- Che facciamo? Dichiariamo lo stato di crisi della portualità del Sud? Abbandoniamo il porto di Gioia Tauro a se stesso? Il momento non è facile. Nei periodi di recessione le difficoltà sono e appaiono più ardue da superare e i nodi vengono al pettine, non solo nel settore dell'economia marittima. L'intero sistema industriale nazionale è in sofferenza.
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- Lo stabilimento per la costruzione di automobili di Termini Imerese ha un futuro? Forse no. Tuttavia i motivi che inducono a ritenere che la fabbrica siciliana della Fiat sia fuori mercato sono validi anche per gli altri insediamenti produttivi del gruppo automobilistico in Italia. Ne consegue che è fuori mercato l'intero sistema industriale nazionale dell'auto.
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- Parliamoci francamente: Luca Cordero di Montezemolo, John Elkann e Sergio Marchionne, avendo a disposizione capacità in altre sedi produttive, hanno convenienza a chiudere lo stabilimento di Termini Imerese, perché questo - in termini di costi e di competitività - può essere l'interesse precipuo dell'azienda, cioè - in misura fortemente decrescente - può essere utile per i proprietari, gli azionisti, i colletti bianchi, gli operai e le società dell'indotto. Ovviamente per le ultime tre categorie, legate al sito di produzione, il vantaggio si tramuta in danno se lavorano per le fabbriche che cessano di produrre.
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- Il medesimo ragionamento si può fare per altri comparti dell'industria italiana, fuori mercato rispetto ad una concorrenza che ha delocalizzato la produzione in nazioni nelle quali il costo del lavoro è decisamente inferiore, oppure dove il fisco è meno rapace o ancora dove si può disporre di risorse umane trattate secondo i più moderni canoni dello schiavismo.
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- Tale riflessione è valida per l'Italia, ma anche per molte nazioni del cosiddetto mondo occidentale, dove i governi non sono in grado di gestire un fenomeno epocale, quello della globalizzazione.
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- La strategia politica dovrebbe differire da quella aziendale e dovrebbe mirare a garantire il benessere generale della comunità. In un mondo in cui le regole non sono uguali per tutti, la politica deve saper distinguere i vari interessi e mediarli verso uno sviluppo comune.
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- Se per Fiat è conveniente concentrare la produzione in India, in Cina o magari in Africa, per la politica italiana l'interesse dovrebbe essere quello di individuare una strada lungo la quale la comunità nazionale possa sviluppare le proprie potenzialità.
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- Le analogie tra lo stabilimento di Termini Imerese e il porto di Gioia Tauro sono innumerevoli. Entrambi sono frutto del programma di industrializzazione del Mezzogiorno. Il primo è un caso nostrano di delocalizzazione. Il secondo è nato sul fallito tentativo di insediamento di un centro siderurgico. Tutti e due sono stati colpiti direttamente dalla recessione economica mondiale. La fabbrica siciliana è considerata uno dei rami secchi del gruppo automobilistico. Il Medcenter Container Terminal (MCT) del porto calabro soffre per il deciso calo dei traffici marittimi e per la crescente concorrenza dei terminal di transhipment che si stanno sviluppando sulla sponda africana del Mediterraneo.
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- Alcuni giorni fa, in occasione di un incontro conviviale con la stampa, il presidente dell'Autorità Portuale di Genova, Luigi Merlo, aveva espresso forti perplessità sul futuro dei porti di transhipment italiani, cioè Taranto, Cagliari e, soprattutto, Gioia Tauro. La funzione di questi scali nello schema dei traffici containerizzati mondiali è di redistribuire ai mercati regionali il flusso di container trasportato sulle principali rotte internazionali. In questi porti avviene il trasbordo dei carichi dalle navi madre alle navi feeder.
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- Nei giorni successivi Merlo ha manifestato anche la preoccupazione che lo stato di sofferenza di questi scali induca il governo a sostenere i porti di transhipment del Sud sottraendo risorse alla portualità dell'Italia settentrionale.
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- Proprio in questi giorni i sindacati hanno sollecitato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, a mettere in atto interventi volti a scongiurare la chiusura dei porti di transhipment. «La crisi che ha coinvolto le economie mondiali - hanno scritto al ministro i segretari generali della Filt Cgil, Franco Nasso, della Fit Cisl, Claudio Claudiani e della Uiltrasporti, Giuseppe Caronia - sta riflettendo gravi ripercussioni sui porti italiani con un calo dei volumi e delle tariffe di proporzioni considerevoli e ricadute negative sull'occupazione». «In tale ambito - hanno rilevato - le attività svolte dai porti di transhipment, per loro natura estremamente fungibili, sono ancora più esposte alla concorrenza».
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- Anche secondo i tre dirigenti sindacali, «lo sviluppo dei porti del Nord Africa sta determinando le condizioni per un ridimensionamento dell'attività svolta in Italia con lo spostamento dei grandi armatori su altri porti, con il rischio che si possa produrre un graduale abbandono dell'attività con la chiusura dei porti coinvolti, in particolar modo il porto di Gioia Tauro». È «di questi giorni - hanno ricordato - l'attivazione a Gioia Tauro di una procedura di cassa integrazione per il 40% del personale dipendente, a Taranto per la quasi totalità dei lavoratori e Cagliari e La Spezia sono in notevole difficoltà, con la conseguenza che alla fine del periodo gestito attraverso gli ammortizzatori sociali le aziende avvieranno ristrutturazioni definitive dell'attività con ripercussioni pesantissime sull'intera economia del territorio su cui insiste il porto stesso».
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- L'opinione di questi rappresentanti dei lavoratori è che sia necessario «introdurre una specifica normativa che differenzi l'attività dei porti di transhipment individuando particolari condizioni che garantiscano al sistema italiano di poter continuare a competere nel panorama mondiale, misure, per altro, già adottate dagli altri paesi della Comunità europea».
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- Per il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, così come per alcuni sindacati, il governo dovrebbe intervenire in particolare sulle tasse di ancoraggio per consentire al porto di Gioia Tauro di recuperare competitività. Loiero ha inviato una lettera al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, in cui propone l'approvazione di un decreto legge che dimezzi o azzeri le tasse di ancoraggio, «anche per un periodo di tempo determinato di qualche anno, quelli della ripresa dei traffici mondiali che gli analisti prevedono entro il 2012».
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- In un porto-azienda come quello di Gioia Tauro, incentrato sull'attività di MCT, la crisi colpisce direttamente la società terminalista. In altri principali scali italiani, che operano differenti e molteplici tipologie di traffico, questo impatto è più attenuato. Ciò non toglie che tutta la portualità italiana sia in crisi.
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- Oggi alla politica si chiede pragmatismo. Ma la politica non è un'azienda. Funzione della politica è casomai valutare quale sia il ruolo di un'azienda per il benessere economico e sociale della comunità e di proporre soluzioni per risolvere gli stati di crisi.
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- Ciò non vuol dire che la fabbrica di Termini Imerese debba essere salvata a tutti i costi, né che i porti di Gioia Tauro, Cagliari e Taranto debbano continuare a vivere di transhipment. Significa chiedere alla politica di fare il suo lavoro: dare risposte alla comunità in difficoltà, proporre soluzioni o alternative.
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- Le comunità in difficoltà non sono solamente quelle della Calabria o della Sicilia, di Taranto e Cagliari. La recessione ha profondamente colpito la società italiana. I problemi sono comuni. Merlo sa bene che numerose aziende marittime genovesi navigano in cattive acque. Inoltre sa che i problemi del cantiere navale di Sestri Ponente della Fincantieri sono gli stessi degli stabilimenti del gruppo navalmeccanico a Palermo o Castellammare di Stabia.
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- Le risorse sono quelle che sono e, giustamente, il presidente del porto di Genova auspica che non siano sprecate in accanimenti terapeutici. Nessuno (tranne che nelle vicende bibliche) è mai riuscito a risuscitare un morto. Un appello a non sperperare forze e denaro che sottoscriviamo volentieri.
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- È necessario però valutare con attenzione la gravità del paziente e soprattutto le ripercussioni di un suo eventuale decesso sulla comunità in cui è vissuto. È indispensabile anche essere consapevoli che la portualità è in difficoltà anche al Nord. Riteniamo quindi auspicabile che si lavori per accrescere la competitività di tutto il sistema, da Gioia Tauro a Genova e Trieste.
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Bruno Bellio
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