Sono numerosissime le navi bloccate ogni giorno nei porti di tutto il mondo. Alcune unità sono fermate nell'ambito delle ispezioni di Port State Control e possono lasciare il porto dopo aver effettuato le riparazioni e gli interventi necessari per garantire che la nave possa riprendere il mare in piena efficienza. Si tratta di arresti sovente di pochi giorni, alcune volte di settimane o mesi. Ma nei porti ci sono navi ferme anche da anni. Alcune sono state bloccate a seguito delle deficienze riscontrate nel corso dei controlli effettuati dalle istituzioni portuali, la maggior parte sono detenute a causa delle iniziative giudiziarie avviate per l'insolvenza degli armatori. A bordo di queste navi si svolge un dramma umano poco conosciuto: quello dei marittimi lasciati in balia di se stessi, senza mezzi di sussistenza e impossibilitati a lasciare la nave, pena la perdita dei diritti sui salari non percepiti da parecchi mesi.
Di queste emergenze umanitarie si occupa l'Apostolato del Mare - Stella Maris (Fondazione Migrantes CEI), che all'inizio della scorsa estate ha avviato la costituzione di una rete di emergenza per assistere i marittimi imbarcati sulle navi poste sotto sequestro ed ha successivamente ha siglato un accordo con l'International Transport Workers' Federation (ITF) per l'assistenza ai marittimi (
inforMARE del
3 luglio e
14 dicembre 2002). Questa mattina nella sede della Capitaneria di Porto di Genova l'Apostolato del Mare ha nuovamente sensibilizzato gli organi di stampa sul dramma vissuto da questi marittimi in una conferenza stampa nel corso della quale è stato presentato il libro "Né in terra né in mare" del fotografo Stefano Schirato. «Un volume - ha detto l'autore - nel quale si è cercato di tradurre in fotografia gli stati d'animo di angoscia, stanchezza, noia dei marittimi, le situazioni di stallo in cui non si è né in terra né in mare, come il titolo del libro». Svolgendo il suo lavoro, durato due anni, Schirato ha condiviso la vita dei marittimi, cogliendone con discrezione le emozioni e le ansie.
L'ammiraglio Raimondo Pollastrini, comandante della Capitaneria di Porto di Genova e direttore marittimo della Liguria, ha ricordato l'impegno delle Capitanerie, «che - ha detto - sono le prime ad attivarsi per dare assistenza ai marittimi». «Nel 2002 - ha ricordato - a Genova sono state fermate circa 20 navi substandard, mentre dall'inizio del 2003 sono state bloccate già sette navi».
Parlando a nome della Conferenza Episcopale Italiana, monsignor Luigi Petris, direttore nazionale della Fondazione Migrantes, ha sottolineato come il problema dei marittimi confinati a bordo delle navi arrestate sia trascurato ed ha sollecitato la ratifica della Convenzione ILO 163 (Seafarers' Welfare Convention, 1987) che obbliga gli Stati che la sottoscrivono ad assistere i marittimi delle navi poste sotto sequestro.
«A venerdì scorso - ha detto il direttore nazionale dell'Apostolato del Mare, don Giacomo Martino - erano 23 le navi arrestate in Italia dall'inizio dell'anno» Don Giacomo ha spiegato l'obiettivo del progetto "Relation:Ships" avviato nella scorsa primavera, con il quale si intende realizzare una mappatura digitale delle situazioni di welfare ai marittimi nei porti italiani ed una mappatura delle situazioni reali. C'è bisogno di diffondere la conoscenza di queste situazioni di estremo disagio, di sofferenza, che spesso non varcano i confini delle amministrazioni portuali e che qualche volta non sono note neppure da chi lavora per le navi, ha sottolineato il sacerdote ricordando l'episodio di due ormeggiatori ignari del fatto che la nave alla quale prestavano servizio fosse detenuta da due anni e per tutto questo tempo fosse rimasta ormeggiata alla banchina sulla quale i due portuali lavoravano.
Don Giacomo ha richiamato l'attenzione anche sul problema dei clandestini: «nel porto di Genova - ha precisato - sono stati registrati fino a 300 casi di clandestinità nel 2002». Di questi clandestini, una volta ripartiti sulle navi sulle quali avevano tentato di espatriare, sovente si perde traccia, non si conosce il loro destino. Alcune volte - ha spiegato - il loro viaggio si conclude tragicamente, visto che ancora oggi sono noti episodi di clandestini buttati a mare.
B.B.