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Infrastrutture, aree e finanziamenti sono temi cruciali per lo sviluppo del porto di Genova
Incontro tra le istituzioni e gli operatori del porto del capoluogo ligure con il candidato premier Rutelli
20 novembre 2000
Lo sviluppo delle infrastrutture di collegamento tra il porto di Genova e i mercati interni sono stati al centro dell'incontro tra il candidato premier per il centrosinistra al prossimo confronto elettorale, Francesco Rutelli, con le istituzioni e gli operatori del porto di Genova.
«Non è scontato - ha detto infatti il presidente dell'ente portuale del capoluogo ligure, Giuliano Gallanti - che i traffici rimangano a Genova se non si fanno investimenti. La sfida è quella della logistica». «La Svizzera - ha spiegato - è il naturale cliente del nostro porto, ma l'anno scorso il 95% del traffico svizzero passava per i porti del Nord Europa».
«Il porto - ha sottolineato il presidente del Comitato utenti ed operatori portuali di Genova, Adriano Calvini - è l'industria più importante di Genova, se non in termini di fatturato, per le ricadute che genera». Ma c'è bisogno di infrastrutture, di spazi e di finanziamenti, altrimenti «il porto rischia di morire di soffocamento». Riferendosi alle infrastrutture di collegamento, e in particolare al terzo valico ferroviario appenninico, Calvini ha detto che la situazione è ancora «all'anno zero: nulla è partito a livello di progetti esecutivi». Accennando al problema delle acciaierie di Cornigliano, poste al centro del porto genovese e di cui si sta ancora discutendo il futuro, il presidente degli utenti portuali ha ricordato che «le attività portuali si scontrano con altre attività, e Cornigliano è la fotografia di questo discorso».
«Il tema delle infrastrutture e del terzo valico - ha confermato Rutelli - è cruciale», per Genova e per l'Italia. Secondo il candidato premier «la crescita del cabotaggio non può comunque essere sganciata dallo sviluppo intermodale». Come ha fatto l'Olanda, che è sede di grandi gruppi industriali - ha aggiunto riprendendo i temi affrontati in mattinata con gli industriali genovesi - è necessario inoltre che «l'Italia non perda la cultura delle grandi concentrazioni industriali».
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