Il Tribunale Amministrativo Regionale di Firenze ha respinto martedì scorso la richiesta di sospensione del provvedimento del ministro, avanzata da Regione Toscana, Provincia e Comune di Livorno, con il quale è stata commissariata l'Autorità Portuale di Livorno.
«Il tribunale - ha commentato ieri la port authority di Livorno - ha pertanto indirettamente confermato che il commissariamento non rappresenta un atto provocatorio, eccezionale e senza precedenti nella pur breve storia delle autorità portuali italiane. Infatti, fino ad oggi (e le autorità portuali non ancora dieci anni) i ministri che si sono succeduti ai Trasporti hanno proceduto ad altri commissariamenti, sei dei quali in situazioni del tutto analoghe a quelle di Livorno e cioè per avvenuta scadenza del mandato presidenziale ed il mancato completamento della complessa procedura di nuova nomina. La Spezia, Brindisi, Taranto, Ravenna, Catania, Civitavecchia hanno visto commissariato il loro porto per le stesse ragioni di Livorno; La Spezia, addirittura, in una situazione specularmente opposta a quella di Livorno: mancata intesa tra Regione e ministro, rispetto alle designazioni fatte dagli enti locali. Là, come a Livorno, in mancanza di un accordo, è stato necessari oche qualcuno decidesse, per evitare che l'ente non potesse operare, e la legge conferisce questo potere solo al ministro dei Trasporti, sulla base del disposto dell'articolo 12 della legge 84/94 che conferisce potere di vigilanza sulle autorità portuali al ministro stesso».
«Il tribunale - ha proseguito la port authority - ha allo stesso modo di fatto smentito che il ministro abbia ritardato la procedura per poter "commissariare" a suo piacimento. La procedura è iniziata a gennaio, con sei mesi di anticipo. A marzo il ministro ha comunicato il suo orientamento per Lenzi (neo commissario dell'Autorità Portuale di Livorno, ndr); in aprile si è incontrato con Martini (presidente della Regione Toscana, ndr); a maggio, vista l'impossibilità di trovare un'intesa, ha chiesto eventuali nuove designazioni. A questo punto (20 maggio), quando mancavano circa 45 giorni alla indilazionabile scadenza, gli enti locali hanno "speso" 30 giorni per confermare o modificare le designazioni. Restavano ancora 14 giorni per cercare un'intesa, fra l'altro, su nomi sui quali, in gran parte, si era già constatato il disaccordo. Per arrivare alla nomina di un presidente si sarebbe dovuto, nelle due settimane restanti, non solo trovare l'intesa, ma poi passare ancora davanti alle commissioni Trasporti della Camera e del Senato, passaggio per il quale non sono mai bastati 30 giorni per rispettare i termini delle convocazioni. E, nel frattempo, cosa si doveva fare? Lasciare un porto senza rappresentanza legale e senza poteri decisionali? Chi avrebbe potuto fronteggiare gli impegni di spesa? Chi avrebbe potuto far fronte ai problemi legati alla sicurezza? Chi sarebbe stato responsabile?».
«In ultimo - ha proseguito l'Autorità Portuale - la decisione del tribunale conferma che non è stato il ministro a rifiutare l'intesa: il disaccordo si è verificato perché la Regione ha ritenuto come "valide" solo le designazioni del Comune capoluogo e della Provincia, così declassando le designazioni del Comune di Capraia e soprattutto quella della Camera di Commercio che ha pari dignità politico-amministrativa rispetto agli altri enti designatari».
«Perché - ha concluso l'ente portuale - solo a Livorno la legge di riforma portuale non doveva trovare applicazione e si doveva nominare un presidente solo scegliendolo fra le candidature della Provincia e del Comune capoluogo, quando soprattutto il candidato proposto dagli altri enti designanti vantava un curriculum sicuramente più rispondente a quanto richiesto dalla legge, che fa esclusivo riferimento alla specifica capacità professionale? Perché l'intesa doveva trovarsi solo sul nome indicato dalla Provincia e dal Comune capoluogo? Cos'altro poteva fare il ministro, il 3 di luglio, una volta scaduto il precedente presidente?».