In una lunga lettera inviata dal presidente del Comitato nazionale di coordinamento degli utenti e degli operatori portuali, Ferrero Cafaro, al presidente dell'Antitrust, Giuliano Amato, e alla D.G. IV (Concorrenza) e D.G.VII (Trasporti) della Commissione Europea, Cafaro contesta quanto affermato dal ministro dei Trasporti e della Navigazione, Claudio Burlando, in una lettera inviata al presidente dell'Antitrust e al commissario UE ai Trasporti, Neil Kinnock. Lo stesso concetto è stato riaffermato in un comunicato del ministero dei Trasporti e della Navigazione, riportato da "inforMARE" l'8 febbraio scorso. Poiché Burlando afferma che le accuse di sostanziale conferma del regime di esclusiva dell'erogazione del lavoro alle ex compagnie portuali sono infondate, Cafaro invece ribadisce la posizione del Comitato dell'utenza.
"Per quanto riguarda il primo modello organizzativo previsto dal novellato art. 17 , costituito dal Consorzio Volontario tra le imprese operanti in porto - afferma Cafaro - Burlando sostiene nella sua lettera che all'interno di detto Consorzio l'Autorità portuale o, dove non istituita, l'Autorità marittima, possano autorizzare una o più imprese alla fornitura di mere prestazioni di lavoro a favore delle altre imprese consorziate. Il ministro dimentica però di aggiungere che alla lettera a) dell'art. 17 si legge che le predette Autorità, nel rilascio della citata autorizzazione, debbono tenere conto dell'esistenza di personale eccedente, derivante dal processo di razionalizzazione e trasformazione produttiva indotto dalla legge di riforma portuale.
"Da tale disposizione - scrive Cafaro - appare inequivoco il riferimento fatto alle imprese ex Compagnie portuali, le sole che ancora oggi denunciano personale in eccedenza conseguente all'applicazione della riforma portuale, alle quali pertanto dovrà essere rilasciata prioritariamente e per quanto si dirà, anche esclusivamente, la citata autorizzazione.
"Ne deriva quindi che il modello organizzativo costituito dal Consorzio volontario, così come disciplinato dalla legge, non costituisce affatto una soluzione per il superamento del regime di esclusiva legale riconosciuto a favore delle ex Compagnie portuali ma anzi ne rappresenta una conferma, sia pure mascherata, attraverso espedienti lessicali.
"Inoltre il fatto che l'autorizzazione risulti strettamente collegata alla presenza di personale in eccedenza nell'impresa destinataria della stessa farebbe presumere che l'autorizzazione alle imprese ex Compagnie portuali abbia natura transitoria e cioè fino all'esaurimento delle eccedenze. La legge invece non imponendo alle imprese ex Compagnie portuali alcun divieto di assunzione, rende permanente l'autorizzazione loro riconosciuta e come tale quindi preclusiva per il rilascio di ulteriori autorizzazioni alle altre imprese consorziate. In tal modo si garantisce alle imprese ex Compagnie portuali non solo una priorità nella fornitura delle mere prestazioni di lavoro nell'àambito del Consorzio, ma anche un regime di esclusiva.
"Per quanto riguarda il secondo modello organizzativo costituito dall'Agenzia per l'erogazione di mere prestazioni di manodopera, previsto dall'art. 17, lettera b) - afferma Cafaro - è doveroso sottolineare preliminarmente che tale modello può essere realizzato solo in presenza di determinate condizioni che qui di seguito si riportano e si commentano.
- L'Agenzia può essere istituita solo se il Consorzio volontario, di cui all'art. 17 lettera a), non sia stato costituito, ovvero anche se costituito, allo stesso non partecipi la maggioranza delle imprese portuali. A commento di ciò si può dire che, nel caso in cui al Consorzio volontario aderissero solo la metà più una delle imprese portuali, le altre imprese non aderenti al Consorzio non potrebbero richiedere la costituzione dell'Agenzia e quindi avvalersi della stessa per la fornitura di mere prestazioni di lavoro e ciò le porrebbe di fronte alla scelta se restare fuori dal Consorzio sovradimensionando il proprio organico (sobbarcandosi oneri economici aggiuntivi tali da pregiudicarne la competitività), oppure aderire necessariamente al Consorzio stesso, il quale, sotto questo profilo solo formalmente sarebbe 'volontario' ma, nella sostanza, diventerebbe obbligatorio per la sopravvivenza delle imprese operanti in àmbito portuale.
- L'Agenzia inoltre può essere istituita e può quindi funzionare solo dopo l'emanazione di un decreto interministeriale che, peraltro, dovrà ottenere il parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti prima della sua definitiva approvazione. Tale complessa procedura di controllo parlamentare, preventiva all'emanazione del decreto interministeriale, per quanto si è saputo pare sia stata richiesta dalle Commissioni parlamentari competenti in materia di lavoro, che hanno ritenuto necessario, in assenza di una legge nazionale che regoli specificatamente la materia del lavoro interinale, sottoporre ad un loro preventivo parere la disciplina del lavoro interinale svolto dall'Agenzia. Non si comprende però il motivo che ha indotto il legislatore a ritenere indispensabile una preventiva valutazione parlamentare della disciplina del lavoro interinale svolto dall'Agenzia e non di quello reso dall'impresa autorizzata nell'àmbito del Consorzio volontario previsto all'art. 17 lettera a). Questa palese discriminazione - afferma Ferrero Cafaro - induce il Comitato a ritenere che si sia voluta privilegiare nei porti nazionali l'istituzione di Consorzi volontari, in quanto tale soluzione avrebbe il pregio di garantire il sostanziale mantenimento del regime di esclusiva a favore della ex Compagnia portuale nello specifico settore delle mere prestazioni di lavoro. Di queste condizioni il ministro nella sua lettera non fa alcun cenno in quanto, nella stessa, si fa apparioe l'Agenzia del lavoro portuale come una facile e possibile soluzione alternativa al Consorzio volontario mentre, nella realtà e per le ragioni sopra elencate, ciò non risponde al vero. E' peraltro doveroso sottolineare che il ministro nella sua lettera dimentica di dire che il preventivo controllo parlamentare dello schema del decreto interministeriale, propedeutico al funzionamento dell'Agenzia, non era previsto nel testo originario dell'emendamento governativo né era stato in alcun modo concordato tra le parti sociali, ma è stato invece inopinatamente introdotto con un subemendamento presentato da un gruppo di parlamentari del PDS, accolto, peraltro, dal rappresentante del governo presente in Commissione"
"Per quanto concerne la normativa contenuta al terzo comma del nuovo art. 17 il ministro nella sua lettera formula una serie di considerazioni per nulla condivise dal Comitato, sulle quali, per esigenza di chiarezza, lo stesso ritiene opportuno effettuare un esame e un commento dettagliati.
"In primo luogo- afferma Cafaro nella lettera - il ministro afferma che nella stesura originaria dell'emendamento governativo, peraltro sottoscritto dalle parti sociali, il contenuto del terzo comma dell'art. 17 iniziava con la seguente frase: 'Gli appalti di servizi, compresi quelli ad alto contenuto di manodopera, forniti dalle imprese autorizzate....'.In realtà il testo originario invece si riferiva esclusivamente agli appalti di servizi ad alto contenuto di manodopera e non agli appalti di servizi in generale, in quanto si voleva limitare l'àmbito di applicazione della norma. L'aver esteso invece la norma a tutti gli appalti di servizi ha fatto sì che, mentre negli altri settori operativi questi possono legittimamente essere svolti da qualsiasi impresa appaltatrice, nello specifico settore per le operazioni portuali questi possono essere effettuati solo dall'impresa ex Compagnia portuale".
Il presidente del Comitato dell'utenza portuale spiega poi le ragioni per le quali il Comitato non condivide altre valutazioni espresse dal ministro nella sua lettera e termina affermando che "se il governo, anziché accogliere come ha fatto l'emendamento parlamentare, avesse invece proposto di mantenere il testo originario del 3° comma dell'art. 17, prevedendo inoltre la facoltà del ministro di definire i servizi ad alto contenuto di manodopera che potevano essere svolti dalle imprese autorizzate, da un lato avrebbe fugato le preoccupazioni manifestate dai parlamentari, dall'altro avrebbe evitato di costituire un regime di monopolio nel settore dell'appalto dei servizi a favore delle imprese ex Compagnie portuali, tenendo altresì in debito conto l'Accordo del 3.12.1996 raggiunto dalle parti sociali in sede ministeriale. Il Comitato purtroppo non può che attenersi al testo legislativo che, chiaramente, riconosce alle ex Compagnie portuali un regime di monopolio e non ritiene quindi percorribile la scorciatoia dell'atto amministrativo, che nascerebbe viziato in quanto palesemente in contrasto con quanto disposto dal 3° comma dell'art. 17. Per quanto sopra - conclude il presidente del Comitato dell'utenza portuale - il Comitato ritiene quindi indispensabile sottoporre al più presto ad una revisione legislativa il contenuto dell'art. 17 in modo da garantire il pieno rispetto dei principi della concorrenza nel settore del lavoro portuale, abbandonando ogni forma diretta o indiretta di monopolio a favore delle imprese ex Compagnie portuali". |
|