Nella "nota di sintesi" di maggio dell'Isemar (Institut Supérieur d'Economie Maritime), l'analisi mensile sull'economia del trasporto marittimo che questo mese è dedicata alle compagnie dei traghetti del Mediterraneo, il direttore dell'istituto di ricerca francese, Paul Tourret, ha osservato come il mercato dei traghetti del Mediterraneo si sia sviluppato maggiormente rispetto a quello nordeuropeo.
«Nel Mediterraneo - ha rilevato - la mancata concorrenza tra le linee regolari è stata un vantaggio considerevole. Il ponte di Messina potrebbe naturalmente modificare il mercato siciliano, ma la realizzazione di questo progetto, molto contestato in Italia, è ancora incerta. Per lo stretto di Gibilterra esistono progetti, ma con termini ancora non definiti. Il rapporto con la concorrenza aerea è regolato da tempo, lasciando alle due modalità di trasporto i rispettivi vantaggi e debolezze». «Così - ha sottolineato Tourret - le compagnie di navigazione operano con meno preoccupazione rispetto ai loro omologhi del Nord Europa. Inoltre approfittano dello sviluppo di tutta l'Europa del Sud, alimentato dal turismo e dai fondi strutturali. Pertanto i traffici si sono sviluppati molto più rapidamente che in Nord Europa. Tra il 1997 ed il 2002 i traffici delle merci nel Mediterraneo sono quasi raddoppiati, mentre nel Nord Europa la crescita è stata soltanto del 20%. Per i passeggeri, la crescita nell'Europa meridionale è stata pari al 20%, mentre nel Nord Europa i traffici sono ristagnati».
Traffico passeggeri nel Mediterraneo (2003, in milioni)
(Fonte: Isemar)
Spagna ' Maghreb
Marocco Algeria 3,545 Ceuta Melilla 2,538
Baleari
Spagna 1,147 Francia 0,040
Sardegna
Italia 5,300 Francia 0,040
Corsica
Francia 2,352 Italia 1,132 Sardegna 0,300
Italia - Grecia
Venezia - Trieste 0,491 Ancona - Bari 1,454 Brindisi 0,650
Sicilia
Stretto di Messina 9,747 Resto d'Italia 2,700
Francia - Maghreb
Marocco 0,150 Algeria 0,383 Tunisia 0,213
Italia - Maghreb
Tunisia 0,240
Italia - Croazia
Venezia 0,410 Ancona - Bari 0,655 |
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«La crescita dei mercati e la necessità imperativa di rinnovare le flotte messe in servizio negli anni Settanta - ha sottolineato il direttore dell'istituto - spiegano il notevole potenziamento degli armamenti ferry del Sud Europa. Così come nel nord del continente, velocità e comfort sono state le soluzioni per attirare la clientela, sempre meno disposta ad accettare le scadenti sistemazioni dei vecchi traghetti. Nel 2003 la gran parte degli armamenti operanti linee passeggeri di media o lunga distanza possedeva una flotta giovane: Minoan Lines e Grandi Navi Veloci dell'età media di sei anni, Attica Entreprises di sette anni, SNCM di otto anni, Trasmediterranea di 13 anni, Tirrenia di 14 anni. Se alcuni armamenti mediterranei avevano comunque (poche) navi vecchie (Moby Lines, Corsica ferries, Anek), in rapporto si era lontani dalla media delle flotte nordeuropee che si situava tra i 17 ed i 20 anni d'età. Infatti l'assenza di minacce sulle linee regolari, le esigenze di sicurezza (in particolare in Grecia), il miglioramento del comfort e della velocità ed una forte concorrenza hanno contribuito a questo vigore nella ristrutturazione delle flotte».
Secondo il direttore di Isemar, non tutte le decisioni delle compagnie che operano nel Mediterraneo sono state felici, in particolare nella scelta del tipo di navi da impiegare sulle rotte traghetto. «Le navi - ha osservato - sono diventate più comode ed alcuni hanno fatto la scelta delle cruise ferry, che tuttavia è stata più difficile da rendere remunerativa. In materia di velocità, le NGV (Navire Grande Vitesse) sono risultate essere alla fine un mezzo difficile per la loro mancanza di flessibilità e perché subiscono l'effetto del rincaro dei combustibili. La scelta vincente sembra essere stata quella dei car-ferries veloci (più di 27 nodi), che possono effettuare servizi più o meno lunghi con prestazioni commerciali ottimali».
Concludendo la sua analisi, che prende in esame i mercati ferry di Spagna, Italia, Francia e Grecia, Tourret ha osservato come «il mercato di alta stagione sia oggetto di una concorrenza dura, mentre quello di bassa stagione sia spesso possibile soltanto nel quadro di sovvenzioni pubbliche». Secondo il direttore di Isemar la questione se la partecipazione societaria nelle compagnie di navigazione debba essere privata o pubblica «è secondaria rispetto alla solidità globale delle compagnie, sia che provenga dal dinamismo di un armatore-proprietario che dal sostegno di azionisti privati o pubblici». «Alcune compagnie greche ed italiane - ha rilevato - nel momento in cui sono insorte difficoltà hanno mostrato la loro fragilità rispetto alla mancanza di capitale borsistico, mentre altre società evolvono avendo capitali propri molto magri per finanziare progetti ambiziosi che mirano in particolare ad intaccare i mercati delle compagnie pubbliche».
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