Si è conclusa ieri alla Fiera di Genova Intermodal 2000, mostra convegno di tre giorni dedicata alla logistica e all'intermodalità. Circa 3.500 persone hanno visitato i 10mila metri quadrati di esposizione riservati a 185 aziende. Alle 10 sessioni di conferenze hanno partecipato 400 delegati da oltre 40 Paesi.
Il Mediterraneo, le sue potenzialità come privilegiato accesso all'Europa centrale e gli ostacoli allo sviluppo sono stati al centro del dibattito in programma ieri pomeriggio.
«Gli operatori mediterranei - ha assicurato Mauro Pessano, direttore marketing di Contship - sono in grado di offrire a caricatori e compagnie navali servizi integrati competitivi e affidabili». Ecco perché la crescita dei porti mediterranei nel periodo tra il '95 e il '99 è stata del 68% a fronte del 37% di incremento dei porti nordeuropei, fino ad oggi leader incontrastati (il 94% delle merci viene movimentato in questi scali). «Il Mediterraneo - ha detto Pessano- sta assumendo un'importanza strategica nel servire l'Europa centrale. Ciò significa importanti opportunità per il cliente finale, che può movimentare le merci a costi più bassi, fino al 13 per cento in meno, e in tempi più rapidi, fino al 30 per cento in meno».
Sul risparmio di tempo non si è detta d'accordo Michela Stama, buyer della Lavazza, che ha espresso il punto di vista del fruitore sulla scorta della propria esperienza «Il servizio offerto dai porti del Mediterraneo è buono, i problemi - ha però aggiunto - arrivano una volta sbarcati. Il tempo di transito via mare è tra i 18 e i 30 giorni a seconda della distanza del Paese produttore di provenienza, ma il tempo necessario per muovere un container dal porto sta aumentando, e quello richiesto per raggiungere dal porto i diversi magazzini, con una distanza minima di 130 chilometri, è in media tra i 2 e i 4 giorni, ovviamente con il treno. Dovrei chiedere alle ferrovie italiane: come mai il servizio è così carente?».
L'attuale inadeguatezza delle infrastrutture è stata denunciata anche da Fabio Capocaccia, segretario generale dell'Autorità Portuale di Genova, che ha comunque confermato la grande crescita dei porti mediterranei. «Negli ultimi otto anni - ha specificato - la quota di mercato è passata dal 23 al 38%, e un'analisi del passaggio di container tra il 1993 e il 1999 ha segnalato una crescita annuale media del 16%. L'anno scorso sono stati movimentati 17,5 milioni di teu, e le previsioni parlano di 35,5 milioni per il 2010».
I porti meridionali giocheranno poi in futuro un ruolo sempre più importante in quanto sono situati all'intersecarsi delle rotte est-ovest e nord-sud. Ma, oltre che sulla lunga distanza, questi scali potranno rivelarsi fondamentali se, come viene auspicato anche in sede di Parlamento europeo, si affermerà il cabotaggio come sistema di trasporto alternativo a strada e ferrovia. Lo ha spiegato Paul Kyprianou, responsabile delle relazioni esterne del gruppo Grimaldi, sottolineando che «il cabotaggio offre vantaggi economici (i fruitori possono risparmiare fino al 48% rispetto al trasporto via terra) e soprattutto ambientali. Nel 1999 questo settore in Italia ha prodotto un turnover di 5mila miliardi di lire, le 460 navi della flotta hanno trasportato 60 milioni di tonnellate di carico e 38 milioni di passeggeri». Quali sono allora gli ostacoli allo sviluppo? Intanto gli alti costi dei porti, «spesso dovuti a monopoli o abuso di posizione dominanti», la mancanza di spazio adeguato negli scali, le complicate procedure burocratiche, gli scarsi investimenti statali. «Nel piano generale del Trasporti appena presentato - ha ricordato Kyprianou - strade e ferrovie riceveranno entro il 2010 170mila miliardi di lire, mentre per il settore marittimo sono previsti solo 6mila miliardi».
La panoramica sulla situazione dell'area mediterranea è stata completata dagli interventi di Theo Alleman, direttore generale dell'elvetica Hupac Holding , che ha parlato dell'intermodalismo transalpino, e di Valeri Novikov, direttore di InterValira, con base in Russia, che ha riferito dei porti sul Mar Nero.
E di nuovo la complessiva inadeguatezza della rete infrastrutturale italiana, oltre che il colpevole ritardo delle istituzioni in materia, è stata al centro dell'intervento di Alfonso Clerici, direttore generale di Clerici Logistics, nell'ambito della sessione di stamani dedicata alla logistica nella catena refrigerata di rifornimento. A fronte di una Spagna che tra 1990 e 1998 ha quasi raddoppiato le sue esportazioni (da 5 a 9 milioni di tonnellate), l'Italia è passata da 4 milioni di tonnellate a 5,5 milioni, «per non parlare delle importazioni, visto che il nostro Paese si è dimostrato incapace di attrarre traffico in maniera significativa pur essendo il logico accesso al mercato centro e sud europeo». Qual è il problema? Secondo Clerici «non possiamo ancora fare affidamento su una rete logistica efficiente, la logistica è considerata solo un costo e non un servizio primario, e quindi gli investimenti vengono collocati in modo inappropriato rispetto alle zone di produzione. Ad esempio la maggior parte dei 25 interporti si trova nel Nord Est mentre in altre aree, come Milano, il Lazio, il Meridione, sono insufficienti». L'80 per cento dei beni deperibili è trasportato su strada, e il sistema di distribuzione è costituito per il 70 per cento da ditte medio piccole, mente in Germania, Francia e Gran Bretagna la distribuzione su larga scala copre oltre l'80 per cento. Inoltre latitano iniziative a livello governativo, e la burocrazia rallenta lo sviluppo. Clerici ha individuato alcuni punti che potrebbero aiutare l'Italia a uscire da una situazione di stallo: «le varie strutture vanno razionalizzate per formare una rete nazionale, tutti i settori del trasporto e delle logistica devono essere privatizzati, leggi e regolamenti vanno semplificati il più possibile. Soprattutto il governo italiano deve finalmente comprendere appieno il valore del settore: nel '98 l'industria logistica europea ha avuto un turn over di circa 16 miliardi di dollari, altro che mercato di nicchia».
Altro tema trattato nell'ultima giornata è stato logistica e management dei container. La tradizionale divisione 50/50 tra container di proprietà dei vettori e noleggiati sta cambiando, e i container di proprietà stanno diventando il 65%. Questo grazie a nuovi sistemi di finanziamento che consentono ai vettori di possedere una propria flotta senza compromettere il bilancio. Dal canto loro le leasing companies ridurranno i loro prezzi.
Per finire, si è parlato del modo in cui collaborazione e innovazione possono migliorare la performance dell'intermodalità europea e internazionale, portando gli esempi di ODSC (Optimodal Distribution System of Chemical), costituita da oltre 20 aziende chimiche e di trasporto, di ART, progetto sostenuto dalla Comunità Europea per integrare vie d'acqua e servizi ferroviari navetta, di CESAR, un sistema di accesso alle informazioni aperto a diversi operatori e fruitori.
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