«Non è vero che non ci siano collegamenti ferroviari internazionali da Genova. Quello che è vero è che mancano i volumi. Dobbiamo avere il coraggio di dire che a Genova non vengono i traffici internazionali. Genova non è presente neppure sulle carte geografiche cinesi». Parole come macigni, quelle pronunciate da Erasmo Simoncelli, european delegate e business manager maritime inland services dell'operatore intermodale europeo Hupac nel corso del forum sul tema "Rotte mercantili, porti liguri, Svizzera, ferrovie, trafori e infrastrutture" organizzato dal periodico "Sailing List" dell'Autorità Portuale di Genova, che si è svolto stamani nella sede dell'ente a Palazzo San Giorgio.
Che il porto di Genova tratti volumi esigui di merci da e per la Svizzera e, in generale, con l'oltralpe non è una novità. «Il 95% del traffico del porto di Genova - ha ricordato il responsabile dell'ufficio stampa della port authority, Danilo Cabona - è destinato al Nord Italia, il 5% a Svizzera e Germania (e in gran parte attraverso oleodotto)».
Simoncelli ha comunque sottolineato come Genova sia «una valida alternativa ai porti del Nord Europa». E Genova è infatti presente nel newtwork di collegamenti del gruppo Hupac. C'è però - ha osservato - anche «la questione delle compagnie marittime, che non hanno deciso per Genova per le loro rotte internazionali». Tempo fa - ha confermato Cabona - «nella brochure della Hanjin Shipping non c'era neppure l'Italia». «Pensare - è allibito il direttore responsabile di "Sailing List", Camillo Arcuri - che ci credevamo sull'ombelico del mondo!»
Genova non è al centro delle strategie delle grandi compagnie armatoriali, che spesso relegano i porti italiani fuori dalle principali rotte internazionali. «Una compagnia tedesca come Hapag-Lloyd cosa fa - ha osservato il manager di Panalpina, Karl Tschui - sceglie porti come Amburgo, Bremerhaven». «La tendenza degli armatori - ha confermato il responsabile commerciale della Divisione Logistica di Trenitalia, Pietro Spirito - è sempre più quella di governare i flussi, anche a terra». «Al Nord - ha aggiunto il rappresentante di AlpFRail, Walter Finkbohner - sono riusciti a prendere clienti con buoni servizi e contatti».
Un'opportunità per il porto di Genova e per l'Italia è rappresentata dalle nuove opere infrastrutturali in costruzione in Svizzera. Il tunnel di base del Lötschberg - ha ricordato il console elvetico Thomas Kalau - sarà inaugurato il prossimo 16 giugno; poi sarà la volta della galleria di base del San Gottardo (pronta entro il 2016). Quindi - ha sottolineato - per Genova non è più tempo di discussioni: ci vogliono iniziative.
Per rilanciare l'attrattiva del porto di Genova - secondo il direttore di Finporto, Maurizio Bussolo - è necessario colmare un gap: «dobbiamo convincere innanzitutto gli armatori e gli spedizionieri». Ma c'è anche un problema di costi: «talvolta - ha spiegato - costa di più un container dal Far East a Genova che dal Far East a Rotterdam». Inoltre c'è il problema delle infrastrutture. In particolare, un ostacolo è costituito dalla carenza di capacità ferroviaria: «le tracce in più per Genova di cui parla Moretti (amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, ndr) - ha detto Bussolo - secondo me sono tracce "sporche". Dobbiamo parlare di tracce economicamente valide». Di diverso avviso il rappresentante di Trenitalia, secondo cui la peggiore traccia sulla Genova-Milano presenta un transit time di 4,5 ore.
Ci sono anche limiti alla capacità ferroviaria imposti dai locomotori. «La produttività a Nord - ha rilevato Simoncelli - è doppia rispetto al Sud per problemi di trazione. A Sud il massimo è di 800-1.000 tonnellate».
Ma per il porto di Genova - hanno concordato tutti - il principale ostacolo allo sviluppo del traffico ferroviario è costituito dalla gestione dei binari portuali. «Sono una vergogna i binari in porto, commisti come sono alla circolazione stradale», ha detto Pietro Spirito. Secondo il dirigente di Trenitalia, a Genova «in questi mesi gli interventi sulle strade danneggiano le ferrovie. Genova non sta facendo una politica di sviluppo ferroviario».
Spirito ha puntato il dito contro le manovre ferroviarie, che - ha sottolineato - «sono costosissime. Una tirata nel porto di Genova costa 2.000 euro. Questi costi stanno sulle spalle di Trenitalia, che non li può sostenere più a lungo».
Secondo Maurizio Bussolo, «il porto di Genova deve riorganizzare il suo piano del ferro con un unico obiettivo: manovre zero».
Anche il responsabile della impresa ferroviaria elvetica SBB Cargo per l'Italia, Rudolf Salvisberg, non è stato tenero con le manovre ferroviarie del porto del capoluogo ligure. «Abbiamo dovuto cercare altri porti per i nostri trasporti - ha detto - perché a Genova il treno si sarebbe fermato in porto per carenza di manovre». «C'è anche il problema dei terminalisti - ha aggiunto Spirito - che fanno entrare i treni quando fa comodo a loro».
Nonostante le difficoltà incontrate in Italia, comunque «entro il 2007-2008 - ha annunciato il manager di SBB Cargo - andremo sicuramente verso i porti italiani. Per noi sarebbe meglio verso i porti liguri».
Il rappresentante di Hannibal (gruppo Contship Italia), Franco Planca, ha sottolineato la migliore organizzazione riscontrata in Nord Europa, «dove si parla con un unico interlocutore», ma anche dove «si fa dogana quando la nave è ancora in Atlantico».
Il forum si è concluso con un accenno al tema del retroporto, di cui tanto si parla in questi mesi a Genova. Un retroporto che - ha rilevato Bussolo - «deve essere il più corto possibile e alimentato da navette». L'opinione di Simoncelli è che «i retroporti allunghino il percorso». «Il retroporto - ha precisato Bussolo - serve per ridurre il traffico camionistico attraverso la città».
Bruno Bellio