il solo
luogo ove non esistano sia il camposanto. Ma l'impressione è
che qui ci si senta sempre in credito di aiuti esterni, mentre
invece Genova, e la Liguria, rappresentano piccole entità
nelle linee di programmazione generale.
Occorre quindi che i genovesi si decidano ad affrontare e risolvere
i problemi di oggi, per dimostrare di saper trasformare la debolezza
di ieri nella forza di domani.
E qui si può innestare la considerazione che Genova ha
mancato per troppo tempo nell'investimento in capitale umano.
Sono mancati gli uomini capaci di pilotare il destino della città
e, per troppi anni ci si è ostinati a puntare su uomini
mediocri, gestori di un potere basato esclusivamente sul consenso
politico.
Questi errori hanno un prezzo elevato e la nostra generazione,
certamente colpevole, è chiamata a pagarlo.
Sarebbe molto bello, quindi, se in ognuno di noi scattasse l'impegno
a porvi rimedio per catturare il fondamentale elemento "fiducia",
che rappresenta la via d'accesso ad un ambiente più favorevole
per i nostri giovani.
Per la verità, ricorrendo a qualche anelito d'indispensabile
ottimismo, ci sembra che alcuni sintomi positivi s'intravvedano.
E' positivo, ad esempio, il rapporto collaborativo che si è
istituito fra Municipalità ed Autorità Portuale.
Potrebbe essere questa una sede idonea ad affrontare, e risolvere,
problemi comuni, in passato raramente affrontati congiuntamente.
Auguriamoci che la commissione insediata sia competente, attiva,
snella, aperta ai contributi esterni e priva di quei vincoli burocratici
che normalmente caratterizzano le iniziative pubbliche.
Sul fronte portuale, è positivo l'avvento di grandi "partners"
stranieri nelle nostre società terminalistiche ed in alcune
aziende dell'indotto.
L'ingresso di ingenti capitali internazionali rappresenta qualcosa
di più di un "business" imprenditoriale, ma sancisce
una riacquistata fiducia nella potenzialità delle nostre
strutture e di alcune nostre imprese.
Inoltre, poiché le partecipazioni degli azionisti esteri
è in gran parte maggioritaria, vi è da ritenere
che essi intendano anche gestire direttamente le società
acquistate.
Questo significherà un'iniezione di idee nuove e di efficienza,
oltre che di denaro, ed è esattamente quello di cui Genova
ha un forte bisogno.
L'opportunità di aprirsi al mondo - evento quasi invocato
dall'ultima stirpe di genovesi attivi - ci viene oggi servita
a domicilio.
Dobbiamo assolutamente cogliere questa occasione di internazionalizzazione
per noi, e soprattutto, per i nostri giovani particolarmente bisognosi
di questa metamorfosi per dotarsi di mezzi idonei ad una competizione
sempre più allargata.
E' positivo l'insediamento a Genova della Direzione Nazionale
dei Servizi per la Sicurezza della Navigazione, vera e propria
"Authority della sicurezza in mare" e forse primo caso
di decentramento amministrativo effettuato tenendo conto della
competenza.
E' un importante riconoscimento alle nostre tradizioni marinare,
ed un grande merito dell'Ammiraglio Ferraro, ancora legato a Genova
da rapporti di reciproco affetto.
Auguriamoci che altri amici ci aiutino a portare qui anche l'Authority
dei Trasporti. Sarebbe un modo per ricollocare la nostra città
al vertice del sistema mercantile-marittimo italiano.
E' pure positiva l'idea, prospettata dal Ministro Burlando, di
varare quanto prima un programma di federalismo fiscale a favore
dei grandi porti italiani, per permettere alle Autorità
Portuali una certa autonomia nel finanziamento delle grandi opere
pubbliche.
Questo progetto, sommato alla recente limitazione di controllo
della Corte dei Conti alla sola gestione finanziaria del bilancio
delle Authority, indica come lo Stato tenda a spostare i propri
confini autoritativi verso periferie sempre più lontane,
fino forse ad abolirli come è avvenuto in molti altri paesi
europei, che gestiscono il patrimonio demaniale in termini più
imprenditoriali.
Questo concetto c'induce a pensare che sarebbe opportuno riportare
qualche potere fondamentale alla competenza delle Autorità
Portuali italiane poiché, se operassero nel rispetto integrale
della legge di riforma, di autorità avrebbero soltanto
il nome.
E' abbastanza evidente, infatti, come la legge attuale abbia svuotato
gli enti portuali di ogni veste economica e di ogni funzione operativa,
relegandoli ad un compito quasi "notarile" di regia
e controllo; attività che risultano inesorabilmente sterili,
senza una propria autonomia di bilancio che consenta a questi
enti di affrontare anche programmazioni più concrete e
utili allo sviluppo dei porti.
Noi siamo favorevoli ad una maggiore autonomia delle Autorità
Portuali, soprattutto a Genova ove vi è bisogno di grandi
ed urgenti interventi di riassetto, ma a condizione che la loro
competenza gestionale s'inquadri esclusivamente nelle opere portuali.
Qualche perplessità ci lascia, infatti, la lettura della
recente legge 27.2.98 n° 30, emessa con l'intenzione di fornire
ulteriori aperture alle attuali disposizioni e più in particolare
alla legge di Riordino della Legislazione Portuale. L'articolo
8-bis indica testualmente:
"Le Autorità Portuali possono costituire, ovvero
partecipare a società esercenti attività accessorie
o strumentali rispetto ai compiti istituzionali affidati alle
Autorità medesime, anche ai fini della promozione e dello
sviluppo dell'intermodalità, della logistica e delle reti
trasportistiche".
Non vorremmo che queste facoltà fossero fonte di equivoci,
e che qualcuno cadesse nella tentazione di usi impropri, od avventurosi.
E' bene ricordare che la Corte dei Conti aveva escluso la possibilità
di partecipazioni azionarie in società di gestione da parte
delle Autorità Portuali. Ma ormai la competenza della Corte
dei Conti esula dai controlli di merito sulla gestione di questi
enti.
Noi sosteniamo anche l'importanza del Comitato Portuale, consesso
unico che riunisce attorno al tavolo dell'Autorità Portuale,
i più importanti enti cittadini, i rappresentanti di tutte
le categorie dell'utenza portuale ed i sindacati.
Ci sembra limitativo che le occasioni di riunione del Comitato
siano circoscritte alla ratifica di decisioni di ordinaria amministrazione.
Finalmente sistemata la vertenza interna legata agli esodi, ed
una volta conseguita l'auspicata autonomia economica e gestionale,
la nostra Autorità Portuale, pilotata con saggezza dal
Presidente Gallanti, dovrebbe condurre il Comitato ad assurgere
al rango dell'antica Consulta del Mare.
A trasformarsi, cioè, in un vero e proprio "crogiolo"
d'idee e di programmazione, vale a dire in un centro di osservazione
e di studio delle correnti dei traffici e dei mercati marittimi,
ove la professionalità genovese abbia modo di manifestarsi
nell'interesse dell'intero sistema.
Un'impostazione di questo tipo del più alto consesso della
portualità, farebbe avvicinare la strategia portuale italiana
a quella delle grandi città-stato del Nord e dell'Oriente,
e renderebbe più facile il raggiungimento degli obiettivi
di sviluppo.
Individuate le positività sulle quali puntare per costruire
una sana strategia portuale, vediamo quali sono, a nostro avviso,
i campi nei quali sono richiesti programmi d'intervento sollecito.
Il Piano Regolatore portuale. Quando l'applicazione della legge
di riforma ha spinto Genova ad una sollecita privatizzazione delle
aree portuali, tutti noi ci siamo resi conto che l'operazione
era stata compiuta più con l'intenzione del "geometra"
che del vero programmatore portuale.
Ci si era limitati, in buona sostanza, a tracciare delle linee
sulla mappa portuale per delimitare i terminals da assegnare senza
porsi troppe domande se questo sarebbe stato il modo migliore
per una corretta e completa utilizzazione del territorio.
L'urgenza dell'intervento ha giustificato qualche improvvisazione,
però adesso è necessario porvi rimedio.
Il porto di Genova, quello storico, è certamente avaro
di spazi, però non sfugge all'occhio attento di osservatori,
anche profani, la quantità di aree sprecate in ritagli
inutili ed in usi impropri.
Troppi spazi preziosi, ad esempio, sono oggi occupati da recuperatori
di rottami, da automezzi, gru, contenitori fuoriuso e abbandonati,
nonché da altri depositi più o meno abusivi.
Non ci risulta che nei grandi porti oggi si tollerino presenze
di questo tipo in aree operativo di elevato valore. Così
come non ci risulta che rinfuse e depositi inquinanti possano
occupare aree più idonee ad imprese apportatrici di maggiore
produttività.
Questo non significa che si desideri sopprimere determinate attività,
ma ci sembra giusto e necessario che esse vengano svolte in aree
più adatte. Possibilmente ai limiti delle zone a più
intensiva portualità.
Così come non sfugge che l'accentuata utilizzazione di
barriere per la delimitazione dei terminals ha condizionato o
precluso l'utilizzazione di alcune aree ed, in molti casi, ha
impedito l'accesso a vie di scorrimento.
Che dire poi dell'incompiutezza e del degrado delle vie di transito
sopraelevate, e dell'uso improprio al quale sono adibite?
Su tutto, compreso le aree demaniali al di fuori della cinta portuale,
incombe un'incuria ed un degrado da terzo mondo tale da raggiungere,
spesso, lo stato di puro abbandono.
Ci sembra urgente e necessario, quindi, mettere mano alla riprogettazione
del porto storico commerciale. A recuperare e ricomporre convenientemente
gli spazi, a ridisegnare la viabilità, coinvolgendo le
strade di accesso e le aree adiacenti.
Ecco l'occasione più importante di collaborazione fra Municipalità
e Porto, l'integrazione dei due piani regolatori a partire dalla
presa di conoscenza delle diverse esigenze del traffico commerciale
rispetto a quello urbano.
Si avverte la necessità di una programmazione accurata
che, iniziando da una idonea segnaletica stradale, guidi il traffico
verso gli sbocchi obbligatori, che dovranno essere un capace autoporto
per il traffico commerciale e vie a scorrimento veloce per il
traffico urbano, in considerazione anche delle potenzialità
turistiche recentemente scoperte dalla città.
Una volta riassestati i territori dei terminals e le aree asservite
ai loro collegamenti, riteniamo opportuna un'occhiata al loro
assetto interno.
Abbiamo visto che le prospettive sono buone sia per i terminals
contenitori, ai quali sono approdati importanti soci stranieri,
che per i terminals di armatori in autonomia funzionale, anche
se qui i benefici dello sviluppo ricadono, malauguratamente, solo
su pochi operatori; ma quali prospettive si aprono per gli altri
terminals multifunzionali ove si dovrebbero concentrare le risorse
del traffico convenzionale?
Dobbiamo purtroppo sollevare molte perplessità sull'efficienza
di queste organizzazioni che non hanno saputo cogliere, finora,
i benefici della manipolazione di merci in colli, notoriamente
prodiga di valore aggiunto.
La mancanza di strutture idonee e l'indeterminazione della loro
politica commerciale, ha impedito ad oggi, che si realizzasse
un'adeguata strategia di acquisizione che coinvolgesse non solo
i terminals ma anche, e soprattutto, il sostegno da parte delle
nostre case di spedizione.
Non si può vendere un prodotto scadente senza riportarne,
prima o dopo, conseguenze negative.
Sul fronte delle merci varie, ove un tempo Genova si esprimeva
ad alti livelli, siamo oggi fortemente perdenti nei confronti
degli altri porti.
Ci sembra, a questo punto, necessaria una attenta valutazione
della situazione e, probabilmente, la creazione di un nuovo soggetto
che colga il meglio di quanto i vari terminals esprimono, in termini
di spazi, attrezzature ed organizzazione.
E' meglio affrontare qualche mutilazione dolorosa ma necessaria,
piuttosto che cedere ad una morte certa.
La situazione aeroportuale. Il recente intervento dirompente del
Presidente Scerni ci trova d'accordo.
Forse può riuscire opinabile il modo con il quale è
stata denunciata la situazione di stallo in cui versa la nostra
aerostazione, ma certamente sono condivisibili le preoccupazioni.
Molti si sono stupiti del piglio con il quale il Presidente Scerni
ha affrontato l'argomento, non scorgendo fra le righe anche una
profonda autocritica di chi, coinvolto sia pure in posizione minoritaria
in una gestione deludente, non è riuscito ad impedire che
si operassero scelte di scarso profilo o, peggio, che non si operasse
sufficientemente per la valorizzazione dello scalo.
Però è cosa veramente degna di stupore, l'ascoltare
un genovese che parla chiaro e che offre una dimostrazione di
sicurezza, di cognizione di causa e di coraggio.
Questo è il tipo di uomini dei quali avvertiamo la necessità.
Persone responsabili che sappiano parlare chiaro e che siano anche
pronte e disponibili ad impregnarsi in prima persona.
Auguriamoci che il seme lanciato possa produrre qualche germoglio
proprio fra quei giovani ai quali era stata esposta l'analisi
critica.
Che la situazione dell'aeroporto di Genova sia deludente è
sotto gli occhi di tutti, anche dei non addetti ai lavori.
Malgrado la sua costante operatività, l'aeroporto di Genova
è accreditato del più piccolo bacino di traffico
fra tutti gli aeroporti del Nord-Italia - anche rispetto a città
notevolmente più piccole - nonostante l'esistenza, nelle
strette vicinanze, di ben 9 capoluoghi di provincia sprovvisti
di aeroporto.
Non risulta che esistano contatti, o iniziative, per catturare
il traffico che queste città riversano altrove, quando
sarebbe sufficiente introdurre collegamenti veloci ed una dedicata
iniziativa di marketing per raggiungere lo scopo.
La validità del metodo è dimostrata dall'Aeroporto
della Costa Azzurra, che è riuscito ad appropriarsi, in
questo modo, di molti viaggiatori internazionali genovesi.
Che le dichiarazioni di Gianni Scerni abbiano colpito nel segno
lo dimostrano le immediate prese di posizione da parte di alcuni
politici nostrani, sempre pronti a tardive indicazioni strategiche
più che a concreti contributi programmatici, e di Alitalia
che ha immediatamente affrontato il problema, annunciando una
maggior frequenza di voli con l'introduzione dell'orario estivo.
Impegno puntualmente smentito - per fine coerenza - dalla recente
pubblicazione del nuovo orario.
Il deludente socio Alitalia è stato scaricato per imbarcare
la società Aeroporti di Roma, sempre controllata da Alitalia,
ma dubitiamo molto che ne siano derivati benefici.
Ci sembra che questo tipo di "partners", molto vicini
ai collegamenti di linea, siano poco interessati ad uno sviluppo
commerciale in altre direzioni, non considerando che il rafforzamento
dei collegamenti stabili cammina di pari passo con il programma
di sviluppo della città e del suo "hinterland",
poiché abbisognoso di flussi bilanciati di viaggiatori
in arrivo ed in partenza.
Intravediamo, quindi, due direzioni obbligatorie e congiunte per
il sollecito potenziamento del nostro scalo. La via delle merci
e la via del turismo.
Quando i rappresentanti di P.S.A. sono giunti a Genova, hanno
manifestato il loro apprezzamento per la presenza dell'aeroporto
nelle vicinanze dei terminals marittimi Loro sanno - poiché
a Singapore vi è una situazione analoga - che il futuro
prossimo assegnerà una particolare importanza all'intermodalità
mare-aria per determinati traffici mercantili, e Genova può
offrire ottime opportunità.
Esistono, poi, anche i servizi intermodali per passeggeri, rappresentati
dalle combinazioni turistiche aria-mare-terra. In questo campo
si muovono i "tour-operators" ed i grandi vettori croceristici,
molti dei quali già in relazione con il nostro porto.
Queste sono solo indicazioni, ma è da ritenere che i partners
giusti per il nostro aeroporto debbano essere cercati nella direzione
di questi operatori.
Abbiamo sentito, ultimamente, di diverse candidature per la società
aeroportuale, anche se si parla sempre meno di privatizzazione.
Speriamo, innanzitutto, che non intervengano conflitti di potere,
e che si operi - soprattutto - per aprire uno spazio importante
a soggetti competenti e direttamente interessati allo sviluppo
del nostro aeroporto.
Non è più sostenibile continuare ad avvalersi di
partners professionalmente, o concettualmente, lontani, o "distratti",
dall'obiettivo primario del potenziamento dello scalo.
Imbocchiamo la via del rinnovamento con i compagni di viaggio
giusti, provando ad iniziare la nuova era, ad esempio, con il
cambiamento del nome dell'aerostazione, che - imitando quanto
fatto a Nizza - proponiamo in "Aeroporto di Genova e della
Riviera Ligure - Cristoforo Colombo".
Anche questo potrebbe essere un modo per allargare il bacino d'utenza
a tutta la regione e per identificare meglio il nostro scalo.
Non riteniamo di addentrarci nel progetto "Zona Franca -
Distric Park - Cornigliano". E' stato detto molto anche da
chi non ne avrebbe competenza e titolo.
Certamente abbiamo le nostre idee, che si basano su una profonda
conoscenza del mondo mercantile, ed avremo modo di metterle sul
tavolo, ma riteniamo che se ne possa parlare con migliore attualità
in occasione di prossimi incontri, una volta portati a soluzione
altri interventi prioritari.
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