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I traffici marittimi mondiali governati da pochi e grandi armatori
Il 1997 è stato l'anno delle acquisizioni, delle fusioni e del rimpasto delle alleanze
8 aprile 1998
Nel corso di un convegno tenutosi alcuni anni fa a New York, Gianni Agnelli - che ha guidato per oltre trent'anni il gruppo automobilistico italiano Fiat - disse che all'inizio del prossimo millennio le case automobilistiche mondiali si sarebbero potute contare con le dita di una mano. Era la previsione di una tendenza incontrovertibile alle concentrazioni, alle fusioni, all'acquisto, che ha indubbiamente interessato l'industria internazionale dell'auto. Non sappiamo se tra qualche anno saranno sufficienti cinque dita per numerare quelle industrie, ma che sia in atto la formazione di pochi, grandissimi gruppi mondiali è sotto gli occhi di tutti. Anche di quelli che - una decina d'anni fa - definivano queste ipotesi degne del 1984 di George Orwell.
E' un fenomeno che sta interessando tutti i settori dell'economia, della produzione e dei servizi, e non solo quello dell'auto. Anche il mondo dello shipping è stato contagiato da questa febbre: nel 1997 sono stati avviati grandi processi di concentrazione delle flotte e sono comparsi anche i primi, evidenti sintomi di instabilità delle alleanze tra le compagnie di navigazione. La tendenza alla concentrazione dei traffici e delle navi sembrava potesse favorire i grandi gruppi armatoriali, con in testa Grand e Global Alliance, ma il rimpasto che ha coinvolto questi accordi e il rafforzamento progressivo di alcune compagnie fa presupporre un ulteriore indebolimento delle alleanze a favore di singoli grandi vettori.
La corsa alle concentrazioni marittime è recente, ma già ricca di vittime illustri. Il 1997 è iniziato con la fusione ufficiale di P&O Container e di Nedlloyd poi, in febbraio, la Hanjin ha portato a termine l'operazione per il controllo della DSR Senator. In maggio la CP Ships ha definito l'acquisto della Cast, poi della Lykes e a inizio novembre della Contship, mentre alcuni giorni fa ha comprato anche l'Ivaran Line. In settembre la Hapag Lloyd è passata sotto il controllo della Preussag e due mesi dopo è stato completato il passaggio dell'American President Line (APL) alla Neptune Orient Line (NOL).
La navigazione dei cosiddetti 'esperti di shipping' nelle acque agitate del mercato marittimo è resa ancor più incerta dall'inconsistenza delle grandi alleanze armatoriali, gruppi che cambiano partner, servizi e strategie con preoccupante frequenza. Sono alleanze che sinora hanno gradualmente sostituito le conference e hanno occupato i traffici mondiali orizzontali. Maersk e Sea-Land superano insieme la portata di 475.000 teu, la Grand Alliance si avvicina ai 450.000 teu e la New World Alliance, che praticamente rimpiazza la Global Alliance, supera i 400.000 teu. United Alliance è invece il nome ufficiale - annunciato negli ultimi giorni - di un'altra alleanza, peraltro già attiva sul piano operativo, che comprende Hanjin, Cho Yang, Senator e UASC e dispone di una flotta di oltre 300.000 teu. Ci sono poi i megacarrier come l'Evergreen e la COSCO che, da soli, superano i 200.000 teu.
E' materia per i soliti 'esperti di shipping' prevedere se questo gioco di alleanze sarà sufficiente a frenare il crescente rafforzamento di poche, singole compagnie. Società armatrici ai vertici della seguente graduatoria mondiale, che abbiamo elaborato sulla portata in teu al 31 dicembre scorso (in base alle ordinazioni in corso, la P&O Nedlloyd Container Line e la Hanjin supereranno altre compagnie, insediandosi ai vertici della classifica):
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