e non drenano risorse pubbliche. Lo sottolinea uno studio, , di cui pubblichiamo una sintesi, che è stato condotto da Certet Bocconi e che è stato presentato oggi a Milano nella sede della Camera di Commercio alla presenza dei tre presidenti delle Autorità Portuali, Genova, La Spezia e Savona.
Infatti - rileva lo studio - ogni singola nuova infrastruttura produce per lo Stato un gettito fiscale in grado di garantirne l'ammortamento in tempi compatibili con la finanza di progetto e anche di generare ricchezza in modo permanente per il sistema paese.
I soli tre porti liguri producono ogni anno quasi quattro miliardi di euro di gettito fiscale, l'equivalente di una media manovra finanziaria, con un incremento del 26,5% fra il 2005 e il 2006. Una quota consistente di questo gettito è assicurata dai terminal container: basti pensare che la sola entrata in servizio del terminal container di Vado produrrebbe per lo Stato un maggiore gettito per 546 milioni di euro.
Risulta quindi drammatico il bilancio dei danni prodotti dal dirottamento delle merci destinate al mercato italiano e sbarcate nei porti del nord Europa. A fronte di merci importate attraverso il sistema portuale ligure per un valore complessivo di 22,3 miliardi di euro (7,9 miliardi trasportati in container), risulta plausibile - secondo lo studio di Certet Bocconi - che circa il 70% delle merci destinate al nord Italia sbarchi in altri porti comunitari : la perdita di gettito all'agenzia delle dogane è stata di 570 milioni di euro, quella relativa alle tasse portuali di 143 milioni; mentre la perdita di gettito Iva è pari a qualche miliardo di euro all'anno.
La ricerca evidenzia inoltre come da tempo i principali paesi europei abbiano dotato i loro porti di autonomia finanziaria, rovesciando l'approccio che tende a sopravvivere in Italia: i porti sono quindi una risorsa e non un costo.
Sintesi del Rapporto Certet: "Le sfide dei porti liguri: sviluppo dell'intermodalità e della logistica, autonomia finanziaria e promozione del ruolo dei privati negli investimenti"
Il ruolo dei porti liguri
Traffico Container nei principali porti italiani (*1000 TEU) | |
Porto |
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
05/04 |
05/00 |
Arco del Nord Tirreno |
|
2.949 |
3.054 |
3.081 |
3.208 |
3.388 |
3.527 |
4,1% |
19,6% |
Genova |
|
1.501 |
1.527 |
1.531 |
1.606 |
1.619 |
1.625 |
0,4% |
8,3% |
La Spezia |
|
910 |
975 |
975 |
1.007 |
1.040 |
1.024 |
-1,5% |
12,5% |
Livorno |
|
501 |
502 |
520 |
541 |
639 |
658 |
3,0% |
31,3% |
Savona |
|
37 |
50 |
55 |
54 |
90 |
220 |
144,4% |
494,6% |
Arco del Nord Adriatico |
|
685 |
692 |
695 |
638 |
676 |
724 |
7,1% |
5,7% |
Trieste |
|
202 |
198 |
181 |
118 |
175 |
198 |
13,1% |
-2,0% |
Ancona |
|
84 |
90 |
94 |
76 |
41 |
64 |
56,1% |
-23,8% |
Venezia |
|
218 |
246 |
262 |
284 |
291 |
293 |
0,7% |
34,4% |
Ravenna |
|
181 |
158 |
158 |
160 |
169 |
169 |
0,0% |
-6,6% |
Porti del Centro-Sud |
|
687 |
769 |
853 |
899 |
816 |
834 |
2,2% |
21,4% |
Napoli |
|
397 |
430 |
444 |
433 |
348 |
374 |
7,5% |
-5,8% |
Salerno |
|
276 |
321 |
375 |
417 |
412 |
418 |
1,5% |
51,4% |
Civitavecchia |
|
13 |
16 |
22 |
25 |
36 |
32 |
-11,1% |
146,2% |
Bari |
|
1 |
2 |
12 |
24 |
20 |
10 |
-50,0% |
900,0% |
Porti di transhipment |
|
2.678 |
2.700 |
3.555 |
4.121 |
4.525 |
4.537 |
0,3% |
69,4% |
Gioia Tauro |
|
2.653 |
2.488 |
3.009 |
3.149 |
3.261 |
3.161 |
-3,1% |
19,1% |
Taranto |
|
3 |
186 |
472 |
658 |
763 |
717 |
-6,0% |
23800,0% |
Cagliari |
|
22 |
26 |
74 |
314 |
501 |
659 |
31,5% |
2895,5% |
Fonte: Elaborazioni CERTeT su dati delle Autorità Portuali
- Nel 2005 ben il 48,7% della merce containerizzata importata dall'Italia è transitata dai porti liguri.
- Si calcola che il valore del traffico containerizzato in ingresso nei porti di Genova, La Spezia e Savona è stato pari a 7,9 miliardi di euro nel 2005.
- Nel caso delle rinfuse energetiche, emerge come il sistema portuale ligure abbia importato risorse energetiche per un valore complessivo di 5,5 miliardi di euro.
- Il valore complessivo dei cereali e dei prodotti ortofrutticoli importati dal sistema portuale ligure si aggira intorno agli 1,1 miliardi di euro.
- Infine, l'importazione di merci diverse attraverso i porti liguri ha raggiunto un valore pari a 7,8 miliardi di euro.
- Complessivamente, il volume totale di merci importate nel 2005 dal sistema portuale della Liguria raggiunge un valore di 22,364 miliardi di euro.
- Le attività portuali italiane sono una delle principali voci a credito, con un valore delle esportazioni dei servizi portuali pari ad oltre 2,7 miliardi di Euro l'anno di cui circa il 13% grazie al sistema portuale ligure, quota che sale al 15% se si aggiungono le commissioni per agenti o spedizionieri.
Il gettito fiscale generato dai porti di Genova, La Spezia e Savona
I porti liguri hanno un'elevata valenza commerciale: la vicinanza di Genova, La Spezia e Savona alle aree a maggiore densità industriale del Paese e conseguentemente alle aree a maggior densità di consumo (Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna in primo luogo, ma anche Veneto e Toscana) fanno dei rispettivi porti una primaria porta d'ingresso per molteplici categorie di beni, la cui importazione si traduce in entrate fiscali - in termini di IVA, dazi, accise ecc. - che hanno un peso assolutamente rilevante nell'ambito del bilancio dello Stato.
Sommando tra loro la totalità dei diritti doganali riscossi dalle tre Agenzie delle Dogane, il gettito fiscale complessivamente generato dai porti liguri passa tra il 2002 e il 2005 da 3,126 a 3,954 miliardi di euro, con un incremento del 26,5%.
Peraltro non tutte le merci sbarcate nei porti vengono contestualmente sdoganate, bensì parte di esse pagano i diritti doganali in altre province che non sono quelle liguri: in prossimità delle aree a maggiore intensità di consumo e là dove vi è la dotazione di strutture logistiche avanzate che permettano di rendere più efficiente il processo di distribuzione della merce (come gli interporti): è il caso di Rivalta Scrivia in Piemonte, Milano in Lombardia e Bologna in Emilia Romagna.
CIO' CHE PERDIAMO
Inoltre, una percentuale rilevante delle merci destinate ai mercati di consumo del Nord Italia transiti dagli scali del Nord Europa, si configura come una perdita di gettito Iva certamente delle Agenzie delle Dogane competenti nelle province dove i porti italiani sono localizzati, ma anche dello Stato nel suo complesso.
La normativa tributaria europea definisce espressamente che i diritti di confine - e quindi i dazi - siano riscossi dal Paese in cui le merci vengono immesse all'interno del territorio comunitario. Tale riscossione confluisce per il 25% nelle casse del Paese in questione, per il restante 75% confluisce, in qualità di "risorsa propria", nelle casse comunitarie.
Considerando plausibile il fatto che circa il 70% delle merci destinate al Nord Italia sbarchi nei porti nord-europei, la perdita di gettito delle Agenzie delle Dogane liguri nel 2005 è stata almeno pari a 570 milioni di ' tenendo conto solo dei dazi all'importazione mentre quella relativa alle tasse portuali è stata almeno pari a 143 milioni ' ,per quanto concerne la perdita di gettito Iva, la questione è molto complessa e di difficile valutazione, ma l'ordine di grandezza del mancato introito per l'erario nazionale è pari a qualche miliardo di Euro ogni anno.
Il gettito fiscale generato dai terminal container di Genova, La Spezia e Savona
Sulla base dei dati di traffico del 2005, è stato stimato il gettito dei diritti marittimi e dell'Iva all'importazione associato ai terminal VTE e SECH di Genova e LSCT della Spezia; inoltre, è stata valutata un'ipotesi del gettito che deriverà dalla realizzazione del nuovo terminal container di Vado Ligure.
I due terminal container di Genova e il terminal container della Spezia movimentano merci intorno alle 18 milioni di tonnellate, che, a fronte delle 88,5 milioni di tonnellate complessivamente movimentate dai porti liguri nel 2005, rappresentano una quota di circa il 20%. Ciononostante, il contributo degli stessi alla formazione del gettito fiscale è in proporzione molto superiore. I diritti marittimi ammontano a 17,714 milioni di euro, ovvero il 34,5% dei diritti marittimi generati dal sistema portuale ligure nel 2005 (51,417 milioni di euro).
Analogo è il contributo alla generazione del gettito Iva: il valore elevato delle merci tipicamente soggette a containerizzazione ai fini del trasporto, unito al fatto che tali merce, per le loro caratteristiche, sono soggette quasi totalmente alla massima aliquota Iva prevista dalla normativa (20%) fa sì che l'Iva all'importazione generata dai tre terminal sia pari a 1,141 miliardi di euro nel 2005, ovvero il 34,3% dell'Iva complessivamente generata dal sistema portuale ligure nel 2005 (3,327 miliardi di euro).
L'entrata in esercizio del nuovo terminal container da 750 mila Teu a Vado Ligure, garantirebbe, dopo l'entrata a regime prevista per il 2021, un maggior gettito per lo Stato di 546 milioni di euro, di cui 6 milioni corrispondono a maggiori diritti marittimi e 540 milioni a maggiore gettito Iva.
Fonte: Elaborazioni CERTeT su dati delle Agenzia delle Dogane e delle Autorità Portuali
Fonte: Elaborazioni CERTeT su dati delle Agenzia delle Dogane e delle Autorità Portuali
Fonte: Elaborazioni CERTeT su dati delle Agenzia delle Dogane e delle Autorità Portuali
I porti come catalizzatori di servizi per la logistica
I porti rappresentano un fattore determinante nello sviluppo economico territoriale, e per poter essere valorizzati è necessario un cambiamento nell'approccio all'organizzazione logistica sia a livello portuale che a livello territoriale, attraverso un elevato livello d'integrazione tra strutture portuali e i terminal terrestri. Lo sviluppo dei servizi logistici presso i terminal stessi e la spinta verso i trasporti combinati avrà un ruolo essenziale per la competitività dei porti italiani nei confronti dei loro concorrenti nordeuropei e mediterranei, in particolare per accrescerne la penetrazione sui mercati del Centro e dell'Est Europa.
Le ipotesi di realizzazione di nuove infrastrutture di collegamento con i porti (ad esempio Terzo Valico, Pontremolese, Corridoio Adriatico), sebbene siano fondamentale per cogliere le possibilità di sviluppo, sono in grado di generare effettivi impatti sull'organizzazione e sui flussi di traffico solo nel lungo periodo (oltre il 2015).
Sono quindi necessarie delle soluzioni che permettano una fluidificazione dei flussi ed una riduzione dei costi del trasporto da e per i porti nel breve periodo, agendo attraverso forme di modernizzazione del servizio di trasporto. I soggetti che risultano in grado di promuovere iniziative di questo tipo sono le Autorità Portuali e gli Enti Locali.
In questo contesto le Autorità Portuali italiane hanno promosso varie iniziative fra le quali:
- Partecipazioni in società ferroviarie
- Protocolli d'intesa ed accordi con Trenitalia, RFI, Enti Pubblici Locali, Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e società private di gestione di servizi ferroviari o di centri logistici.
- Costituzione o partecipazione in società di promozione dell'intermodalità e della logistica
- Acquisizione di aree dedicate ad attività logistiche
- Acquisto di mezzi di manovra o di trazione ferroviaria
Effetti fiscali dei diversi sistemi di tassazione in vigore nei porti spagnoli, francesi e liguri: una simulazione.
I principali aspetti che emergono dalle analisi condotte circa l'ammontare di gettito fiscale che le navi in ingresso nei diversi porti generano sono i seguenti:
- il sistema di tassazione italiano genera un gettito complessivo inferiore rispetto ai sistemi spagnolo e francese
- alle Autorità Portuali italiane spetta una quota ridotta del gettito complessivo, cosa che non avviene in Spagna e Francia
Il primo aspetto conferma l'inadeguatezza del sistema di tassazione attualmente in vigore nell'ordinamento italiano. Importi unitari dei diritti marittimi non aggiornati, unitamente ad uno sbilanciamento del sistema di tassazione verso i canoni demaniali, fa sì che il prelievo fiscale legato ai traffici marittimi sia limitato e inferiore rispetto alle altre realtà europee.
Il secondo aspetto mette in evidenza un'ulteriore problematica dell'ordinamento italiano, vale a dire quella relativa alla ripartizione del gettito dei diritti marittimi tra Stato e Autorità Portuali. Ciò riduce drasticamente le risorse finanziarie a disposizione delle Autorità Portuali e rende queste ultime maggiormente dipendenti dai finanziamenti statali, ostacolando la programmabilità della gestione.
Gli investimenti nei porti liguri: un confronto con le tasse introitate
La comparazione con le principali realtà a livello europeo, hanno messo in chiara luce come le Autorità Portuali italiane siano dotate di risorse finanziarie di natura corrente che appaiono inadeguate rispetto a quelle che sono le reali esigenze di crescita. Lo sviluppo delle attività portuali si trova così a dipendere fortemente dai trasferimenti dello Stato in conto capitale, cui vengono demandati i compiti di coprire gli investimenti in infrastrutture, impianti e macchinari, le opere di dragaggio ed altri interventi e manutenzioni straordinarie. Tale contesto ha l'importante conseguenza di limitare l'autonomia di gestione e la capacità di programmazione delle Autorità Portuali.
- autofinanziamento e fonti private contribuiscono in modo marginale alla realizzazione degli investimenti: mediamente, tra il 2002 e il 2005, queste due voci coprono il 9% del fabbisogno
;
- i contributi pubblici in conto capitale hanno un peso molto maggiore in ogni anno di osservazione: mediamente, tra il 2002 e il 2005, questa voce copre il 91% del fabbisogno
.
I contributi pubblici in conto capitale, ovvero la fonte dalla quale attualmente dipende il futuro dei porti, subiscono forti variazioni nel corso del periodo di osservazione. Il loro valore oscilla infatti, senza una logica apparente, tra un minimo di 23 milioni di euro nel 2003 e un massimo di 246 milioni nel 2004.
In definitiva, la realtà attuale fa emergere l'immediata necessità di dotare le Autorità Portuali di risorse finanziarie più adeguate al rilancio infrastrutturale di cui i porti necessitano e di garantire a tali risorse maggiore continuità e stabilità.
La prima strada percorribile in tal senso è fare in modo che le Autorità Portuali siano messe nella condizione di autofinanziarsi. Ciò è possibile tramite un incremento delle entrate correnti che, garantendo maggiori flussi di cassa, permetta alle Autorità Portuali di aprire linee di credito bancarie in grado di alimentare piani di investimento pluriennali.
La devoluzione della totalità dei diritti marittimi riscossi nei porti rappresenterebbe un primo e significativo passo in tal senso, generando risorse aggiuntive di natura corrente e fortemente correlate con i traffici marittimi per diversi milioni di euro. Prendendo a riferimento l'ultimo anno di osservazione e prevedendo una completa devoluzione dei diritti marittimi di competenza dello Stato in favore delle Autorità Portuali, le risorse che a queste ultime attualmente derivano dalle diverse forme di tassazione sui traffici marittimi verrebbero più che triplicate. Le entrate delle Autorità Portuali liguri passerebbero infatti da 15,4 a 51,4 milioni di euro.
A fronte di 3,954 miliardi di euro tra Iva, dazi, diritti marittimi e altre imposte incassati dalle Agenzie delle Dogane delle tre province, i 15,4 milioni di diritti marittimi di competenza delle Autorità Portuali hanno un peso che si aggira intorno allo 0,39%.
La seconda strada percorribile per fare in modo che le Autorità Portuali siano dotate di risorse adeguate alle necessità di sviluppo infrastrutturale e maggiormente stabili e continue, è quella di creare le condizioni politiche e sociali che permettano un maggiore coinvolgimento dei soggetti privati, siano essi terminalisti o compagnie armatoriali, negli investimenti infrastrutturali nell'ambito portuale e nell'ambito logistico a servizio dei porti.
Gli investimenti in alcune realtà europee
Ciò che emerge dai dati è così riassumibile:
- nei porti europei le risorse per gli investimenti,
a parità di movimentazione, sono mediamente più elevate che nei porti liguri;
- nei porti europei le risorse si caratterizzano per una stabilità molto maggiore che nei porti liguri;
- nei porti europei, e in particolare in quelli spagnoli, tende a prevalere il ruolo dell'autofinanziamento, mentre è pressoché nullo nei porti liguri;
Considerando la media dei valori registrati negli ultimi due anni osservati, i porti spagnoli dispongono mediamente di oltre 4 euro per ogni tonnellata movimentata da destinare annualmente agli investimenti, ovvero un valore doppio rispetto alla disponibilità media dei porti liguri: 2 euro per tonnellata.
La voce mutui e altri debiti finanziari è pressoché inesistente nei porti liguri, mentre ben più cospicuo è il ricorso dei porti francesi e soprattutto spagnoli a capitale di debito: Nei porti di Barcellona, Valencia e Marsiglia i mutui rappresentano circa il 23% delle risorse complessivamente disponibili; nei tre porti liguri tale valore si avvicina allo 0,02%.
APPENDICE
COME ORGANIZZARE LE RISORSE E UNA CONCLUSIONE
Il finanziamento di nuovi terminal container: autonomia finanziaria e partenariato pubblico privato
Sono state svolte alcune simulazioni relative al finanziamento di nuovi terminal attraverso lo sfruttamento del partenariato pubblico-privato, con l'obiettivo di stimare l'entità delle risorse finanziarie aggiuntive di cui dovrebbe godere l'Autorità Portuale al fine di poter contribuire a fondo perduto all'investimento privato per la costruzione e gestione di un nuovo terminal, determinando in tal modo un incremento di redditività tale da rendere l'operazione appetibile per il terminalista.
Tale valutazione ha comportato la definizione di tre diversi scenari:
- il primo scenario
ripercorre la situazione delineata nella proposta di Legge Finanziaria per il 2007, vale a dire il trasferimento della totalità dei diritti marittimi in capo alle Autorità Portuali;
- il secondo scenario, oltre a prevedere il trasferimento dei diritti marittimi, ne ipotizza l'incremento pari al 60%
del loro valore unitario secondo gli standard emersi dall'analisi di benchmark in relazione ai porti spagnoli
- il terzo scenario
- in aggiunta allo Scenario 1, ma in alternativa allo Scenario 2 - ipotizza il trasferimento parziale di una quota del gettito IVA sulle importazioni che si prevede si genererà nel terminal in esame
La simulazione relativa ha preso in esame un terminal standard con le caratteristiche riportate di seguito.
- Periodo di cantiere pari a 3 anni e costi di costruzione pari a 250,0 M', di cui 150,0 M' relativi alle infrastrutture, 50,0 M' relativi alle opere complementari e 50,0 M' relativi alle sovrastrutture per complessivi 450 metri di nuova banchina.
- Valore residuo economico dell'opera pari a 80,0 M'.
- Capacità massima del terminal pari a 500.000 TEU, equivalenti a 4,4 Mtonn effettivamente movimentate, sfruttata per 2/3 nel primo anno di esercizio e saturata dopo una fase di ramping della domanda di 5 anni.
- Gettito dell'IVA valutato in relazione a un valore medio della merce pari a 709 '/tonn, per una quota di import pari al 45% del totale complessivo della merce movimentata e un'aliquota media pari al 20%.
-Il primo scenario che prevede il trasferimento integrale della titolarità dei diritti marittimi all'Autorità Portuale, consente di stimare in 56,0 M' la capacità di indebitamento aggiuntiva di quest'ultima (pari al 22% del costo di investimento complessivo). Tale valore, portato proporzionalmente in detrazione dei costi di investimento a titolo di contributo a fondo perduto, consente di portare la redditività del terminalista privato fino al 2,6%, risultato tuttavia inferiore anche alla più bassa delle minori delle soglie di redditività richieste per l'effettivo coinvolgimento dell'attore privato.
-Nel secondo scenario, tuttavia, si osserva come la capacità di indebitamento aumenti significativamente, sino a raggiungere il valore di 89,6 M' (pari al 36% del costo di investimento complessivo). In questo caso, portando nuovamente tale grandezza in riduzione proporzionale dei costi di investimento in capo al terminalista a titolo di contributo a fondo perduto, anche la redditività dell'attore privato aumenta sino a raggiungere un valore del 3,9%, attestandosi nuovamente al di sotto della soglia minima di redditività.
-Nel terzo scenario, in cui il gettito IVA è preso in considerazione in alternativa all'incremento del valore unitario dei diritti marittimi si evidenzia come il trasferimento di una sua quota minima in capo alle Autorità Portuali consentirebbe di portare la redditività complessiva del terminalista oltre la soglia più alta di remuneratività postulata come eventuale obiettivo da raggiungere.
Infatti, il soggetto privato potrebbe contare su una redditività del 20% qualora la compartecipazione diretta dell'Autorità Portuale salisse fino al livello garantito da un trasferimento del gettito IVA pari all'3,97% che porterebbe la capacità di indebitamento a 213,2 M' (pari all'85% del costo di investimento complessivo). Naturalmente, obiettivi meno ambiziosi in termini di redditività per il terminalista conducono a quote di trasferimento del gettito IVA inferiori: in particolare, è stimato un trasferimento minimo dell'3,59% per determinare una redditività pari al 15%, del 2,88% per determinare una redditività del 10% e soltanto dello 1,38% per determinare una redditività pari al 5%.
In conclusione si è ampiamente dimostrato che il 10% del gettito generato da un'infrastruttura quale quella di un terminale contenitori ,impegnato per 15 anni,permette il suo completo finanziamento senza il ricorso ai fondi ordinari di bilancio.
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