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Domande d'iscrizione nel Registro bis italiano per 205 navi, di cui il 20% di bandiera estera
Per restituire competitività alla flotta nazionale - è stato osservato in un convegno organizzato a Roma dalla Confitarma - il Registro dovrebbe ammettere le navi italiane che operano nel cabotaggio
10 novembre 1998
Dopo gli sforzi compiuti per favorire l'introduzione del Registro internazionale ora gli armatori privati italiani devono affrontare un'altra battaglia, non più nazionale ma europea: quella della liberalizzazione del cabotaggio. Al convegno svoltosi oggi presso l'Università 'La Sapienza' di Roma sull'Istituzione del Registro delle navi adibite al traffico internazionale: profili amministrativi, fiscali e lavoristici, organizzato dall'ateneo in collaborazione con la Confederazione Italiana Armatori (Confitarma), è stato tracciato un primo consuntivo degli otto mesi trascorsi dall'istituzione del Registro bis. Emanuele Grimaldi, presidente della Commissione navigazione internazionale della Confitarma, ha elencato i dati sulle iscrizioni al registro internazionale: 205 navi hanno presentato istanza di iscrizione, 174 sono state autorizzate e 152 risultano già iscritte. Vincenzo Mucci, direttore generale del Naviglio del ministero dei Trasporti e della Navigazione, ha ricordato che le navi di bandiera estera (provenienti dal bare-boat, nuove costruzioni e acquisti all'estero) rappresentano attualmente il 20% delle domande di iscrizione nel Registro internazionale. Resta però per Gustavo Romanelli, docente di diritto della Navigazione, il problema del rapporto tra Registro internazionale e Registro ordinario: il primo offre infatti vantaggi fiscali e contributivi, ma non ammette le navi italiane che operano nel cabotaggio. E' stato osservato che se ciò invece avvenisse, tenendo presente anche le modifiche di recente introdotte all'art. 143 del Codice della Navigazione, il Registro internazionale potrebbe in prospettiva diventare l'unico Registro di immatricolazione italiano in grado di restituire competitività a tutta la flotta nazionale.
L'attività armatoriale - ha affermato nel suo intervento Nicola Coccia, presidente della Commissione finanze e tributi di Confitarma - si sviluppa per 'poli armatoriali', la cui diffusione è l'obiettivo reale della legge sul Registro internazionale. Normativa che però secondo Coccia non risolve un problema che determina problematiche fiscali e lavoristiche: il mancato riconoscimento della extraterritorialità della nave sotto il profilo tributario. "Per essere competitiva - ha detto Coccia - la nave dovrebbe diventare una entità che opera fuori dalle acque territoriali alla stregua di una 'zona franca' che opera in concorrenza con le bandiere off-shore". Anche Giovanni Puoti, direttore del Corso di perfezionamento in diritto tributario internazionale, ha sottolineato come il raggiungimento degli obiettivi che sono alla base della normativa è subordinato all'eliminazione di tutte le incertezze interpretative e soprattutto al miglioramento di meccanismi di carattere fiscale. Maurizio Leo, direttore centrale del ministero delle Finanze, ha manifestato la disponibilità dell'amministrazione finanziaria a prendere in considerazione chiarimenti interpretativi di alcune norme della legge 30/98, così come eventuali correzioni legislative. Rosario Flammia, docente di Diritto del lavoro, ha sostenuto inoltre la non interferenza delle regole di diritto internazionale privato riguardanti le obbligazioni contrattuali di diritto comune (Convenzione di Roma) rispetto alla disciplina del contratto di arruolamento a bordo delle navi iscritte nel Registo internazionale (art. 3 della legge 30/98).
Se il primo bilancio sull'introduzione del Registro internazionale, correttivi a parte, è senz'altro positivo, molte perplessità permangono invece sulla prossima liberalizzazione del cabotaggio e sulle ripercussioni che potrà avere per l'industria marittima italiana. L'importanza del settore cabotiero è stata sintetizzata in alcune cifre: è il secondo sistema di trasporto interno (20%), trasporta ogni anno 40 milioni di passeggeri e 60 milioni di tonnellate di merci, dispone di una flotta di 460 navi e dà lavoro a 15.000 marittimi, 2.000 addetti a terra e 29.000 nell'indotto. Dal prossimo 1° gennaio tutte le navi europee potranno effettuare servizi negli Stati membri (con esclusione della Grecia che beneficia di una deroga fino al 2003). "Se l'armamento italiano - ha detto Grimaldi - avrà i necessari strumenti legislativi per competere ad armi pari con la concorrenza le imprese di navigazione nazionali si rafforzeranno, incrementando la competitività del trasporto italiano, espandendo l'indotto manifatturiero e terziario. In mancanza di ciò, l'Italia rischia di perdere il patrimonio di esperienza, occupazione e imprenditorialità del suo sistema marittimo".
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