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Il presidente di Confindustra Ravenna boccia le strategie adottate per salvaguardare la competitività del porto cittadino
Secondo Ottolenghi, c'è stato uno spreco di risorse economiche e organizzative
22 maggio 2014
Intervenendo ieri a Ravenna al workshop sul tema “La gestione dei fanghi di dragaggio. Elemento strategico per lo sviluppo della portualità nazionale” il presidente dell'associazione degli industriali della città ha lanciato un affondo contro i soggetti preposti a salvaguardare e promuovere l'attività del porto di Ravenna. L'accusa è di aver trascurato di tutelare gli interessi economici del porto, che coincidono con quelli della città. Negligenza a cui ora si starebbe tentando di porre rimedio, ma con deciso ritardo.
Se da una parte il rimprovero del presidente di Confindustria Ravenna sembra non essere espresso nei confronti dell'attuale gestione dell'Autorità Portuale cittadina, che è presieduta dal 2012 da Galliano Di Marco («negli ultimi due anni - ha specificato il presidente degli industriali, Guido Ottolenghi - sono stati fatti molti sforzi per recuperare il tempo perduto, guidati da una rinnovata visione dell'Autorità Portuale»), dall'altra sembra chiamare in causa direttamente l'authority portuale in quanto Ottolenghi ha sostenuto che consistenti risorse economiche e organizzative non sarebbero state investite laddove necessario, ma nella realizzazione di opere che non avrebbero prodotto i risultati attesi.
Ottolenghi ha sottolineato che «il porto è la prima industria e il primo datore di lavoro della provincia, ma è sempre meno competitivo per reggere i traffici navali internazionali di grande tonnellaggio». La decrescente competitività dello scalo è determinata in primo luogo dal ritardo nell'effettuazione degli interventi di dragaggio necessari per consentire al porto di accogliere le grandi navi attualmente impiegate nei traffici internazionali. «Oggi - ha detto Ottolenghi - abbiamo dunque l'urgenza di approfondire i fondali per mantenere - e possibilmente accrescere - l'attrattività del nostro porto, in una corsa contro il tempo per non vedere svanire i fondi ottenuti».
Il presidente di Confindustria Ravenna non si è limitato ad evidenziare ancora una volta il principale fattore di rischio per la competitività del porto, ma si è chiesto il motivo per cui si è arrivati a questo punto: «prima che si alzassero le voci dei comitati del No, che solitamente arrivano alle battute finali di un progetto - ha denunciato - come abbiamo accumulato questo ritardo? Credo che sia onesto dire - ha spiegato - che ci sono voluti molti anni perché l'Autorità Portuale e la città arrivassero a dare priorità a questo tema. Nel frattempo consistenti risorse, non solo economiche, ma anche di impegno organizzativo e politico, sono state impiegate altrove».
Secondo Ottolenghi, infatti, non è stata perseguita un'azione decisa per salvaguardare lo sviluppo e la competitività del porto, ma piuttosto c'è stato uno spreco di risorse. «Cittadini e autorità - ha chiarito - dovrebbero ricordare sempre una semplice lezione aziendale: ogni impresa deve pensare al suo futuro e trovare nuovi prodotti o nuovi servizi, ma non può trascurare le attività che danno da mangiare tutti i giorni. Così è bene che la comunità portuale abbia studiato in questi anni nuove idee per il porto, come il distretto della nautica, Marinara o lo sviluppo delle crociere, ma è stato male non prestare uguale attenzione a mantenere il porto al passo coi mercati, o anche solo a manutenere i fondali e le banchine che ogni anno ricevono e spediscono milioni di tonnellate di merci e che danno lavoro alla città tutti i giorni. I cittadini - ha aggiunto Ottolenghi - dovrebbero poi chiedersi e chiedere alle istituzioni se i fondi pubblici e le energie per le nuove iniziative garantiscono, almeno in prospettiva, un ritorno concreto per il territorio. Il distretto della nautica - ha accusato il presidente degli industriali - non si è realizzato, ha assorbito molte energie e anni preziosi, ma non molti fondi. Su Marinara lascio ad altri il giudizio. Il terminal crociere è operativo, ma è costato finora 38 milioni di euro e altri 22 milioni di euro sono in programmazione per una stazione marittima. Costa ogni anno oltre 170.000 euro di soldi pubblici e nel 2013 ha ricevuto 97.000 passeggeri contro i due milioni circa di Venezia o Genova».
«La priorità data ai temi nuovi - ha proseguito il presidente di Confindustria Ravenna - ha lasciato per troppi anni lo sviluppo dei traffici tradizionali in secondo piano. La risposta per ora modesta delle nuove iniziative, ed il degrado competitivo del nostro porto nelle merci tradizionali e nei container, ha risvegliato nella comunità portuale e nelle istituzioni l'attenzione all'importanza di mantenere e aumentare i fondali e negli ultimi due anni sono stati fatti molti sforzi per recuperare il tempo perduto, guidati da una rinnovata visione dell'Autorità Portuale, e sostenuti da tutti gli attori coinvolti. Tali sforzi - ha precisato Ottolenghi - si scontrano però col fatto che le poche casse di colmata disponibili sono piene (principalmente degli escavi per il terminal crociere), e che vi sono opposizioni di vario genere e incertezze autorizzative per svuotare le casse esistenti e crearne di nuove. La passione per il cavillo, il dialogo non sempre fluido tra istituzioni, la bulimia giuridica del nostro Paese hanno preparato il terreno per le opposizioni dei comitati, talvolta fatti di cittadini onestamente disorientati e preoccupati, talaltra solo da interessi di visibilità individuale o peggio di tornaconto. Questo ci accade mentre altri porti italiani risolvono, anche in condizioni complesse come a Venezia o Livorno, il tema degli escavi e mentre giurisdizioni con una credibilità ambientale superiore alla nostra (anche verso la cittadinanza) come la olandese o la tedesca, gestiscono con molta più efficienza e meno complessità la sabbia dei dragaggi, usandola anche con minori sprechi per la collettività che alla fine paga sempre di tasca propria il conto delle norme contraddittorie, dei ritardi e dei rifiuti di assumersi responsabilità. La sabbia dei dragaggi è tutto sommato una risorsa utile e preziosa, e chiamarla fango forse non evidenzia il valore positivo che ha. Anche zone del mondo in grande espansione e con tenori di vita ormai superiori ai nostri, come Singapore, riconoscono la strategicità del porto, investono senza posa per svilupparlo e migliorarlo, con dragaggi e riempimenti (il porto di Singapore, che copre migliaia di ettari, è interamente costruito sull'acqua con sabbie dragate o importate). Tali esperienze convivono con alta qualità della vita, sono a pochi chilometri da attrazioni turistiche e residenziali e rispondono alle esigenze di sviluppo in pochi mese, mentre se noi partissimo domani avremmo il porto rinnovato solo nel 2019. Da noi, invece di cogliere l'opportunità insita in questi processi - ha criticato Ottolenghi - viene esaltata una negatività eccessiva, e non vengono valorizzate le migliori esperienza nazionali o comunitarie, né le competenze universitarie che potrebbero trasformare le polemiche sui dragaggi in occasioni di crescita».
«Il mio dunque più che un contributo - ha concluso il presidente di Confindustria Ravenna - oggi è un elenco di quesiti, che il tessuto industriale del nostro territorio, ed i cittadini che ne dipendono, rivolgono a voi. Siete voi infatti che avete gli strumenti e l'ingegno per individuare un cammino che consenta di affrontare in modo più metodico e meno drammatico il tema delle sabbie dei dragaggi, avendo a mente che esso si proporrà con regolare periodicità fintantoché Ravenna sarà un porto».
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