Ministero dei Trasporti e della Navigazione
L'assetto dei porti e il cabotaggio marittimo
dicembre 1999
Indice
1. Analisi del settore
1.1 Situazione attuale
Il sistema portuale italiano ha attraversato
un lungo periodo di gravi difficoltà. Negli ultimi anni
i porti italiani hanno tuttavia riconquistato un ruolo di preminenza
nel Mediterraneo, sia fra i porti continentali, con Genova, sia
fra i porti di transhipment con Gioia Tauro.
Il traffico complessivo delle merci è in aumento. Con andamento
costante è passato da 394,0 milioni di tonnellate nel 1993
a 443,5 milioni di tonnellate nel 1996 (fonte ISTAT). Prevalgono
ancora nettamente le merci sbarcate su quelle imbarcate (rispettivamente
71,3% e 28,7% del totale). Particolarmente accentuata è
la crescita delle merci e dei carichi unitizzati. Il traffico
dei containers, particolarmente congeniale al trasporto marittimo,
nel medesimo periodo è passato da 2.435.806 TEU per complessive
21.692.381 tonnellate di merce (anno 1993) a 3.636.948 TEU per
complessive 34.117.236 tonnellate (anno 1996) fino a raggiungere
nel 1998 5.515.087 TEU nei principali porti italiani, di cui 2.082.761
a Gioia Tauro.
In aumento è anche il traffico passeggeri che, pur con
andamento non regolare, è passato da circa 49.1 milioni
nel 1993 a 56,7 milioni nel 1996. Esso è costituito principalmente
dai collegamenti con le isole maggiori e minori. Nell'ultimo anno
considerato si evidenziano, peraltro, una espansione significativa
del movimento passeggeri in navigazione internazionale (collegamenti
inframediterranei) e, da ultimo, la crescita del movimento crocieristico.
1.1.1 Il traffico marittimo di container
In questo settore il nostro Paese ha compiuto
negli anni Novanta enormi progressi: lo confermano i dati sul
numero di container movimentati nei porti, il numero e la frequenza
dei servizi dì linea, il numero dei paesi esteri raggiungibili
e i transit time del servizi di linea offerti.
Il traffico di container è presente in molti porti, ma
assume valori elevati a Genova, La Spezia, Livorno, Napoli, Salerno,
Ravenna, Venezia, Trieste e Gioia Tauro. Solo in quest'ultimo
porto l'elevato numero di container movimentati non è generato,
né diretto al retroterra. Infatti il porto calabrese svolge
quasi esclusivamente attività di transhipment.
L'Italia si trova dunque in buona posizione, se paragonata con
gli altri paesi mediterranei, mentre è, nei confronti dei
porti del nord Europa, competitiva solo su alcune rotte, principalmente
quelle del Far East, dell'Africa e del sud America.
Le cause della ripresa sono da rinvenirsi in fenomeni d'ordine
mondiale, che però l'indirizzo politico e normativo italiano
ha assecondato e favorito. Si intende qui riferirsi a:
- la diffusione del transhipment, che ha consentito di servire anche
mercati e destinazioni con domanda debole che sarebbero stati
altrimenti esclusi,
- la diminuzione dei costi delle operazioni di handling portuale,
dovuti a una maggiore flessibilità della forza lavoro.
- la "privatizzazione" delle banchine, che ha consentito
l'ingresso di operatori specializzati che investono in tecnologie
dl movimentazione e gestione dei terminal,
- la presenza delle attività di terziario marittimo a elevata
professionalità, in grado di tessere relazioni internazionali
e alleanze con i principali operatori marittimi,
- lo sviluppo della logistica portuale, che ha consentito di realizzare
una maggiore fluidità e affidabilità nella catena
del trasporto,
- lo sviluppo dei servizi ferroviari e della rete di inland terminal
pubblici e privati.
1.1.1.1 I traffici e i servizi di linea
containerizzati - I porti italiani nel Mediterraneo
Gli studi più accreditati sul futuro dei traffici containerizzati
ipotizzano il raggiungimento di una quota media del transhipment
sui traffici totali pari al 25% nel 2005.
La suddivisione della portualità mediterranea tra molteplici
realtà statali, le carenze in molte di esse di adeguate
dotazioni infrastrutturali per il trasporto interno, l'esistenza,
già oggi, di 48 posti cui fanno capo linee di collegamento
per trasporti in containers con cadenza settimanale o pluri-settimanale,
fa ritenere prevedibile, nell'area, una quota di transhipment
anche superiore alla media ipotizzata.
Al momento, il bacino si caratterizza per la presenza, nel comparto
dei traffici in containers, di due sistemi portuali più
forti rispetto agli altri, l'Italia e la Spagna, entrambi dotati
sia di scali di transhipment sia di porti di origine/destinazione
finale.
In Italia, comunque, dai dati di traffico container emerge una
diversità di peso del sistema adriatico rispetto a quello
tirrenico. Tale diversità è minore se si considerano
i traffici di rinfuse solide, dove infatti il versante adriatico
e quello tirrenico presentano una situazione di maggiore equilibrio.
La competitività del sistema Italia e la sua funzione di
piattaforma logistica del Mediterraneo sono evidenziati dall'analisi
dei servizi internazionali di linea che toccano i porti italiani.
La frequenza e la diffusione capillare di questi servizi hanno
avuto un grande impulso con la diffusione del transhipment. Il
sistema italiano si colloca nettamente in posizione di avanguardia
nel Mediterraneo per numero di porti e numero di paesi collegati.
Subito dopo l'Italia si collocano Egitto, Turchia e Grecia.
Il transhipment non ha provocato una riduzione dei servizi diretti,
cioè di quei servizi in cui il carico viene trasportato
con la stessa nave da porto di origine a porto di destino, e che
perciò hanno migliore transit time rispetto ai servizi
di transhipment.
Dal confronto tra i transit time dei porti italiani e quelli dei
porti del nord Europa emerge che, mentre per il Nord America il
vantaggio dei porti nord europei è evidente (anche se Genova
è già in grado di offrire dei transit time di 10
giorni rispetto ai 9 di Amburgo e di Anversa), per il Far East
la situazione è di maggiore equilibrio. I porti italiani,
sembrerebbero avvantaggiati negli itinerari per il Far East data
la minore distanza da esso del Mediterraneo rispetto al Mare del
Nord. Nella realtà però, più che le distanze
in termini geografici, contano le distanze misurate in termini
di vantaggi commerciali e di logistica: l'84% dei servizi offerti
dai porti italiani è effettuato via transhipment mentre
i servizi offerti dai porti nord europei sono in prevalenza servizi
diretti. Da questo dipende il vantaggio nei transit time medi
dei porti nord europei, e dunque il maggior volume di traffico.
D'altro canto però l'elevata frequenza dei servizi di transhipment
effettuati dai porti italiani su tutte le rotte ha fatto recuperare
al sistema logistico italiano parte dello svantaggio nei confronti
di quello del nord Europa.
Per quanto concerne la differenza dei costi della fase portuale,
tale questione richiederebbe un'analisi più approfondita.
Si può ritenere tuttavia che nell'attuale fase di forte
calo dei noli, il costo del servizio portuale sia un fattore di
scelta meno importante dell'affidabilità del medesimo.
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1.1.1.2 I traffici ferroviari di container
marittimi: le implicazioni per i porti
Il mercato dei traffici ferroviari di
container marittimi è condizionato dalle logiche dei principali
operatori del settore, che sono compagnie marittime che dispongono
di proprie linee, banchine e inland terminal, terminalisti che
offrono anche il servizio terrestre e operatori multimodali. A
loro volta tali operatori possono essere fortemente condizionati
nella scelta degli scali portuali dalla presenza o meno, in essi,
di collegamenti ferroviari efficienti.
Per lo sviluppo di questa modalità di trasporto combinato
mare-ferro, al nostro Paese è pertanto necessario accrescere
la capacità di penetrazione dei porti italiani nel territorio
fino al centro Europa. Obiettivo primario diventa dunque quello
di raggiungere una dotazione infrastrutturale ferroviaria che
serva adeguatamente i porti a maggiore intensità di traffico
containerizzato e garantisca servizi efficienti e competitivi
agli utenti che intendono servirsi dei porti italiani.
È quindi necessario stimolare la creazione di una rete
integrata di servizi con ampia copertura del territorio e politiche
tariffarie che inglobino nel nolo ferroviario anche i costi delle
terminalizzazioni. Questi si ritiene riusciranno a colmare, nel
tempo, la differenza, che dipende attualmente dai diversi volumi
assorbiti dal mercato nord europeo rispetto a quello sud europeo.
1.1.2 I traffici non unitizzati e i traffici
Ro-Ro
Il mercato dei traffici non unitizzati
vede come protagonisti sia le imprese specializzate (terminaliste
e non) che operano in ambito portuale e le cui scelte di localizzazione
seguono criteri interni alla singola filiera logistica (prodotti
agro-industriali, forestali, chimici e metallurgici, auto, energia,
etc.), sia le Autorità Portuali in quanto organismi che,
oltre alla regolazione e all'erogazione dei servizi di loro competenza,
concorrono alla formazione e alla promozione di una strategia
commerciale del porto, sia le compagnie marittime dotate di naviglio
specializzato.
Man mano che i mercati dei singoli comparti produttivi transitano
dalla fase di decollo alla fase di sviluppo, all'interno delle
singole filiere si formano delle "reti" di porti specializzati,
che per il volume di traffico e valore aggiunto prodotto possono
avere un rilievo in ambito regionale, nazionale e internazionale.
Un porto può diventare un nodo importante per più
reti o filiere logistiche, oppure raggiungere livelli eccellenti
in una sola rete.
La tendenza alla specializzazione fa parte di quei fattori innovativi
da stimolare, per far si che la portualità italiana acquisti
un adeguato livello di competitività in mercati specifici.
La ricerca della specializzazione è una strategia commerciale
positiva qualora si instauri un rapporto di fiducia tra il porto
e il cliente, sia esso una compagnia marittima o un operatore
logistico.
Evidentemente la convenienza a specializzare un porto a servizio
di un'unica tipologia di carichi o settore merceologico o a servizio
di un unico operatore lo espone al rischio di essere coinvolto
da possibili crisi del settore e/o dell'operatore medesimo. E
pertanto, quanto maggiore è il livello di specializzazione
atteso o raggiunto, tanto più attenta e costante deve essere
la ponderazione dei programmi operativi degli operatori di quella
filiera di trasporto o la valutazione di ogni alternativa compatibile
con le strutture e le attrezzature eventualmente disponibili.
Le trasformazioni dell'assetto industriale del Paese, i mutamenti
dell'organizzazione della produzione a livello mondiale, la terziarizzazione
dei paesi ad economia avanzata hanno portato a una contrazione
dei traffici generati da insediamenti di industrie di base (siderurgia,
chimica) localizzate in prossimità dei porti. Pur tuttavia
la logistica di approvvigionamento delle industrie, localizzate
nell'hinterland, si serve ancora in maniera decisiva dei porti
per l'importazione di materie prime e semilavorati.
Gli interlocutori principali di una strategia di specializzazione
sono quindi i gestori della logistica delle imprese industriali:
i porti sono interessati a stringere con loro alleanze per gestire
la catena da origine a destino.
Il trasporto marittimo Ro-Ro rappresenta un settore strategico
nell'ottica di riequilibrio della ripartizione modale dei traffici,
in particolare per l'opportunità di ridurre i flussi di
traffico su strada e limitare i costi esterni associati a questa
modalità di trasporto.
Il traffico in questione è caratterizzato da un processo
evolutivo intenso. Obiettivo primario, nell'ottica di una crescita
immediata del cabotaggio marittimo lungo i corridoi tirrenico
e adriatico/ionico, è lo sviluppo dei traffici Ro-Ro nel
loro complesso, da sostenersi attraverso l'agevolazione delle
progettualità operative che vanno in tale direzione.
Obiettivo di medio-lungo periodo è tuttavia il passaggio
graduale da un traffico accompagnato a un traffico di semirimorchi
staccati dalla motrice su relazioni di importanza vitale per il
Paese. Tale obiettivo impone la costruzione di terminal attrezzati
per le operazioni di sbarco/imbarco della merce, dotati di tutti
i sistemi in grado di organizzare il flusso delle informazioni,
di garantire la sicurezza della merce e di velocizzare le operazioni.
Occorre inoltre tenere presente nell'elaborazione della progettualità
operativa che il traffico Ro-Ro, soprattutto quello non accompagnato,
richiede spazi di sosta molto ampi e può creare congestioni
in ambito portuale e urbano. Perciò le esigenze collegate
al traffico di cabotaggio devono essere considerate tra le variabili
della pianificazione a livello urbano nelle città portuali,
che fungono da capolinea alle linee Ro-Ro.
In ambito marittimo, le società di navigazione affrontano
le opportunità di mercato con strategie diversificate,
trasformando le flotte di navi tutto-merci in navi miste ad alta
capacità di carico di veicoli industriali, allargando la
loro sfera di attività al mercato internazionale. Questa
grande vitalità degli operatori marittimi lascia prevedere
uno sviluppo dei traffici Ro-Ro.
Al tempo stesso le società di autotrasporto cominciano
a guardare a questo mercato non solo come utenti, ma come operatori.
Infine, si ravvisa l'opportunità di studiare appropriate
forme di incentivo per stimolare ulteriormente lo sviluppo di
questa tipologia di trasporto, vitale per il Paese, soprattutto
se si considerano le criticità infrastrutturali che caratterizzano
il sistema stradale, autostradale e i valichi alpini.
1.2 Andamento e prospettive dei traffici
lungo le maggiori direttrici internazionali
E' noto che la maggior quota del trasporto
merci, a livello mondiale, è effettuata via mare. Sono
peraltro in atto notevoli mutamenti nei flussi dei traffici tra
le grandi aree economiche intercontinentali.
Considerando, infatti, esclusivamente i traffici di merci in contenitori,
questi sono cresciuti, nell'ultimo quindicennio, del 60% sulla
direttrice Europa-Far Est a fronte di una crescita del 15% registrata
sulla direttrice Nord America - Europa, e del 35% sulle rotte
transpacifiche tra Asia ed America. In altre parole, alla supremazia
dell'interscambio Usa-Far East si è sostituita quella dell'interscambio
tra Europa e Far East.
Del resto, l'Europa risulta protagonista di avvenimenti che non
potevano non incidere profondamente sull'assetto della logistica
continentale e intercontinentale. La caduta delle barriere doganali
fra i Paesi della UE ha realizzato un mercato unico che si estende
in senso longitudinale dal Mare del Nord al Mediterraneo e, in
latitudine, dall'ex "cortina di ferro" all'Atlantico:
un mercato che comprende oltre 350 milioni di abitanti e realizza
un elevatissimo volume di produzione/consumo. A ciò si
aggiunge che, con il venire meno del cosiddetto 'blocco orientale",
altri 250 milioni di persone si affacciano a questo mercato, come
risulta dalla loro già manifestata intenzione di gravitare
economicamente sull'Europa comunitaria.
Gli elementi sopra descritti, unitamente ad altri, quali il maggior
peso in termini di produzione/consumo dei Paesi del nord Europa,
l'esistenza in loco di scali marittimi di enorme capacità
ed efficienza e per di più meglio posizionati sulla direttrice
nord America-Europa, la percorribilità più agibile
in senso longitudinale di gran parte del continente, fanno sì
che si stia sviluppando una rete di trasporto europea in senso
prevalentemente unidirezionale nord-sud e che le direttrici trasversali
si sviluppino al di sopra delle Alpi. La semplice osservazione
visiva delle reti europee, stradale e ferroviaria, sia attuali
che programmate, denota la sproporzione esistente fra il livello
di sviluppo delle infrastrutture di trasporto al nord, rispetto
alle aree meridionali. La concentrazione, poi, è particolarmente
elevata attorno a quei porti che costituiscono i principali punti
di collegamento con i mercati intercontinentali.
E' quindi di tutta evidenza il motivo per cui il flusso fisico
dei traffici, in questa situazione, tenderà ad essere orientato
prevalentemente da nord a sud, con il rischio che si accentui
il divario fra le regioni più evolute e quelle periferiche.
Tale marginalizzazione risulterà negativa non solo in termini
economici e trasportistici ma anche in termini politici e sociali
in quanto produrrà, quale conseguenza, la disomogeneità
fra le aree dell'UE, rallentando l'integrazione dei Paesi che
già partono in condizioni di svantaggio.
Per un'efficace politica dei trasporti in Italia, occorre prendere
atto del grande mutamento che è stato provocato dalla rapida
evoluzione della domanda di servizi di logistica. Ciò ha
determinato un'accentuazione dell'esigenza di pianificare. progettare
e realizzare le infrastrutture di trasporto in tempi compatibili
con la domanda di mercato.
Saper cogliere questa nuova realtà, significa strutturare
il sistema dei servizi portuali italiano in chiave di sistema
logistico integrato, capace di attrarre la localizzazione di centri
distributivi e di centri di aggregazione dei traffici analoghi
e integrativi di quelli che si stanno realizzando in nord Europa,
mirando quindi allo sviluppo di una rete di trasporto europeo
bi-direzionale tra il nord e il sud Europa.
2. Le principali criticità
La qualità e la quantità dei servizi che possono
essere offerti dalle infrastrutture portuali dipendono da un insieme
di parametri: le caratteristiche degli accosti (lunghezza unitaria
e complessiva; fondali), la disponibilità di attrezzature
specializzate per la movimentazione dei carichi, la disponibilità
di spazi a terra per le operazioni portuali e eventuali insediamenti
industriali e i collegamenti con le reti di trasporto terrestre.
Accanto ai parametri fisici acquistano rilevanza le attrezzature
logistiche e la presenza del "terziario marittimo"
Sebbene il sistema portuale italiano stia attraversando, sotto
il profilo dei traffici, una fase di espansione, esso presenta
alcune criticità. Sotto il profilo gestionale è
terminato il processo di ristrutturazione del modello organizzativo
dei porti previsto dalla legge 84/94, è avviato a conclusione
il processo di liberalizzazione delle operazioni portuali. Si
attende invece ancora un maggior coinvolgimento di operatori terminalisti
nella promozione e gestione dei traffici.
Riguardo alla tendenziale maggiore specializzazione, comunque
necessaria al fine di evitare improprie forme di concorrenza che,
invece che generare benefiche ricadute, potrebbero ridursi al
mero spostamento di quote di traffico tra un porto e l'altro,
fatto salvo quanto già detto in precedenza, sembra comunque
opportuno approfondire la possibilità di favorire e stimolare
pianificazioni e programmazioni coordinate tra porti con bacini
di utenza anche in parte coincidenti e tra i porti e gli altri
operatori del trasporto (marittimo e non).
Riguardo alle capacità, solo apparentemente non vi sono
carenze in termini di offerta totale di banchine - che anzi potrebbe
addirittura considerarsi eccessiva esistendo anche porti rimasti
inutilizzati. Deve però tenersi conto che l'intero fronte
banchinato italiano è suddiviso tra una miriade di porti,
moltissimi di rilievo esclusivamente locale e con una lunghezza
media di banchine corrispondente a tale rilievo.
Inoltre, anche in alcuni porti maggiori, la profondità
dei fondali appare inadeguata alla tendenza all'impiego di navi
con dimensioni e pescaggi sempre maggiori.
Carenze anche significative vengono in molti casi rilevati nelle
attrezzature e negli spazi a terra. È inoltre necessario
realizzare sollecitamente le attrezzature specializzate per il
traffico Ro-Ro, come i sistemi di gating e per la pesatura dei
veicoli. Carenti sono anche la dotazione di sistemi avanzati per
il controllo del traffico marittimo, anche in prospettiva di un
sempre maggiore sviluppo del servizio effettuato da navi veloci,
nonché i sistemi avanzati di gestione automatizzata dei
terminali e della fase nave - banchina - deposito e della connessione
porto - utenti.
In molti porti risultano carenti i collegamenti infrastrutturali
con le reti del trasporto terrestre. Queste non sempre raggiungono
standard ottimali; in particolare talvolta le linee ferroviarie
non consentono il transito di taluni carichi unitizzati a causa
della limitatezza delle sagome. Più spesso risultano inadeguate
le catene logistiche, e tra il trasporto marittimo e le modalità
terrestri si instaurano forme di competizione, invece che di complementarità.
Altri fattori di criticità sono ancora l'insufficiente
chiarezza nella definizione delle opere imputabili al finanziamento
statale, nei criteri di priorità per la selezione degli
investimenti e nei rapporti fra pianificazione portuale e pianificazione
urbana. In merito all'ultimo punto, va rilevato che i porti italiani
sono insediati per la maggior parte in città di grande
valore storico e artistico. Il porto è un fattore fondamentale
dell'assetto urbano e dell'identità culturale della città
e una componente essenziale dell'economia della regione urbana,
oltre che un forte generatore di traffico che può causare
problemi di congestione. Il rapporto tra porto e città
può diventare conflittuale e il conflitto può assumere
una certa rilevanza, soprattutto quanto più i porti diventano
importanti per l'economia urbana.
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3. Le linee guida per il settore della
portualità italiana
La politica portuale si inserisce nell'obiettivo
più ampio di rafforzare il ruolo strategico dell'Italia
nella dinamica dei traffici mondiali. L'entrata di operatori esteri
nella stessa gestione dei terminal dimostra che l'Italia si può
candidare a divenire una piattaforma logistica di livello europeo.
La reale concorrenza dei porti italiani con quelli del nord Europa
è un obiettivo raggiungibile nel medio-lungo periodo.
Il gap infrastrutturale con i grandi porti nordici è tuttavia
evidente. La politica portuale deve colmare tale gap, puntando
sugli elementi di forza del sistema italiano, per metterlo in
grado, allorché pervenuto a dotazioni infrastrutturali
omogenee con il panorama europeo, di competere in condizioni di
parità con gli altri porti.
Per raggiungere tale obiettivo occorre valorizzare tutta la portualità
nazionale, ripensando il ruolo dei singoli porti e intervenendo
in alcuni aspetti cruciali per un loro sviluppo compiuto secondo
una logica di sistema. In particolare, si tratta di perseguire:
- lo spostamento modale da terra a mare, favorendo i centri di interscambio
modale,
- l'integrazione modale della rete infrastrutturale,
- l'estensione dell'offerta di servizi portuali, perseguendo più
la specializzazione che la polifunzionalità, specializzazione
che può avvenire a livello di sistemi di porti e non necessariamente
all'interno del singolo porto.
Infine, bisogna proseguire con il processo di liberalizzazione
messo in moto con la riforma portuale, semplificando ulteriormente
le normative per gli operatori dei terminali, creando le condizioni
per lo sviluppo di imprese terminaliste efficienti, capaci di
creare reddito e occupazione in modo stabile nel tempo.
La particolare natura delle attività portuali richiede
d'altra parte di mantenere uno spazio regolatorio da parte del
governo centrale, con riferimento agli aspetti:
- di commercio estero proprio di gran parte del traffici, marittimi
con effetti dunque di "apertura" dell'intero sistema
economico nazionale;
- di natura particolare del lavoro svolto all'interno dei porti,
sia in termini di sicurezza che di caratteristiche di flessibilità.
3.1 Azioni per la riqualificazione e il
potenziamento della portualità italiana
Qui di seguito sono richiamati gli elementi
essenziali per lo sviluppo del settore portuale in Italia, mentre
si rimandano ai paragrafi successivi alcuni approfondimenti riguardanti:
- lo sviluppo del cabotaggio marittimo, come alternativa al trasporto
su strada,
- la creazione, accanto ai porti, di distretti logistici per i servizi
alle merci,
- il rafforzamento dei collegamenti infrastrutturali tra i porti
e l'hinterland,
- l'introduzione di nuova tecnologia per migliorare l'efficienza
dei sistemi di trasporto,
- i criteri per la ripartizione tra i porti delle risorse dello
Stato,
- il miglioramento dell'efficienza gestionale,
- la chiara definizione delle competenze tra i diversi organi competenti
in materia di programmazione territoriale,
- la necessità di migliorare, aggiornare e uniformare la
raccolta e l'analisi delle informazioni statistiche;
Dando per acquisiti i seguenti elementi: |
- il buon posizionamento dell'Italia nel comparto portuale del trasporto
in contenitori,
- l'opportunità di una differenziazione di funzioni tra l'area
meridionale e quella settentrionale (accesso/affaccio alla/dalla
UE e all'Europa centro-orientale per il nord, e transhipment/distribuzione
nell'area mediterranea per il sud),
- il maggior peso del versante tirrenico rispetto a quello adriatico,
- l'esistenza sull'arco costiero ligure di 3 grandi porti (Genova,
La Spezia e Livorno),
- la funzionalità dei porti dell'alto Adriatico e dell'alto
Tirreno rispetto alle rotte di attraversamento mediterraneo, nonché
la funzionalità di altri porti per servizi di feeder e
di short sea shipping nel bacino del Mediterraneo;
- le potenzialità di utilizzo dei porti adriatici a servizio
dell'area europea centro-orientale e balcanica,
- l'urgenza di sviluppare il cabotaggio marittimo lungo le "autostrade
del mare",
si ipotizzano le seguenti linee guida necessarie al raggiungimento
di obiettivi strategici per il settore:
- promozione della realizzazione di sistemi portuali basati sull'analisi
della domanda di trasporto attuale e futura, in una prospettiva
di medio-lungo termine in modo ai fini del conseguimento di maggiori
economie di scala e dello sviluppo delle complementarità
funzionali e delle sinergie tra porti, utilizzando il metodo della
concertazione tra i soggetti coinvolti; l'individuazione dei singoli
sistemi portuali verrà suggerita sulla base dei risultati
del sistema di monitoraggio e pianificazione dei trasporti (SIMPT),
utilizzato per l'analisi della domanda di trasporto (attuale e
futura) nell'ambito del PGT;
- promozione di interventi di progettazione e realizzazione di una
rete efficiente di terminali di cabotaggio, per lo sviluppo del
trasporto marittimo lungo le "autostrade del mare" come
alternativa al trasporto interno e infra-UE stradale; anche in
questo caso i terminali che lo Stato riterrà opportuno
sviluppare con adeguati finanziamenti saranno valutati in base
ai risultati del SIMPT;
- sviluppo di una normativa per la valorizzazione del trasporto
via mare delle merci pericolose, come valida alternativa al trasporto
su gomma, e conseguenti interventi nelle aree portuali per l'accoglienza
e lo smistamento delle merci pericolose;
- interventi di potenziamento delle connessioni porto-territorio,
con particolare attenzione alle funzioni dei corridoi tirrenico
e adriatico, in vista dell'innesto dei corridoi sulle trasversali
transeuropee;
- elaborazione di un progetto di connessione e collaborazione tra
i porti dei due versanti del bacino adriatico - ionico, sia per
il trasporto in container sia per gli altri tipi di traffico,
in particolare Ro-Ro;
- interventi di adeguamento delle sagome limite ferroviarie alle
caratteristiche del grandi itinerari europei, per consentire il
trasporto anche dei carichi unitizzati di maggiore dimensione
nei mercati nazionali ed esteri;
- interventi di completamento e potenziamento strutturale dei nodi
di transhipment meridionali esistenti (Gioia Tauro, Taranto e
Cagliari);
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3.1.1 Il cabotaggio marittimo
I servizi di cabotaggio servono in Europa
in maggior misura il trasporto passeggeri più che il trasporto
merci, anche se la quantità di merce trasportata è
tutt'altro che trascurabile aggirandosi nel 1995 intorno a 260
milioni di tonnellate. L'Italia svolge un ruolo importante nel
mercato europeo. I soli servizi di cabotaggio, rappresentano quote
pari al 25% del mercato passeggeri e di quello merci, dovute soprattutto
ai servizi di collegamento con le isole maggiori
Il processo di liberalizzazione dei servizi di cabotaggio, conclusosi
il 1 gennaio dell'anno 1999, ha dato un forte impulso concorrenziale
a questi servizi in una situazione in cui prevalevano regimi di
monopolio molto evidenti.
In vista del soddisfacimento di uno degli obiettivi fondamentali
della politica dei trasporti, l'obiettivo di mobilità sostenibile,
occorre procedere al decongestionamento delle strade extraurbane
dal traffico di merci pesanti mediante lo sviluppo dei traffici
sulle medie-lunghe distanze con modalità di trasporto più
sostenibili rispetto a quella stradale. L'esigenza di un riequilibrio
modale nel sistema dei trasporti, fortemente squilibrato verso
il trasporto stradale, con notevoli costi sia in termini di impatto
ambientale che di sicurezza, pone perciò la necessità
di progettare il rilancio del trasporto combinato strada-mare,
e quindi di cabotaggio marittimo, oltre che dello sviluppo del
trasporto combinato strada-rotaia. In particolare, per quanto
riguarda gli aspetti legati alla sicurezza, il cabotaggio marittimo
sarà favorito con un apposito intervento legislativo per
il trasporto delle merci pericolose, che oggi viene effettuato
per la maggior parte su gomma.
Entrambi le forme di trasporto combinato sono finalizzate ad alleggerire
il traffico su strada e ad assicurare risparmi energetici, tutela
ambientale, sicurezza del trasporto, e migliori tempi di consegna,
elemento quest'ultimo vitale per lo sviluppo del sistema produttivo
del Paese.
Per l'attuazione di un progetto teso allo sviluppo del traffici
lungo le "autostrade del mare", costituite dalle tratte
longitudinali lungo le coste del Tirreno e dell'Adriatico, devono
essere previsti interventi di adeguamento delle infrastrutture
(sia interne ai porti che di collegamento con il retroterra) alle
caratteristiche e necessità dettate dal traffico di cabotaggio
al fine di costruire una rete di terminali di cabotaggio.
I terminali devono essere:
- opportunamente distanti tra loro;
- esclusivamente destinati al traffico Ro-Ro;
- opportunamente attrezzati in funzione dei tipi di nave che servono
tali traffici;
- delimitati rispetto ad altre aree portuali destinate a diverse
funzioni;
- dotati di tutti i servizi necessari;
- direttamente collegati con le infrastrutture stradali e ferroviarie.
Gli interventi progettuali dovrebbero riguardare contestualmente
almeno 2 porti da collegare e coinvolgere sempre (anche dal punto
di vista economico) gli operatori del trasporto terrestre e marittimo.
Il SIMPT è lo strumento di analisi della domanda attuale
e futura attualmente utilizzato dal gruppo di lavoro del nuovo
Piano Generale dei Trasporti, attraverso il quale verranno fatte
le dovute valutazioni per l'individuazione dei terminali da sviluppare.
Oltre ad interventi di tipo infrastrutturale, che consentano ai
porti di attrezzarsi adeguatamente per questo tipo di traffico,
occorre agire su altri fronti, al fine di rendere effettivamente
più competitivo il trasporto delle merci via mare rispetto
alle altre modalità. In tal senso e nell'ottica dello sviluppo
dell'intermodalità, di cui il cabotaggio marittimo ne rappresenta
un segmento fondamentale, il disegno di legge A.C. 5753 - tenendo
conto della necessità di agevolare il trasporto come strumento
strategico, per un impiego ottimale dei diversi modi di trasporto
a fronte di interventi strutturali limitati e abbattimento dei
costi - persegue l'obiettivo di valorizzare il trasporto cabotiero
attraverso forti misure di sostegno in termini di agevolazioni
fiscali e previdenziali. L'esperienza applicativa di tali misure
andrà valutata prima di adottare ulteriori eventuali sostegni.
Oltre a questo tipo di misure, la maggiore competitività
del trasporto cabotiero si ottiene anche riducendo i tempi delle
operazioni di carico e scarico della merce e rendendo meno onerose
le tariffe per questo tipo di traffici. In particolare, si dovrebbe
intervenire:
- riducendo ulteriormente i costi dei servizi tecnico-nautici, che
si suddividono in costi del rimorchio, di pilotaggio e degli ormeggi;
- organizzando i terminal dedicati a questo tipo di traffici in
modo tale da velocizzare le operazioni lungo la catena logistica,
- costruendo aree di pre-imbarco, di registrazione automatica dei
rimorchi in entrata e uscita dall'area portuale,
- utilizzando sistemi di pesa automatica tramite un lettore ottico,
sistemi di pagamento automatico sul tipo Viacard,
- evitando che carichi destinati al cabotaggio marittimo nazionale
entrino in zone sottoposte a vincoli di tipo doganale.
|
3.1.2 I servizi di cabotaggio a valenza
sociale
I servizi di cabotaggio marittimo a valenza sociale, ovvero alcuni
collegamenti delle isole con il continente per la garanzia della
continuità territoriale, sono gestiti prevalentemente dal
Gruppo Tirrenia, la flotta pubblica, e da alcuni armatori privati
in diretta concorrenza su alcune rotte.
La compresenza su alcune rotte di armatori privati e della flotta
pubblica, quest'ultima operante in regime di convenzione ventennale,
con sussidi che assicurano il pareggio di bilancio, è da
lungo tempo oggetto di contestazione da parte dei primi e, da
ultimo, di una procedura di infrazione aperta dalla Commissione
europea. In linea di principio, l'UE riconosce il diritto degli
Stati membri di stabilire livelli e standard ragionevoli di servizi
giudicati essenziali (collegamenti, frequenze, orari, ecc.). Al
tempo stesso, l'UE richiede che gli Stati membri verifichino se
e in che misura tali servizi siano già offerti in regime
di libero mercato; in altre parole, lo Stato dovrebbe verificare
se i servizi giudicati essenziali siano "sufficientemente
coperti" (in che misura, in quali stagioni e in quali orari)
dal mercato. Solo ove (e nella misura in cui) sia riscontrata
un'insufficiente offerta commerciale (servizi che i vettori non
espleterebbero qualora fossero guidati esclusivamente dall'interesse
economico), gli Stati membri possono imporre oneri di servizio
pubblico, con compensazione dei costi. L'individuazione dei vettori
cui assegnare oneri di servizio pubblico va effettuata con procedura
competitiva (gara europea) e l'ammontare dei sussidi deve essere
strettamente correlato ai costi sostenuti dal vettore per erogare
i servizi in regime non commerciale.
La procedura di cui sopra non si configura come aiuto di stato
e, come tale, non richiede la previa notifica alla Commissione.
La preesistenza di Convenzioni a successivi orientamenti comunitari
(il Regolamento comunitario 3577 del 1992 fa salvi fino alla scadenza
naturale i contratti di servizio stipulati in precedenza) consente
di prescindere dall'affidamento per gara, non dalla finalità
e dai limiti imposti in via generale, di cui ai punti precedenti.
Non è dato sapere quali saranno gli esiti della procedura
di infrazione, che eccepisce la presenza di una componente di
aiuto di Stato nei sussidi erogati dallo Stato italiano al Gruppo
Tirrenia. Pur riconoscendo l'esistenza di situazioni assai differenziate
all'interno del Gruppo - sia in ordine all'economicità
di gestione che in ordine all'esistenza di concorrenza di privati
sui singoli collegamenti - e dell'impegno del Governo alla privatizzazione
dell'intero comparto, si ritiene opportuna un'incisiva azione
rivolta a ripristinare condizioni di maggiore concorrenza e conformità
allo spirito delle disposizioni comunitarie. In particolare:
- andrebbe modificata la struttura delle convenzioni, attraverso
l'erogazione di sussidi determinati "ex ante" come differenza
fra ricavi previsti e costi efficienti, così da accollare
alle società convenzionate il rischio di mercato e di consentire
ad esse una politica tariffaria più flessibile e attenta
a considerazioni di natura commerciale;
- andrebbe attentamente rivista l'estensione degli obblighi di servizio
pubblico, limitando questi ultimi ai collegamenti e agli orari
per i quali si configurino reali necessità sociali e nei
quali si registri effettivamente un vuoto di offerta da parte
di altri operatori;
- andrebbe attivamente stimolata l'opera di risanamento del Gruppo,
in primis delle "società regionali" e dell'Adriatica,
risanamento peraltro previsto dal Piano industriale presentato
dal Gruppo in conformità al Piano di riordino del Gruppo
Finmare;
- andrebbe valutata con attenzione la possibilità di anticipare,
rispetto alla scadenza pattuita del 2008, la decadenza del regime
concessorio, salva la successiva attribuzione per gara di oneri
di servizio pubblico.
In conclusione, il principio di concorrenzialità e l'esigenza
di una maggiore efficienza operativa in tutto il settore dei trasporti
pongono la necessità che anche il comparto cabotiero pubblico
sia aperto al mercato con regole chiare ed adeguati strumenti
di regolazione, tra cui ovviamente la concorrenza per il mercato
e il contratto di servizio.
Come per i servizi di trasporto pubblico su terra, il soggetto
programmatore/regolatore dei servizi di cabotaggio marittimo,
sia esso lo Stato o la Regione, dovrebbe definire i "servizi
minimi", erogare i corrispettivi diretti a compensare costi
che un operatore non sarebbe disposto a sostenere qualora fosse
guidato da finalità commerciali, istituire un sistema di
monitoraggio per controllare l'applicazione del contratto e per
definirne le revisioni.
In particolare, per quanto riguarda i servizi di cabotaggio svolti
prevalentemente nell'ambito regionale, i compiti di programmazione
ed amministrazione dovrebbero essere affidati, secondo il D.lgs.
422/97, alle Regioni che fungono da regolatori dell'intero sistema
di trasporto pubblico regionale e locale. A questo proposito,
va segnalato che il comparto del cabotaggio "sociale",
nonostante sia stato incluso tra i settori disciplinati dal D.lgs.
422/97, non ha ancora dato segno di cambiamento in termini di
modalità di organizzazione e regolazione dei servizi.
3.1.3 Creazione di un sistema logistico
integrato
Il successo di un porto e la sua capacità di attirare traffici
oggi dipendono non solo dalla dotazione portuale in termini di
opere marittime e mezzi meccanici, ma anche e soprattutto dal
grado di interconnessione del porto con i mercati interni, attraverso
corridoi plurimodali efficienti, e dall'offerta di servizi alle
merci. Infatti, secondo le odierne logiche della distribuzione
industriale, i porti assumono una valenza particolare dal punto
di vista logistico, per la localizzazione che ne fa i primi e
più strategici centri di raccolta delle merci, permettendo
di perseguire economie di scala. Le regioni del Nord Europa hanno
colto per prime queste opportunità, allestendo aree logistiche
e commerciali soggette a particolari condizioni doganali, fiscali
e burocratiche, per favorire l'insediamento dei maggiori gruppi
industriali internazionali. La disponibilità di spazi con
tali caratteristiche ha costituito così un elemento determinante
per il radicamento dei traffici nei porti del Northern Range.
Per ridurre il gap esistente tra la portualità nazionale
e i principali competitor continentali, occorre dunque un'azione
di pianificazione integrata dei sistemi di trasporto e del territorio,
che colga gli aspetti portanti del modello di sviluppo nord europeo,
al fine di innescare anche in Italia la spirale virtuosa che vede
da una parte la produttività e l'efficienza dei porti funzionale
allo sviluppo nell'hinterland di attività produttive e
di servizio; dall'altra, la presenza delle piattaforme logistiche
come strumento fondamentale per vincolare i traffici ai porti
vicini.
3.1.4 Potenziamento dei collegamenti porti-hinterland
Tra i principali fattori competitivi per un porto emerge l'accessibilità,
ossia la vicinanza ai mercati interni, non tanto in termini geografici,
quanto in termini temporali.
L'importanza di questo elemento è evidente nel caso dei
porti italiani che, nonostante la recuperata efficienza nella
fase di imbarco-sbarco delle merci, vedono il proprio raggio di
penetrazione nei mercati europei sensibilmente inferiore rispetto
a quello dei porti del Northern Range, favoriti dall'esistenza
di più efficienti corridoi multimodali verso le regioni
interne.
Dal punto di vista geografico, i vantaggi per gli scali nazionali,
derivanti dalla migliore posizione dell'Italia rispetto alle rotte
dal Far-East, sono superati dagli svantaggi: la presenza delle
Alpi e degli Appennini, che impone il transito delle merci attraverso
trafori e valichi, e l'assenza di collegamenti fluviali, che al
contrario rappresentano una modalità di trasporto estremamente
conveniente per i porti del Nord Europa.
Per compensare queste penalizzazioni è necessario che il
sistema stradale e ferroviario italiano raggiunga standard di
efficienza molto elevati, attraverso un maggiore utilizzo di tecnologia
e il potenziamento infrastrutturale della rete. In particolare
è di vitale importanza un deciso progresso da parte del
servizio ferroviario, modalità fondamentale per il trasporto
intermodale dai porti ai mercati, ma oggi ancora troppo poco utilizzata
in Italia. Da questo punto di vista è necessario alleviare
la situazione di congestione presente su alcune tratte ferroviarie
tramite la realizzazione di nuove linee e l'attuazione di interventi
volti ad aumentare la potenzialità delle linee esistenti.
Infine, particolare attenzione va dedicata alla soluzione dei
problemi, comuni a molti scali storici nazionali, legati al raccordo
tra il porto e la rete di trasporto, a causa della contiguità
tra i bacini portuali ed i centri abitati: in assenza di collegamenti
stradali e ferroviari dedicati si determina da una parte un deciso
aumento dei tempi e dei costi di trasporto, e dunque una perdita
di competitività per il porto, e dall'altra l'insorgenza
di esternalità per la cittadinanza, legate all'interferenza
tra i traffici commerciali e le attività urbane.
3.1.5 Introduzione di nuova tecnologia
Per migliorare la qualità di servizio del sistema nazionale
di trasporto occorre provvedere agli interventi infrastrutturali
necessari per colmare le lacune ancora presenti nella rete intermodale,
ma è indispensabile anche individuare soluzioni che consentano
nel breve termine di accrescere l'efficacia nell'utilizzo delle
risorse infrastrutturali esistenti, grazie ad un maggiore impiego
di tecnologia.
Per quanto riguarda la portualità, il contributo della
tecnologia è necessario per incrementare le prestazioni
dei terminal e per migliorare l'integrazione dei porti con gli
altri elementi della rete di trasporto, aumentando l'efficienza
nella distribuzione delle merci.
In particolare occorre favorire il processo di trasferimento verso
i porti di logiche industriali ed aumentare il grado di automazione
delle operazioni portuali, al fine di ottenere vantaggi in termini
di prestazioni, e quindi di competitività e di redditività
dei terminal, ma anche ricadute positive per le condizioni e la
sicurezza del lavoro in ambito portuale.
Nel caso della movimentazione di container, che oggi rappresenta
l'attività portuale a maggiore contenuto tecnologico, ulteriori
progressi sono necessari per eliminare il collo di bottiglia rappresentato
dallo spostamento dei contenitori tra banchina e piazzali. Occorre
sottolineare, tuttavia, che l'introduzione di tecnologia può
consentire grandi vantaggi operativi anche nel caso delle attività
maggiormente "labour intensive" (tra cui i diversi settori
delle merci varie), che oggi meno ricorrono all'utilizzo di tecnologia
avanzata e che pertanto sono caratterizzati da basse performance.
Sostanziali contributi della tecnologia sono necessari per rendere
più fluido il passaggio delle merci dalla fase portuale
alla distribuzione sulla rete di trasporto terrestre. Occorre,
in particolare, rendere più veloci le procedure burocratiche
ai gate dei terminal attraverso l'utilizzo di informatica e telematica
per il trattamento elettronico dei dati ed il controllo delle
merci.
Infine è necessario sviluppare sistemi informatici e diffondere
l'impiego di tecniche EDI che consentano di ottimizzare la gestione
del sistema integrato di trasporto, di cui i porti costituiscono
un nodo fondamentale, e la trasmissione in tempo reale delle informazioni
sulla disponibilità di risorse e servizi o sullo stato
dei veicoli e delle merci trasportate.
|
3.1.6 Nuovi criteri per la ripartizione
delle risorse dello Stato
La valenza di un porto dipende dalla capacità
di alimentare traffici con "effetto rete" e pertanto
dai volumi movimentati all'interno di specifiche tipologie merceologiche
e/o di carichi. A tale riguardo, i porti possono essere distinti
in porti universali e porti specializzati. I primi offrono una
molteplicità di servizi ai passeggeri e alle merci, i secondi
soddisfano quote significative di traffici specializzati per una
determinata categoria merceologica oppure per una determinata
relazione.
Accanto a tale distinzione di fatto la legislazione nazionale
prevede una specifica "classificazione" dei porti, esclusivamente
finalizzata all'individuazione del soggetto - lo Stato o la Regione
- cui compete l'onere per la realizzazione delle opere portuali
di grande infrastrutturazione.
I criteri, meramente quantitativi, cui si ispirava la norma per
la classificazione, risalente addirittura allo scorso secolo (T.U.,
approvato con R.D. 2 aprile 1885, n. 3095) debbono essere rivisti
secondo quanto previsto dalla legge 28/1/1994, n. 84, art. 4,
che prevede la ripartizione dei porti in tre classi di rilevanza
economica: internazionale, nazionale, regionale ed interregionale.
Atteso che per i fini cui mira la classificazione non vi sono
differenze sostanziali tra le prime due classi, l'intera problematica
della classificazione andrebbe riesaminata valutando, in particolare,
l'ipotesi di una ripartizione dei porti in sole due classi, attribuendo
la più alta (porti di rilevanza internazionale o nazionale)
a quelli che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:
- presenza dell'Autorità Portuale,
- elevato grado di specializzazione per tipologie di traffico,
- rilevante entità dei traffici ad elevato valore aggiunto,
- funzione di collegamento con le isole maggiori (Sicilia, Sardegna).
Nelle more della revisione dei criteri di classificazione, è
stata comunque avviata di recente un'iniziativa di rilievo in
materia di realizzazione di infrastrutture portuali. La legge
30/11/1998, n. 413, art. 9, ha previsto l'adozione di un programma
di opere infrastrutturali di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione
dei porti per un ammontare complessivo di circa mille miliardi.
Preso atto della rilevanza strategica attribuita dal legislatore
ai porti sede di Autorità Portuali, il programma di cui
all'art. 9 della L.413/98 si è limitato a considerare questi
soli scali.
L'individuazione concreta degli interventi da finanziare nell'ambito
di quelli presentati dalle Autorità Portuali, è
stata effettuata considerando:
- la conformità con il Piano Regolatore del porto;
- la conformità con gli obiettivi di sviluppo enunciati nel
Piano Operativo Triennale della singola Autorità portuale
proponente;
- una definizione progettuale, tale da consentire, anche se non
a livello di progetto esecutivo, una adeguata valutazione dell'opera.
La ripartizione delle risorse effettuata risulta dal prospetto
che segue:
Savona | 35,04 | Napoli
| 97,55 | Venezia | 60,39
|
Genova | 105,93 | Gioia Tauro
| 60 | Trieste | 49,7
|
La Spezia | 52,47 | Taranto
| 71,95 | Palermo | 53,46
|
Massa Carrara | 20,22 | Brindisi
| 38,61 | Messina | 27,72
|
Livorno | 79,2 | Bari
| 29,7 | Catania | 40
|
Piombino | 49,5 | Ancona
| 49,5 | Cagliari | 49,5
|
Civitavecchia | 64,35 | Ravenna
| 65,23 | | |
I criteri di ripartizione adottati che legano i finanziamenti
ai volumi di traffico possono essere ritenuti validi qualora si
continui a considerare il sistema portuale come semplice sistema
di interscambio delle merci. Vanno invece rivisti se, alla luce
delle indicazioni emergenti dal nuovo Piano Generale dei Trasporti,
si mira a realizzare un sistema logistico complesso.
I nuovi criteri per la distribuzione delle risorse statali ai
singoli porti devono necessariamente tenere conto di un insieme
di caratteristiche e obiettivi propri della recente fase di sviluppo
del sistema portuale italiano e mirare a:
- fare adottare politiche di indirizzo e programmazione tendenti
a prevenire lo sviluppo di possibili squilibri all'interno dell'offerta,
stimolando la ricerca di una maggiore specializzazione, l'intermodalità
e la conquista di traffici a maggiore valore aggiunto;
- incoraggiare la specializzazione di alcuni porti dedicati esclusivamente
al cabotaggio tramite il sostegno a progetti in grado di rendere
il trasporto merci via mare maggiormente competitivo rispetto
al trasporto su gomma;
- non interrompere la fase di decollo nei porti più avanzati,
ma anzi facilitare il passaggio verso una fase di stabilizzazione
e maturità;
- incoraggiare l'ingresso di efficienti imprese terminalistiche
nel maggior numero di porti.
Considerati questi obiettivi, ai fini dell'allocazione delle risorse,
possono già individuarsi alcuni punti fermi:
- finanziare interventi infrastrutturali di determinati porti da
destinare esclusivamente al cabotaggio marittimo;
- includere tra gli interventi da finanziare a carico dello Stato
tutte le opere che riguardano la sicurezza e la protezione dei
porti, inclusi gli interventi che favoriscono l'adeguamento delle
strutture portuali per il cabotaggio marittimo di merci pericolose,
nonché le opere che consentono l'inserimento dei porti
nelle reti di trasporto transeuropee (TEN);
- nel caso di interventi volti ad aumentare la capacità portuale,
superare il riferimento al tonnellaggio storico movimentato come
criterio prevalente di valutazione, soprattutto quando i progetti
di espansione della capacità portuale mirano all'acquisizione
di nuove tipologie di traffici;
- privilegiare i progetti con maggiori ricadute economiche e sociali,
opportunamente accompagnati da analisi costi-benefici;
- reinterpretare il principio del riequilibrio territoriale Nord-Sud
attraverso misure di promozione e perseguimento di uno specifico
ruolo della portualità meridionale nel sistema logistico
nazionale.
- Premiare progetti inseriti in un contesto di pianificazione integrata
tra porti vicini.
- Valorizzare i progetti anche alla luce del contenuto tecnologico,
informatico e telematico.
|
3.1.7 Verso una maggiore efficienza
gestionale
Come già rilevato in precedenza, il processo di ristrutturazione
del modello organizzativo dei porti previsto dalla legge 84/94
è terminato, ed è avviato a conclusione il processo
di liberalizzazione delle operazioni portuali.
Invero, in prospettiva, potrebbe essere valutata anche la possibilità
di estendere la privatizzazione anche ad altre attività
(es. i servizi generali).
I processi messi in moto dalla riforma portuale del 1994 hanno
contribuito ad evidenziare:
- per quanto riguarda gli attori privati, una sostanziale debolezza
delle imprese nazionali, concessionarie dei maggiori terminali,
che in molti casi sono state assorbite da operatori stranieri;
- per quanto riguarda gli attori pubblici, l'oggettiva impossibilità
delle Autorità Portuali di autofinanziare o cofinanziare,
con le entrate dei canoni di concessione o di autorizzazione all'esercizio
di attività d'impresa, investimenti per nuove opere o per
significativi adeguamenti strutturali.
Il primo aspetto, che peraltro testimonia l'appetibilità,
e quindi la potenzialità, del sistema portuale italiano,
porta ad individuare quale possibile linea di intervento l'adozione
di misure per favorire la concentrazione di imprese. Da tale azione
potrebbe anche conseguire una maggiore "terminalizzazione"
della portualità, pur con i limiti oggettivi posti dai
seguenti fattori:
- la stessa legge 84/94 impone di lasciare disponibili spazi per
operatori non terminalisti;
- non tutti i porti nazionali, a motivo delle loro dimensioni, sono
"terminalizzabili";
- non tutti i tipi di traffico rendono conveniente la "terminalizzazione";
- i porti non possono essere considerati solo delle realtà
economiche, giacché essi sono beni pubblici, che forniscono
servizi di interesse pubblico generale, e poli di crescita per
lo sviluppo regionale e nazionale.
In ordine alla seconda questione è indubbio che i canoni
concessori rappresentino un'importante componente per il finanziamento
delle Autorità Portuali. Ma essi sono anche uno strumento
per attrarre e coinvolgere i privati nella gestione del porto.
Inoltre, proprio nel momento in cui si intende massimizzare l'uso
della modalità marittima, appare inopportuno far ricadere
sugli operatori della fase portuale i costi d'uso dell'infrastruttura
comprensivi dell'ammortamento degli investimenti effettuati per
essa, mentre gli stessi costi non vengono posti a carico degli
operatori di altre modalità di trasporto.
Nel contempo va valorizzato, incentivato e premiato l'investimento
dei privati attraverso una metodologia per la determinazione dei
canoni che tenga conto del ritorno di investimento che il privato
consegue realizzando un bene in ambito demaniale.
Gli obiettivi sui quali è pertanto necessario concentrare
l'attenzione sembrano quindi la ricerca di un nuovo modello di
autonomia finanziaria delle Autorità Portuali e la determinazione
della sua misura.
L'autonomia finanziaria è infatti presupposto essenziale
per consentire di svolgere a pieno la funzione di promozione affidata
alle Autorità Portuali nei campi del marketing strategico
e del project financing.
Il discorso sulla maggiore efficienza gestionale va completato
con il riferimento alla necessità di collegare i principali
porti italiani con una rete informatica, che li metta in grado
di colloquiare fra loro e con i più importanti operatori
economici pubblici e privati del Paese.
3.1.8 Porti, territorio e ambiente
Il miglioramento dell'efficienza gestionale dei porti italiani
è senza dubbio indispensabile per sostenere la concorrenza
dei sistemi portuali di altri paesi, ma esso non deve avvenire
a discapito degli interessi pubblici, rappresentati dalla sicurezza
e dalla tutela ambientale.
Inoltre, occorre ricordare la responsabilità, comune a
molte Autorità Portuali, nella gestione e la valorizzazione
di aree demaniali di particolare pregio urbanistico e paesistico,
quali il litorale e le parti più antiche degli scali, che
perdono progressivamente interesse ai fini commerciali per l'inadeguatezza
delle strutture, acquistando per contro grande valore dal punto
di vista urbanistico e turistico, per una migliore fruibilità
da parte del pubblico, e imprenditoriale, per la possibilità
di ospitare attività ad alto valore aggiunto.
Gli interessi pubblici devono pertanto essere tenuti adeguatamente
presenti sia nella fase della pianificazione e progettazione portuale,
sia nella fase della operatività portuale.
Perché ciò avvenga è necessario che innanzitutto
anche le normative in corso di elaborazione in Parlamento sull'impatto
ambientale delle opere pubbliche e in materia urbanistica diano
indicazioni chiare in proposito.
In particolare occorre una più chiara delimitazione delle
competenze degli enti locali in merito alle aree portuali ed alla
loro utilizzazione, che tenga adeguatamente conto della centralità
del ruolo delle Autorità Portuali nella cura degli interessi
pubblici connessi alle attività portuali.
3.1.9 Rilevazioni statistiche più
efficienti
Vista l'importanza che una valutazione della domanda effettiva
ha per la pianificazione e per la politica dei trasporti, nel
segmento terrestre, stradale e ferroviario, ma anche in quello
portuale, è necessario rendere disponibile una griglia
unitaria, aggiornata e articolata di informazioni sui traffici
che consenta di individuare le dimensioni e le tipologie dei flussi.
In tale senso indicazioni precise sono già disponibili
nella direttiva 95/64/CE, di cui si auspica il recepimento a breve.
L'ISTAT dovrebbe essere il collettore di tutte le informazioni,
organizzate su formati standard, per ricavarne elaborazioni utili
per la conoscenza della struttura della domanda e delle sue previste
evoluzioni.
Ove si intendesse attribuire alle Autorità preposte ai
porti il compito di provvedere alla rilevazione dei fenomeni dovrà
essere valutato l'onere che ciò comporterà e conseguentemente
dovranno essere adottate le misure conseguenti.
Un'attenzione particolare dovrà essere dedicata ai traffici
containerizzati per i quali va rilevato che le statistiche mondiali,
espresse in TEU (twenty feet equivalent unit), non indicano il
numero dei container transitati nei porti ma il numero di movimenti
che i container hanno subito. In questo modo si dà luogo
a duplicazioni. La pianificazione di un sistema di trasporti necessita
di statistiche in grado di valutare con un buon grado di approssimazione
la domanda effettivamente soddisfatta, sia in termini di tonnellaggio,
che in termini di valore. Ad oggi, anche i dati forniti dai porti
italiani e da fonti ufficiali come l'ISTAT, non consentono di
conoscere i traffici effettivi.
|
Allegato
Le infrastrutture portuali necessarie allo sviluppo dei porti
retti dalle Autorità Portuali
La legge 84/94 sancisce l'obbligo per le Autorità Portuali
di redigere Piani Operativi Triennali concernenti le strategie
di sviluppo delle attività portuali e gli interventi volti
a garantire il rispetto degli obiettivi prefissati. Nel seguito
si riporta un quadro sintetico delle opere infrastrutturali funzionali
agli obiettivi previsti dai Piano Operativi Triennali (POT) delle
Autorità Portuali.
Porto | Opere infrastrutturali funzionali agli obiettivi previsti nei POT
| Costi stimati (mld)
|
Ancona | · Realizzazione opere a mare, impianto a nastri trasportatori a servizio banchine, infrastrutture nuova darsena
· Ristrutturazione stazione marittima, cabina di trasformazione e impianti di alimentazione gru, Molo della lanterna
· Pavimentazione piazzali, viabilità di collegamento e completamento parcheggio Tir
· Lavori di escavo per manutenzione fondali
· Riqualificazione area accoglienza terminal passeggeri
· Adeguamento banchine a ormeggio navi traghetto ro-ro
| 239,433 |
Bari | · Realizzazione darsena di ponente, parcheggi, viabilità, approdi navi ro-ro
· Ristrutturazione stazione marittima e terminal passeggeri
· Costruzione nuova struttura ricettiva terminal navi crociera e nuova area Marisabella
· Funzionalizzazione banchine e utilizzo molo S. Cataldo
· Lavori di escavo fondali
| 175,300 |
Brindisi | · Lavori alta costa Morena est
· Banchina Sant'Apollinare
· Circuito unico doganale e nuovo terminal gasiero
· Realizzazione di una stazione marittima (Seno del levante), nuovo punto di Ispezione frontaliero
· Approfondimento fondali a costa Morena
· Dragaggio di Seno del levante, bonifica di Seno del ponente
· Ristrutturazione ex magazzino Montecatini
| 219,550 |
Cagliari | · riqualificazione e funzionalizzazione molo Sabaudo
· Lavori escavo per approfondimento fondali
· Sovraccarico molo di levante
· Realizzazione nuovo centro servizi, piattaforma loglstica inter porto, terminal ro-ro, darsena per imbarcazioni di servizio porto Foxi, parcheggio attrezzato per semirimorchi palazzina per uffici
| 429,700 |
Catania | · Prolungamento molo foraneo e ristrutturazione banchina interna, riempimento testata molo di mezzogiorno, adeguamento radice molo Crispi
· Realizzazione darsena per traffico cabotaggio, nuovo varco "asse dei servizi"
· Adeguamento infrastrutture del porto nuovo
· Ristrutturazione ex "vecchia dogana"
· Realizzazione stazione marittima
· Opere di dragaggio
| 242,000 |
Civitavecchia |
· Costruzione banchine attrezzate per nuovo terminai container
· Completamento diga foranea e approfondimento fondali banchina 13
· Magazzini stoccaggio e lavorazione merci containerizzate
· bretella raccordo tra il porto e la superstrada
· Porto di servizio La Mattonara
· Riqualificazione porto storico
· Terminal crocieristico
| 334,800 |
Marina di Carrara | · Realizzazione raccordo ferroviario portuale e amp1iamento piazzale
· Potenziamento illuminazione portuale
· Riqualificazione banchine
· Risagomatura scogliera diga foranea
· Dragaggio bacino portuale
| 29,982 |
Messina | · Lavori di consolidamento del Molo Norimberga
| 28,000 |
Genova | · Opere di ristrutturazione infrastrutture portuali (banchine, dighe, terrapieni, ponti, etc)
· Lavori di escavo
· Acquisto immobili
· Raccordo ferroviario
| 250,102 |
Gioia Tauro | · Infrastrutture portuali (completamento banchine e piazzali)
· Infrastrutture stradali e ferroviarie
· Realizzazione interporto
· Infrastrutture territoriali
· Interventi area industriale e commerciale per nuove infrastrutture e servizi
· Interventi di sostegno alle industrie nell'area di Gioia Tauro
| 60,000 |
La Spezia | · Ampliamento e consolidamento del molo Garibaldi
· Realizzazione del terzo bacino cori costruzione delle banchine di riva e dello sporgente di levante
· Eliminazione di interruzioni territoriali tra i vari terminal portuali
· Realizzazione del terminal passeggeri sulla calata Paita
| 112,132 |
Livorno | · Completamento sponde est e ovest darsena Toscana
· Nuovo molo capitaneria per navi crociera e ricostruzione e allungamento molo Elba per ˜ navi traghetto
· Bonifiche e dragaggi per mantenimento e a approfondimento fondali
· Realizzazione di piazzali, servizi telematici e collegamento con interporto di Guasticce, molo Italia e bacino per riparazioni e centro direzionale
· Tombamento pipelines e canale dei Navicelli
· Mezzi di sollevamento per nuova banchina cantiere navale
Rifacimento rete idrica portuale
| 255,134 |
Napoli | · Per il settore passeggeri e cabotaggio: nuovi terminal, collegamenti e potenziamento terminal crocieristico
· Per le attività industriali: consolidamento banchine, ripristino' bacino 3, infrastrutturazione e ammodernamento banchine destinate alle riparazioni navali
· Per il settore commerciale: completamento fuso binari per manovre ferroviarie, interventi sui moli, completamento e collegamento nuova darsena, riempimento alveo Pollena, collegamento area terminalistica, pianificazione strutture per grandi navi portacontainer
| 582,765 |
Palermo | · Costruzione nuove molo, adeguamento e consolidamento Calata Marinai
· Completamento diga foranea porto commerciale
· Opere civili per movimentazione containers da 200.000 TEUs/anno
· Spostamento bacini dl carenaggio nel porto industriale e riqualificazione molo nord al traffico commerciale
| 198,000 |
Piombino | · Completamento diga foranea e prolungamento banchina interna
· Nuova banchina
· Completamento molo Batteria con banchinamento interno
· Variante II al P.R.P
| 261,000 |
Ravenna | · Allargamento canali
· Opere di difesa sponde e di protezione a mare
· Raccordi e viabilità stradale
· Lavori di escavo
· Nuovo scalo passeggeri e banchine operative a Trattaroli e Piomboni
| 359,500 |
Savona | · Completamento darsena Alti Fondali
· Recupero area ex Italsider
· Realizzazione nuova stazione marittima, varco doganale e piazzale di sosta mezzi pesanti
· Riqualificazione a fini turistici darsena Vecchia
· Allestimento terminal traghetti
· Viabilità stradale e ferroviaria
· Implementazione sistema monitoraggio dell'inquinamento dell'aria
| 259,830 |
Taranto | · Riqualificazione e ammodernamento banchine e piazzali
· Realizzazione impianto distribuzione energia elettrica
· Ristrutturazione darsena dei servizi pubblici
· Prolungamento diga foranea
· Realizzazione raccordo ferroviario
| 181,702 |
Trieste | · Ampliamento del Molo VII al Punto Franco Nuovo e dell'impalcato: realizzazione impianti primari di alimentazione di energia elettrica, di gru, di acqua, impianti telefonici e illuminazione pubblica, costruzione di tre gru portainer e 5 gru trastainer
· Ampliamento riva Traiana del punto franco nuovo: costruzione di impalcato, pavimentazione e posa in opera di strutture e manufatti di arredo a servizio del terminal, allungamento diga foranea
· Allargamento molo V, lato nord del punto franco nuovo: raccordi ferroviari, potenziamento gru
· Realizzazione terminal traghetti del molo IV del punto franco nuovo
| 295,000 |
Venezia | · Lavori di escavo canali
· Ristrutturazione e potenziamento strutture al servizio del traffico commerciale sulle zone di Porto Marghera
· viabilità stradale e ferroviaria
· revisione strutture al servizio passeggeri
· valorizzazione risorse umane e miglioramento ambiente di lavoro
· riorganizzazione accessi stradali e viabilità generale dell'isola portuale
· Recupero aree demaniali e area ex Agrimont, utilizzo area Cipi-Sartori, acquisizione area ex Agip
| 502,200 |
TOTALE | | 5.016,140
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