Molti porti italiani, e quello di Genova in particolare, non stanno sfruttando le opportunità offerte dalla forte crescita dei traffici marittimi che ha caratterizzato gli ultimi anni. Dello scenario degli scambi internazionali via mare e delle prospettive dello scalo genovese si è parlato questo pomeriggio nel corso del convegno "Il porto di Genova e ..." svoltosi alla Facoltà di Economia di Genova ed organizzato dai corsi di laurea in Economia Marittima e dei Trasporti ed Economia e Management Portuale e dall'associazione culturale genovese "Il Leudo".
Gli interventi dei professori dell'ateneo Mauro Casanova, Renato Midoro ed Enrico Musso hanno evidenziato le difficoltà che impediscono al porto di Genova di seguire il passo dei porti concorrenti del Mediterraneo e dei porti nordeuropei, che si sono accaparrati le nuove quote di traffico generate dal dinamismo degli scambi internazionali.
A Mauro Casanova è spettato il compito di esaminare le criticità della legge 84 del 1994, norma che ha riformato il sistema portuale italiano. «L'84/94 - ha subito precisato - è così osannata, mentre presenta molti punti deboli. La legge non ha rilanciato la portualità italiana, ma è stata una sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ha eliminato la riserva del lavoro portuale».
Tra i problemi irrisolti dalla legge 84/94 - secondo Casanova - c'è quello della concorrenza tra i porti. Altre incertezze giuridiche sono sorte con la modifica dell'articolo 5 della costituzione, che ha dato alle Regioni la possibilità di intervenire in materia portuale. Il Friuli-Venezia Giulia - ha ricordato - ha voluto nominare il presidente dell'Autorità Portuale di Trieste, atto che è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale.
I tentativi di correggere la norma di riforma portuale ci sono stati. Ma, ha rilevato Casanova, «i progetti di modifica dell'84/94 sono stati tutti di scarso rilievo e incentrati principalmente sulla nomina dei presidenti delle Autorità Portuali».
Se il quadro giuridico italiano è tutt'altro che limpido, quello europeo è addirittura assente. Casanova ha ricordato il fallito tentativo dell'ex commissario europeo ai Trasporti, Loyola de Palacio, di introdurre una nuova direttiva sui porti. Tentativo che è stato reiterato con il medesimo esito dal nuovo commissario Jacques Barrot. Il professore ha definito il progetto di legge della de Palacio «molto interessante», un progetto che «dava una definizione di concorrenza». Attualmente invece - ha osservato - vige «una concorrenza in assenza di regole che invece la direttiva imponeva».
Renato Midoro ha illustrato l'evoluzione dei traffici container nel Mediterraneo. Nel 2005 i traffici containerizzati mondiali sono cresciuti dell'11% e sono stati circa 400 milioni i pezzi movimentati in tutto il mondo, contro i 356 nel 2004. In Nord America il traffico è stato pari a 43 milioni di teu, nell'Unione Europea a 75 milioni di teu (44 milioni in Nord Europa e 31 milioni nel Sud Europa), nel Far East a 144 milioni di teu, nel sud-est asiatico a 57 milioni di teu e nel resto del mondo a 81 milioni di teu.
La graduatoria dei porti container mondiali - secondo Midoro - è ancora guidata da Hong Kong. «Si è detto - ha spiegato - che Singapore ha fatto il sorpasso, mentre mi risulta che il sorpasso non ci sia stato e Hong Kong guida ancora la classifica mondiale».
Le opportunità offerte dalla crescita dei traffici containerizzati non sono state colte soprattutto dai porti del Mediterraneo del Nord, cioè da quelli dell'alto Tirreno e dell'alto Adriatico. «Il Mediterraneo del Nord - ha rilevato Midoro - non cresce. La distanza tra i porti del Nord Europa e del Sud Europa si è ridotta negli ultimi anni per effetto del transhipment. Nella portualità di hinterland la distanza è imponente: 70 contro 30 a favore del Nord Europa».
«Il porto di Genova - ha aggiunto - non cresce da tre anni». Uno dei punti critici è il ritardo nella realizzazione delle infrastrutture: «essenzialmente il vecchio piano regolatore portuale per essere realizzato necessita di tempo e finanziamenti».
Secondo Enrico Musso, che ha affrontato il tema «Il porto di Genova e ... i rapporti con il territorio», lo scalo genovese, ma anche altri porti italiani, si trovano a metà di un guado. «Troppo avanti nel guado - ha sottolineato - per ridiventare qualcos'altro, come ad esempio alla Spezia per ridiventare Golfo dei Poeti». La cessione di aree portuali alle città, avvenuta negli ultimi anni, si scontra con la necessità di nuovi spazi reclamati oggi dai porti. In particolare il porto di Genova corre un rischio: «non sappiamo ora - ha detto Musso - se ha la capacità o la volontà di andare avanti rilanciando dal punto di vista territoriale». Secondo il professore, «il riuso di aree portuali per altri scopi tradisce l'orientamento del passaggio dal porto industriale al porto logistico». Un emblema di questo tradimento sono le aree della Fiumara e di Campi che , pur collocate a ridosso della cinta portuale genovese, non sono state destinate ad uso portuale.
«Un altro elemento critico - ha concluso Musso - è stato anche il non dotarsi di infrastrutture di collegamento con l'hinterland".
In occasione del convegno sono state presentate le nuove borse di studio che Grandi Navi Veloci del gruppo armatoriale Grimaldi ha messo a disposizione dei giovani laureati della laurea specialistica in Economia e Management Marittimo e Portuale. Le due borse di studio, del valore di 5.000 euro ciascuna, saranno utilizzabili per un periodo di stage da svolgersi presso la sede principale di Grandi Navi Veloci, a Genova, secondo la convenzione che verrà attivata dalla Facoltà di Economia. Il bando è destinato ai giovani che hanno già conseguito la laurea specialistica in Economia e Management Marittimo e Portuale - un biennio che segue la laurea triennale in economia - e agli studenti che la conseguiranno entro la prossima sessione estiva (luglio). Una commissione, appositamente costituita, assegnerà le borse di studio secondo i curricula, i titoli e gli interessi dei candidati entro il prossimo mese di ottobre.
Bruno Bellio