- La Camera del Lavoro Metropolitana di Genova e la segreteria genovese di Fiom Cgil respingono l'ipotesi di una quotazione in Borsa del gruppo navalmeccanico Fincantieri, progetto che - secondo i rappresentanti sindacali - è rilanciato dalla stessa azienda e da autorevoli fonti governative.
-
|
L'opinione di inforMARE-
- A noi pare di trovarci tra due fuochi. Da un lato a sparare è la “finanza”, che cerca aziende ancora in grado di attrarre investimenti pubblici e privati che alimentino piazze azionarie in questo periodo poco o per nulla redditizie. Dall'altra arrivano i proiettili del “sindacato”, che mira a salvaguardare la proprietà pubblica di società che spesso senza il sostegno dei contribuenti non potrebbero mantenere inalterato il proprio organico dato che oggigiorno il lavoro, a parità di tecnologia, va dove il lavoro costa meno.
-
- Il mondo finanziario cerca di raschiare il fondo del barile senza caderci dentro, com'è accaduto nel recente passato, mentre l'universo sindacale talvolta si schiera a difendere l'indifendibile. Ognuno, insomma, tira l'acqua al suo mulino.
-
- Ad abbassare la testa, oltre a noi, ci sono le imprese italiane private che da un lato ancora non si fidano di un sistema finanziario poco propenso, per abitudine o interesse, ad accompagnarle mano nella mano lungo l'impervia strada verso una ripresa economica che appare sempre più lontana e dall'altro non riescono a confrontarsi e soprattutto a fare assegnamento su sindacati che a priori tutelano il posto di lavoro e non l'impresa che genera lavoro.
-
- Non potendo alzare la testa, è difficile vedere in quale direzione si sta andando. Tanto più quando non si può contare su una politica industriale nazionale che dia qualche indicazione. Infatti i pochi imprenditori italiani di grandi aziende e i tanti di quelle medio-piccole continuano a volare, o meglio a precipitare, a vista. Brancolano in una crisi che non è solo della finanza, ma dell'intero sistema economico.
-
- La distanza che separa i cittadini dai governi e dalla politica è la stessa che intercorre tra le imprese e una guida che è ormai vacante. Sembra l'apoteosi dell'ognuno per sé e Dio per tutti. Come se non bastasse gli imprenditori sono consapevoli di non avere nemmeno Santi in Paradiso.
|
|
|
- «La crisi della cantieristica - hanno rilevato Ivano Bosco, segretario generale della Cgil Camera del Lavoro Genova, e Bruno Manganaro, segretario generale della Fiom Cgil Genova - non è finita e la cassa integrazione nei vari cantieri navali, che proseguirà purtroppo anche per il 2015, ne è una dimostrazione. Negli ultimi quattro anni, mentre perdura l'utilizzo del sistema degli appalti come metodo principe per ridurre il costo del lavoro e i diritti, in Fincantieri Italia si sono persi quasi 800 posti di lavoro. Gli investimenti nei cantieri e nelle strutture produttive vanno a rilento e le uniche risorse aziendali esistenti sono state investite all'estero per nuove acquisizioni. Oggi - per Bosco e Manganaro - servirebbe un confronto serio con l'azionista ed il governo per difendere una azienda manifatturiera importante, invece si rischia l'avventura della Borsa per fare cassa e coprire finanziariamente l'operazione di acquisizione di STX».
-
- «Ma proprio STX acquisita dai coreani qualche anno fa, quotata in Borsa e che alla fine ha prodotto un debito e la crisi di alcuni cantieri europei - hanno osservato i rappresentanti della Cgil - non ha insegnato niente? La Borsa versa i soldi nelle casse aziendali e/o di governo una sola volta, ma l'anno dopo chiede utili che se non realizzati con la produzione andranno ottenuti chiudendo cantieri, trasferendo le produzioni all'estero, tagliando gli organici. La Fincantieri oggi ha ancora otto cantieri e diverse sedi in Italia proprio perché è fuori dalle quotazioni di Borsa e in questo modo ha potuto meglio gestire la crisi mondiale e dell'industria».
-
- «Per essere competitivi a livello internazionale - hanno concluso Bosco e Manganaro - occorre puntare sulla qualità e sulla professionalità di donne e uomini che compongono il nostro apparato industriale. Una delle possibili vie è quella di unire competenze, creando progetti che coinvolgano e concentrino risorse e professionalità in dimensioni di impresa e strategie industriali adeguate al mercato. Una delle ipotesi potrebbe essere quella, già avanzata da più parti, della creazione di un polo nazionale dell'energia e del trasporto (con il coinvolgimento, ad esempio, di Ansaldo Energia e Ansaldo STS). Questa potrebbe essere una prospettiva utile ai lavoratori, ma soprattutto al Paese. Ma per fare tutto ciò occorre una politica industriale di ampio respiro che veda nelle parti sociali un interlocutore e non un avversario, che abbia a cuore le sorti dell'industria italiana e del made in Italy come una opportunità di crescita collettiva, e non solo un'operazione per far felice il mondo della finanza».
|