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Approvato il bilancio 1998 del porto di Genova: sono aumentati i traffici, ma non le entrate
Criticata la bozza del Piano Generale dei Trasporti: la comunità portuale genovese chiede l'autonomia finanziaria invece dei prospettati aumenti dei canoni demaniali
27 aprile 1999
Il Comitato Portuale del porto di Genova ha approvato oggi il bilancio consuntivo del 1998 che si è chiuso con un avanzo di competenza di 120 milioni di lire che evidenzia un "confermato equilibrio nel conto finanziario dell'ente", come si legge nella relazione di accompagnamento del Collegio dei Revisori.
Sul versante delle entrate si è registrata una sostanziale invarianza nel triennio '96 - '98, pur in presenza di un aumento dei traffici pari al 12 per cento circa delle merci movimentate (raffronto '98 - '97) che ha prodotto un incremento del 17 per cento circa sul totale del gettito erariale prodotto dal porto (2.200 miliardi di lire al netto di IVA nell'esercizio '98).
Sul versante della spesa - rileva una nota dell'ente portuale - si è registrata la progressiva riduzione, favorita anche dai prepensionamenti, del costo del personale nonché delle spese generali a conferma di un'azione di contenimento da tempo avviata. L'attività di manutenzione si è posta in sensibile aumento rispetto agli esercizi precedenti.
L'andamento dei residui attivi (indice quanto mai significativo della produttività gestionale e contabile), si è presentato estremamente confortante: complessivamente si è registrata una loro riduzione, nel biennio trascorso, di più di 38 miliardi. La riscossione delle entrate accertate nel biennio '96 - '97 ha raggiunto livelli decisamente positivi e in alcuni casi, con esclusione di quelle in conto capitale derivanti da trasferimenti dello Stato, ha superato il 90 per cento. Una situazione, quindi, che "presenta un miglioramento di rilievo", secondo quanto confermato dallo stesso Collegio dei Revisori.
Il bilancio consuntivo ha trovato riscontro nella approvazione della "relazione sull'attività promozionale ed organizzativa del porto": in essa si pone particolare accento sulla riorganizzazione delle strutture dell'Authority, sul positivo andamento dei traffici che evidenzia in particolare il migliorato posizionamento del porto di Genova nei confronti dei porti concorrenti del Nord Europa, sulle iniziative di "politica estera" che stanno producendo risultati di rilievo per l'intera comunità portuale, sulla politica degli investimenti infrastrutturali e manutentivi che ha fatto registrare quote significative di autofinanziamento destinate all'ammodernamento delle strutture portuali.
Portando a sintesi i documenti approvati dal Comitato - rileva l'ente portuale puntando l'indice contro le prospettive di gestione finanziaria dei porti delineate dalla bozza del nuovo Piano Generale dei Trasporti - emergono alcuni dati essenziali:
una presa d'atto che a fronte del consistente aumento dei traffici portuali registrato nel triennio '96 - '98 le entrate correnti dell'ente sono rimaste sostanzialmente invariate. Ciò significa che il risultato dell'attività portuale, in termini di sviluppo dei traffici, è sostanzialmente ininfluente rispetto alla gestione economica dell'ente e che solo una percentuale irrisoria della ricchezza prodotta rimane al sistema produttivo che ne costituisce la fonte. Il sacrificio maggiore di questa politica di mancata evoluzione del gettito erariale prodotto dal porto è sopportato dagli investimenti per il potenziamento delle strutture portuali: nel triennio '96 - '98 gli investimenti finanziati dallo Stato hanno di poco superato i 100 miliardi di lire e si sono dovuti concentrare sugli interventi più urgenti di consolidamento strutturale delle opere marittime e delle infrastrutture più a rischio, a fronte di un fabbisogno di interventi per lo sviluppo almeno 10 volte superiore
quanto mai significativa, a questo riguardo, la bozza di Piano Generale dei Trasporti, dal quale, più che una politica di sviluppo, traspare un preciso orientamento volto alla applicazione di canoni demaniali crescenti. La comunità portuale genovese ritiene che l'autonomia finanziaria dell'Autorità Portuale non può fondarsi esclusivamente sui canoni demaniali
a fronte di tali concezioni sostanzialmente centralistiche non può che ribadirsi la necessità di introdurre consistenti elementi di decentramento fiscale per assicurare che il gettito erariale derivante dai traffici portuali possa essere reinvestito laddove generato.
Il punto sul quale si giocano le prospettive di sviluppo del porto pertanto rimane - conclude l'Autorità Portuale - quello della programmazione e della realizzazione degli investimenti, da attuare tempestivamente ed in autonomia con le scelte del Piano Regolatore Portuale.
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