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La privatizzazione ha preso il sopravvento nella gran parte delle economie mondiali. Negli ultimi anni non c'è stato settore della finanza, dell'industria e dei servizi che non sia stato caratterizzato dalla progressiva, o a volte repentina, diminuzione della partecipazione pubblica, 'azionista' cronicamente incapace di adeguarsi ai ritmi frenetici e alla competizione imposti dalla globalizzazione e liberalizzazione dei mercati.
L'industria trasportistica, anello di congiunzione tra le aree produttive e i mercati mondiali, è stata sottoposta in questi ultimi (pochi) anni ad un profondo processo di trasformazione, che ha portato un forte incremento della concorrenza e ha provocato una rapidissima spinta alla globalizzazione delle aziende. Concentrazioni e fusioni di società si sono moltiplicate nell'intento di coprire, prima dei concorrenti o al pari di loro, ogni possibile fetta di mercato con il minor carico di costi e il minor utilizzo di risorse umane. Disoccupazione ed estrema debolezza dei mercati economici sono frutto di questo, forse inevitabile, processo.
E' un fenomeno che ha interessato dapprima il settore marittimo, storicamente impegnato nell'unire le economie di continenti diversi. Poi è stata la volta del trasporto aereo, giovane, ma già da tempo alle prese con la competizione sulle linee internazionali. La globalizzazione e la liberalizzazione dei mercati hanno 'intaccato' in modo ancora limitato i sistemi di trasporto stradali e ferroviari, più frammentati e carenti tecnologicamente e infrastrutturalmente.
In Italia, nel giro di tre-quattro anni, si è verificata - pur parzialmente - un'autentica rivoluzione. L'economia marittima nazionale, che include l'industria portuale, ha cambiato volto. Un mutamento obbligato più che voluto. Al centro dei rifioriti traffici tra i tradizionali mercati "forti" del mondo, Nord America ed Europa, e quelli emergenti dell'est asiatico, le banchine italiane si sono rapidamente scrollate di dosso anni e anni di crisi, di inattività, e sono diventate appetibili anche per gli operatori stranieri, interessati da un business portuale in rapida ascesa. Navi e merci hanno rivitalizzato gli scali italiani e il nuovo porto di Gioia Tauro, hub gioiello del Mediterraneo, ha inventato il modo di distribuire questa ricchezza fatta di carichi in transito sulla direttrice est-ovest.
Il nuovo aeroporto di Malpensa, che nei piani del governo italiano è destinato a ricoprire un ruolo analogo a quello assunto dal porto calabrese nel settore marittimo, sembra destinato - Commissione Europea permettendo - a sconvolgere l'assetto del mercato aereo europeo. E' ormai questione di mesi.
L'accelerazione improvvisa subita da questi due settori del trasporto non è stata accompagnata da uno sviluppo altrettanto rapido dei sistemi ferroviario e stradale, che anzi accusano tutta la distanza accumulata in anni di gestione spesso sconsiderata.
Il sistema logistico italiano, integrazione di queste differenti realtà, si trova ad affrontare i problemi che derivato dall'interconnessione di settori così eterogenei. Denominatore comune rimane comunque la privatizzazione che è stata e verrà introdotta nelle aziende a partecipazione pubblica.
Su questi temi si è aperta oggi la seconda edizione dell'European Logistic Forum (ELF), il convegno-esposizione sulla logistica in programma fino a sabato prossimo alla Fiera Internazionale di Genova. Alla prima conferenza, "La privatizzazione del sistema dei trasporti in Italia, nuove opportunità", hanno partecipato il ministro dei Trasporti e della Navigazione, Claudio Burlando, l'amministratore delegato dell'IVECO, Giancarlo Boschetti, l'amministratore delegato del Voltri Terminal Europa (VTE), Cirillo Orlandi, e il collega Jos Dekkers, della società terminalista ECT di Rotterdam, e l'armatore Antonio d'Amico. All'incontro, coordinato da Bruno Dardani, ha partecipato il presidente di ELF e segretario generale dell'Autorità Portuale di Genova, Fabio Capocaccia.
A premessa di una lunga disamina del settore trasportistico italiano, il ministro dei Trasporti ha sottolineato la necessità che a garanzia di un equo procedere dei processi di privatizzazione e liberalizzazione - due termini che per Burlando indicano in sostanza lo stesso fenomeno - si realizzi un'armonizzazione delle condizioni di competitività delle imprese europee: in mancanza di questo requisito potrebbero infatti esserci serie ripercussioni per le aziende italiane. Non ci saranno infatti più i confini nazionali a proteggere il mercato delle imprese e per questo è necessario garantire che tutti gli operatori partano con pari condizioni di competitività.
La liberalizzazione dei mercati ha già 'investito' l'economia marittima italiana e in particolare i porti. Genova, Taranto, Trieste, Napoli, Cagliari sono stati scelti da grandi imprese terminalistiche internazionali per localizzare i propri interessi nel Mediterraneo. Burlando ha definito infondate alcune perplessità manifestate nei mesi in cui questi grandi operatori hanno acquisito sostanziose partecipazioni nelle società terminalistiche italiane: "quando ho iniziato a leggere articoli sulla colonizzazione - ha detto il ministro - mi sono preoccupato e, a chi manifestava questo timore, ho risposto chiedendo cosa ne avrebbe pensato se questi operatori avessero scelto di investire in Spagna, Francia o in altri Paesi vicini". "Certo - si è però chiesto - il problema è se nel frattempo il Paese si è attrezzato per sfruttare i benefici di questa situazione".
Il settore portuale italiano non mostra comunque segnali di inversione di tendenza, anche se la crescita nei prossimi anni sarà più contenuta. Nel '98 - ha detto Burlando - si raggiungerà la quota di circa 6 milioni di teu movimentati dagli scali nazionali: un risultato preventivato tempo fa per il 2000. Ora per quella data le stime sono di 7-8 milioni di teu. Il ministro ha ricordato le potenzialità del sistema portuale italiano, che derivano dalla sua unicità: "l'Italia è l'unico Paese europeo che può avere porti di transhipment e di destinazione finale"; è un dato di fatto che deriva dalla particolare posizione geografica rispetto alle rotte marittime e rispetto ai mercati. Burlando ha però nuovamente ribadito la convinzione che dopo Gioia Tauro, Taranto e Cagliari sia bene "chiudere il cerchio dei porti di transhipment" e affidare lo sviluppo del settore portuale alla rivitalizzazione di porti oggi poco o per nulla attivi. "In alcuni scali del Sud potrebbe essere ipotizzabile avviare, come in alcuni casi già succede, delle attività di feederaggio".
La vera sfida - ha detto Burlando - è invece passare ora da una fase di concentrazione tra diverse attività del ciclo del trasporto, avvenuta con il passaggio dall'attività terminalistica pura a quella dei terminalisti/armatori, ad una nuova fase di concentrazione tra gli stessi pezzi del ciclo. La 'palla' insomma dovrebbe passare alle imprese, verificando se sono in grado di competere nel mercato globale. "Certo - ha aggiunto - la concentrazione scatenerà accese discussioni (si odono già gli echi livornesi), ma si può pensare di dare la possibilità ai nostri operatori di concorrere con le imprese straniere".
Secondo Burlando però è nel contempo necessario rendere ancora più appetibile alle aziende internazionali il mercato italiano, in modo siano indotte a localizzare le proprie basi logistiche sul territorio nazionale. Si chiuderebbe in questo caso il processo di internazionalizzazione del sistema del trasporto italiano, avviato con l'arrivo delle navi dei grandi gruppi stranieri, proseguito con il consolidamento delle loro attività di trasporto in Italia, ma che dovrebbe concludersi appunto con la costituzione di sedi logistiche distributive.
Le affermazioni di Antonio d'Amico, orgoglioso per la recente acquisizione della compagnia Italia di Navigazione del gruppo pubblico Finmare, che ha ceduto anche il Lloyd Triestino all'Evergreen di Taiwan, hanno indotto Burlando a parlare di armamento. "Dopo l'istituzione del registro-bis e l'inevitabile vendita dell'Italia e del Lloyd Triestino" il prossimo appuntamento riguarda il cabotaggio. In particolare per il settore pubblico - ha detto Burlando - "sarei già contento se entro i prossimo due anni la Tirrenia (che diventerà holding assorbendo le attività delle società regionali Toremar, Caremar, Siremar, Saremar e dell'Adriatica di Navigazione) farà a meno del contributo pubblico".
Burlando è quindi passato ad esaminare il settore aeroportuale, anch'esso in crescita: è previsto infatti il passaggio dai 55 milioni di passeggeri del 1995 ai 100 milioni nel 2000. E' auspicabile però un rafforzamento degli aeroporti italiani, sia per evitare il pericolo di vedersi imposte le tariffe dai vettori che per recuperare 3-4000 miliardi annui di fatturato regalato agli scali stranieri. Gli aeroporti nazionali devono inoltre sfruttare la saturazione raggiunta dai grandi hub europei vicini all'Italia, operazione effettuabile con l'apertura del nuovo aeroporto milanese di Malpensa. In questo caso sono in gioco grandi interessi economici, per questo - ha detto Burlando - c'è una così strenua opposizione all'apertura dello scalo prevista per il 25 ottobre. Riferendosi ai problemi politici interni per l'approvazione della legge finanziaria, Burlando ha sottolineato che "con Kinnock e Bertinotti il problema è analogo: si tratta di fare offerte adeguate per garantirsi il passaggio del guado economico e politico". Il ministro ha comunque confermato che, passata la "buriana", saranno messi sul mercato il 53% della Aeroporti di Roma e il 20% dell'Alitalia, così come l'Ente Nazionale di Assistenza al Volo (ENAV) sarà trasformato in società per azioni, operazione da fare entro il 30 giugno 1999.
Per quanto riguarda il settore terrestre, ci sarà la prossima privatizzazione della Società Autostrade, mentre per le ferrovie il problema non è la privatizzazione delle Ferrovie dello Stato (FS), ma - ha detto Burlando - la liberalizzazione del servizio, consentendo a più operatori di lavorare sulle reti italiane. Il ministro ha manifestato tra l'altro la sua perplessità sul reale valore di mercato della società ferroviaria pubblica ricordando che "non è che il privato debba acquistare le FS, acquisto che non consiglierei neanche al mio peggior nemico".
Il valore dell'iniziativa privata per il rilancio e l'adeguamento del sistema italiano dei trasporti è stato sottolineato da Cirillo Orlandi. L'amministratore delegato del VTE di Genova, lamentandosi del fatto che "in Italia la trasportistica resti fortemente segnata dalla presenza pubblica", ha ricordato che il trasporto costituisce un passaggio fondamentale nelle relazioni tra i continenti: "con l'esclusione da un mercato, al di là della qualità del prodotto, si rischia il fallimento di un'iniziativa imprenditoriale". Oltre al valore intrinseco del trasporto è necessario però - ha proseguito - costituire un vero sistema intermodale, che non si realizza con i vettori, assommando quindi i costi dei diversi settori del trasporto (ad esempio nel caso 'treno o automezzo su nave'), ma avvalendosi e sfruttando le modalità di confezionamento della merce, come nel caso dei pallet e dei container (vettore intermodale per eccellenza). Nei prossimi anni bisognerà quindi badare a non aggravare il ramo trasporto con una sovrapposizione di costi, ma realizzare un'integrazione e coordinazione dei sistemi, in particolare per quanto riguarda l'intermodalità di piattaforma regolata dai nodi logistici. "Molte cose devono essere fatte rapidamente e bene nei prossimi 2-3 anni - ha concluso -, ma si tratta di un obiettivo alla nostra portata".
Meno ottimistica la visione di Giancarlo Boschetti. Pur rappresentando il 18% del prodotto interno lordo, il sistema dei trasporti non è ancora infatti oggetto in Italia dell'attenzione che gli sarebbe dovuta.
Pur confermando i tassi di crescita previsti e dichiarando un incremento del 40% dell'ordinazione di veicoli pesanti negli ultimi 6-7 mesi, l'amministratore delegato dell'IVECO ha affermato innanzitutto la necessità vitale - per garantire la continuità del trend positivo e ampliarne gli effetti - di raccogliere informazioni attendibili sul sistema del trasporto, di continuare il processo di privatizzazione e di programmare una serie di ingenti investimenti. E' da rivedere inoltre - ha aggiunto - il sistema della fiscalità del trasporto, orientandolo al principio user pay tanto caro al commissario europeo ai Trasporti Neil Kinnock, mentre "sono totalmente in disaccordo con una fiscalità che aggiunge costi al costo trasporto". In base al principio di value pricing - ha aggiunto Boschetti riferendosi alle esperienze statunitensi - potremmo introdurre sul mercato veicoli da 48 tonnellate invece che da 44 su percorsi definiti. Bisogna comunque fare in modo che in Italia si riducano i costi della logistica, che attualmente sono superiori di almeno il 20% a quelli americani.
A giudicare dalla carne al fuoco messa dagli interventi dei relatori della prima mattinata di ELF '98, si prospetta un interessante proseguimento della manifestazione.
Bruno Bellio
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