Nel corso della tredicesima Conferenza delle Parti della Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo, che è iniziata oggi a Catania, il WWF presenterà le proprie proposte per prevenire possibili disastri ambientali causati dall'affondamento di navi cisterna nel Mediterraneo.
«Per prevenire ulteriori danni dall'inquinamento nel Mediterraneo - ha spiegato Paolo Guglielmi, responsabile del programma Mediterraneo dell'associazione ambientalista - il WWF chiede la creazione di aree marine particolarmente sensibili (PSSAs), con severe regole per ogni area (il WWF ne ha identificate nove nel Mediterraneo), il bando alle petroliere non munite di doppio scafo (un sistema di sicurezza che evita l'immediata fuoriuscita in caso di incidente), l'identificazione di rotte e aree consigliate o da evitare, l'installazione di sistemi di monitoraggio via satellite per individuare gli sversamenti illeciti, o incidenti, l'introduzione della "Blu box" (equiparabile alla scatola nera degli aerei) per individuare i "colpevoli" degli inquinamenti, infine incrementare il numero dei porti in grado di effettuare lavaggi delle cisterne e moltiplicare rigorose ispezioni alle imbarcazioni».
«L'Italia - ha dichiarato Antonio Canu, responsabile Mare e aree protette del WWF - ha risposto adeguatamente all'emergenza legata ai rischi di inquinamento marino da idrocarburi Un passaggio importante, che ha proiettato il nostro Paese sugli scenari internazionali, è stato nel 2001 il primo accordo volontario tra governo, industria, categorie interessate e associazioni ambientaliste per raggiungere i più elevati standard di sicurezza ambientale in materia di trasporti marittimi di sostanze a rischio (
inforMARE del
4 maggio 2001, ndr). Anche le successive norme, alcune di quest'anno, hanno rafforzato tale posizione. Il problema oggi è attivare e monitorare l'accordo volontario e verificare l'applicazione concreta delle norme di sicurezza». «Il WWF Italia - ha aggiunto - chiede poi al nostro governo di concordare con i Paesi coinvolti e di farsi promotore presso l'IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) per l'istituzione di tre PSSA, aree particolarmente sensibili, localizzate nelle Bocche di Bonifacio e Tirreno del nord (già istituito come Santuario dei Cetacei), nel mare Adriatico e nel Canale di Sicilia».
Nei giorni scorsi il WWF ha presentato a Roma un rapporto in cui denuncia che i danni causati dall'affondamento della petroliera
Prestige in Galizia, avvenuto un anno fa, sono più gravi rispetto a quelli stimati ufficialmente. L'incidente - ha sottolineato il WWF - ha provocato lo sversamento in mare di 64.000 tonnellate di petrolio, il 60% per cento in più di quanto stimato inizialmente, mentre 13.000 tonnellate sono ancora nelle stive e 5.000-10.000 tonnellate di petrolio sono trasportate dalle correnti e periodicamente finiscono sul litorale. Inoltre il disastro ha provocato la morte di 300.000 uccelli marini e danni economici per cinque miliardi di euro, per il 97,5% a carico delle popolazioni locali.
Il WWF ha ricordato che nel Mediterraneo, che rappresenta appena l'1% dei mari del pianeta, si concentra il 28% del traffico mondiale di petrolio, ovvero 300 petroliere che rilasciano complessivamente una scia nera di 2.800 tonnellate di petrolio al giorno, equivalenti a 15
Prestige l'anno. Si tratta - ha precisato l'associazione - di 280 scarichi illeciti al giorno, mentre quelli scoperti dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA) nel solo 1999 tramite satellite sono stati 1.638, che equivalgono a 17.000 chilometri quadrati di petrolio sversato in mare, tre volte la superficie della Corsica.
Anche Greenpeace, nel corso del meeting di Catania, chiederà ai governi maggiore impegno per salvare il Mediterraneo dai trasporti pericolosi. «I governi - ha anticipato Wahid Labidi, di Greenpeace International - devono agire ora perché la Convenzione raggiunga i suoi obiettivi. A causa della lentezza delle ratifiche da parte dei vari Paesi, molti dei protocolli, sia nuovi che emendati, non sono ancora entrati in vigore». Uno dei protocolli più importanti - ha ricordato Greenpeace - è quello sui rifiuti pericolosi, promosso dal governo italiano e poi abbandonato, che vieta l'importazione e l'esportazione di rifiuti pericolosi tra Paesi dell'Ue e paesi extracomunitari. Greenpeace ha denunciato lo scandalo di circa 3.000 bidoni di rifiuti tossici italiani, inviati in Turchia e gettati nel Mar Nero, insieme ad altri migliaia, ben 15 anni fa. Si tratta - ha precisato l'organizzazione ambientalista - di idrocarburi, composti organici del cloro e metalli pesanti, un cocktail di veleni proveniente da piccole aziende italiane, tra cui imprese di lavaggio a secco. Buona parte del carico rimane tuttora sui fondali del Mar Nero, causando un serio danno ambientale e di salute pubblica. Solo 367 barili sono stati trovati sulle spiagge del nord della Turchia e si trovano ora in due depositi, a Sinop e Samsun.
Ieri anche Greenpeace ha presentato un rapporto sull'affondamento della petroliera
Prestige. «Serve un nuovo regime di responsabilità, di cui deve farsi carico l'Organizzazione Marittima Internazionale - ha detto Vittoria Polidori, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia - perché al momento nessuno paga per disastri come quello della
Prestige. Dalla Convenzione di Barcellona ci aspettiamo che si decida il bando alle petroliere motoscafo in tutto il bacino del Mediterraneo. Una rete di aree speciali di protezione deve essere stabilita nei tratti di costa più vulnerabili del Mediterraneo».