Quotidiano indipendente di economia e politica dei trasporti
10:15 GMT+1
Il sistema del trasporto italiano, e in particolare il settore portuale, dovrà risolvere alcune criticità per non essere emarginato dalle correnti di traffico mondiali
Per il vicepresidente dell'Associazione Italiana di Logistica e Supply Chain Management è necessario attivare sia i finanziamenti previsti dalle normative che una politica di sostegno alla diversificazione dei servizi
8 marzo 2001
I porti italiani hanno movimentato nel 2000 quasi 2.600.000 teu e negli ultimi anni hanno registrato una crescita continua. Circa il 50% del tonnellaggio che transita per il canale di Suez è costituito da merce in container e l'Italia si appresta a catturare nuove quote di traffico inaugurando due nuovi scali di transhipment, a Taranto e a Cagliari.
Questo positivo scenario è stato tracciato oggi a Roma dal vicepresidente dell'Associazione Italiana di Logistica e Supply Chain Management, Sergio Bologna, nel corso del convegno "Il trasporto internazionale di container, la portualità italiana, la logistica" organizzato dal Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL).
Bologna ha però richiamato l'attenzione su alcune criticità che si profilano all'orizzonte. «La prima - ha spiegato - è rappresentata dalla prossima entrata in servizio di navi di grandi dimensioni, con portate superiori ai 6.000 teu, che rappresentano oggi poco più dell'1% della flotta in esercizio ma costituiscono ben il 22% degli ordini di nuove navi passati ai cantieri. Per ricevere queste navi occorrono ampi spazi di accosto e fondali superiori ai 16 metri di profondità, quindi i porti di transhipment debbono attrezzarsi dal lato infrastrutturale se non vogliono restare emarginati».
La seconda criticità - ha aggiunto Bologna - «è rappresentata dal rischio di una sottoutilizzazione degli impianti dei terminal, vista la loro proliferazione. La terza, collegata alla precedente è rappresentata dal rischio di una guerra micidiale sui prezzi che può tornare utile a ridurre i margini di profitto delle imprese e quindi a rallentarne gli investimenti». «I noli marittimi sono infatti in calo costante dagli inizi degli anni '90 e la recente ripresa - ha ammonito - è dovuta solo alla compensazione dell'aumento del prezzo del carburante».
Bologna ha ricordato inoltre che il costo di uno sbarco/imbarco di un contenitore era in Italia pari a circa 300.000 lire nel 1989/90 ed è oggi di circa 160.000 lire.
Secondo il vicepresidente dell'associazione, per rispondere a queste criticità è necessario agire su più fronti. «Da parte della mano pubblica - ha spiegato - non si può assistere indifferenti al rischio che i nostri porti di transhipment vengano emarginati dalle correnti di traffico mondiali. Occorre accelerare l'iter di tutti gli strumenti finanziari previsti dalla normativa vigente (dagli accordi di programma ai contratti d'area, agli stanziamenti previsti dalla legge 413 per i porti, ai finanziamenti dell'Agenda 2000) affinché gli interventi sul piano delle infrastrutture si facciano in tempi brevi. I traffici containerizzati sono estremamente volatili ed i nostri concorrenti non stanno certo a guardare».
Bologna ha inoltre sottolineato che, «per impedire gli effetti disastrosi di una concorrenza condotta solo sul terreno dei prezzi, occorre attivare invece una politica di sostegno alla diversificazione dei servizi. La parola d'ordine è fare logistica a valore aggiunto, fare logistica conto terzi, inserirsi nel mercato della cosiddetta industrial contract logistics che cresce - anche grazie a Internet - a ritmi del 10-20% all'anno». E' necessario - ha detto - «creare delle aree specializzate nelle immediate vicinanze dei porti, dove si possano fare operazioni di consolidamento, deconsolidamento, stoccaggio, imballo, predisposizione dei carichi, etichettatura, recupero materiali (reverse logistics), dove si possano parcheggiare auto nuove e veicoli industriali in grandi quantità, per montare alcuni optional, provvedere alla ceratura, distribuirle direttamente ai punti vendita e così via. Le aree retroportuali diventano quindi una risorsa strategica per i porti. Laddove sono disponibili vanno eliminati tutti i vincoli di carattere amministrativo, le incrostazioni di interessi, le lentezze burocratiche, per renderle immediatamente disponibili».
L'ultima osservazione di Bologna ha riguardato i parchi ferroviari. «I porti di transhipment - ha concluso - debbono integrare i loro servizi feeder con servizi ferroviari superiori per tempi di resa e costi, in modo non solo di accontentare una clientela sempre più esigente (express container service), ma di servire aree sempre più vaste del territorio italiano. Oggi dei 100.000 teu che transitano per Gioia Tauro destinati all'import-export del mercato italiano, la quasi totalità si ferma nel Sud. Con servizi ferroviari efficienti un numero ben maggiore di container potrebbe raggiungere la Lombardia, il Nordest, l'Emilia Romagna, guadagnando due-tre giorni sui feeder. Bisogna imparare ancora dai porti del Nord che, con i loro servizi ferroviari efficienti, intercettano le merci del nostro mercato, anche per le rotte del Far East, quelle che ci mettono cinque giorni di più ad arrivare a Rotterdam (nel 2000 il 73% dei containre in import destinati all'Interporto di Padova per i nostri mercati proveniva ancora dai porti del Nordeuropa). Con migliori servizi ferroviari, Genova, La Spezia, Trieste, potrebbero spingere il loro hinterland ben oltre le Alpi».
- Via Raffaele Paolucci 17r/19r - 16129 Genova - ITALIA
tel.: 010.2462122, fax: 010.2516768, e-mail
Partita iva: 03532950106
Registrazione Stampa 33/96 Tribunale di Genova
Direttore responsabile Bruno Bellio Vietata la riproduzione, anche parziale, senza l'esplicito consenso dell'editore