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Presentato oggi lo studio sulle infrastrutture per le autostrade del mare nei porti italiani realizzato da Sviluppo Italia
Oltre alla necessità di creare idonee infrastrutture, l'indagine mette in evidenza l'esigenza di realizzare incisive forme di coordinamento e integrazione fra i numerosi di soggetti coinvolti nel trasporto combinato strada-mare
2 maggio 2001
Nel corso dell'incontro odierno a Roma, durante il quale il ministro dei Trasporti e della Navigazione ha annunciato la firma del decreto sui fondi destinati ai porti italiani (inforMARE del 2 maggio 2001), è stato presentato lo studio "Le infrastrutture per le autostrade del mare nei porti italiani sede di autorità portuale" realizzato da Sviluppo Italia.
Nel documento, di cui riportiamo di seguito una sintesi, vengono messe in evidenza le criticità relative alla realizzazione di un sistema trasportistico basato sulle modalità strada - mare - ferrovia, alternativo al "tutto strada", che sono state segnalate dalle autorità portuali. Le più ricorrenti riguardano l'insufficienza delle aree operative a servizio delle banchine, la mancanza di aree custodite per la sosta dei camion e dei semirimorchi, le difficoltà che si registrano nei collegamenti fra viabilità portuale, urbana ed extraurbana e la commistione dei traffici nazionali con quelli internazionali che trovano ostacoli nel transito alle barriere doganali.
L'indagine sottolinea come ci sia una generale maggiore attenzione alle esigenze di questa tipologia di traffici, che però sovente conducono ad semplice "ammodernamento" delle infrastrutture esistenti e «le rare opere di più ampio respiro (appena completate, quali il Terminal Traghetti di Genova e il Terminal Trattaroli di Ravenna, o in fase di progettazione, come a Venezia, Trieste, Brindisi e Catania) sia per le diverse tempistiche di realizzazione, sia per le caratteristiche progettuali non appaiono riferibili ad una visione di sistema fra loro coordinata».
Negli scorsi anni la mancanza di risorse finanziarie ha impedito di destinare fondi a questi progetti. Un problema che l'azione di governo odierna tende a risolvere. «Le infrastrutture portuali - ammonisce però Sviluppo Italia - non sono certamente sufficienti, da sole, a "fare sistema" per lo sviluppo del trasporto combinato strada-mare nel senso indicato dal Piano Generale dei Trasporti e della Logistica» e «un'area di intervento di cui si avverte la necessità è la realizzazione di incisive forme di coordinamento e/o integrazione fra i numerosi di soggetti coinvolti nel trasporto combinato strada-mare».
Sviluppo Italia
Le infrastrutture per le autostrade del mare nei porti italiani sede di autorità portuale
Gli obiettivi dell'indagine
Nel nuovo Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL) il problema del cabotaggio (e, più in generale, del trasporto marittimo a corto raggio) è chiaramente collocato tra le priorità del Piano stesso, in quanto viene ritenuto tra gli elementi che maggiormente possono contribuire alla costruzione del processo di innovazione del sistema dei trasporti delle persone e delle merci.
In questa prospettiva il cabotaggio non viene considerato soltanto come un rimedio alla congestione del traffico terrestre o un correttivo ai problemi dell'inquinamento atmosferico, ma anche come un sistema avanzato di trasferimento delle merci mediante tecniche specifiche in grado di offrire all'utenza uno standard di servizio in linea con la richiesta che viene dal mondo del trasporto e della logistica.
Nel contesto dei trasporti a breve raggio l'attenzione del PGTL viene sovente portata sulle così dette "Autostrade del Mare". Con questa espressione, che, invero, non fa parte della corrente terminologia in uso nel campo del trasporto marittimo, il PGTL intende riferirsi al trasporto combinato strada-mare di merci, effettuato con l'utilizzo di navi ro-ro: questa, infatti, rappresenta la modalità di trasporto marittimo che, per la capacità di rispondere alle domande della moderna logistica (frequenza, regolarità, affidabilità, rapidità, flessibilità, sicurezza) maggiormente può contribuire al trasferimento dei veicoli merci dalla via terrestre a quella marittima.
Per corrispondere a questa crescente domanda di qualità, il PGTL invita a guardare al servizio di trasporto come sistema complesso che integra in sé tutte le diverse fasi e segmenti che vanno dall'inizio al termine del viaggio (door to door). Si tratta dunque di un sistema unitario, vale a dire da inquadrare nella sua interezza, ma al tempo stesso complesso ed integrato perché risultante da diverse componenti (ad esempio tratte terrestri nelle diverse modalità ferroviaria e stradale, tratta marittima, fase di inland terminal); tutte le componenti di questo servizio, tra loro coordinate e/o integrate, devono poter generare un valore aggiunto complessivo superiore alla somma di quello producibile da ogni componente singolarmente considerata.
Nell'ambito di questa visione di sistema appare evidente l'essenzialità del ruolo dei porti per sostenere lo sviluppo del combinato strada-mare, sia sotto il puro profilo dell'offerta infrastrutturale, sia sotto quello della capacità di sostenere e stimolare le innovazioni tecnologiche ed organizzative.
È parso quindi necessario, nel momento in cui il progetto per le "Autostrade del Mare" ha assunto una valenza politica strategica (con una conseguente assegnazione di rilevanti risorse per la loro realizzazione), di disporre di un quadro di riferimento volto a fornire una visione della portualità italiana rappresentativa delle realtà dei singoli porti, e, soprattutto, della sua capacità di "fare sistema".
La metodologia
L'indagine è stata estesa a tutti i porti in cui è stata istituita l'Autorità Portuale. A tali porti, infatti, sono stati attribuiti i fondi per il rinnovamento delle infrastrutture con la Legge 413/98 e successive integrazioni "in considerazione del fatto che ad essi fa capo circa l'80% del traffico merci complessivo di tutti i porti italiani e quote percentuali anche maggiori di quelle tipologie di traffico in grado di generare un più elevato valore aggiunto e, quindi, un maggiore impatto economico".
Anche per le operazioni di trasporto combinato strada-mare i detti porti coprono la larghissima maggioranza di offerta di infrastrutture; oltre a questi, gli unici porti non sede di Autorità Portuale ospitanti attualmente traffici combinati strada-mare sono Olbia/Golfo Aranci, Porto Torres in Sardegna, Gaeta nell'arco tirrenico continentale e Trapani in Sicilia.
Le informazioni contenute in questo rapporto sono state raccolte prevalentemente mediante un questionario inviato a tutte le Autorità Portuali.
Una prima parte dell'indagine ha per oggetto le caratteristiche delle infrastrutture dedicate al combinato strada-mare: la loro posizione nel porto (individuabile sulla planimetria dello stesso), dimensione di banchine e piazzali, aree di sosta per l'autotrasporto, vie di acceso portuali ed extraportuali. Sono state prese in considerazione le infrastrutture utilizzate per il trasporto merci combinato strada-mare, anche quando realizzato con navi traghetto miste passeggeri e merci.
Una seconda parte dell'indagine riguarda informazioni relative ad aspetti qualitativi dell'utilizzo delle infrastrutture, quali la tipologia dei traffici, il livello di saturazione, la produttività media, le principali criticità che ostacolano il flusso del trasporto.
Come, peraltro, ci si attendeva, si sono evidenziate notevoli divergenze interpretative nella compilazione delle risposte ai quesiti proposti, esse riflettono evidentemente le peculiarità di ciascun porto sia sotto il profilo dell'approccio strategico, sia sotto quello del ruolo attribuito a questa modalità di trasporto nell'ambito dell'insieme di tutte le attività portuali. Pertanto, i dati forniti sono stati sottoposti ad una analisi di verifica attraverso incontri diretti o interviste telefoniche con i compilatori dei questionari o con operatori del settore (prevalentemente terminalisti ed armatori).
Ciò ha consentito di ottenere una buona chiave di lettura delle diverse realtà portuali, rispettosa delle loro peculiarità, anche se ciò ha significato una rinuncia a realizzare delle tavole di confronto fra singoli porti, il cui valore di quadro di sintesi sarebbe stato scarsamente significativo, tenuto conto appunto di tali spiccate peculiarità e quindi della grande varietà che caratterizza gli scali nazionali.
Non si è ritenuto opportuno inserire nella ricerca informazioni dettagliate (al di là di significative esemplificazioni) sui servizi offerti nei diversi porti dalle società di navigazione e sui rispettivi volumi di traffico, a motivo della rapidità con cui si stanno evolvendo.
In una terza parte sono state richieste informazioni sui progetti in corso o di prossima realizzazione previsti dai Piani Operativi Triennali delle Autorità Portuali e su ogni altra eventuale iniziativa volta a superare le attuali situazioni di criticità.
Sulla base di quanto sopra esposto, le informazioni relative ai singoli porti oggetto dell'indagine vengono così presentate:
Nota di Sintesi: contiene una visione sintetica delle caratteristiche delle infrastrutture dedicate al combinato strada-mare, delle principali criticità che ostacolano lo sviluppo dei traffici e degli interventi infrastrutturali ed organizzativi programmati;
Le planimetrie del porto: evidenziano le aree ove vengono svolte le operazioni di imbarco/sbarco, i più significativi interventi programmati e le principali direttrici di viabilità portuale ed extraportuale;
Informazioni sui singoli terminal/poli portuali: relative alle caratteristiche fisiche ed operative degli stessi.
L'esposizione delle suddette informazioni viene fatta precedere da "Note esplicative" che forniscono chiarimenti sul significato attribuito alla terminologia adottata. Ciò si è reso necessario in quanto sovente nelle risposte ricevute ai questionari la terminologia utilizzata non assumeva un significato univoco.
Sintesi dei risultati
Una valutazione complessiva delle caratteristiche dell'offerta di infrastrutture e di servizi nei porti italiani per il trasporto combinato strada-mare non può prescindere da una analisi della evoluzione storica di questa attività.
Gli elementi più rilevanti di tale evoluzione si possono sintetizzare come segue.
Originariamente (fino alla fine degli anni '80) i flussi di traffico si svolgevano in modo significativo esclusivamente sulla direttrice tra il centro-nord Tirreno e la Sardegna (traffico obbligato); conseguentemente pochi erano i porti coinvolti in questa attività (Genova, Livorno, Piombino, Civitavecchia nel continente e Porto Torres, Olbia/Golfo Aranci e Cagliari in Sardegna). In questa fase:
i traffici riguardavano principalmente il trasporto passeggeri, con forti punte di stagionalità nei periodi estivi;
i porti non erano incentivati a promuovere lo sviluppo di questi traffici perché si preferiva concentrare le risorse disponibili al sostegno di traffici a più elevato valore aggiunto.
Nell'ultimo decennio questo quadro ha cominciato a mostrare significativi mutamenti:
le società di navigazione pubbliche sono state affiancate da operatori privati, con un conseguente miglioramento dell'offerta di servizi, sia sul piano quantitativo, sia su quello qualitativo; iniziano a svilupparsi trasporti merci anche verso la Sicilia, ma, in ogni caso, sono ancora i flussi turistici che determinano una prevalenza di offerta di traffici misti passeggeri/merci;
la sempre più accentuata situazione di congestione sulla rete stradale ed autostradale stimola l'utilizzo della via marittima per il trasporto merci, ma esclusivamente sulle lunghe distanze (Italia settentrionale-Sicilia), ove questa modalità di trasporto è competitiva rispetto al tutto strada, o anche su distanze più brevi (Napoli-Sicilia) a motivo di particolari situazioni di criticità (percorso Salerno-Reggio Calabria);
la crescita dei traffici merci via mare stimola le società di autotrasporto ad adottare nuove soluzioni organizzative: si sviluppa il trasporto "non accompagnato", ossia il trasporto dei soli semirimorchi, senza motrice e relativo autista;
sul versante adriatico si registra un forte sviluppo dei traffici verso i Paesi balcanici e la Turchia (particolarmente da Trieste, Ancona, Bari e Brindisi) non solo per i passeggeri, ma anche per le merci, a causa sia degli eventi bellici nella ex-Yugoslavia, sia dalle difficoltà presentate dai percorsi terrestri
La tendenza evolutiva sopra descritta ha di recente subito una forte accelerazione non solo a motivo delle crescenti difficoltà che si registrano nel trasporto stradale, soprattutto su alcune direttrici strategiche, ma anche per una accresciuta consapevolezza sia delle parti pubbliche sia degli operatori privati, del ruolo sempre più importante che dovrà assumere in futuro l'integrazione fra le diverse modalità di trasporto, strada-mare-ferrovia, per costruire opzioni alternative al tutto strada.
Tale accelerazione, peraltro, mette in evidenza i limiti strutturali ed operativi di un sistema la cui impostazione risente ancora molto del passato ed il cui aggiornamento richiede tempi che non riescono a tenere il passo con la nuova domanda del mercato.
Le criticità segnalate dalle Autorità Portuali, che evidenziano (salvo rare eccezioni) una impressionante coincidenza di situazioni nella generalità dei porti, sono una chiara testimonianza di questa realtà.
Le criticità più ricorrenti riguardano:
la insufficienza delle aree operative a servizio delle banchine;
la mancanza di aree custodite per la sosta dei camion e dei semirimorchi;
le difficoltà che si registrano nei collegamenti fra viabilità portuale, urbana ed extraurbana;
la commistione dei traffici nazionali con quelli internazionali che trovano ostacoli nel transito alle barriere doganali.
Dette criticità si riflettono, in particolare, sulla rapidità delle operazioni di imbarco/sbarco (in media 25-30 mezzi commerciali/ora con rare punte di 60-70/ora): ciò fa sì che difficilmente gli accosti possano essere programmati per più di un servizio al giorno, per evitare sovrapposizioni negli orari di arrivo/partenza, salvo che non siano dedicati ad una specifica compagnia, avendo, la stessa, la possibilità di gestire i propri orari.
Appare anche evidente, dall'insieme dei dati forniti dalle Autorità Portuali, che quella visione di sistema integrato sottolineata dagli estensori del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica è determinante al fine di individuare e realizzare le soluzioni alle sopra citate criticità. È facile notare, infatti, come la diversità sul piano qualitativo dell'offerta di servizi (dovuta, soprattutto, alle specificità dei numerosi soggetti che fra loro interagiscono, oltre che alle particolarità infrastrutturali dei singoli porti) non possa non rendere difficile il coordinamento di tutte le fasi del trasporto, dall'origine alla destinazione finale.
Sono un segnale di questo stato di cose le difficoltà a dare risposte ugualmente soddisfacenti alle esigenze dei passeggeri e degli autotrasportatori (particolarmente nell'alta stagione turistica), le differenze fra i sistemi di organizzazione delle operazioni di imbarco/sbarco adottate nei diversi porti, le difficoltà di coordinamento delle Autorità Portuali fra loro (per rendere compatibili infrastrutture e sistemi organizzativi ai servizi che collegano i rispettivi porti) o con gli Enti Locali (per risolvere i problemi della viabilità), i sistemi informativi disponibili, ancora lontani da supportare una effettiva integrazione di tutta la catena del trasporto.
Dall'esame degli interventi programmati dalle Autorità Portuali emerge, come elemento positivo, una generale maggiore attenzione alle esigenze di questa tipologia di traffici.
In molti casi, però, questi interventi rappresentano un semplice "ammodernamento" dell'esistente, che mira a realizzare soluzioni efficaci già nel breve termine per sopperire alle più evidenti e contingenti situazioni di criticità (miglioramento della viabilità, razionalizzazione degli spazi). Le rare opere di più ampio respiro (appena completate, quali il Terminal Traghetti di Genova e il Terminal Trattaroli di Ravenna, o in fase di progettazione, come a Venezia, Trieste, Brindisi e Catania) sia per le diverse tempistiche di realizzazione, sia per le caratteristiche progettuali non appaiono riferibili ad una visione di sistema fra loro coordinata.
Certamente la situazione sopra descritta non può non risentire delle scarse risorse finanziarie che i porti hanno potuto destinare a questi progetti e delle incertezze circa la loro effettiva disponibilità.
Prima della Legge di riforma 84/94, infatti, la maggior parte delle risorse statali assegnate ai porti era assorbita dalla copertura dei disavanzi di gestione, che, peraltro, ancora oggi continua ad incidere sensibilmente anche su quelle fonti di introiti che la legge ha previsto a favore delle Autorità Portuali. Le risorse per le infrastrutture portuali, pertanto, sono derivate, a partire dal 1998 sostanzialmente dalla Legge 413/98 che ha stanziato complessivamente l'importo di Lire 1.500 miliardi, certamente significativo nel suo ammontare assoluto, ma che, suddiviso fra 20 Autorità Portuali istituite a quella data, ha soddisfatto solo parzialmente le esigenze delle stesse; conseguentemente queste risorse sono state dedicate prioritariamente alle opere relative alla sicurezza ed ai traffici che producono più elevato valore aggiunto.
Le Leggi 23/12/1999 n.488 (Finanziaria 2000) e 23/12/2000 n.388 (Finanziaria 2001) hanno rifinanziato la Legge 413/98 rispettivamente per 1.290 e 1.125 miliardi, con la particolarità che una quota di 615 miliardi (ex Legge 488/99) è stata specificamente assegnata a progetti delle Autorità Portuali finalizzati alla realizzazione di infrastrutture dedicate alle Autostrade del Mare.
È di particolare interesse sottolineare i criteri sulla base dei quali il Ministero intende monitorare la bontà della spesa che i porti interessati effettueranno nell'ambito del programma "Autostrade del Mare". I progetti andranno individuati, con carattere di priorità, tra le seguenti categorie di interventi:
realizzazione di terminal per traghetti ro-ro dedicati al trasporto delle merci, dotati di banchine, piazzali, collegamenti stradali o ferroviari, atti a consentire la rapidità delle operazioni di imbarco/sbarco e di movimentazione degli automezzi, anche attraverso l'applicazione delle nuove tecnologie;
ammodernamento di terminal esistenti, che svolgono anche traffico misto passeggeri/merci, volto, particolarmente, ad adeguare il rapporto fra numero di accosti ed area di piazzale operativo, a separare i flussi degli autoveicoli da quello dei mezzi pesanti, a migliorare la produttività delle operazioni di imbarco/sbarco;
realizzazione, nel terminal e/o in aree portuali e/o in aree extraportuali, compreso il loro acquisto, di aree di sosta custodita per i mezzi pesanti, eventualmente dotate di strutture di servizio per l'autotrasporto (rifornimento, officina, ristoro);
realizzazione di accosti/aree dedicate a traffici specializzati (in particolare ortofrutticoli, prodotti chimici);
interventi per migliorare la sicurezza delle operazioni portuali nei terminal per i traghetti (segnaletica, barriere, illuminazione, controlli con telecamere, ecc.);
interventi sulla viabilità portuale, atti a rendere compatibili i flussi derivanti dai trasporti combinati strada-mare con quelli degli altri traffici portuali.
Ciascun tipo di intervento andrà poi giustificato con la sussistenza, anche disgiunta, delle seguenti condizioni:
esistenza di una significativa domanda attuale e potenziale di trasporto combinato strada-mare;
esistenza di intese con gli Enti Locali 8ed, eventualmente, di questi con il Ministero dei Lavori Pubblici) per la realizzazione di interventi atti ad eliminare interferenze fra traffico portuale e traffico urbano e/o garantire fluidità dei trasporti fra porto e hinterland;
attivazione di accordi fra porti (compresi quelli ove operano le Aziende speciali delle Camere di Commercio), per la realizzazione di strutture terminalistiche tra loro coordinate;
esistenza di progetti per lo sviluppo di sistemi informatici compatibili con gli indirizzi di riferimento individuati dal Gruppo di Lavoro del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica incaricato dello studio delle applicazioni informatiche e telematiche al sistema dei trasporti
Le infrastrutture portuali non sono certamente sufficienti, da sole, a "fare sistema" per lo sviluppo del trasporto combinato strada-mare nel senso indicato dal PGTL.
Un'area di intervento di cui si avverte la necessità, come già sottolineato, è la realizzazione di incisive forme di coordinamento e/o integrazione fra i numerosi di soggetti coinvolti nel trasporto combinato strada-mare. Questo obiettivo non è certo più facilmente raggiungibile di quello del reperimento delle risorse finanziarie a motivo della necessità di contemperare gli interessi pubblici e quelli privati nel rispetto delle particolari autonomie. Una risposta significativa a questa esigenza dovrà, quindi, derivare da nuove forme, il più possibile a carattere istituzionale, di concertazione fra le parti che portino a una condivisione non solo dei principi, ma anche di un metodo di lavoro capace di accrescere l'efficacia dell'apporto di ciascuno. Dovrà, altresì, essere individuato e reso efficace un sistema delle regole che offra, per quanto possibile, delle certezze sia nella tempistica della realizzazione di quanto programmato, sia nel riferimento a normative che non siano generatrici di effetti distorsivi della concorrenza.
Non va dimenticato, infatti, che per la realizzazione del sistema il principale fattore critico di successo risiede nel coordinamento della tempistica, non soltanto di quella relativa alla realizzazione delle infrastrutture, ma anche di quella relativa all'evoluzione delle modalità operative dei servizi offerte.
Soggetti pubblici e privati dovranno, quindi, sentirsi impegnati, al fine di raggiungere i risultati sperati, nella costruzione di una forte base culturale comune, che accresca la capacità di dialogo fra le parti e, conseguentemente, la capacità di interpretare in modo univoco il nuovo ruolo che essi sono chiamati a svolgere nell'ambito del più ampio sistema della logistica.
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