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Il mondo della containerizzazione portuale va verso i "mega hub"
Entro i prossimi quindici anni vi potranno essere cinque di questi giganteschi container terminal, in grado di ricevere navi da 15.000 teu
6 aprile 1998
I porti cambiano le proprie infrastrutture in base alla richiesta del mercato, e lo fanno sempre più velocemente. "La dinamica delle attrezzature portuali è e continuerà ad essere fondamentalmente dipendente dalla crescita del tipo e della portata delle navi e vi sarà sempre una forte pressione sui porti e sui terminali per cercare di ridurre il tempo di sosta delle navi". Queste parole furono pronunciate venticinque anni fa durante una conferenza a Londra, ma sono ancora attuali.
Nell'ultimo quarto di secolo sono stati tenuti seminari e conferenze su questo argomento ed ora si ha a disposizione molto materiale statistico. Sono stati predetti diversi scenari del traffico marittimo del futuro, basati appunto sulla previsione della portata delle navi, della produttività dei mezzi di banchina e dei tempi di sosta nei porti. Alla conferenza Cargo Systems, che si è svolta all'inizio della scorsa estate a Londra, l'esperto Gustaaf de Monie ha avanzato ad esempio l'ipotesi della prossima concentrazione dei traffici in quattro o cinque porti "mega hub" in tutto il mondo, scali capaci di ricevere navi da 15.000 teu, mentre una serie di porti minori sarebbero impegnati a distribuire i carichi nelle varie nazioni. I porti "mega hub" potrebbero essere localizzati nel sud-est asiatico, nel Mediterraneo occidentale, nei Caraibi e nella costa occidentale del Centro America, e dovrebbero essere dotati di due banchine per navi da 15.000 teu e di sei banchine per grandi navi feeder.
Questi porti potrebbero essere concepiti e realizzati in maniera diversa, tuttavia questa ipotesi non lascia dubbi sul grande impatto che l'aumento della portata delle navi avrà sulle operazioni ai terminal.
Ad avvalorare questa ipotesi ci sono le recenti introduzioni di meganavi sulle rotte internazionali, come - ad esempio quella della "Sovereign Maersk" che ha, secondo varie fonti, una portata compresa tra 7.500 e 8.700 teu..
Se l'ipotesi di de Monie deve ancora realizzarsi, sono invece già realtà i cosiddetti "gateway hub". Nel Nord Europa, in Germania, Olanda e Belgio, alcuni porti hanno assunto il ruolo di "gateway" per 350 milioni di consumatori. L'handling dei carichi in questi porti è cambiato notevolmente, è cresciuto il livello di automazione, sono stati potenziati i collegamenti con il retroterra e anche l'aspetto economico è variato, con un sostanzioso aumento nell'impiego di capitali.
Uno degli elementi più importanti per la crescita delle attività portuali rimane lo spazio, che non sempre è disponibile e la cui utilizzazione richiede enormi investimenti.
Il porto di Amburgo, ad esempio, ha vinto recentemente una battaglia durata venticinque anni per la costruzione di un nuovo terminal nella parte sudoccidentale dello scalo. Sono strutture che contribuiranno ad una migliore distribuzione dei traffici in un porto che l'anno scorso ha superato la soglia dei tre milioni di teu. Ma sono anche infrastrutture la cui realizzazione è stata fortemente criticata e ostacolata dalla popolazione residente e dagli ambientalisti. Ad Amburgo il maggiore operatore del porto, la HHLA, sta sviluppando le proprie installazioni a Burchardkai e, con l'introduzione di nuove portainer, disporrà di una capacità di smistamento di 2,2 milioni di container l'anno. Il terminal Eurokai ha invece concluso il suo piano di incremento della produzione, che prevedeva la realizzazione di tre nuove banchine, e ha inoltre speso 150 milioni di marchi in attrezzature. Sulla strada di un ulteriore sviluppo dei traffici del porto tedesco c'è però l'ostacolo dei fondali: non è stato ancora deciso l'avvio dei lavori di dragaggio e potrebbero sorgere problemi per l'ingresso di navi di grande portata.
Anche in Olanda la fame di spazio non ha limite. Oltre quindici anni fa il Maasvlakte venne prosciugato per fare di Rotterdam uno dei più grandi porti europei nel settore dei container, del petrolio e dei prodotti petrolchimici. Ma lo scalo ha ora bisogno di altre aree e nel 1999 verrà presa una decisione riguardo alla realizzazione del progetto Maasvlakte II, che prevede l'estensione dell'area portuale di 2.750 ettari, di cui 2.000 destinati ad impiego industriale. Nel frattempo il terminalista Europe Combined Terminals (ECT) ha già iniziato i lavori sulla sezione Delta Dedicated West, che termineranno nel gennaio 1999. Questo terminal ha fondali di 16 metri e può quindi ospitare le portacontainer della nuova generazione. Le portainer possono inoltre lavorare su file di container larghe 18 pezzi e il progetto di ECT è di portare questo impianto al livello del terminal gemello, il Delta Dedicated East, che è in grado di smaltire 100 container l'ora.
Ad Anversa il porto ha concluso il suo ampliamento con l'apertura sulla riva destra della Schelda del North Sea Terminal. L'operazione è costata 50 milioni di sterline in strutture ed equipaggiamenti, comprese quattro portainer Nelcon post-panamax con capacità di lavoro bordo-terra fino a 52 metri, 18 gru a cavaliere e una vera e propria flotta di forklift, impilatori ed altre attrezzature. Ora sono iniziati i lavori di costruzione di una struttura per container nei pressi del villaggio di Doel: sarà completata nel 2010 ed avrà una capacità di 2,5 milioni di teu l'anno. La prima banchina verrà probabilmente inaugurata già alla fine del prossimo anno.
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