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Proposta della Commissione UE per irrigidire le norme sulla demolizione delle navi
Prevede la definizione di un elenco dei cantieri autorizzati a livello mondiale. NGO Shipbreaking Platform, le nuove regole potranno fare ben poco per impedire che le navi continuino ad essere smantellate sulle spiagge dei Paesi in via di sviluppo
23 marzo 2012
Oggi la Commissione Europea ha presentato una nuova proposta di normativa sulla demolizione delle navi, che sarà ora discussa dal Parlamento e dal Consiglio UE, con l'obiettivo di garantire che i mezzi navali europei siano smantellati soltanto in cantieri sicuri per i lavoratori e compatibili con l'ambiente.
La nuove regole proposte, che assumeranno la forma di regolamento - ha spiegato Bruxelles - prevedono per le grandi navi mercantili battenti bandiera degli Stati membri dell'UE un sistema di controllo, certificazione e autorizzazione che ne abbraccerà l'intero ciclo di vita, dalla costruzione all'esercizio fino alla demolizione e riciclaggio.
Il sistema - ha precisato la Commissione UE - muove dalla convenzione di Hong Kong per una demolizione delle navi sicura e compatibile con l'ambiente adottata nel 2009, cui la proposta odierna intende dare attuazione rapidamente senza attenderne la ratifica e l'entrata in vigore, processo che richiederà vari anni. A tale scopo, contestualmente alla proposta di nuove regole sulla demolizione delle navi, oggi la Commissione ha presentato anche una proposta di decisione che impone agli Stati membri di ratificare la convenzione di Hong Kong al fine di accelerare la sua entrata in vigore formale, che avverrà con la ratifica da parte di almeno 15 grandi Stati di bandiera e di demolizione, che rappresentino almeno il 40% della flotta mondiale e una percentuale significativa (almeno il 50%) della capacità di demolizione e riciclaggio disponibile su scala mondiale.
La nuova proposta della Commissione sulla demolizione prevede che le navi europee istituiscano un inventario dei materiali pericolosi presenti a bordo e chiedano un certificato di inventario. Inoltre stabilisce che, prima dell'ingresso della nave nel cantiere di demolizione, debbano essere ridotti i quantitativi di tali materiali, anche nei residui di carico, oli combustibili, ecc.
La proposta prevede che, per poter essere inseriti nell'elenco dei cantieri autorizzati a livello mondiale, gli stabilimenti di demolizione delle navi debbano soddisfare una serie di requisiti ambientali e di sicurezza. La demolizione delle navi europee sarà quindi consentita soltanto negli impianti inclusi nell'elenco. Alcuni di tali requisiti - ha sottolineato la Commissione - sono più rigorosi di quelli previsti dalla convenzione di Hong Kong: lo scopo è assicurare una migliore tracciabilità delle navi europee e garantire che i rifiuti derivanti dalla demolizione, e gli eventuali materiali pericolosi presenti a bordo, siano gestiti in modo compatibile con l'ambiente.
Inoltre, per garantire il rispetto delle nuove regole, la proposta impone agli armatori di notificare alle autorità nazionali l'intenzione di avviare una nave alla demolizione. Mettendo a confronto l'elenco delle navi per le quali hanno rilasciato un certificato di inventario con l'elenco delle navi demolite in cantieri autorizzati - ha rilevato Bruxelles - le autorità potranno individuare più facilmente le operazioni di demolizione illegali. Anche le sanzioni previste dal regolamento saranno più specifiche e precise.
«Sebbene il settore della demolizione navale abbia migliorato le sue pratiche - ha osservato il commissario europeo all'Ambiente, Janez Potocnik - molti cantieri continuano ad operare in condizioni di pericolo e potenziale danno. Scopo della proposta è garantire che le vecchie navi europee siano riciclate nel rispetto della salute dei lavoratori e dell'ambiente. Si tratta di un incitamento chiaro ad investire con urgenza nel miglioramento dei cantieri di demolizione».
La Commissione Europea ha ricordato che ogni anno oltre 1.000 vecchie grandi navi mercantili, quali petroliere e portacontainer, sono avviate alla demolizione per recuperare i rottami metallici e che molte navi europee finiscono su spiagge sabbiose dell'Asia meridionale, in cantieri non conformi agli standard nella maggior parte dei quali mancano le misure di tutela ambientale e di sicurezza necessarie per gestire i materiali pericolosi presenti nelle navi a fine vita, tra cui amianto, policlorobifenili (PCB), stagno tributile e morchie. Ne conseguono sia tassi elevati di infortuni e rischi sanitari per i lavoratori sia un inquinamento ambientale diffuso.
Nel 2009 oltre il 90% delle navi europee è stato demolito al di fuori dell'OCSE, in impianti di demolizione navale talvolta non conformi agli standard. Il numero di navi europee a fine vita - ha specificato la Commissione - è considerevole, in quanto il 17% del tonnellaggio mondiale è immatricolato sotto bandiere dell'UE.
La Commissione ha ricordato inoltre che attualmente la demolizione delle navi è disciplinata dal regolamento relativo alle spedizioni di rifiuti, che vieta l'esportazione di rifiuti pericolosi verso Paesi extra OCSE e che tuttavia la normativa vigente, che non è intesa specificamente alle navi, è spesso elusa a causa della carenza di capacità di demolizione e riciclaggio adeguata nei Paesi OCSE, ma anche della difficoltà a individuare, da un lato, il momento in cui la nave si trasforma in rifiuto e, dall'altro, il Paese esportatore della nave. Il 19 novembre 2008 la Commissione aveva adottato la strategia dell'Unione Europea per una migliore demolizione delle navi, nella quale proponeva una serie di misure volte a migliorare il riciclaggio in tempi il più possibile brevi, senza aspettare l'entrata in vigore della convenzione di Hong Kong. La proposta odierna muove dalle linee guida incluse nella strategia.
Secondo la NGO Shipbreaking Platform, un'organizzazione con sede a Bruxelles che ha l'obiettivo di far sì che le navi contenenti sostanze tossiche non siano demolite in stabilimenti delle nazioni in via di sviluppo, ha evidenziato che le nuove regole presentate oggi dalla Commissione Europa avranno effetto solo per le navi battenti una bandiera europea e - per NGO - potranno fare ben poco per invertire l'attuale uso di sfruttare le spiagge dei Paesi in via di sviluppo per la demolizione delle navi senza alcuna cura per la gestione dei rifiuti.
«Senza alcun incentivo economico per cambiare le attuali pratiche di navigazione e demolizione, e di fronte alla realtà che ci sono poche, e in futuro probabilmente ancora meno, navi battenti bandiere europee alla fine del ciclo di vita - ha spiegato il direttore della NGO Shipbreaking Platform, Ingvild Jenssen - la proposta della Commissione sottrae efficacemente l'Europa dalle sue responsabilità e dall'opportunità di fornire una soluzione sostenibile per impedire che navi tossiche avvelenino i lavoratori e l'ambiente in alcuni dei Paesi più vulnerabili del mondo».
NGO ritiene che la convenzione di Hong Kong offra una base debole su cui costruire un solido quadro normativo. Inoltre l'organizzazione ha sottolineato che, se il 40% della flotta mondiale è di proprietà di società basate in Europa, solo una piccola percentuale delle navi alla fine del loro ciclo di vita sta navigando sotto bandiera europea. In particolare - ha precisato NGO - secondo i dati del 2009 di IHS Fairplay DG Environment, delle 1.299 navi complessivamente inviate alla demolizione, 349 (il 27%) erano di proprietà di società europee e la gran parte di questa quota (252 navi, il 72%) non battevano una bandiera europea. Pertanto - ha rilevato l'organizzazione - la proposta Europea riguarda solamente il 28% delle navi di proprietà europea, cioè quelle che battono anche bandiera europea, oltre ad un esiguo numero di navi di società non europee che però sono immatricolate sotto una bandiera europea. In conclusione: delle 1.299 navi inviate alla demolizione nel 2009, solo 197 (il 15% circa) navigavano sotto una bandiera europea.
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