La decisione assunta ieri dal Consiglio dei ministri di assegnare esclusivamente al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti il potere di nomina dei presidenti delle Autorità Portuali, dopo aver sentito il parere dei presidenti delle Regioni interessate, ha suscitato la forte reazione degli enti regionali.
Secondo il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, si tratta di «un atto gravissimo, una provocazione». L'abbandono della prevista intesa Stato-Regione - ha dichiarato oggi Errani - è «un fatto grave e immotivato». «Il governo - ha aggiunto - appare, nonostante i recenti richiami del presidente della Repubblica, incapace di promuovere la cooperazione con le regioni. Quello di ieri è un atto unilaterale. Con questo decreto il governo decide da sé, in contrasto con diverse pronunce della Corte Costituzionale che, in più occasioni, ha affermato che l'intesa tra lo Stato e la Regione per la nomina del presidente dell'Autorità Portuale è lo strumento per contemperare le competenze statali e regionali in materia di porti».
«Siamo di fronte - ha osservato Errani - all'ennesima dimostrazione della non volontà di cooperare. Non è possibile, nel momento in cui si propaganda la devoluzione e il federalismo, andare avanti con colpi di mano. Le regioni reagiranno in tutti i modi possibili e in tutte le sedi. Bisogna recuperare le coordinate di un corretto rapporto istituzionale: non si può comandare, bisogna invece adoperarsi per governare cercando sul serio la leale collaborazione, in particolare su una materia come quella dei porti che investe l'insieme dei sistemi territoriali e la rete infrastrutturale del Paese».
Anche la giunta dell'ente regionale della Liguria ha bocciato il provvedimento del governo, definendolo «un passo indietro molto grave, un esproprio ai danni della Regione e degli enti locali che in questi anni avevano costruito un percorso positivo con le Autorità Portuali, una scelta che indebolirà fortemente le comunità locali, non farà crescere i porti e metterà il sistema portuale italiano in grande difficoltà rispetto a quello, più competitivo, dei porti spagnoli e del Nord Europa».
«Premesso che il gabinetto del ministro Lunardi ci farà pervenire il testo completo del decreto lunedì, già questo è molto singolare - ha detto l'assessore regionale ligure alle Infrastrutture, Trasporti e Porti, Luigi Merlo - siamo di fronte a un provvedimento sbagliato da qualsivoglia punto di vista lo si giudichi, a prescindere dalla maggioranza di governo. Oltre che ai forti dubbi di costituzionalità, la decisione è una pura operazione di potere, altro che devolution». Si tratta - ha aggiunto - di «un blitz inaccettabile, un provvedimento respinto ripetutamente già come proposta parlamentare e che, inaspettatamente, con grande sorpresa abbiamo visto approvato su proposta del ministro Lunardi. È l'ultimo atto del governo in un settore che Palazzo Chigi in questi anni ha profondamente trascurato, penalizzando nelle varie leggi finanziarie le Autorità Portuali, senza riuscire a modificare la legge 84/94. È un decreto destinato ad esasperare in maniera esponenziale i conflitti tra città e porti, i presidenti saranno nominati di imperio e magari in contrapposizione con gli enti locali e che può solo nuocere allo sviluppo degli scali».
«In una regione come la Liguria dove due porti su tre - Genova e La Spezia - hanno la classificazione di "rilevanza nazionale, europea, internazionale" contemplata nel decreto - ha sottolineato Merlo - si rischia di tornare a una competizione fratricida, è stato vanificato il lavoro che stavamo facendo per realizzare il sistema regionale dei porti liguri con l'inserimento di Savona e a progetti di forte integrazione fra portualità e logistica. Con questo decreto si rischiano conflitti di potere».
Analogo il parere del presidente della Regione Toscana, Claudio Martini. «Sulla vicenda dell'Autorità Portuale di Livorno - ha rilevato Martini - in questi tre anni abbiamo assistito ad ogni possibile intervento a gamba tesa da parte del governo. E personalmente ho visto di tutto. Ma la forzatura di ieri ha superato persino la mia fantasia. Non ho più parole». «Questo decreto legge - ha proseguito - è del tutto privo di giustificazione giuridica. Non ci sono le ragioni d'urgenza e d'indifferibilità richieste dalla Costituzione per questi provvedimenti eccezionali. E non vi è stata la minima consultazione con le Regioni per concordare le soluzioni opportune in una materia così delicata. Ho parlato stamani con il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che non sapeva nulla del decreto e che ha annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale di tutte le Regioni interessate».
La Regione Toscana ha annunciato che presenterà ricorso alla Corte Costituzionale contro questo decreto e che sta valutando l'ipotesi di chiedere anche l'immediata sospensiva del provvedimento fino alla sentenza definitiva. «Un mese fa - ha precisato Martini - il ministro Lunardi mi ha scritto chiedendomi di cambiare due nomi dei tre da me indicati a fine ottobre 2005. Gli ho risposto che ero disponibile a muovermi in questa direzione se almeno mi avesse indicato quale dei due nomi non erano considerati adeguati e per quali motivazioni. Ciò avrebbe evitato ulteriori contenziosi. La Regione Toscana si è dunque mossa in una logica di allentamento del conflitto e di ricerca di un terreno più positivo di confronto. Che bisogno c'era di una nuova forzatura, allargata peraltro a tutte le Regioni italiane?».
Martini ha evidenziato anche i gravi rischi che corre il porto di Livorno per effetto di questo provvedimento: «il decreto - ha spiegato - deve essere convertito il legge dal Parlamento entro il 31 di gennaio, altrimenti decade a causa del preannunciato scioglimento della Camere. Il tempo mi sembra stretto e ci sono rischi che tutto si blocchi. Non si preoccupa il governo delle prospettive incerte che questo rappresenta per il principale porto toscano?».
Anche la Regione Puglia si è schierata contro l'iniziativa del governo e il presidente dell'ente, Nichi Vendola, ha annunciato che la Regione impugnerà gli atti di commissariamento del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Pietro Lunardi, relativi alle Autorità Portuali di Bari e Taranto, con la nomina rispettivamente di Francesco Mariani e Luigi Lobuono.
Proteste per le iniziative del ministro Lunardi sono giunte anche dalla Regione Marche, ma sono relative in particolare all'esclusione di Ancona dai dodici porti di rilevanza nazionale, europea e internazionale. La scelta di escludere lo scalo di Ancona - ha dichiarato il presidente dell'ente regionale, Gian Mario Spacca, «è un fatto grave che penalizza ingiustamente Ancona e l'intera comunità marchigiana». Spacca ha contattato telefonicamente Lunardi e gli ha inviato una lettera. «Il porto di Ancona - ha scritto al ministro - è un nodo logistico strategico per il capoluogo e la rete infrastrutturale dell'intera regione. Lo scalo dorico è lo strumento indispensabile per consentire alle Marche e all'Italia centrale di aprirsi a Est e garantire nuove opportunità di crescita nella prospettiva dell'Europa allargata». Il presidente della Regione Marche ha chiesto a Lunardi di rivedere la decisione assunta e di ricomprendere il porto di Ancona nella rete dei dodici principali porti di rilevanza nazionale, europea e internazionale.