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Liberalizzazione del cabotaggio nel Mediterraneo: una guerra tra poveri
Mancano ancora effetti evidenti della rivoluzione che potrà sconvolgere il settore, ma i sintomi per molti sono manifesti
25 settembre 1999
Una gestazione di nove mesi non è stata sufficiente per mettere in luce gli effetti della liberalizzazione dello short sea shipping europeo e le opinioni al riguardo sono divise salomonicamente tra il 'bicchiere mezzo pieno' e quello 'mezzo vuoto'. La tavola rotonda 'Med cabotage toward a real deregulation', che si è svolta questa mattina nell'ambito della giornata conclusiva di European Logistics Forum (ELF) '99, ha evidenziato ancora una volta la diversità di pareri sulla svolta evolutiva impressa al cabotaggio nel Mediterraneo dalla liberalizzazione introdotta in ambito UE lo scorso 1° gennaio. Una svolta da cui è al riparo la Grecia, che fino al 1° gennaio 2004 potrà agire con le sue navi in regime libero nei mari comunitari mantenendo fuori dalle proprie acque le flotte delle altre compagnie di navigazione europee.
Proprio il comportamento dell'armamento greco può essere indice della validità della strategia adottata per l'apertura del mercato europeo del cabotaggio, e come tale è argomento principe dei dibattiti come è accaduto oggi nella Sala Liguria della Fiera di Genova. L'altra incognita che pesa sul futuro del settore cabotiero sudeuropeo è rappresentata dalla presenza nel Mediterraneo delle uniche tre flotte pubbliche dell'UE, quella francese, l'italiana e la spagnola.
Che lo short sea shipping europeo sia diviso in due realtà nettamente distinte lo ha ricordato in apertura dei lavori il moderatore Chris Hayman di Seatrade. Nel Mare del Nord, nel Baltico e nelle isole britanniche è un'attività che si svolge con gli stessi ritmi per tutto l'anno, mentre nel Mediterraneo il traffico - soprattutto passeggeri - è concentrato in poche settimane. Le due facce del cabotaggio sono molto differenti, ma costituiscono insieme un settore chiave per lo sviluppo dell'economia dell'intero continente. Paolo Clerici, il presidente dell'associazione degli armatori privati italiani Confitarma, ha elencato due dati che denotano la strategicità del comparto: il mercato europeo, leader dei traffici mondiali, esporta e importa ogni anno 1 miliardo e 700 mila tonnellate di merce, di cui 1 miliardo e 200 mila tonnellate sono trasportate via mare. Ma, al di là degli enunciati dell'Unione Europea, le regole delle singole nazioni comunitarie non sono affatto omogenee e tali da creare un sistema competitivo equilibrato. Il presidente della Confederazione Italiana Armatori ha infatti affermato che la liberalizzazione del cabotaggio non ha creato tanto concorrenza tra armatori, quanto tra bandiere. La differente capacità competitiva è in gran parte determinata dal costo del lavoro e dal regime fiscale praticato in ciascuna nazione europea. L'attività degli armamenti è spesso condizionata dalle scelte di politica economica adottate dalla nazione di appartenenza, del tutto ignorate dalla normativa comunitaria. L'Unione Europa - ha ricordato Giuseppe Giacomini, dello studio legale Conti e Giacomini intervenuto in rappresentanza del gruppo Tourship - è assolutamente latitante in campo fiscale.
"Nonostante la liberalizzazione - ha rilevato Clerici - il mercato italiano non è stato né invaso né toccato da altra competizione che quella italiana", ma questo non significa che la situazione non sia destinata a mutare ed è anzi possibile che "gli armatori europei, e non solo quelli greci, invadano il mercato mediterraneo". Né sono da aspettarsi soluzioni differenti a quelle delle concentrazioni per realizzare economie di scala e per accrescere la 'massa critica' delle imprese marittime, operazioni del resto già intraprese sia nel Nord Europa che nella stessa Grecia. Per Clerici "non pensare ad aggregazioni può diventare un limite per l'armamento italiano". Di diverso avviso Emanuele Grimaldi che - ribadendo una posizione che il gruppo Grimaldi ha in comune con altri operatori nazionali - ha affermato che il suo gruppo non ha nessuna intenzione di essere coinvolto nella merger-mania. Del tutto condivisa invece la convinzione che gli armatori italiani partano da posizioni svantaggiate e che la situazione di favore di cui gode la Grecia "permette ai suoi operatori di rinnovare la flotta e di realizzare investimenti".
Partigiano del 'bicchiere mezzo pieno' è stato ovviamente Pericles S. Panagopoulos, presidente del gruppo greco Attica Enterprises S.A., secondo cui "l'esperienza di questi primi mesi dice chiaramente che nessun armatore ha approfittato e approfitterà di questa situazione" e che è inoltre estremamente difficile per qualsiasi operatore avviare servizi in nazioni estere. L'attività di cabotaggio non è certo estremamente remunerativa e lo stesso mercato greco è irto di ostacoli: da quello delle garanzie finanziarie e operative necessarie per ottenere le licenze che consentono di operare collegamenti cabotieri, al costo di esercizio delle flotte, non così basso come solitamente si ritiene. Ostacoli che però le compagnie del gruppo Attica, SuperFast Ferries e Strintzis Lines, sono riuscite a superare brillantemente visto che - ha ricordato lo stesso Panagopoulos - il gruppo ha 11 navi in costruzione in tutto il mondo e recentemente sono stati fatti investimenti per un miliardo di dollari.
Anche Franco Delle Piane di Sea Containers si è detto convinto che "non ci sia una tale sperequazione di costi che giustifichi una concorrenza dell'armamento estero nel Tirreno". Delle Piane non ha nascosto però che il pericolo può venire dalle nuove navi greche: "mi chiedo - ha detto - dove saranno destinate".
Il duello Italia - Grecia ha poi ceduto il passo a quello tra la flotta pubblica e quella privata. "Non solo dobbiamo competere con gli stranieri su basi diverse - ha spiegato Grimaldi - ma anche con le compagnie di Stato". Che la sfida nel Tirreno sia destinata a coinvolgere solo armatori italiani lo ha confermato Ugo Masciocchi della Tirrenia, secondo cui "la scarsa rilevanza del mercato non giustifica la presenza di altri armatori" e "attualmente l'offerta per queste destinazioni è incredibilmente alta". Ancora più misero è il "cabotaggio alternativo", le cosiddette "autostrade del mare" riportate d'attualità recentemente dal presidente della Repubblica. Lo short sea shipping tra Nord e Sud - ha detto Masciocchi - ha enormi problemi di costi e deve far fronte alla concorrenza di un autotrasporto che viaggia con rese A-B o A-C, pena la perdita dei clienti. Che si tratti o meno di una guerra tra poveri, resta comunque incolmabile la distanza tra l'armamento privato e quello pubblico rilanciata dal botta e risposta tra Giacomini e Masciocchi sulle sovvenzioni statali concesse per garantire la 'continuità territoriale', briciole che evidentemente consentono comunque di sfamare flotte sempre più voraci.
Chiudendo i lavori il direttore del Comitato organizzatore della rassegna sulla logistica, Fabio Capocaccia, ha dato appuntamento alla prossima edizione di ELF, in programma dal 27 al 29 settembre 2000 alla Fiera di Genova.
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