Il cluster marittimo italiano può continuare a svilupparsi a patto che vengano garantite e salvaguardate alcune condizioni, tra cui il mantenimento del know-how dei naviganti, la specializzazione dei cantieri navali e le nuove professionalità nei porti.
Lo sottolinea il rapporto "Economia del mare e risorse umane. mutamenti strutturali e nuove esigenze formative nel cluster marittimo" della Federazione del Mare presentato ieri a Roma, presso la sede del CNEL, nel corso di una tavola rotonda fra gli esponenti della cantieristica, dell'armamento, dei porti, del terziario marittimo e delle istituzioni organizzata dalla Federazione del Mare e dalle Province marittime italiane.
«Per la prima volta in Italia - ha sottolineato il presidente della Federazione del Mare, Corrado Antonini - la Federazione del mare ha realizzato una mappa delle risorse umane mobilitate, delle figure professionali emergenti prendendo in esame le varie articolazioni e le dinamiche che caratterizzano il cluster marittimo».
Il rapporto, illustrato da Andrea Appetecchia dell'Isfort, ha ribadito l'esigenza del cluster marittimo - perché esso aumenti la propria efficienza complessiva - di trovare nuova forza lavoro competente e aggiornare e sviluppare quella già impiegata.
Punto chiave emerso dall'indagine è l'esigenza di una formazione integrata e polifunzionale, in modo da ampliare le possibilità di impiego nei vari settori del cluster, scongiurando la possibilità che le carriere professionali del mare siano artificiosamente compresse all'interno dei singoli comparti, più per scarsa comunicazione e conoscenza delle opportunità intersettoriali che per una reale inadeguatezza delle competenze e delle specializzazioni tecnico-professionali.
A tal fine, è stato messo in evidenza, mediante un'apposita mappatura per ruolo e per settore, il livello di competenza atteso dalle varie attività marittime per gli oltre 164.000 posti di lavoro nel cluster: dalla navigazione a quelle portuali, dai cantieri alla pesca, dalle attività di governo e controllo a quelle finanziarie e a quelle di intermediazione.
Il rapporto rileva il particolare interesse delle risposte degli armatori al questionario collegato all'indagine, da cui sono emersi dati interessanti in relazione alla quota di personale italiano imbarcato per tipologia di navigazione, alla stima dei posti di lavoro a bordo delle navi battenti bandiera italiana (con distinzione di ruolo e grado), grado di interesse a mantenere/incrementare la quota di personale italiano e sulle ragioni che limitano l'utilizzo del personale italiano. «Dalle risposte - ha osservato il segretario generale della Federazione del Mare, Giuseppe Perasso - sono emersi dati degni di attenzione circa la distribuzione del personale imbarcato e soprattutto circa il grande interesse manifestato dalle aziende ad incrementare la quota di personale italiano da imbarcare sulle nostre navi. È peculiare il fatto che, a fronte di una forte carenza di personale qualificato che i nostri armatori non riescono a reperire, dal rapporto emerge che circa 10.000 marittimi italiani sono imbarcati su navi battenti bandiere diverse da quella italiana».
Nicola Coccia, presidente Confitarma, ha ricordato le numerose iniziative che l'armamento privato ha avviato per fronteggiare l'esigenza di personale qualificato a bordo e a terra ed ha colto l'occasione per annunciare che dal prossimo autunno inizieranno i corsi di formazione dell'Italian Maritime Academy, un nuovo centro che avrà sede a Manila nelle Filippine per la formazione di marittimi stranieri addestrati secondo gli standard richiesti dall'armamento italiano. Tale iniziativa, avviata in collaborazione con il Rina, che certificherà e valuterà l'addestramento di tali marittimi, coinvolgerà tutti gli enti privati e pubblici italiani competenti nella formazione dei marittimi.
Per la cantieristica, il fatto che alle tradizionali figure professionali relative alla capacità di costruzione si siano aggiunti profili nuovi, fra i quali rilevanti appaiono quelli capaci di interrelazionarsi con il ricchissimo, determinante e articolato mondo delle forniture di qualità che costituiscono, almeno per ora, l'elemento che difende la navalmeccanica italiana dalla concorrenza estera.
Sottolineando come si sia passati nella cantieristica ad una produzione con contenuti sempre più ampi di tecnologia e personalizzazione, quali quella di navi passeggeri e traghetti, che ormai rappresentano il 71% degli ordini di Fincantieri, il direttore Assonave, Livio Marchesini, ha ribadito che «la formazione deve tenere conto dell'esigenza di personale sempre più flessibile e creativo, in grado di effettuare anche mestieri tradizionali e di coordinare attività che per i due terzi sono effettuate da imprese esterne. Occorre saper mettere insieme il meglio di cui si dispone: occorrono dunque anche interventi trasversali per la formazione di project manager. Si stanno varando i distretti navali regionali con moduli di formazione ben precisi, di cui un esempio è quello del Friuli Venezia Giulia».
Per i porti gioca a favore degli scali italiani il know-how dei gruppi internazionali che si sono radicati in Italia e che hanno stimolato lo sviluppo delle imprese domestiche, che spesso operano in mercati particolari o di nicchia.
Il rapporto della Federazione del Mare è inoltre arricchito da approfondimenti del ruolo del terziario marittimo, della trasformazione della professione degli agenti marittimi, dei broker, degli assicuratori, dei registri di classificazione: attività che tendono a fuoriuscire dagli schemi tradizionali nei quali erano rimasti circoscritti per anni, per meglio inserirsi nei nuovi mercati internazionali.