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ANITA, non accettabile la liberalizzare del cabotaggio stradale dal 2014 in assenza di condizioni di parità
L'associazione evidenzia la necessità di passare dall'emergenza alla progettazione di lunga durata
25 giugno 2010
In occasione della sua 48ª assemblea generale, tenutasi ieri a Roma, l'ANITA, associazione dell'autotrasporto che fa capo a Confindustria, ha sottolineato come, dopo anni di interventi normativi orientati a far fronte all'emergenza più che alla ricerca di soluzioni organiche di più ampio respiro, sia tempo di puntare su misure concrete. Secondo ANITA, è sulla logistica in prima battuta che è necessario investire per rispondere ad una domanda complessa che premia i servizi a valore aggiunto sul semplice trasporto di merci.
Nella sua relazione all'assemblea, che pubblichiamo di seguito, il presidente dell'associazione, Eleuterio Arcese, ha sottolineato anche l'impossibilità di «accettare la prospettiva di liberalizzare il cabotaggio dal 2014 fino a quando le condizioni economiche e di mercato tra i vari Paesi non siano significativamente comparabili».
ANITA - Associazione Nazionale Imprese Trasporti Automobilistici
48ª Assemblea Generale
Relazione del presidente Eleuterio Arcese
Roma, 24 giugno 2010
Autorità, Gentili Signore e Signori,
un ringraziamento a tutti per la vostra gradita presenza alla nostra Assemblea.
“Progettare oltre l'emergenza”: un tema che intendiamo sviluppare insieme ai protagonisti delle decisioni e delle azioni necessarie per sostenere la crescita del settore.
Il futuro dei trasporti e delle nostre imprese ruota intorno alle scelte che l'Unione europea, il Parlamento, il Governo ed il sistema imprenditoriale vorranno intraprendere nell'immediato futuro.
La crisi ha amplificato alcune dinamiche proprie del sistema del trasporto italiano.
In risposta alla congiuntura negativa, gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una serie di interventi normativi per il settore adottati più per far fronte a situazioni di emergenza, che dalla ricerca di soluzioni organiche di più ampio respiro.
L'attuale fase congiunturale è ancora fortemente contraddistinta da cambiamenti intensi e numerosi, soprattutto in ambito europeo.
Il contesto economico
Il 2010 era annunciato da molti come l'anno della ripresa dalla crisi economica mondiale e qualche segnale positivo in effetti si registra.
Un segnale chiaro viene dal PIL che, nel primo trimestre, è aumentato dello 0,50% rispetto al trimestre precedente: più di Francia, Germania e Inghilterra.
Il nostro Paese pare aver agganciato la ripresa, tuttavia l'esplosione della crisi dell'euro rischia di modificare nuovamente il quadro di riferimento.
Il debito pubblico che grava su molti Paesi dell'Unione ha spinto anche il nostro Governo ad adottare rigorose politiche di bilancio.
La recente manovra varata dal Governo per stabilizzare i conti pubblici, rilanciare la competitività e la crescita, e per contrastare l'evasione fiscale e contributiva, vero flagello della nostra economia, è stata per molti versi obbligata nelle sue linee generali di intervento.
Queste misure devono però diventare strutturali, per uno sviluppo solido e duraturo delle imprese.
Legalità, regolarità, sicurezza: fattori di sviluppo
In quest'ottica ritengo prioritario il tema della legalità, che vuol dire anche sicurezza e regolarità, quale condizione essenziale per lo sviluppo ed è proprio da questo argomento che vorrei iniziare.
Passando all'esame nel dettaglio, l'evasione fiscale e contributiva, l'utilizzo di vettori irregolari, il mancato rispetto delle regole, alterano le condizioni di concorrenza, minando la competitività ed ostacolando la crescita.
Contrastare l'illegalità pertanto è un obiettivo primario non solo delle Istituzioni, ma anche delle forze sociali e delle associazioni di imprese.
In questa battaglia è fondamentale l'apporto del mondo imprenditoriale, con atteggiamenti positivi e soprattutto con azioni concrete nella selezione, e quindi nella scelta, dei propri fornitori di servizi.
Su tale fronte, ANITA condivide pienamente il protocollo per la legalità sottoscritto recentemente dal Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e dal Ministro dell'Interno Roberto Maroni per combattere la malavita organizzata e contrastare l'illegalità e si propone di diffondere alla categoria le Linee guida di tale accordo.
ANITA pertanto mette al centro della propria azione politica e sindacale il valore della correttezza.
Ma il rispetto delle regole non è a senso unico: riguarda tanto i vettori quanto coloro che affidano i trasporti. Di conseguenza devono essere colpiti i comportamenti scorretti, da chiunque vengano messi in atto.
Non è più tempo per nessuno di crearsi degli alibi.
È troppo semplice far leva sulla debolezza del settore per imporre prezzi al ribasso. Al tempo stesso è banale farsi scudo delle inefficienze del sistema per proporsi a prezzi al di sotto dei costi di gestione.
Al Governo tutto il nostro apprezzamento per le misure rivolte a contrastare il fenomeno delle imprese “apri e chiudi”, inserite nella recente Manovra anticrisi. Tuttavia nel nostro settore assistiamo da tempo ad un altro fenomeno altrettanto grave: quello delle imprese “chiudi e riapri”.
Si tratta di imprese che hanno trovato una loro via d'uscita alla crisi non versando i contributi, non applicando il contratto di lavoro, fortemente indebitate con il fisco che, dopo aver chiuso, si ripresentano sul mercato sotto altro nome, con una situazione debitoria azzerata.
Per questo motivo, la lotta all'illegalità e all'evasione fiscale e contributiva passa anche attraverso una maggiore efficienza della pubblica Amministrazione, una maggiore razionalizzazione dei controlli, incrociando e potenziando le banche dati dell'Albo con quelle dell'Agenzia delle Entrate e dell'INPS, e soprattutto attraverso una maggiore rapidità di intervento.
L'attività di controllo svolge un ruolo determinante.
Al fine di garantire rispetto delle regole e maggiore sicurezza sulle strade è pertanto auspicabile rafforzare il coordinamento tra gli organi di controllo ed includere nella Commissione sicurezza, di cui fanno parte i rappresentanti dei ministeri delle Infrastrutture e Trasporti, dell'Interno, del Lavoro, anche la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle Dogane perché la lotta all'illegalità non può e non deve essere effettuata soltanto con il controllo su strada.
D'altra parte le norme comunitarie impongono la creazione di un sistema di classificazione del rischio e del Registro elettronico europeo delle imprese per lo scambio di informazioni sull'onorabilità del “manager del trasporto” e sulle sanzioni applicate per violazioni alle norme di settore.
Sarà sempre più difficile pensare di farla franca e questo è un segnale per tutte le imprese: per quelle che operano nel rispetto delle regole, le quali non hanno nulla da temere ma anzi da guadagnare e per le altre, che dovranno fare i conti con spazi che si vanno sempre più restringendo.
In altri termini vanno ristabilite parità di condizioni, così com'è stato fatto nella riforma del Codice della Strada in discussione in Parlamento che dovrebbe essere approvato definitivamente per la fine di luglio.
Finalmente, sotto il profilo sanzionatorio, le nostre imprese saranno messe sullo stesso piano con quelle straniere e verranno recepiti i principi comunitari in tema di gradualità delle sanzioni. Così come verranno modificate alcune norme che hanno indirettamente riconosciuto un vantaggio competitivo ai vettori esteri e che hanno rappresentato un vero e proprio “costo supplementare” per le nostre imprese, come il caso delle targhe ripetitrici per i rimorchi, che saranno eliminate dal nuovo Codice.
Anche sul fronte del cabotaggio stradale registriamo un inasprimento delle sanzioni.
A tale proposito intendiamo sottolineare che non possiamo accettare la prospettiva di liberalizzare il cabotaggio dal 2014 fino a quando le condizioni economiche e di mercato tra i vari Paesi non siano significativamente comparabili.
Promuovere la crescita e tutelare l'occupazione
Un'eccessiva frammentazione delle imprese associata alla diminuzione della domanda di trasporto, una filiera troppo lunga, una concorrenza sleale sempre più accentuata, una pressione fiscale e contributiva tra le più alte in Europa sono alcune delle principali cause che frenano la crescita e la competitività del settore, sempre più chiamato a confrontarsi con il mercato globale.
Nei trasporti internazionali i vettori polacchi, rumeni e della Repubblica Ceca si posizionano ai primi posti, non certo per una loro maggiore efficienza, ma per situazioni sociali, economiche, finanziarie e salariali a loro estremamente favorevoli rispetto a quelle dei Paesi della vecchia Europa, dell'Italia in particolare.
Tali differenze, sottovalutate all'epoca dell'allargamento, stanno determinando una forte distorsione della concorrenza e possono rappresentare una leva ulteriore alla delocalizzazione delle imprese in tali Paesi.
Nei trasporti nazionali registriamo una progressiva perdita di commesse di trasporto a favore dei vettori comunitari che operano in regime di cabotaggio, che a partire dal maggio scorso è stato aperto a tutti i Paesi ad eccezione della Bulgaria e Romania.
L'insieme di questi fattori stanno mettendo fuori mercato le imprese sane ed in particolar modo quelle strutturate.
È un vortice dal quale dobbiamo assolutamente uscire!
Se non vogliamo indebolire ulteriormente il tessuto imprenditoriale italiano ed assistere al crollo delle entrate da parte dello Stato occorre uno sforzo coordinato tra le Istituzioni europee e le Autorità italiane per invertire la tendenza e ridare competitività alle imprese, generare una redditività di lunga durata, investimenti e occupazione.
Il primo nodo da sciogliere quindi è quello della eccessiva polverizzazione delle imprese che rende il nostro mercato più debole di quello degli altri Paesi, nei quali le dimensioni aziendali sono di gran lunga superiori alle nostre.
La strada da seguire è quella di superare i limiti dimensionali con aggregazioni, fusioni, accordi di collaborazione, come ha fatto il sistema bancario.
Le iniziative volte a favorire processi di aggregazione nel nostro settore sono purtroppo fallite per una naturale diffidenza degli imprenditori a rinunciare all'identità della propria azienda costruita negli anni.
Ma solo con imprese organizzate, strutturate, capaci di reagire alle variabili della domanda di trasporto, è possibile immaginare un riposizionamento competitivo dell'autotrasporto italiano.
L'obiettivo allora è favorire le aggregazioni su progetti comuni, salvaguardando l'individualità dell'impresa e ciò si potrebbe fare attraverso il “contratto di rete”, riconosciuto anche dalla recente manovra del Governo.
Altro aspetto è razionalizzare le risorse destinate al settore: non più aiuti a pioggia - lo stiamo ripetendo ormai come una parola d'ordine - ma più sostegno alle imprese che investono, che si alleano, che sviluppano sistemi innovativi di movimentazione delle merci, che offrono servizi ad ampio spettro e non solo trasporto, che creano e mantengono stabile l'occupazione.
Ora che il tavolo di confronto con il Governo si è concluso, dobbiamo concentrare l'attenzione sulla Consulta del trasporto e della logistica, che si è appena ricostituita.
In tale ambito, infatti, la priorità è l'aggiornamento del Piano Nazionale della Logistica, sul quale noi crediamo e puntiamo molto per una concreta prospettiva di sviluppo del nostro Paese.
L'obiettivo è realizzare un sistema logistico moderno ed efficiente del quale noi - imprese italiane - dobbiamo e vogliamo essere protagoniste.
Le prospettive di crescita sono anche legate all'andamento del mercato del lavoro, che ha subito l'impatto della recessione e dell'instabilità dei mercati.
Voglio ricordare che in occasione dell'Assemblea dello scorso anno, ANITA ha lanciato la proposta di lavorare insieme ai sindacati dei lavoratori per tutelare e difendere l'occupazione nel settore, realizzabile solo attraverso interventi rivolti allo sviluppo di lunga durata delle imprese.
Su tale linea stiamo andando avanti.
Con questo spirito ci siamo seduti al tavolo del contratto di lavoro, perché senza produttività aggiuntiva le imprese non hanno margini per il rinnovo.
L'azione comune con i sindacati si sviluppa anche su un altro tema centrale, di grande attualità in questo periodo, che è quello della somministrazione e distacco di autisti dai Paesi dell'Est in violazione ai principi comunitari e nazionali sulla parità di trattamento retributivo.
Questo fenomeno, unito ad una pressione fiscale e contributiva a carico delle aziende che è tra le più elevate in Europa, rappresentano una potente spinta verso la destrutturazione del settore, con effetti devastanti sul sistema delle imprese e sul mercato del lavoro.
Pertanto, mentre da un lato riconosciamo la validità e l'importanza per le nostre imprese della riduzione dei premi INAIL che sono stati confermati anche per il prossimo anno, è altrettanto necessario che tale misura diventi strutturale e che vengano adottate al più presto misure finalizzate a stabilizzare e incrementare l'occupazione.
Sul fronte del distacco e somministrazione è quanto mai urgente un intervento dei Ministeri interessati che faccia chiarezza sul principio della parità di trattamento retributivo, ad evitare fenomeni che negli ultimi giorni si sono intensificati, di imprese che lasciano a casa gli autisti in forza per avvalersi di conducenti distaccati o “presi in affitto” da Paesi nei quali - voglio ricordarlo - il costo del lavoro è pari ad un terzo del nostro.
L'impatto sul nostro mercato è devastante!
Infrastrutture, Intermodalità, Ambiente
Le infrastrutture sono un fattore cruciale di crescita economica.
L'Italia ha accumulato negli ultimi vent'anni ritardi e squilibri notevoli rispetto ad altri Paesi.
È il momento di dare una svolta decisa all'infrastrutturazione partendo da interventi che consentano di mettere in rete i porti e gli interporti con le diverse infrastrutture per realizzare un sistema italiano della mobilità.
In tal senso è fondamentale procedere celermente alla riforma dei porti bloccata da troppo tempo.
Allo stesso modo occorre puntare sulla valorizzazione e lo sviluppo degli interporti dove viene movimentato circa il 45% del traffico intermodale totale.
Tali nodi, soprattutto se correlati con i retroporti e i porti costituiscono un'opportunità importante per i mezzi pesanti anche di connessione alla ferrovia. Inoltre, possono rappresentare punti strategici di collegamento ai grandi corridoi europei (Berlino-Palermo, Lisbona-Kiev e Genova-Rotterdam).
Occorre una spinta per ottimizzare lo spostamento delle merci.
E su questo punto è prioritaria l'intermodalità: soltanto in questo modo riusciremo a restare competitivi come sistema Paese.
Il trasporto intermodale delle merci - attraverso le autostrade del mare e le ferrovie - è la scommessa che il nostro Paese non può perdere.
Vanno eliminati i colli di bottiglia, lo diciamo ormai da tempo.
Oltre il potenziamento delle infrastrutture, per lo sviluppo del trasporto intermodale occorre considerare anche altri due aspetti: efficienza e sostegno alle imprese.
Su quest'ultimo punto da sottolineare la validità dell'ecobonus, che la stessa Commissione europea ha riconosciuto una “buona pratica” italiana da estendere agli altri Paesi.
È una misura da rifinanziare anche per il prossimo triennio e che può fare da modello per il Ferrobonus.
Gli incentivi economici tuttavia da soli non bastano.
Se manca l'efficienza di tale modalità di trasporto, le infrastrutture e la volontà degli interlocutori coinvolti in prima persona (armatori, autorità portuali, ferrovie e autotrasportatori) di voler puntare sul trasporto combinato, non si va da nessuna parte.
Ripensare, dunque, l'intero sistema di trasporto per porre le basi per lo sviluppo dell'intermodalità e le condizioni per competere con il resto del mondo.
Se per le piccole e medie imprese la scommessa è quella di crescere, anche attraverso aggregazioni, per le imprese strutturate la scommessa è di fare il salto nella logistica: offrire servizi aggiuntivi al proprio cliente.
Altrimenti, prima o poi lo faranno le imprese straniere che decideranno di radicarsi nel nostro Paese, affidando la vezione alle nostre imprese per superare i vincoli del cabotaggio. Ma lo faranno alle loro condizioni, per noi non economicamente sostenibili. Sarebbe così la fine del trasporto italiano.
Il rilancio competitivo del settore e del Paese attraverso la logistica non può prescindere da una ferrovia forte ed efficiente.
E ciò vale anche per le infrastrutture.
L'intermodalità deve essere potenziata su linee ferroviarie dedicate alle merci nei grandi corridoi internazionali.
Ma intendiamo essere chiari sulla nostra opposizione a tutti i tentativi di aumentare il costo dei trasporti stradali sulla base di false giustificazioni come quella dei costi esterni.
L'autotrasporto di merci, da solo, non può essere ritenuto responsabile ad esempio della congestione, quando rappresenta nelle autostrade europee circa il 15% del circolante e quando già paga l'equivalente del 2,5% del PIL tra accise, tasse sugli acquisti, pedaggi.
La protezione dell'ambiente passa attraverso una migliore organizzazione dei trasporti e l'utilizzo di veicoli più moderni e meno inquinanti. Per ottenere questo è necessario però che l'Unione europea superi il concetto dell'aiuto condizionato all'acquisizione di veicoli non ancora in produzione.
Politiche comunitarie
Con le modifiche al Codice della strada, al quale ho già accennato, possiamo dire di essere diventati un po' più europei.
Un piccolo passo, ma significativo, per allinearci agli altri Stati.
L'obiettivo è arrivare ad un Codice della Strada europeo armonizzato ed a regole di circolazione che vedano l'Europa come un unico territorio.
La nostra Associazione crede molto alla presenza qualificata ai tavoli decisionali a Bruxelles per essere protagonisti del futuro delle imprese italiane.
Pesi e dimensioni, trasporti combinati, Ecocombi, normativa sociale sono alcuni dei temi che ci vedono protagonisti.
Voglio qui soffermarmi su un recente risultato raggiunto a livello comunitario sull'orario di lavoro degli autonomi, grazie ad un'azione portata avanti dalla nostra Associazione insieme a Confindustria.
Il Parlamento europeo ha, infatti, respinto con un'ampia maggioranza la proposta della Commissione che esentava i lavoratori autonomi dalla direttiva sull'orario di lavoro, affermando il principio sul quale si è basata la nostra azione: non devono e non possono sussistere disparità di regole e condizioni tra lavoratori dipendenti e autonomi, che nella sostanza falsano la concorrenza nei trasporti, senza contare l'impatto negativo sul piano della sicurezza nel suo complesso.
L'azione del Governo
Voglio puntare l'accento su quanto ha fatto questo Governo per il settore nell'ultimo anno.
Tra i tanti interventi ed iniziative, ne voglio qui ricordare due in particolare.
La costituzione - nel mese di novembre 2009 - della sezione speciale dell'Autotrasporto nell'ambito del Fondo di Garanzia, che ha rappresentato uno dei principali strumenti operativi messi a disposizione dallo Stato per facilitare l'accesso al credito delle PMI.
L'operatività del Fondo ha mostrato una crescita particolarmente positiva: le domande accolte dall'inizio dell'anno sono 340, pari a € 45,5 milioni di finanziamento, per un importo garantito dal Fondo di € 26,8 milioni.
I dati ci confortano e ci spingono a continuare a promuoverlo.
L'altro intervento concerne la messa a disposizione di risorse economiche pari a 7 milioni di euro per la formazione degli addetti delle imprese di trasporto e che - a quanto ci risulta - sarebbero addirittura insufficienti a coprire il fabbisogno formativo.
Ciò conferma la scelta strategica di ANITA di puntare sulla valorizzazione e la crescita del capitale umano, come fattore di crescita e competitività delle imprese ed è fondamentale quindi continuare ad investire su questo tema.
Nel merito del tavolo tecnico che si è concluso il 17 giugno scorso va innanzitutto sottolineato come ANITA ha messo al centro della discussione il tema del costo del lavoro.
L'impegno del Governo di adottare iniziative importanti ed innovative sul costo del lavoro e sul trattamento retributivo e previdenziale, è stato motivo per sottoscrivere l'intesa da parte della nostra organizzazione.
Siamo ben consapevoli delle oggettive difficoltà che incontreremo su questo terreno, ma al tempo stesso siamo convinti che la competitività delle nostre imprese - oggi più che mai - passa attraverso il tema del lavoro.
Nel protocollo abbiamo tuttavia voluto sottolineare le nostre perplessità sull'opportunità e l'efficacia di alcuni provvedimenti, anche per ragioni di coerenza rispetto alle preoccupazioni espresse al tavolo in questi sei mesi di incontri, trattandosi di interventi che riguardano - nei fatti - solo una parte degli operatori.
Il nostro settore ha bisogno di poche regole, chiare ed applicate a tutti.
Con la committenza vogliamo condividere una visione comune strategica e continuare il confronto sul piano degli accordi di settore, poiché solo attraverso una convergenza di obiettivi si può giungere ad un sistema di trasporto competitivo, trasparente e sicuro.
In chiusura mi rivolgo a voi, care colleghe e colleghi imprenditori.