- Le esportazioni italiane in Africa settentrionale oggi rappresentano un solo il 2,9% dell'export nazionale complessivo e quelle verso l'intero continente africano si attestano ad un modestissimo 1,5%. C'è quindi assoluto bisogno di incrementare queste quote percentuali. Lo ha sottolineato il professor Arduino Paniccia dell'Istituto Italiano di Studi Strategici e docente di Studi Strategici ed Economia internazionale all'Università di Trieste intervenendo martedì scorso a Venezia ad un incontro sul tema “La primavera araba e la situazione mediorientale; quali prospettive per i traffici commerciali e crocieristici nei porti adriatici associati nel NAPA” organizzato dal The International Propeller Club Port of Venice.
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- «Il cambio di direzione nella politica estera della Francia dopo la caduta di Sarkozy, la contrazione delle risorse pubbliche in Europa ed in Italia destinate alle attività di supporto all'internazionalizzazione per le imprese e le cosiddette primavera arabe, con il relativo cambio di interlocutori istituzionali nei Paesi della sponda Sud e le guerre in Medio Oriente - ha rilevato Paniccia - hanno creato, come conseguenza, la “fuga dell'Europa dal Mediterraneo”».
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- Paniccia ha evidenziato come l'Italia, con le sue imprese di media dimensione, flessibili e altamente specializzate, i suoi porti e la sua importante posizione logistica, abbia le potenzialità e la capacità di coprire tutte le necessità e gli aspetti tecnici, industriali di forniture e di formazione necessari per un corretto sviluppo dell'area mediterranea. Ma a fronte di un export italiano verso l'Unione Europea pari nel 2011 al 60% dell'intero commercio estero nazionale, che diventa con gli altri Paesi europei non UE pari ad oltre il 70%, le esportazioni verso l'Africa costituiscono un'esigua parte del totale. «È chiaro- ha concluso Panicci - che vi è un'assoluta necessità da parte dell'Italia di invertire questa tendenza. Il dialogo Euro Mediterraneo e l'Unione del Mediterraneo, tutti tesi all'obiettivo di creare un'area comune di libero scambio, sono regrediti o scomparsi. Ma proprio qui deve entrare in scena l'Italia con una nuova strategia diplomatica di supporto e commerciale».
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- Nel corso dell'incontro è stato rilevato come negli ultimi anni le economie delle nazioni delle sponde Sud ed Est del Mediterraneo abbiano mostrato un consistente tasso di crescita, trend che dovrebbe continuare anche nell'anno in corso. Si tratta di un mercato di oltre 600 milioni di consumatori che nel 2011 ha registrato un interscambio con i Paesi dell'Unione Europea in aumento del 12%, per un valore di circa 320 miliardi di euro. La quota dell'Italia è di 60 miliardi di euro e, rispetto al 2010, nel 2011 si è registrato un incremento di quasi l'8%. Tra le regioni italiane, la sola Lombardia, con oltre 14 miliardi di euro nel 2011, rappresenta un quarto dell'intero interscambio nazionale .
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- «Se da una parte, siamo di fronte ad uno scenario in costante evoluzione - ha osservato il presidente del Propeller Club Port of Venice, Massimo Bernardo - dall'altra, in Europa siamo impegnati in progetti comunitari, come le reti TEN ed in particolare il corridoio n.1, il n. 5 e quello balcanico progettati per riequilibrare quel flusso di traffici che sempre più interessa l'area mediterranea, quella occidentale ma, ancor più, quella orientale di questo mare, nell'ormai necessaria razionalizzazione dei flussi tra il Nord ed il Sud Europa».
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- Bernardo ha spiegato che in questo contesto si inserisce anche l'iniziativa transnazionale denominata NAPA (North Adriatic Ports Associations), che raggruppa i porti di Koper, Ravenna, Rijeka, Trieste e Venezia e che mira alla realizzazione di un vero e proprio range portuale del Sud Europa nel quale si inserisce anche il progetto di porto offshore voluto, non solo dal presidente dell'Autorità Portuale di Venezia che con grande lungimiranza l'ha proposto, ma dalla stessa Unione Europea che in parte ne ha finanziato lo studio. «Allora - ha proseguito Bernardo - viene subito da chiederci quale sarà la nuova geografia dell'economia e, in particolare, quella del trasporto nel Mediterraneo tenendo anche conto della globalizzazione dei mercati, tradizionali ed emergenti, che ne condizioneranno lo sviluppo senza dimenticare che, per esempio, la Cina ha acquistato terminal importanti, Pireo e Salonicco, quest'ultimo per gestire i suoi commerci da e per l'Europa balcanica o, per fare un altro esempio, la nascita di altri grandi hub nei porti del nord Africa. Viene da chiederci - ha rilevato - se i nostri porti, ed in particolare quelli adriatici, saranno destinati a ruoli di mero cabotaggio e feederaggio oppure, se, in questo nuovo contesto economico, potranno competere ospitando anche navi commerciali o crocieristiche di ultima generazione. Conseguentemente, visto quanto oramai sta già succedendo nel campo delle cosiddette “economie di scala” sempre più necessarie ed applicate per la crisi economica in atto, quale sarà il futuro di tutti quei “transitari” come spedizionieri e agenti marittimi sempre meno coinvolti per il sempre più stretto rapporto tra compagnie di navigazione e terminalisti».
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- «Come poi - si è chiesto ancora Bernardo - superare la “guerra tra poveri”, quella che, come si è recentemente visto in Assoporti, che ha recentemente caratterizzato i rapporti tra Autorità Portuali dei due nostri mari agevolando intese trasversali come avvenuto tra Genova e Ravenna e in tempi passati tra Genova e Trieste sempre a scapito di Venezia. Quale poi sarà il ruolo dei porti cosiddetti minori nel sistema Alto Adriatico: quelli di Monfalcone, Portonogaro, Chioggia e Portolevante. Quale sarà, infine, il ruolo dell'International Propeller Club che rappresenta, proprio per le diverse appartenenze imprenditoriali, il vero catalizzatore del mondo dell'impresa nel vasto cluster dell'economia del trasporto. Proprio da qui - ha concluso Bernardo - dovrebbe partire lo “start up culturale”, frutto dell'esperienza di chi vive questa economia ponendosi ogni giorno a confronto diretto su questa nobile, quanto complessa frontiera, per dare indicazioni e strategie credibili e possibili per costruire un sempre più stretto dialogo tra politica e mondo dell'impresa superando sterili campanilismi, esternazioni autoreferenziali o traguardi irraggiungibili, comportamenti questi non in linea con quanto la nuova globalizzazione impone a cominciare dalla conoscenza della cultura e degli indelebili postulati di vita dei nostri interlocutori siano essi libici, egiziani, libanesi, siriani, cinesi o indiani, solo per citarne alcuni».
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- «Certamente la “primavera araba” - ha affermato in una sua nota il presidente del consiglio direttivo nazionale del The International Propeller Clubs, Umberto Masucci - comporta nel breve periodo una instabilità che crea problemi sia al traffico delle merci che, ancor più, al traffico crocieristico; ma, a medio termine, sono certo che i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo saranno (ma già lo sono) partners importantissimi dell'Italia e i traffici marittimi si svilupperanno con effetti molto positivi anche sui nostri porti».
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