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Il “Made in Italy” è un vantaggio o un danno per l'economia e per gli operatori italiani?
La marchiatura, paradossalmente, rischia di far sì che merce destinata all'Italia non transiti per i porti italiani
28 gennaio 2011
inforMARE - Usualmente si ritiene che l'apposizione di tale marchiatura salvaguardi il valore del prodotto italiano, ma sussistono anche perplessità sulla sua efficacia ed incertezze sull'effetto benefico del marchio e sulle ricadute sull'attività degli operatori determinate dalla sua applicazione. Questi dubbi sono emersi in un convegno svoltosi nell'ambito di Festivity, il Salone Internazionale del Giocattolo che si è concluso ieri a Milano.
All'incontro erano stati invitati i rappresentanti di tutte le più importanti associazioni di categoria (Confapi Trasporti per la logistica ed i trasporti) ed ha visto la presenza delle maggiori cariche dell'Agenzia delle Dogane, che ha partecipato alla fiera con un proprio stand ospite di Assogiocattoli.
Il direttore generale dell'Agenzia delle Dogane, Giuseppe Peleggi, ha sottolineato il compito della dogana, che è quello di aiutare gli operatori onesti nella lotta alla contraffazione e di contrastare il crimine e l'illegalità. Nel corso del convegno è stato rilevato che in Italia l'80% dei prodotti cinesi arrivano dalla Cina, mentre il restante 20% dei prodotti cinesi giunge in Italia da altre nazioni europee. Si tratta di merci sbarcate prevalentemente nei porti del Nord Europa (da Rotterdam ad Amburgo, da Anversa a Brema) e che poi - è stato osservato - arrivano in Italia senza possibilità di essere adeguatamente controllate, visto che il controllo spetta alla dogana della nazione di entrata in Europa.
È stato quindi evidenziato come una giusta normativa, come quella per la marchiatura “Made in”, tesa a contrastare contraffazioni ed illegalità, sia praticamente inutile fintantoché viene applicata solo in Italia. Luca Castigliego, intervenuto per conto di Confapi, ha spiegato che «non serve a combattere le contraffazioni: immaginando l'Europa come un condominio di 27 Stati con 27 porte - ha chiarito - le merci che verrebbero fermate alla porta Italia possono sempre entrare da una delle altre 26 porte». «Non serve - ha aggiunto - a proteggere il Made in Italy, anche perché a olandesi e tedeschi cosa volete che interessi? Non serve ad aiutare l'economia italiana, anzi!».
Paolo Federici, anch'egli in rappresentanza di Confapi, ha illustrato un possibile ulteriore effetto negativo: il marchio Made in Italy - ha precisato - rischia di far sì «che merce destinata all'Italia non transiti per i porti italiani, togliendo quindi lavoro alle aziende spedizionieristiche e della logistica italiane, in favore di altrettante aziende tedesche, belghe o olandesi». Fa sì, invece - ha proseguito - che tutti i disonesti spostino l'entrata in Europa altrove, evitando così qualsiasi controllo ed annullando, di fatto, lo scopo del legislatore italiano. Fa sì che le uniche ad essere controllate siano le aziende italiane “serie”, che così si ritrovano a dover subire aggravi di costi che servono solo a far lievitare i prezzi rendendole non concorrenziali con analoghe aziende nordeuropee. Fa sì che anche le aziende serie preferiscano spostare i loro traffici sui porti del Nord togliendo altro lavoro alle aziende spedizionieristiche e della logistica italiane».
Secondo i rappresentanti di Confapi, la legge sul Made in Italy è giusta, ma potrà avere effetti positivi solo quando sarà una legge europea e non solo italiana. Pertanto, in attesa che diventi una norma valida per tutti in Europa - hanno concluso - «sarebbe il caso di sospendere la validità della legge solo italiana, perché altrimenti continueremo a viverne solo i lati assurdamente negativi per la nostra già povera economia». (iM)
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