Il porto di Genova strozzato in un imbuto. E' l'immagine di copertina del volume "Genova: il Porto oltre il Porto", curato dal Gruppo Giovani dell'Industria di Genova e basato su 35 interviste ad operatori e rappresentanti della vita portuale genovese. Un'immagine che sintetizza efficacemente quali siano state le risposte degli intervistati alla richiesta di individuare i problemi che affliggono lo scalo ligure. Innanzitutto mancanza di adeguate infrastrutture di collegamento con il retroterra. Ma poi anche carenza di aree e di una pianificazione dello sviluppo portuale che tenga il passo della crescita dei traffici, e anzi consenta di anticiparla, mettendo gli operatori portuali in condizione di non rifiutare nuovi business per mancanza di spazi.
Il volume, che sarà presentato alla città lunedì prossimo alle 17:00 a Palazzo San Giorgio, giunge a dieci anni dalla pubblicazione del Gruppo Giovani "Genova, il caso porto", imperniata anch'essa su alcuni punti di discussione proposti a rappresentanti del mondo portuale genovese.
In un decennio il porto di Genova è cambiato. Ma - ha detto il presidente del Gruppo Giovani, Pietro Gai, illustrando oggi il contenuto del nuovo volume nella sede di Assindustria - alcuni problemi odierni sono più delicati di quelli affrontati allora. Il "collo di bottiglia" dei collegamenti ferroviari rischia di vanificare gli sforzi che hanno consentito il recente sviluppo dei traffici, ponendo un freno decisivo ad un'ulteriore crescita. «E' stato gravissimo - ha spiegato - che la variante di valico della linea ad alta capacità non sia stata inserita nel Piano Generale dei Trasporti». Gai ha comunque sottolineato come il ministro dei Trasporti abbia convenuto sulla priorità dell'opera, facendo sì che la relativa Conferenza dei Servizi sia stata convocata il prossimo 22 dicembre.
Ma Genova soffre anche della ritardata approvazione dei programmi di sviluppo dell'attività portuale. Se il piano regolatore portuale è giunto ormai alla fase conclusiva del lungo iter di approvazione, «nei prossimi mesi - ha detto Gai - sarà necessario già lavorare a nuovi progetti per il futuro: nel bacino di Sampierdarena la realizzazione dei tombamenti verso la diga foranea, l'allargamento dell'area aeroportuale e l'individuazione di nuovi spazi per i distripark». Secondo il presidente del Gruppo Giovani è infatti sterile il dibattito con il quale si vuole stabilire se Genova debba essere un porto di transito o un porto emporio: «Genova - ha sottolineato - deve essere in grado di recepire il massimo dei traffici che può accogliere». E l'attività generata dallo scalo non deve fermarsi entro le cinta portuali: «dobbiamo creare anche spazi logistici al di là dell'Appennino».
La "devolution" potrebbe facilitare questi sviluppi. Il controllo diretto delle risorse a disposizione, «non importa - ha detto Gai - se gestite dall'Autorità Portuale o dalla Regione», potrebbe infatti consentire di realizzare i progetti in tempi più brevi. Ai concorrenti non mancano d'altronde le risorse: A Marsiglia si fanno investimenti nell'ordine dei 1.200 miliardi di lire, a Barcellona di 2.000 miliardi, mentre noi - ha spiegato riferendosi agli esigui capitali che l'eventuale devoluzione di parte delle tasse portuali garantirebbe allo scalo - «facciamo ridere a parlare di soli 40 miliardi».
In merito alla pianificazione delle attività nell'area portuale, il Gruppo Giovani dell'Industria di Genova ha espresso rammarico per il parere negativo sull'effettuazione di alcuni tombamenti (Calata Concenter) della commissione per la Valutazione d'Impatto Ambientale. Ma è stato anche definito un errore lo spostamento di parte dell'attività delle aziende che operano nell'area delle riparazioni navali nel piazzale a ponente della Fiera di Genova in vista del G8. «Quell'area - ha detto Gai - serve per altri padiglioni fieristici e per parcheggi. Le riparazioni navali dovrebbero casomai espandersi verso ponente a "danno" dello Yacht Club».
Sul futuro delle aree di Cornigliano, attualmente occupate dalla siderurgia ma appetite da operatori portuali o di altri settori dell'industria e dei servizi, i giovani di Assindustria hanno ribadito il loro appoggio all'ipotesi del "forno elettrico", che garantirebbe il mantenimento a Cornigliano dell'acciaio con il superamento dell'attività siderurgica a caldo.
Bruno Bellio
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