- INTERPORTI:
LE PREMESSE PER FARE UNA LOGISTICA D'ECCELLENZA
- Mai titolo fu più indovinato per quanto illustrerò
in seguito e che spero sarà condiviso anche dagli ospiti
seduti con noi.
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- Continua in Europa in modo vortico e a volte un po' caotico la
riorganizzazione delle reti di trasporto sulle quali, attraverso
anche un riequilibrio modale, si ambisce a dirottare e concentrare
gran parte dei flussi di traffico merce.
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- Ma, a fronte di una situazione ben poco organizzata rispetto a
come la vorrebbe la Commissione Europea, l'impressione è che,
accanto a una pianificazione infrastrutturale manchi una politica
commerciale in grado di guidare, condizionare e influenzare le
scelte logistiche dei detentori del traffico che poca confidenza
hanno con i tavoli tecnici della Commissione Europea. In Italia, in
particolare, la situazione è ben più complicata,
dovuta alla totale assenza di una cultura logistica del reticolo
produttivo nazionale che se, da un lato, continua a non considerare
la logistica un elemento strategico della propria offerta,
dall'altro non è messo nelle condizioni di poter valutare e
utilizzare servizi logistici efficienti inseriti e operanti in
un'ottica di sistema.
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- L'individualismo è purtroppo ancora un elemento dominante
delle più importanti leve nazionali il cui disallineamento
riduce drasticamente i livelli di competitività del nostro
Paese che ormai da troppo tempo subisce gli andamenti storici
anziché dominarli.
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- L'inversione di tendenza non sarà mai innescata fino a
quando non verrà sostenuta e pianificata, da chi di dovere,
una forte politica di integrazione e complementarietà. Nel
vortice della globalizzazione i confini si riducono per cui urge in
Italia un veloce recupero del ritardo accumulato negli anni che
porti allo sradicamento di abitudini campanilistiche improduttive a
anacronistiche.
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- Le numerose potenzialità di cui gode il nostro Paese, a
cominciare dalla sua posizione geografica, così centrale
rispetto all'Europa, rischiano di essere polverizzate proprio per la
mancanza di un disegno omogeneo di sviluppo, di una politica forte
che riconosca la strategicità delle infrastrutture in un
processo di rilancio complessivo del Paese con un piano di sviluppo
a lungo termine che finalmente allinei l'Italia all'Europa.
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- In questo contesto, la UIR accoglie con interesse il lavoro
messo in campo dal Governo che, nell'elaborare un nuovo Piano della
Logistica, riconosce proprio alla logistica la funzione di incidere
sulla competitività del sistema economico nel suo insieme e
si propone di dare un contributo costruttivo alla predisposizione
delle politiche future che dovrebbero determinare una trasformazione
reale dell'assetto logistico nel nostro Paese.
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- Il cantiere sul nuovo Piano produrrà risultati positivi
se sarà un documento concreto, condiviso dagli attori in
campo, con azioni chiare che consentiranno di recuperare le
inefficienze logistiche del paese a cui Lei signor Sottosegretario
fa spesso riferimento.
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- Serve un piano a cui non si riservi la fine avvenuta ai
precedenti piani del 2001 e del 2006 e al lavoro presentato nel
2008.
- Serve un piano che sia accompagnato dalle risorse per dare corso
alle politiche indicate.
- Serve un piano che assuma pienamente il valore di politica
industriale che esprime;
- e allora per noi UIR si possono individuare almeno cinque campi
di azione per delineare una politica industriale per la logistica:
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- riorganizzazione dell'offerta
- trasformazione della domanda
- concentrazione delle piattaforme in piastre logistiche
- riqualificazione degli insediamenti immobiliari per la logistica
- definizione di un nuovo quadro normativo per il settore.
- Il controllo delle soluzioni logistiche congiuntamente alla
qualità dei prodotti ed alla rete di commercializzazione,
costituisce una delle variabili essenziali per posizionarsi con
successo sui mercati internazionali. Nel coordinamento dei tre
elementi di cui sopra, l'Italia marca, però, un rallentamento
per aver storicamente delegato a terzi l'organizzazione dei processi
logistici (in entrata e in uscita) compromettendo un rapido
riorientamento dei flussi di import-export indispensabile a seguito
della crisi in corso. Per andare in questa direzione occorrerebbe
prendere atto delle forze effettivamente in campo, a partire dal
peso e dalla rilevanza dell'autotrasporto, vera spina dorsale della
nostra attuale organizzazione logistica.
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- Che l'Italia soffra, però, un'eccessiva parcellizzazione
dell'offerta di autotrasporto che inficia l'efficienza di
prestazioni di servizio competitive sia dal punto di vista economico
che qualitativo è, purtroppo, un'evidenza. Bene sarebbe
allora individuare delle barriere in entrata e dei precisi standard
qualitativi che possano contenere il frenetico aumento di singoli
operatori attivando sani processi di selezione e di
razionalizzazione del mercato a beneficio di un'impresa di
autotrasporto sicuramente più solida.
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- Ancora, l'autotrasporto italiano opera, purtroppo, in maniera
del tutto isolata, slegato da qualsiasi logica di cooperazione
intermodale considerata una minaccia e non certo un'opportunità
di offrire servizi di trasporto più efficienti e meno
impattanti. Sfugge ancora l'evidenza che il trasporto stradale è
un elemento del trasporto intermodale e quindi parte di una politica
di sviluppo poliedrica che deve tener conto di un'offerta globale.
Appare, però, difficile che si possano determinare
cambiamenti nell'assetto del mercato senza stimoli ed aiuti
finanziari. Quando si assegnano incentivi per il rinnovo delle
flotte camionistiche, come nel caso del recente decreto cd.
“ferrobonus”, sarebbe auspicabile che tali risorse
fossero finalizzate all'acquisto di mezzi vocazionalmente adatti
alla intermodalità per scoraggiare l'attuale predominanza del
tutto-strada. Difatti, il passaggio dalla mono alla multi-modalità
costituisce un tassello imprescindibile per far evolvere le imprese
di autotrasporto verso la gestione di una catena del valore più
estesa rispetto alla pura offerta di servizi trazionistici.
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- E' pur vero che le successive modifiche al decreto di cui sopra,
sposano maggiormente le urgenze che la UIR da tempo pone alla
ribalta, così come le stesse aprono alla prospettiva che ad
accedere ai contributi siano anche gli Interporti, in qualità
di utenti di servizi di trasporto ferroviario. Gli stanziamenti
finanziari previsti dal decreto fanno purtroppo i conti con risorse
monetarie governative molto contenute, ma certo è per noi
l'inizio di un approccio positivo che sostiene i margini operativi
degli Interporti.
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- I 27 milioni di euro sono certamente il segnale della volontà
di tracciare un percorso che muova verso una direzione positiva ma
non possiamo non sottolineare con preoccupazione che la legge di
stabilità non strutturi un seguito per il 2011.
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- A fare da corollario sarebbe un'azione strutturata e
inequivocabile, sgombra da compromessi, che garantisca una vera
liberalizzazione del mercato ferroviario, tanto più
indispensabile dal momento che l'ex monopolista non è in
grado di operare a condizioni competitive.
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- Se è assolutamente prioritario riorganizzare l'offerta di
servizi logistici, lo è altrettanto la trasformazione della
domanda di servizi logistici da parte del sistema industriale che
dovrebbe finalmente riappropriarsi della gestione del ciclo
logistico e non più delegarlo ad acquirenti e venditori
esteri con le clausole franco fabbrica per l'export e franco destino
per l'import. Anche in questo caso, sarà indispensabile
identificare concreti strumenti che siano in grado di indurre
comportamenti che vadano nella direzione di una modernizzazione dei
processi logistici.
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- La necessità di armonizzare e di orientarsi con azioni
concrete verso l'intermodalità dei trasporti è un
obiettivo primario da perseguire, pena l'emergere di scelte
alternative di localizzazione e di utilizzo di altre aree europee
dotate di maggiori infrastrutture e di servizi più
efficienti, più rapidi, meno costosi e meno impattanti. Un
allineamento strategico di tutti i principali attori coinvolti nel
processo logistico e con esso il rafforzamento della maglia primaria
delle piattaforme intermodali, terrestri e marittime in un contesto
di effettiva integrazione delle sette piattaforme territoriali
individuate nell'allegato al DPEF 2009-2013, potrebbe valorizzare
logiche di sinergia e disincentivare politiche di competizione
territoriale.
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- L'identificazione di un network intermodale condiviso e
l'allineamento degli indirizzi nazionali con leve decisionali che
oggi sono essenzialmente nelle mani degli enti territoriali,
dovrebbero fare da deterrente al processo di proliferazione di
insediamenti logistici al di fuori di politiche intermodali e di
sistema.
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- Cambiamenti così radicali del sistema logistico nazionale
necessitano di essere inseriti in un nuovo quadro normativo, che per
ciò che interessa maggiormente UIR, si riferisca in
particolare agli Interporti.
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- La legge 240/90, che ha avuto il grande merito di attivare il
percorso fondativo dell'esperienza interportuale in Italia, richiede
ora di essere aggiornata per tener conto delle trasformazioni
intervenute e della necessità di dare nuovo slancio alla
operatività degli interporti nazionali in un quadro europeo.
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- A tale riguardo, una legge di riordino degli interporti e delle
piattaforme logistiche, comunque già assegnata alla
responsabilità del governo dalla legge 57 del 15 marzo 2001,
dovrebbe affrontare almeno le seguenti questioni:
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- definire i concetti di piattaforma logistica territoriale e di
interporto, anche nella logica del disegno europeo di politica dei
trasporti, inserendo la rete dei terminali strategici nazionali nel
network comunitario dei collegamenti e dei corridoi:
- per piattaforma logistica territoriale si intende il compendio
delle infrastrutture e dei servizi, presenti su un territorio
interregionale, destinato a svolgere funzioni connettive di valore
strategico per l'intero territorio nazionale nel suo insieme,
prioritariamente nei suoi rapporti con la rete transnazionale dei
trasporti, per favorire l'interconnessione più efficace al
fine di migliorare la competitività del Paese;
- per interporto si intende un complesso organico di
infrastrutture e servizi integrati, gestito da un soggetto
imprenditoriale che opera al fine di favorire lo scambio di merci
tra le diverse modalità di trasporto, con l'obiettivo di
accrescere l'intermodalità. Un interporto deve comprendere
almeno un terminal ferroviario idoneo a formare o ricevere treni
completi, operando un numero non inferiore a 10 coppie di treni
settimanali, e deve essere collegato con porti, viabilità di
grande comunicazione ed aeroporti;
- riordinare le competenze in materia di pianificazione per le
piattaforme logistiche territoriali tra i tre livelli (comunitario,
nazionale e regionale) e di conseguenza per gli interporti,
assegnando allo Stato sia il compito di definire i “terminali
strategici” funzionali ai corridoi europei di trasporto merci,
sia il compito di definire i requisiti delle piattaforme logistiche
integrate su base sovra regionale con l'obiettivo di favorire la
sostenibilità economica del trasporto intermodale attraverso
la concentrazione e la specializzazione dei traffici;
- lasciare invece alle Regioni il compito di autorizzare la
costruzione e la gestione di un interporto, coerentemente con il
quadro nazionale e comunitario che emerge dalla definizione dei
terminali strategici comunitari e dai criteri fissati per l'ottimale
organizzazione delle piattaforme logistiche integrate;
- assegnare al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il
riconoscimento delle piattaforme logistiche esistenti e la
localizzazione di nuove eventuali piattaforme, mediante lo strumento
del programma nazionale per lo sviluppo dell'intermodalità,
che deve essere contenuto all'interno del piano generale dei
trasporti e della logistica. Il programma nazionale per lo sviluppo
della intermodalità viene sottoposto al parere, obbligatorio
e non vincolante, della Conferenza Stato-Regioni, e dovrà
definire il nuovo assetto logistico del sistema paese e pertanto in
modo preciso: i “terminali strategici” (grandi hub) di
attrazione e di accesso per il combinato terrestre nazionale e
internazionale, i terminali ferroviari di concentrazione dei
traffici anche per il combinato marittimo. Determinante sarà
il collegamento tra le strutture portuali e gli interporti,
finalizzato allo sviluppo dei terminal intermodali privilegiando il
migliore sfruttamento degli impianti esistenti, piuttosto che la
costruzione di nuovi, favorendone comunque la integrazione
dell'attività nel caso di compresenza di diversi impianti
gestiti da soggetti diversi nei territori di riferimento delle
singole piattaforme logistico-territoriali;
- fissare i requisiti delle piattaforme logistiche territoriali
per quanto riguarda gli interporti: all'interno di ciascuna
piattaforma logistica debbono essere individuati dalle Regioni un
numero definito di interporti operativi, secondo le indicazioni
contenute negli strumenti di programmazione nazionale e comunitaria,
prevedendo la costruzione di un nuovo interporto solo se chiaramente
funzionale a ricevere ed a formare almeno 10 coppie di treni
settimanali e in presenza di una rete ferroviaria adeguata a tale
esigenza e certificata dal relativo gestore;
- istituire, tra le Regioni interessate da una piattaforma
logistica territoriale, un organismo di coordinamento strategico,
formato dagli assessori ai trasporti ed alla mobilità delle
Regioni stesse; a tale organismo viene assegnato il ruolo di
cerniera tra gli indirizzi nazionali della politica dei trasporti ed
i piani regionali delle singole istituzioni territoriali, per fare
in modo che la somma degli interporti definiti dalle differenti
pianificazioni regionali non sia superiore ai vincoli stabiliti
dalla legge;
- limitare l'ambito del finanziamento; contributi finanziari
pubblici destinati al potenziamento infrastrutturale possono essere
assegnati solo agli interporti definiti dalla legge e compresi
all'interno della pianificazione nazionale e regionale; in tal modo
da un lato si concentra l'assegnazione delle risorse alle sole
piattaforme veramente strategiche per lo sviluppo complessivo del
Paese, dall'altro si evita che nascano nuove infrastrutture
logistiche, infrastrutture che generano dispersione anziché
concentrazione dei flussi di traffico, condizione indispensabile per
assicurare qualità ed economicità al processo di
erogazione del servizio di trasporto ed allo scambio tra le diverse
modalità ( nella fase iniziale potrebbero essere trasferite
ad un apposito fondo tutte le risorse ex legge 240/90 non
convenzionate alla data del 31 dicembre 2009 e non utilizzate ad una
data da definire e può essere ipotizzato il rifinanziamento
del decreto sui “colli di bottiglia”); prevedere
comunque l'erogazione dei contributi a favore del traffico
intermodale, soprattutto nella fase di start-up di nuovi
collegamenti e nella ipotesi di integrazione tra porti/interporti.
- specificare e ribadire la natura giuridica privatistica di un
interporto, le cui attività rientrano nelle attività
di prestazioni di servizi aventi natura commerciale, per assicurare
quel necessario modello gestionale flessibile ed orientato alla
efficienza/efficacia delle azioni, indispensabile per offrire una
risposta tempestiva e di qualità alla domanda da parte degli
operatori del trasporto che si insediano in questa infrastruttura;
- favorire l'insediamento negli interporti di centri per lo
stoccaggio di rifiuti e di materie prime seconde, in modo tale da
favorire, per questa tipologia di merci, il ricorso a soluzioni di
trasporto intermodale, minimizzando le rotture di carico e la
dispersione logistica;
- incentivare, mediante strumenti di agevolazione fiscale, la
localizzazione, all'interno degli interporti, di insediamenti
manifatturieri ad alto contenuto logistico, per favorire l'accesso a
soluzioni di trasporto immediatamente disponibili in loco.
- L'aggiornamento del quadro normativo potrebbe così
rappresentare un'ottima base affinché gli interporti possano
configurarsi come:
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- pivot del sistema portuale;
- promotori di servizi integrati;
- promotori di utili meccanismi di concorrenza in quanto
interlocutori di operatori ferroviari differenti dall'attuale
quasi-monopolista nazionale.
- Per la loro stessa natura, gli interporti possono davvero
svolgere un ruolo determinante in un disegno complessivo di rilancio
del sistema logistico nazionale, potendosi proporre al mercato come
soggetti polifunzionali in quanto propulsori del trasporto
intermodale delle merci, poli di sviluppo economico, aree di
innovazione a sostegno della sostenibilità ambientale.
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- La stagione degli interporti come soggetti esclusivamente
immobiliari l'abbiamo definitivamente buttata alle nostre spalle; la
fotografia aggiornata ci consegna una situazione composta da
Interporti che agiscono in prima linea sul mercato dei servizi
logistici, ferroviari ed intermodali. Le Società degli
Interporti di Nola e Marcianise hanno sviluppato imprese
ferroviarie, quella dell'Interporto di Padova opera sul mercato come
vero e proprio MTO dopo aver consolidato una positiva esperienza
nella gestione di servizi legati al trasporto urbano delle merci;
abbiamo il caso dell'Interporto di Rivalta Scrivia che, da sempre
gestore di servizi logistici, è oggi protagonista nel
riposizionamento della logistica del Nord Ovest. Penso, ancora, ai
servizi ferroviari attivati dall'Interporto di Trento per il
trasporto verso il centro-sud di materiale littoide o alle
iniziative degli Interporti di Jesi, questo impegnato anche con
l'apertura di servizi doganali da e per i Paesi della federazione
russa, e Portogruaro per intercettare il trasporto di barbabietole.
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- L'elenco di tutte le nostre buone prassi che certo meritano
grande attenzione potrebbe essere ben più lungo smentendo con
fatti concreti chi ci vorrebbe sempre e solo amministratori di
condominio.
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- E' questa la nostra risposta alla sfida che in modo provocatorio
Mauro Moretti lancia ogni volta in merito al numero degli
interporti. Lunedì scorso l'Amministratore Delegato delle
ferrovie ha detto “di interporti ne bastano 10”.
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- Riprendendo alcuni dei concetti esposti in merito all'urgenza di
un nuovo quadro normativo, ribadisco che il compito di pianificare
deve rimanere in capo alle Istituzioni e agli organi politici
congiuntamente agli attori interessati, poi e' bene che la
discussione si affronti avendo chiara la fotografia dell'esistente
ma quella a venire sulla base di un disegno strategico unitario per
il paese nel quale alcuni interporti svolgono già un ruolo di
portata internazionale che sarà vincente solo se creando
relazione dirette con le altre strutture del paese.
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- Un lavoro impegnativo di riposizionamento delle rete
interpotuale è stato intrapreso negli anni recenti
dall'Unione Interporti Riuniti che nel suo intento è riuscita
a rivendicare e consolidare la funzione di queste infrastrutture che
ancora tanto possono dare al sistema Paese soprattutto se si pensa
che, da una recente ricerca effettuata dal CENSIS, risulta che ci
sia un mercato aggredibile di trasporto ferroviario/intermodale di
ben 151 milioni di tonnellate quale quota di quei flussi di traffico
attualmente movimentati su gomma destinati a mercati internazionali
o a regioni non adiacenti a quelle di origine.
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- La quota più significativa del traffico potenzialmente
intermodale è generata dalle 4 principali regioni del Nord:
Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna da cui parte il 45%
del traffico extra-regionale diretto all'estero o a regioni non
adiacenti, per un totale di 68 milioni di tonnellate; tale
percentuale arriva al 60% considerando anche Friuli Venezia Giulia,
Liguria e Trentino Alto Adige e all'80% con Toscana, Puglia e
Campania.
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- Anziché continuare a sottolineare le inefficienze e le
carenze infrastrutturali e strutturali del Paese mi piacerebbe
adesso introdurre spunti interessanti di discussione che aprano
panorami nuovi e ottimistici e che siano soprattutto elementi di
confronti costruttivi e propositivi.
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- Il nuovo approccio alla logistica nazionale deve porre la
massima attenzione ai territori dell'intermodalità, concetto
innovativo elaborato dal CENSIS e sposato dalla UIR, la cui
identificazione poggia su un'analisi incrociata di fattori
geografici, economico/produttivi e dotazioni infrastrutturali e
verso i quali sarebbe opportuno indirizzare in via prioritaria
politiche di sostegno in termini finanziari, di razionalizzazione e
di pianificazione.
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- Sulla base dei criteri selettivi sopra menzionati si deduce che
i territori dell'intermodalità sono fondamentalmente
posizionati nel nord Italia con circoscrizioni di modesta entità
in Campania e in Puglia. Tale quadro porta a considerare la
possibilità di utilizzare gli interporti del nord Italia come
piattaforme di “transshipment” dove concentrare le merci
provenienti dal resto della penisola da rilanciare in Europa o in
destinazioni ancor più lontane. Stesso dicasi per le rotte
contrarie.
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- Se così fosse diventerebbe ancor più
indispensabile rafforzare i livelli di integrazione della rete
interportuale attraverso l'implementazione e la messa a punto di
servizi logistici complessi e integrati. Strategia che non inficia
certo i livelli di produttività dei singoli, ma al contrario
permette di incrementarne i livelli di attrattività/competitività
nei confronti di un mercato al quale si è in grado di
proporre un'offerta completa.
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- In questo contesto un ruolo importante potrebbe giocarlo la
piattaforma UIRNET pensata per migliorare l'efficienza e la
sicurezza dell'intero sistema logistico nazionale che su base
tecnologica propone agli operatori servizi di infomobilità,
servizi di interoperabilità, servizi specifici per la
gestione del trasporto delle merci pericolose.
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- I colleghi presenti mi daranno ragione nell'affermare che in un
processo di riorganizzazione logistica che si incastri con i nuovi
scenari economico/produttivi, l'approccio di corridoio è
sicuramente quello vincente.
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- Le complicate operazioni di integrazione orizzontale e verticale
delle attività e dei processi logistici, con contratti più
lunghi e a costi minori, hanno ridotto il numero dei player da un
lato e imposto ancor di più il problema della congestione,
tipico soprattutto dei nostri scali marittimi, e contestualmente
l'opportunità di doverlo gestire in modo efficace per evitare
di compromettere il rendimento di intere catene di
approvvigionamento.
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- Ciò rende ancora più essenziale aumentare il
livello di coordinamento e di sincronizzazione di tutti i processi e
fra tutti gli attori coinvolti, considerando che piccole deviazioni
dai processi previsti hanno grandi conseguenze sulle prestazioni
dell'intero sistema compromettendo l'affidabilità di chi
gestisce l'offerta dei servizi logistici.
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- La circolazione di navi porta container sempre più grandi
dovuti a fenomeni di concentrazione della merce attribuisce sempre
più ai porti il ruolo di porte di ingresso ampliando il loro
raggio d'azione e attivando un inevitabile processo di penetrazione
verso l'entroterra dove infrastrutture come gli interporti possono
giocare un ruolo decisivo nell'accogliere i flussi merce e
nell'ottimizzarne la gestione per rilanciarli verso altri mercati.
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- L'interazione porto-interporto si configura come l'elemento base
di un corridoio di trasporto intermodale che, se in grado di
consentire un equilibrio ottimale tra costi e benefici e una
riduzione dei tempi di gestione del carico, potrebbe rappresentare
una discriminante nelle scelte logistiche dei cargo owner,
aumentando sani livelli di competitività fra porti e fra
corridoi; competitività che non può più
dipendere solo dalle debolezze o dalle carenze interne delle singole
infrastrutture, ma dalla capacità delle stesse di integrarsi
in un sistema logistico più articolato sfruttandone le
capacità e le potenzialità.
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- Da quanto detto si desume che siano numerosi gli ambiti con
importanti margini di implementazione e di innovazione in grado di
impattare l'intero sistema Paese e che mi piacerebbe qui sotto
elencare, sottolineando che alcuni sono riassuntivi di concetti
sopra evidenziati, per rilanciali ai colleghi, le cui opinioni
emergeranno nella tavola rotonda che seguirà:
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- Miglioramento dei collegamenti ferroviari in alcuni porti
strategici;
- Potenziare le capacità lungo i valichi alpini e
principali direttrici di traffico;
- Favorire la pianificazione della logistica intermodale su scala
sovra regionale;
- Arrivare ad un'effettiva indipendenza del gestore delle rete da
imprese ferroviarie;
- Ragionare su una logica dell'oggi, per far funzionare meglio ciò
che già esiste;
- Mettere a sistema le buone prassi a sostegno dell'intermodalità.
- Ai parlamentari che hanno accolto l'invito chiediamo di
esprimersi su queste proposte e se condivise di promuovere nelle
aule parlamentari i progetti di legge conseguenti. E' da tempo che
siamo impegnati su questo fronte e le nostre proposte sono state
consegnate al Sottosegretario Giachino e alla consulta per la
logistica con l'auspicio che le nostre istanze, nell'interesse del
paese trovino spazio, voce e azione nel nuovo piano della logistica.
-
- Concludo rinnovando al Sottosegretario Giachino la richiesta
della UIR di essere rappresentata nella Consulta del trasporto e
della logistica soprattutto in questa fase di progettazione e di
rilancio del sistema della mobilità nell'ambito della quale
si spera siano valorizzate tutte le potenzialità della rete
interportuale.
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- Alessandro Ricci
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UNIONE INTERPORTI RIUNITI
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