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Nell'ambito del convegno "Traffici marittimi e Mediterraneo: una rete di scambi a geometria variabile" svoltosi oggi a Roma, promosso dal Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL) e organizzato dalla commissione per le Politiche settoriali, quest'ultima ha presentato un dossier sull'economia marittima, con l'obiettivo di:
- fornire ai protagonisti del Partenariato Euro-mediterraneo alcuni elementi fondamentali per la realizzazione di adeguate politiche nel campo dei trasporti, correlati all'obiettivo di costituire l'area di libero scambio entro l'anno 2010
- avviare una discussione sulle possibili scelte dell'Unione Europea anche nell'ambito delle reti TEN e del loro opportuno sviluppo
- mettere a disposizione informazioni ed elementi conoscitivi utili da introdurre all'elaborando Piano del ministero dei Trasporti e della Navigazione, allo scopo di aprire un dibattito sul concetto di infrastrutture del mare, di individuare i flussi di traffico da e per l'Italia, di avere un quadro programmatico in cui inserire e coordinare gli investimenti logistici necessari
- fornire alle parti sociali, alle autorità portuali, ai terminalisti, agli operatori logistici, agli armatori spunti per un quadro di medio-lungo termine più vasto di quello rientrante nelle loro abituali sedi operative e nel quale valutare meglio il futuro sviluppo dei traffici
Il rapporto, sottolinea infatti il CNEL, "va letto in chiave di contributo specifico in un campo di attività purtroppo ancora troppo poco analizzato, nonostante l'interesse e il peso economico e politico che può rivestire in termini di crescita economica di tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo e di sviluppo qualitativo oltre che quantitativo degli scambi".
Il CNEL ritiene sia la prima volta che una analisi di questo tipo focalizzata sul Mediterraneo sia mai stata compiuta salvo che per singoli settori merceologici o specifici porti e che essa non solo sia necessaria ma possa avere riflessi forse impensati sulle politiche dei trasporti italiane ed europee.
"E' stato spesso sorprendente constatare - rileva il CNEL - come la rete di trasporti marittimi, fondamentale per tutte le economie, fosse una rete pressoché invisibile tale da essere relegata nel Piano dei trasporti a posizione marginale e da essere considerata non prioritaria neppure nei programmi del Partenariato Euromediterraneo. Rete invisibile ma vitale per il nostro Paese. Procedendo per grandi semplificazioni, basti ricordare come i trasporti di petrolio e derivati, carbone, minerali ecc. per le nostre raffinerie e acciaierie rappresentano un flusso vitale e regolare che costituisce una sorta di infrastruttura fondamentale per le industrie che trasformano materie prime".
Il dossier si compone di tre parti. Nella prima è fornito qualche elemento aggiuntivo di conoscenza circa lo scenario socio economico d'insieme dell'area mediterranea. La seconda parte del documento, che utilizza le informazioni statistiche della banca dati DRI Standard & Poor's e imposta una analisi di sistema dei traffici marittimi dell'area, si muove su tre obiettivi prioritari: una analisi statistica, a fini conoscitivi, sufficientemente dettagliata e puntuale dei traffici che interessano come origine o destinazione i Paesi mediterranei; un approfondimento sulle macro-derive strutturali del trasporto marittimo a verifica delle ipotesi tradizionali prevalenti; una elaborazione statistica dei dati tale da fornire al decisore pubblico e agli operatori privati elementi di conoscenza utili alla costruzione di opportune politiche di sviluppo sia a livello dei singoli paesi, sia dell'intera comunità.
Di seguito sono riportati in sintesi alcuni dei risultati più significativi emersi da questa parte della ricerca.
Il bacino Mediterraneo, con un ruolo di primo piano nello scenario mondiale dei trasporti marittimi (circa un ventesimo del totale), domanda merci ed esporta valore aggiunto con un saldo positivo - in termini assoluti e di tonnellaggio movimentato - rispetto a Nord America e Oceania e mostra un andamento dei flussi tendenzialmente crescente.
Sia nel 1994 e sia nel 1998 il totale delle tonnellate esportate dal bacino Mediterraneo è stato di 102 milioni di tonnellate; per il 2004 le previsioni indicano un totale di 134 milioni, mentre in valore (miliardi di dollari '95) le cifre sono rispettivamente 110, 146 e 205 pur non comprendendo l'America Latina e l'Africa. Per quanto concerne le merci importate le quantità sono passate da 237, a 256, a 323 milioni di tonnellate nei tre anni considerati e da 117, a 160, a 227 il loro valore in miliardi di dollari. Il gap in termini di quantità tra import ed export tende ad aumentare ma va detto che il rapporto tra il valore medio dei beni esportati e di quelli importati è tendenzialmente stabile nel tempo e favorevole ai primi (1204 dollari americani il valore medio della merce esportata contro 672 di quella importata nel 1994 e rispettivamente 1655 e 829 nel 1998, 1722 e 910 nel 2004). Va anche detto che se si considerano l'insieme dei traffici via mare che interessano il Mediterraneo, le stime prevedono una accelerazione degli scambi ad un tasso di crescita medio annuo del 4,12% tra il 1998 e il 2004, rispetto al 2,17% del periodo tra il 1994 e il 1998.
L'articolazione e la complessità del sistema dei traffici è rilevante: i flussi di merci tendono a distribuirsi, mentre i protagonisti degli scambi vanno via via concentrandosi.
Nell'ambito dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo è opportuno distinguere tra due gruppi - per vari motivi, non ultimo il diverso peso economico; il primo raggruppa le cinque principali economie dell'Europa mediterranea, il secondo tutti gli altri. Pertanto, se analizzando le graduatorie che descrivono le principali rotte di traffico nei tre anni di riferimento (1994, 1998, 2004), la posizione dominante appare quella di Francia, Italia e Spagna, le proiezioni al 2004 mostrano una tendenziale crescita di ruolo per i paesi più piccoli che incrementano il valore medio della merce da loro esportata.
Un ulteriore spunto che emerge da questa parte della ricerca e che dà motivo di riflessione, quanto alla già citata complessità del sistema dei traffici marittimi mediterranei, ha origine dall'analisi del dettaglio merceologico delle merci trasportate; dettaglio che mostra una differenziazione merceologica delle dinamiche degli scambi attuali e, in prospettiva, futuri; diversa è infatti la posizione dei vari paesi a seconda del tipo di merci. Per quanto concerne, ad esempio, la tipologia "beni di consumo" i dati mostrano una immagine del Mediterraneo come destinatario di rilevanti quantitativi di merci provenienti in gran parte dall'Asia. D'altra parte se si considerano i flussi monetari, a conferma della notevole capacità dei Paesi mediterranei (in particolare europei) di creare valore aggiunto, il panorama degli scambi appare ben più equilibrato.
L'Italia, infine, risulta avere una posizione di assoluto e consolidato rilievo in questo panorama e compare come protagonista, già nel 1994, in quattro tra le prime dieci direttrici di traffico in termini di quantità che riguardano come origine e destinazione i Paesi mediterranei e continuerà a esserlo secondo le previsioni al 2004.
In realtà, soprattutto analizzando le quantità scambiate, l'Italia si distingue per il livello delle importazioni, ma questo è fenomeno che riguarda tutti i paesi più avanzati dell'area, e quindi anche Francia e Spagna, che sono carenti di materie prime anche per la loro industria di trasformazione. Quando poi si passa ad analizzare le graduatorie inerenti il valore degli scambi il nostro Paese è ben posizionato in quanto ha capacità di creare valore aggiunto e si colloca al secondo posto dopo la Francia, che comunque è destinata a mantenere il primato degli scambi sia in quantità che in valore.
Nel futuro la salvaguardia e lo sviluppo di questa posizione pare necessitare di adeguate politiche atte a fronteggiare la concorrenza soprattutto di Francia e Spagna.
Tra i dati evidenziati dalla ricerca, va anche ricordato il ruolo dei containers, che, pur significativo, non sempre e non da solo può assumersi come indice dello sviluppo portuale. Tale componente dei traffici dovrebbe assestarsi nel 2004 a circa il 14%; peraltro questa modalità di trasporto possiede un elevato valore aggiunto in termini di merci trasportate e un potenziale di cambiamento e gestione della logistica, consente di standardizzare costi e operazioni di sbarco-imbarco, facilita i controlli, riduce i tempi di stazionamento e, non ultimo, favorisce lo sviluppo dell'intermodalità. Per queste caratteristiche ha, rispetto a breakbulk e tanker, un elevatissimo potenziale di cambiamento che continua a diffondere i suoi effetti sul commercio mondiale.
Il terzo dei contributi che fanno parte di questo dossier, infine, propone una lettura sui servizi di trasporto marittimo di linea nell'area focalizzando l'attenzione anche sui cambiamenti intercorsi negli ultimi anni nelle caratteristiche "sia della domanda di servizi di trasporto da parte dei clienti (gruppi industriali-commerciali), sia dell'offerta da parte dei fornitori del servizio (compagnie di navigazione)". Se, per un verso, l'evoluzione della domanda si riconnette all'abbattimento, relativamente recente, di barriere economiche, alla sempre maggiore globalizzazione dei mercati, alla ridefinizione delle strategie localizzative dei grandi gruppi industriali e commerciali, laddove la logistica appare ormai l'elemento chiave di ogni strategia di sviluppo, i soggetti che più rapidamente hanno risposto flessibilizzando la loro offerta sono state le compagnie di navigazione, ragionando non solo in termini di maggiore innovazione tecnologica e soprattutto combinando gli itinerari in un'ottica di sistema.
Gli interrogativi, ai quali si intende dare una prima risposta in questa terza parte della ricerca, ragionando in termini di sistema dei trasporti di linea, riguardano la qualità espressa dal sistema mediterraneo, i suoi punti di forza e di debolezza, l'individuazione della posizione e del ruolo di ciascun porto.
Questa parte della ricerca ha considerato 60 porti mediterranei - quelli che offrono almeno un collegamento internazionale con frequenza settimanale -; tutti i principali porti mondiali extra mediterranei, raggruppati in 36 aree geografiche; 344 servizi di linea operanti singolarmente o in joint da 183 società di navigazione, circa 6500 collegamenti fra porti/aree geografiche.
Sinteticamente si riportano alcuni tra i più significativi dati emersi che riguardano il contesto attuale e le prospettive per il futuro.
Non vi è dubbio, ormai, che il rafforzamento del sistema dei trasporti del Mediterraneo passi attraverso lo sviluppo del transhipment - inteso come la modalità organizzativa che realizza il trasferimento coordinato di carico da una nave a un'altra per coprire un determinato itinerario - e le risultanze della ricerca evidenziano un quadro di insieme del Mediterraneo di gran lunga più dinamico di quanto emerga dall'opinione corrente di molti operatori del settore e margini per una ulteriore crescita ancora notevoli. In primo luogo non vi è sostanzialmente alcuna area del Mediterraneo che possa ritenersi emarginata dai grandi traffici intercontinentali. In secondo luogo appare evidente che un forte contributo all'inserimento anche dei porti medio-piccoli nel grande circuito dei traffici internazionali deriva dallo sviluppo dell'attività di transhipment.
Dalle tavole riportate, inoltre, emerge chiaramente che si è notevolmente ridotto il divario fra i principali porti del Mediterraneo e quelli del Nord Europa sotto il profilo della qualità dell'offerta (frequenza delle partenze e transit time).
A conclusione di questi sintetici accenni ai risultati della terza parte della ricerca, va detto che, se come visto in precedenza il rafforzamento del sistema marittimo del mediterraneo passa attraverso l'attività di transhipment, "il punto focale della sua concreta attuazione è strettamente dipendente dalla politica che sapranno esprimere i diversi Paesi mediterranei in tema di portualità" e tra essi l'Italia. In questo senso è assolutamente necessaria un'approfondita conoscenza del mercato e delle sue prospettive, conoscenza su cui basare la scelta delle più opportune politiche di sviluppo.
Quest'ultimo punto è in realtà quello che desta maggiori preoccupazioni e che necessita una adeguata attenzione di operatori, parti sociali e istituzioni.
Tra i porti che hanno accettato di collaborare all'indagine del Cnel, peraltro, quasi nessuno ha dimostrato di avere a disposizione un sistema informativo sufficientemente aggiornato e sistematico, anche nei casi nei quali la documentazione disponibile era quantitativamente rilevante.
In generale va anche detto che gli interventi infrastrutturali hanno effetti nel medio lungo periodo e, quindi, una corretta programmazione deve tenerne conto e puntare, in una prospettiva dinamica, anche su alcune misure di breve periodo come gli investimenti in sistemi organizzativi, lo snellimento delle procedure burocratiche (particolarmente quelle doganali), gli investimenti in formazione e sicurezza e, infine, l'eliminazione di una serie di tasse che pongono limiti allo sviluppo dei traffici senza peraltro portare significativi benefici al bilancio statale.
Un ultimo elemento di rilevante interesse è costituito dalle cd. "rotte attrezzate" ossia di quelle linee regolari che prevedono una complessa attrezzatura logistica a monte e a valle dei loro terminali e che sono indispensabili per collegare fra loro in modo regolare e stabile porti diversi.
In realtà la tradizionale distinzione, in ambito della classificazione delle infrastrutture di trasporto, fra vie tracciate (strade e rotaie) e vie non tracciate (rotte marittime ed aeree) tendeva ad evidenziare la tangibilità o meno dell'infrastruttura viaria, non attribuendo alcun grado di gerarchia fra di esse. Di fatto, però, le vie tracciate sono sempre state considerate "più importanti" ed hanno assorbito la maggior parte delle risorse finanziarie destinate ai trasporti. Le vie non tracciate ed in particolare quelle marittime, invece, sono state storicamente relegate ad un ruolo di mera sussidiarietà rispetto alle infrastrutture terminali.
Il problema è che il concetto di via non tracciata non può superficialmente fermarsi all'aspetto fisico. Tale approccio, infatti, non considera tutti gli aspetti economici e sociali che gravitano intorno al concetto di rotta.
Una rotta di per sé non riveste alcun significato economico, come nessun significato è assunto da una strada o da una linea ferroviaria se non si considerano i flussi di traffico che si irradiano da esse.
Le vie di trasporto, tracciate e non, vanno considerate dal punto di vista economico esclusivamente per la loro capacità di convogliare traffico. Dando alle rotte marittime la medesima "dignità istituzionale" attribuita alle linee ferroviarie ed alle strade, si può finalmente iniziare ad affrontare le problematiche del settore del trasporto marittimo senza i pregiudizi che ne hanno fino ad ora frenato il pieno sviluppo.
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