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I contributi di AILOG, Assiterminal, Assoporti, Confcommercio-Conftrasporto e UIR per il Piano Nazionale Strategico della Portualità e della Logistica
I documenti inviati in vista degli Stati Generali della Portualità e della Logistica
12 febbraio 2015
Di seguito pubblichiamo alcuni dei contributi per la redazione del Piano Nazionale Strategico della Portualità e della Logistica inviati da associazioni delle imprese e istituzioni portuali e logistiche italiane in vista degli Stati Generali della Portualità e della Logistica tenutisi lunedì a Roma su convocazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con l'obiettivo di riformare la legislazione nazionale sui porti e la logistica.
AILOG
Associazione italiana di logistica e di supply chain management
Milano, 5 febbraio 2015
Egregio dottor Puja,
di seguito le invio una sintesi del contributo di AILOG, Associazione Italiana di Logistica e di Supply Chain
Management alla riunione degli Stati Generali di lunedì prossimo, 9 febbraio.
Occorre un disegno organico che metta insieme industria, logistica/infrastrutture e consumi, ripensando la programmazione logistica del tessuto industriale che è tuttora basata su poli produttivi degli anni '60, spesso immersi nelle aree residenziali.
Estendere a tutti i porti quanto sperimentato a La Spezia: sdoganamento dei container quando la nave lascia il porto di Suez . L'idea di fondo è quella di utilizzare il tempo di spostamento della nave per svolgere le procedure doganali, guadagnando così tempo di consegna.
Unificare le Autorità portuali per ampi bacini (tirreno ligure, alto adriatico…) al fine di dare flessibilità ai flussi in arrivo e svincolare le operazioni dalle condizioni meteo.
AILOG ritiene opportuno un intervento normativo sul tema della flessibilità del lavoro in ambito logistico, accompagnato da un'attenta revisione della normativa sulle cooperative che non sempre si dimostrano adeguate alle esigenze delle Aziende committenti sia sotto il profilo della qualità sia sotto il profilo della solidità patrimoniale e la capacità di investimento.
Arrivederci all'incontro di lunedì prossimo,
Cordialmente,
Paolo Bisogni
Presidente AILOG
ASSITERMINAL
Associazione Italiana Terminalisti Portuali
APPUNTO
Oggetto: alcune prime considerazioni sul predisponendo Piano strategico della portualità e della logistica
i) Preliminarmente si richiamano le indicazioni contenute nella nostra sintetica nota del 29 settembre c.a., inviata al M.I.T., di primo commento al testo dell'art. 29 del DL n. 133/2014.
In particolare il Piano dovrebbe:
Essere coerente con le scelte europee in tema di TEN-T e con le priorità nazionali a proposito di reti infrastrutturali e nodi;
Considerare l'esistente in termini di dotazioni infrastrutturali e strutturali, loro utilizzo e risultati raggiunti soprattutto con gli stanziamenti pubblici effettuati; distribuzione attuale dei traffici portuali e logistici per range costieri e per territori dell'hinterland; prospettive credibili per detti traffici; ecc. A questo proposito risulta tra l'altro utile aggiornare i dati riferiti ai porti che compaiono nell'allegato III "Programma infrastrutture strategiche" di cui alla nota di aggiornamento del DEF 2014.
Avere riguardo ai contratti in essere (es. concessioni) e agli accordi di programma in corso, nonché ai progetti e impegni già approvati e/o programmati.
Ricomprendere nel novero degli "interventi correlati" anche quelli non infrastrutturali e pertanto azioni atte a porre in essere misure di: buona amministrazione quindi di sburocratizzazione, semplificazione di procedure, certezza di regole, accelerazione dei procedimenti, superamento di sovrapposizioni di competenze tra pubbliche amministrazioni; supporto per il miglioramento delle capacità competitive dei terminai operators. Per questi profili tematici c'è molto da fare, senza incorrere in aumento di costi, anzi raggiungendo pure risparmi per le pubbliche amministrazioni e conseguendo nei contempo positività per il concreto operare degli erogatori di servizi portuali. A tal fine riteniamo debbano essere prese in considerazione le proposte che Assiterminal presentò all'On. Ministro delle infrastrutture nel marzo u.s., come indicate nella nota, che per memoria si riallega alla presente. Naturalmente non intendiamo con questo appunto entrare nella disamina dei vari nostri punti, ma siamo a disposizione per approfondire nel dettaglio queste prospettazioni ed altre collegabili per materia.
La pianificazione, da aggiornare temporalmente (es. ogni 4 anni) in funzione sia delle opere e azioni realizzate, sia delle evoluzioni e tendenze dei mercati, dovrebbe non assumere connotazioni sostanzialmente dirigistiche. Essa dovrebbe indicare opportunità esistenti ed individuare possibilmente incentivi, pure nuovi, tracciare un quadro generale degli obiettivi da raggiungere in un determinato arco temporale, anche medio, senza introdurre elementi di rigidità o nuovi vincoli specie alle attività imprenditoriali, che, come noto, sono fondamentali e strategiche per l'economia portuale, quella trasportistica e per l'intero Paese. Riteniamo ed auspichiamo perciò possa trattarsi di un documento di pianificazione e programmazione non solo infrastrutturale, come sopra detto, costituente un quadro atto a fornire indicazione sulle strategie che intende assumere il Governo, ma che fornisca del pari riferimento per le azioni degli imprenditori interessati a partire da quelli portuali, che hanno investito ed hanno programmato altri investimenti sulle aree demaniali, pure a beneficio del settore pubblico.
ii) E' comprensibile, specie nella fase delicata attraversata dall'Italia (che presumibilmente continuerà), ed in presenza del necessario contenimento presente e futuro della spesa pubblica, che il Piano strategico della portualità sia chiamato a selezionare i progetti ed a fare delle ragionate scelte, non indolori per determinate aree considerati i svariati progetti elaborati, o in corso di elaborazione, in scali marittimi insistenti su medesimi range o che intendono servire gli stessi mercati.
Quindi, appare ragionevole che:
si prendano in considerazione soprattutto i porti inseriti nel Core Network Ten-T (non escludendo a priori qualche altra realtà), avendo riguardo alla prospettiva di realizzazione della "rete centrale" europea entro il 31/12/2030, basata su "approccio per corridoi";
si tenga conto nella scelta degli interventi che presenteranno le Autorità Portuali della opportunità di condividerne la priorità con le rappresentanze nazionali degli operatori e degli utenti portuali, le quali dovrebbero essere sentite dal MIT, nonché per le grandi infrastrutture di rete consultare le Regioni, RFI, ANAS, Autostrade, ecc.
Per compiere le motivate scelte è opportuno mettere a fuoco i fattori (per buona parte già diagnosticati in ricerche e studi) che penalizzano la principale portualità e la logistica italiane rispetto ai porti del nord Europa e ai competitor mediterranei, considerando nel contempo i punti di forza e le potenzialità del nostro sistema portuale, evidenziandone le dimostrate vocazioni e specializzazioni, le quali andrebbero ottimizzate.
Inoltre, in detto ambito sembra necessario concentrarsi su:
Investimenti progettualmente e finanziariamente definiti, supportati da analisi costi/benefici, piani economico-finanziari credibili; accompagnati possibilmente (utilizzando pure forme di partenariato pubblico-privato) da piani di investimento e comunque da iniziative di sviluppo imprenditoriali, onde assicurare flussi di traffico realmente nuovi, e non deviazioni da un porto ad un altro;
progetti portuali di necessitato adeguamento/potenziamento e miglioramento, anche manutentivo, che consolidino gli attuali movimenti e quantità di merci e passeggeri, con proiezione di loro implementazione (ci si riferisce ad esempio a progetti di approfondimento fondali e dragaggi; rifacimento dighe foranee).
iii) Seppure l'attenzione sia in prevalenza rivolta ai traffici container (ove dominano i vettori marittimi delle multinazionali straniere), agli impianti e infrastrutture dedicati ai medesimi, nonché al valore aggiunto che questi traffici generano, non va dimenticato che contribuiscono non poco sia in termini di attività imprenditoriali (comprese quelle afferenti la variegata utenza portuale) ed occupazione, al servizio delle industrie e dei territori circostanti, sia in termini di entrate per lo Stato e per le AP, i cospicui flussi di merci alla rinfusa, cioè rinfuse liquide (non solo petrolifere) e solide di vario tipo, i traffici Ro-Ro e traghetti (settore ove è prevalente l'armamento italiano) e quelle merceologie che non riguardano il traffico specializzato delle navi container. Tutto ciò rappresenta per gli scali italiani un tonnellaggio di merci movimentate (imbarco più sbarco) superiore a circa il 75% rispetto al complessivo generale.
iv) Altresì andrebbe non trascurato che la conformazione della portualità italiana con la lunghezza delle sue coste, la dispersione urbana e quella del tessuto e dei vari distretti produttivi ed industriali, la densità della popolazione distribuita in varie aree territoriali, la carenza di moderne infrastrutture ferroviarie e di un adeguato servizio ferroviario dedicato alle merci, sono tra i vari elementi che suggeriscono di dedicare una attenzione alla conservazione (che non significa necessariamente nuove infrastrutture) del patrimonio della portualità esistente, cioè quella inserita nel c.d. Comprehensive Network TEN-T, avendo il coraggio, anche in questo caso, di stabilire delle priorità motivate negli interventi, da realizzare per un determinato orizzonte temporale non oltre il 31/12/2050. Infatti questi scali, come noto, costituiscono tra l'altro nodi per collegamenti marittimi delle Autostrade del mare e dello short sea shipping, alternativi al tutto strada, per collegamenti marittimi con le grandi isole, (alcuni) poli interessanti per il movimento passeggeri e dell'importante segmento crocieristico, ecc.
v) Per realizzare le opere di interesse del Paese, come tali selezionate dal Piano strategico, è presumibile non siano sufficienti le risorse pubbliche stanziate, stanziande o reperibili, comprese quelle utilizzabili con i finanziamenti del programma "Connecting Europe Facility" nell'ambito reti TEN-T, e quindi si debba fare ricorso agli investimenti dei privati, a partire da quelli degli imprenditori portuali. A tal proposito è augurabile che vengano previste misure, da valutarsi alla luce della demanialità delle aree portuali, che incentivino tali investimenti; questo ragionamento naturalmente vale anche per gli investimenti recentemente realizzati o in corso di attuazione da parte dei terminai operators, i quali, senza aiuti pubblici (a differenza di altre categorie), hanno nei fatti dimostrato di reggere la agguerrita concorrenza straniera anche in periodo recessivo.
vi) Per accompagnare l'attività programmatoria di settore a livello nazionale connessa al predisponendo Piano strategico, attraverso un processo di consultazione sulle ipotesi progettuali e sulle soluzioni normative, regolamentari ed amministrative, potrebbe essere utile creare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un organismo snello, non una struttura, ovvero almeno una "conferenza" da riunirsi periodicamente, ove partecipino oltre ai Dicasteri competenti le rappresentanze delle Associazioni nazionali di categoria più rappresentative del comparto, con funzioni propositive ai fini dell'attuazione della politica governativa della portualità.
vii) Per quanto attiene le Autorità portuali, è condivisibile una razionalizzazione delle medesime nell'ottica di renderne maggiormente efficiente ed economica la gestione, efficaci le azioni, senza traguardare verso nuovi modelli misti (spuri) di ente autoritativo, di amministrazione e nel contempo con propensioni commerciali nell'ambito portuale, come tali invasive della sfera di competenza (e del consolidato know-how) degli imprenditori. Occorre del pari evitare di delegare ad altri soggetti pubblici compiti autoritativi oggi assegnati alle Autorità portuali, o che potrebbero essere svolti dalle medesime (in una logica di superare duplicazioni di compiti), sotto il controllo del MIT, sempre avuto riguardo alla gamma di attività e servizi che si svolgono nei porti. E' senz'altro auspicabile un maggior coordinamento tra AP insistenti sullo stesso bacino di riferimento, cioè un coordinamento tra previsioni di P.O.T. e P.R.P., onde raggiungere massa critica tra scali vicini, evitare fenomeni di sovraccapacità (già verificatisi) e di impropria concorrenza con nessun vantaggio finale per la portualità e per il Sistema Paese. Ci permettiamo esprimere riserve sulla creazione di un nuovo livello intermedio di governo portuale e logistico (Autorità portuale e logistica), frutto anche di una forzata aggregazione delle attuali Autorità portuali, senza conseguire reali diminuzioni di costi e comprovate efficienze, Cioè non ci convince traguardare verso un teorico modello di governance, il quale anziché consolidare e migliorare il ruolo endoportuale dell'AP ne proietta genericamente le competenze verso ambiti territoriali, già regolati, non supportando ciò con norme cogenti e chiare, né avvalorando il disegno mediante esperienze positive rinvenibili in altri Paesi. Riteniamo invece possibile la concretizzazione di qualche unione tra scali sotto l'amministrazione di una medesima AP, nonché crediamo coerente che la pianificazione nazionale si possa articolare anche sulla base di livelli territoriali intermedi, volti a favorire sinergie e convergenze, infrastrutturali e logistiche. A questo proposito potranno essere valorizzati gli interventi materiali ed immateriali (es. progetti infotelematici) finalizzati all'integrazione di diversi sistemi logistico-portuali o interportuali. In tale prospettiva non siamo contrari alla partecipazione delle AP al capitale di società attive nel settore della logistica extraportuale, e/o dell'intermodalismo, specie in fase di startup di nuove intraprese, fermo restando la competenza primaria delle iniziative degli imprenditori privati in tale campo, compreso il loro possibile ruolo di "integratore di sistema della catena logistica", nonché ferma restando la necessità di salvaguardare la concorrenza tra operatori.
All. 1
NOV. 2014
Breve nota su Doc. Piano strategico nazionale della portualità e della logistica
Nota per gli "Stati generali"
Va premesso che si condividono i tre obiettivi strategici sui quali si impernierà il Piano, ai sensi dell'art. 29 L. 164/2014 e cioè: migliorare la competitività del Sistema portuale e logistico nazionale, favorire la crescita dei traffici delle merci e delle persone, agevolare la promozione dell'intermodalità nel traffico merci. Si condivide altresì l'approccio utilizzato dal Comitato di esperti, costituito dal Ministro On. Lupi, di articolare una ricognizione su tre filoni: analisi della domanda, analisi dell'offerta, individuazione e selezione delle principali ipotesi di intervento. Ciò premesso, nel ribadire quanto già riportato nel nostro appunto del Novembre 2014 (vd. allegato), nonché di contributi/proposte anche recenti di Confindustria, si esprimono di seguito in sintesi alcune considerazioni relative alle "linee guida" esposte nella nota di cui all'oggetto.
Circa il punto 1, "Pianificazione strategica a lungo, medio e breve periodo", si suggerisce di predisporre le azioni e le misure che il Piano definirà non solo su tre dimensioni temporali, ma anche collocandole su tre ipotesi di normazione e cioè rispettivamente: invarianza di norme vigenti; nuove norme; nuove norme a seguito di modifica del Titolo V della Costituzione. Quanto precede al fine di meglio individuare la gamma di possibilità di adozione delle misure più acconcie, coniugate con la dimensione temporale e con l'obiettivo di essere efficaci già da subito.
Con riguardo alla Linea guida di cui al punto 2 , "Specializzazione delle realtà portuali, razionalizzazione del sistema di governance, integrazione dei distretti logistici", vorremmo capire attraverso quali azioni e regole di sistema si intenda "indirizzare gli investimenti privati anche attraverso modelli evolutivi di partecipazioni orientati allo sviluppo integrato di aree portuali" (demanio marittimo) "e industriali" (in gran parte fuori dal demanio marittimo). Ciò per avere una percezione della gamma di possibilità di nuovi investimenti che si intenderebbero lasciare alla determinazione dei terminal operators, ferma restando la tutela di quelli in essere e/o in corso, rammentando che i terminalisti svolgono in senso lato un'attività economica inquadrata/inquadrabile nell'industria. Diviene altresì utile capire in quale specifico contesto possa o si intenda collocare una razionalizzazione delle Autorità portuali "non condizionata da veti reciproci dei sistemi locali", in attesa della modifica del Titolo V della Costituzione, cioè se si vuol far riferimento alla specializzazione attuale e auspicata per il futuro delle realtà portuali, alla razionalizzazione del sistema di governance, all'integrazione dei distretti logistici (termine da definire), oppure a tutti e tre questi fattori. Inoltre non è secondario sapere verso quale tipologia di Autorità e con quali funzioni intenderebbe orientarsi l'ipotetico riassetto; a tal proposito la nostra posizione è stata espressa al par. vii) dell'appunto sopra accennato del novembre 2014.
Con riguardo al punto 3 è interessante avere contezza se con la creazione di sinergie (senza costituire nuovi soggetti) tra attori chiave appartenenti al settore pubblico si intendano porre in essere nuove forme di collaborazione, superando il semplice coordinamento, oppure, come appare preferibile, il superamento di sovrapposizione di competenze tra pubbliche amministrazioni e l'accorpamento di uffici e personale delle medesime.
Con riferimento al punto 6 si chiede di conoscere quale sia la serie di interventi di semplificazione procedurale e amministrativa che si intende attivare, avendo presente che non si tratta soltanto di realizzare lo snellimento di molte procedure autorizzative e di controllo, includendovi la riduzione della frammentazione e l'accelerazione dei procedimenti, bensì si tratta anche di dare certezza di regole (possibilmente semplici) da applicarsi su tutto il territorio nazionale e soprattutto realizzare il fondamentale principio in base al quale non devono essere introdotti ovvero mantenuti livelli di regolazioni superiori a quelli minimi richiesti dalle norme internazionali e comunitarie.
In linea generale, ma pure con riguardo a quanto espresso nei punti 7 e 9 del documento in argomento, si osserva quanto in appresso.
E' noto che:
i nostri porti assolvono soprattutto ad un ruolo importante nei flussi di merci in import ed export confluenti nel nostro Paese, nonché ricoprono una funzione non irrilevante per quelli di cabotaggio marittimo nazionale;
il PIL nazionale influenza i traffici portuali.
Considerato ciò, occorre a nostro avviso avere chiara la grave situazione in cui versa l'economia
del nostro Paese ed adottare un modello di crescita economica incentrato sull'incentivazione della
domanda e quindi su una espansione del mercato interno italiano, nonché di quello europeo.
Ciò implica la necessità:
in sede comunitaria l'affermazione di una strategia valida per uscire dalla stagnazione;
in Italia puntare su apposite misure governative, non solo infrastrutturali, che, dando più spazio alla domanda interna ed alle iniziative imprenditoriali, a partire dai settori portuale e della logistica, favoriscano l'allargamento delle transazioni economiche, nonché la crescita dell'occupazione, anche attraverso una riduzione del costo del lavoro e delle tasse, sapendo che una tenuta o meglio una implementazione delle esportazioni italiane non può garantire da sola una crescita complessiva dei traffici e dell'intera nostra economia.
5 Febbraio 2015
ASSOPORTI Associazione dei Porti Italiani
Oggetto: Prime considerazioni sul documento Piano Strategico Nazionale della portualità e de/la logistica. Nota per gli "Stati generali"
Anzitutto si pone in evidenza che già nella fase di conversione in legge del DL n. 133/2014, Assoporti espresse valutazioni positive riguardo i contenuti dell'art, 29 di quel decreto legge (che in fase di conversione ha avuto modifiche poco più che formali/procedimentali). Si riteneva - e si conferma - pienamente condivisibile la previsione di dotare il Paese di un Piano Strategico Nazionale della portualità e della logistica, da intendere quale necessaria cornice ed indicazione delle strategie di sviluppo da assumere quale riferimento per l'azione delle Autorità Portuali, tanto per quel che concerne interventi infrastrutturali quanto interventi non infrastrutturali.
Coerentemente con ciò auspicavamo che il Piano indicasse, oltreché le priorità tra le proposte progettuali delle Autorità Portuali, anche obiettivi che - esemplificativamente e non esaustivamente - elencavamo, quali:
adeguamento ed aggiornamento del sistema normativo finalizzato all'efficientamento del modello d amministrazione dei porti;
semplificazione delle procedure che regolano aspetti essenziali per la portualità, a partire dalle procedure di approvazione del PRP quale piano di layout del porto;
velocizzazione dei sub-procedimenti e degli adempimenti burocratici.
Partendo da queste premesse dovrebbe esprimersi una valutazione positiva delle “linee guida” o “macro ambiti strategici” esposti in forma “sintetica e aperta” nel documento in argomento. Una valutazione parimenti positiva deve esprimersi riguardo alla metodologia che ha portato all'individuazione di quei macro obiettivi; basata sulla “ricognizione dei dati di domanda e di offerta logistica e una selezione delle principali ipotesi di intervento per il raggiungimento delle finalità indicate dalla citata disposizione legislativa”.
Peraltro, forse a motivo di quell'estrema sintesi e della caratteristica interlocutoria delle riunioni del Comitato di esperti delle quali sono disponibili le verbalizzazioni, non si evincono informazioni utili riguardo la domanda e l'offerta e neanche possibili concreti contenuti ed azioni specifiche del futuro PSNPL. Talché, forse estremizzando, non può a priori escludersi il rischio che il lavoro svolto non porti all'auspicata e necessaria individuazione di azioni specifiche, concrete e puntuali - opportunamente graduate nei tempi breve, medio e lungo (e si concorda con questa visione prospettica) - bensì si limiti a illustrare, per categorie generali e non per temi specifici, criticità che ormai sono storia de settore portuale e logistico.
Ne consegue quindi, ritenendo indispensabile un ulteriore momento di confronto su documenti più completi e supportati da adeguate evidenze riguardanti la domanda e l'offerta - a scenari alternativi - di breve, medio e lungo periodo, che ad ora è possibile solo evidenziare alcuni aspetti che necessitano d adeguata considerazione e/o più chiara esplicitazione e disambiguità
Riguardo al concetto di “specializzazione” si nota che essa non può intendersi come monofunzionalita di singoli porti (se del caso in concreto esistono terminali specializzati) poiché anche a scala nazionale sono eccezionali i porti monofunzionali. Piuttosto sembrerebbe opportuno specificare ci si riferisce alla necessita di porti in grado di offrire ai propri bacini di traffico (sistemi di imprese e aree di consumo) ed agli utilizzatori, infrastrutture; strutture; servizi e collegamenti, al più alto standard di specializzazione ed efficienza; in una parola competitivi.
Con riferimento alle sinergie tra attori chiave appartenenti al settore pubblico, l'ipotesi di impegnare gli attori pubblici per superare il semplice coordinamento, mediante la “condivisione” di una strategia logistica, potrebbe essere previsione di forza (scarsa) analoga al coordinamento. Appare quindi necessario, a fronte della puntuale declinazione di casi in cui quel coordinamento non ha sortito gli effetti sperati, individuare percorsi e forme vincolanti che consentano di raggiungere risultati in tempi certi, cosi come richiede il mercato.
Il tema semplificazione delle procedure, si conviene, è strategico e si connette all'altro “creazione di sinergie”, poiché molte procedure vedono il coinvolgimento di diverse articolazioni della complessa macchina pubblica. L'ipotesi di intervenire, nel senso della semplificazone e velocizzazione, sull'insieme delle funzioni autorizzative e di controllo è in dubbia necessità. E' però necessario tenere in conto della natura pubblica dei beni interessati e dalla specialità di settore, talché sembra necessaria la specificazione non tanto di genericamente eliminare controlli e/o forme di regolazione, quanto piuttosto di adeguarli tanto alle esigenze di mercato quanto all'effettivo interesse generale e dì affidarle a chi risponde dell'efficienza e della regolazione del singolo segmento di mercato.
Con riguardo all'ipotesi di “razionalizzazione delle autorità portuali non condizionata dai veti reciproci dei sistemi locali” riportata in chiusura del punto 2., non è superfluo sottolineare che quella “razionalizzazione” noi può ricondursi solo a ragioni di migliori scelte e priorità infrastrutturali. Ma soprattutto si ravvisa necessaria una razionalizzazione nel senso del rafforzamento delle A.P. quali soggetti peculiari nell'ordinamento che, operando con finzioni di regolazione e promozione di nodi di una rete complessa, devono necessariamente evolversi verso il ruolo di attori della rete logistica - anche per gli aspetti infostrutturali - e non solo di regolatori del nodo portuale.
Sempre riguardo alle potesi di “razionalizzazione delle autorità portuali non condizionata dai veti reciproci dei sistemi locali” non è superfluo rammentare che Assoporti da tempo ha dato atto dell'importanza che si giunga a forme di collaborazione e passibile aggregazione funzionale tra le Autorità Portuali oggi esistenti - ma - sulla base di un disegno dalle stesse voluto di sostegno alla competitività italiana sui mercati europei e mondiali e non come risultato da un puro processo di “revisione della spesa”, atteso che le Autorità Portuali non gravano sul bilancio pubblico.
Anzi, citando alla lettera un contributo di Assoporti al Parlamento e a Governo, l'Associazione “condivide l'esigenza di dare al sistema portuale logistico italiano un'organizzazione capace di regolare e programmare le attività connesse alle radici marittime dei corridoi essenziali europei (core ports e core corridors) e dei tentacoli logistici che li connettono con i loro mercati italiani rilevanti ed a quelli dell'Europa continentale che, come noto, stanno sempre più spostandosi ad est e sud. Ravvisa peraltro la necessità che il disegno tendenziale assuma anzitutto a riferimento i principi dettati dall'Unione Europea.” Comunque tenendo anche presente a necessità di tutelare e valorizzare ogni componente del sistema dei porti nazionali ciascuna delle quali costituisce una risorsa del Paese.
Partendo da ciò, quindi, pur non escludendo ipotesi di aggregazioni di A P , necessariamente si ribadisce quanto detto in premessa ovvero che gli obiettivi del PNPL potranno essere raggiunti “anche attraverso la razionalizzazione, il riassetto e l'accorpamento delle Autorità Portua i esistenti”, ovvero che razionalizzazione, riassetto ed accorpamento delle A P rappresentano un'ipotesi, non un obbligo normativo, che andrebbe perseguita se, e solo se, funzionale al raggiungimento dei tre obiettivi del PSNPL.
In ultimo quale contributo ai fini dell'indicazione nel Piano dei temi specifici singolarmente riconducibili alle macro categorie indicate e che dovrebbe trovare risposta o almeno ipotesi di risposte nel Piano, si indicano di seguito principali, richiamandone anche alcuni già citati:
Semplificazione delle procedure di approvazione del PRP quale piano di layout del porto (funzionale a determinare gli ambiti operativi, quelli di interconnessione tra il porto ed il territorio, raccordi con le reti ed i nodi logistici interni) e non come mero strumento urbanistico;
Semplificazione e valorazzazione delle procedure di realizzazione delle opere portuali, a partire da le procedure di dragaggio;
Rivisitaziore della normativa ambientale (es. in tema di VIA, VAS); di safety e security in funzione della specificità e peculiarità delle realtà portuali, avendo particolare attenzione a mantenere livelli di regolazione e prevedere obblighi ed adempimenti - per l'A.P. e per gli operatori - mai superiori o più severi di quelli previsti dall'ordinamento comunitario e dei partners di altri sistemi - Paese UE;
Adottare norme intese a dare certezza alle A.P. ed agli operatori in tema di concessioni, coerenti con l'ordinamento UE e con le pertinenti regolamentazioni dei porti concorrenti;
Verifica e eventuale rivisitazione delle norme in tema di lavoro portuale anche al fine di assicurare adeguata tutela dei livelli occupazionali;
Servizi tecnico nautici, fermi rimanendo criteri e meccanismi tariffari uniformi a livello nazionale e la competenza dell'Autorità marittima nella fissazione degli standard di sicurezza, attribuzione a ciascuna A.P della potestà tariffaria sui servizi stessi, in coerenza con i principi e le regole UE emanate ed emarande.
Roma, 5 febbraio 2015
Confcommercio-Conftrasporto
Oggetto: Prime considerazioni su nota per gli "Stati generali" Piano strategico nazionale della portualità e della logistica
Nel prendere atto con rammarico delle modalità troppo sintetiche e celeri con le quali è stato deciso di svolgere il confronto con gli stakeholder del settore su un tema così complesso e strategico che avrebbe meritato, invece, forme di concertazione e condivisione ben più profonde e articolate, anche per rispettare le indicazioni di metodo recate dalla politica marittima integrata europea e della strategia per la "crescita Blu", ovvero per la crescita sostenibile nel settore marittimo, declinazione nel "comparto mare", della più generale strategia per la crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva Europa 2020, si inoltrano alcune prime osservazioni al documento nota per gli "Stati generali" Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, Piano su cui la Confederazione sta promuovendo un approfondimento interno i cui esiti saranno, presto, resi pubblici.
Confcommercio condivide pienamente gli scopi e le finalità che l'art. 29 della legge 164/2014 di conversione del D.L. Sblocca Italia ha indicato per il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica e segue con grande interesse quale rappresentante del mondo del terziario di mercato, che genera oltre il 40% del P.I.L. e comprende al suo interno una significativa parte del cluster marittimo portuale e logistico (Armatori-Fedarlinea, Agenti Marittimi-Federagenti, Imprese di Autotrasporto e logistica-Conftrasporto, Ferrovie merci-Fercargo Ormeggiatori-ANGOPI, Piloti dei Porti-Fedepiloti, Porti turistici Assonat) i lavori avviati per giungere ad un sistema nazionale dei porti e della logistica più efficiente, in grado di offrire un più valido sostegno alle prospettive di crescita economica del Paese.
Con specifico riferimento alla linee guida del piano rese disponibili si osserva quanto segue:
- "2 specializzazione delle realtà portuali, razionalizzazione del sistema di governance, integrazione dei distretti logistici" OSSERVAZIONI: appare condivisibile il riferimento alla necessaria specializzazione dei porti e delle aree logistiche retrostanti, nell'ottica di una maggiore coerenza sistemica, ma tale risultato può essere opportunamente perseguito proprio attraverso il rafforzamento della pianificazione strategica nazionale e l'introduzione di una più incisiva e selettiva cabina di regia centrale degli interventi da realizzare nei singoli porti. Accorpamenti ed eventuali soppressioni delle Autorità Portuali esistenti non dovrebbero, pertanto, discendere dalla richiamata finalità, quanto piuttosto dall'esigenza di sanare patologiche inefficienze (invero assai limitate) che vedono la presenza di tale Autorità in alcune realtà portuali senza alcuna giustificazione ne' sul fronte dell'entità dei traffici esistenti, ne' delle prospettive strategiche di sviluppo. D'altra parte, lo stesso art. 29 della legge 164/2014, richiamando la possibilità di procedere alla razionalizzazione, riassetto e accorpamento delle Autorità portuali esistenti, indica espressamente che tali processi dovrebbero effettuarsi ai sensi della legge n. 84 del 1994.
Tale legge indica, già, invero i parametri soglia per la costituzione di nuove Autorità Portuali o l'eventuale soppressione di quelle esistenti. Pur notando come la norma tralasci negativamente di considerare i traffici passeggeri che, pure, implicano esigenze di organizzazione delle attività portuali e potrebbero, pertanto, ugualmente giustificare la presenza di una Autorità Portuale, non si ritiene, in ogni caso, condivisibile prospettare l'eventuale soppressione di tali organismi quando i parametri minimi, pur parziali, prescritti dalla legge vengono, invece, pienamente rispettati.
Il richiamo, inoltre, all'esigenza di "indirizzare gli investimenti privati anche attraverso modelli evolutivi di partecipazione orientati allo sviluppo integrato di aree portuali e industriali" pur lasciando intendere il condivisibile intendimento di valorizzare i rapporti e i legami dei porti con le realtà economiche circostanti, appare incomprensibilmente circoscritto, probabilmente a causa delle esigenze di sintesi, al solo comparto industriale, trascurando, invece, tutto il settore dei servizi, che svolge un ruolo significativo e crescente nell'economia nazionale e potrebbe trarre ed offrire grandi benefici con politiche integrate. D'altra parte, tale limitazione appare in contrasto con le indicazioni della politica marittima integrata europea, e della sua strategia per la crescita blu che persegue, invece, un approccio pienamente intersettoriale, avendo come assi portanti i comparti delle Energie Rinnovabili, del Turismo marittimo, dei trasporti marittimi e delle attività logistiche. In tale ottica le Autorità Portuali, attraverso opportuni e completi legami con la realtà economica circostante, che passano, anche, attraverso la partecipazione negli organi di governance, potrebbero opportunamente qualificarsi come preziosi gangli facilitatori dell'economia del mare, contribuendo a perseguire gli obiettivi della crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva di Europa 2020. Ciò non vuol dire che non si debbano superare i richiamati "sterili veti tra sistemi locali", ma semplicemente auspichiamo che non venga perduto il contributo prezioso che tali sistemi locali possono offrire per la crescita dei porti così come il loro irrinunciabile ruolo di attento e continuo monitoraggio ddegli impatti economico-sociali delle attività portuali sul territorio circostante.
- "3 Creazione di sinergie tra attori chiave appartenenti al settore pubblico" OSSERVAZIONI: Confcommercio apprezza il principio della promozione di una "strategia logistica condivisa tra i principali attori istituzionali", ma l'approccio integrato ed olistico dovrebbe essere esteso anche al settore privato e al sistema imprenditoriale, attraverso l'introduzione di strutturati strumenti di coinvolgimento e concertazione delle politiche di settore. Da questo punto di vista una buona pratica, da cui poter prendere spunto è stata la Consulta generale per l'Autotrasporto e la Logistica, che ha visto la positiva collaborazione delle diverse Amministrazioni e delle rappresentanze imprenditoriali al fine di promuovere politiche coerenti e più attente alle esigenze di sviluppo economico, ma che è stata purtroppo soppressa da un miope intervento di spending review.
- "4 Programmazione coordinata degli investimenti pubblici nel settore della portualità e della logistica". OSSERVAZIONI: Il coordinamento degli investimenti nel settore dei porti e della logistica è positivo, ma dovrebbe essere esteso anche agli investimenti privati, che assumono un ruolo importante e crescente nel settore e dovrebbe maturare quale declinazione settoriale di più generali linee vincolanti di intervento sull'intero sistema dei trasporti, della logistica e della mobilità nazionale, dettate da un Piano Nazionale dei Trasporti e della Logistica, pienamente integrato con il cosiddetto "Allegato Infrastrutture" introdotto con la Legge obiettivo.
- "5 Rimozione di bottlenecks infrastrutturali puntuali". OSSERVAZIONI: Assolutamente opportuno il riferimento all'esigenza di intervenire su quelle strozzature che limitano l'accessibilità ai nodi portuali e interportuali. Si tratta di una misura assolutamente necessaria per consentire lo sviluppo dell'intermodalità, sostenendone la competitività rispetto al trasporto cosiddetto "tuttostrada". Confcommercio e Fedarlinea in un recente seminario per il rilancio delle Autostrade del Mare hanno messo in evidenza come le strozzature agli accessi portuali e le non sempre efficienti interazioni con i flussi della mobilità locale, sono tra i principali freni allo sviluppo dei traffici RO-RO.
- "6 Semplificazione delle procedure e razionalizzazione dei processi decisionali" OSSERVAZIONI: Positivo l'intendimento di introdurre interventi di semplificazione procedurale ed amministrativa, finalizzati a migliorare l'efficienza dell'intero processo logistico. In tale ambito per Confcommercio le priorità dovrebbero essere: la semplificazione/velocizzazione dei controlli legati al momento doganale, la semplificazione delle procedure per l'adozione dei Piani Regolatori Portuali, l'adozione di norme che facilitino l'effettuazione degli escavi portuali.
- "7 intermodalità" OSSERVAZIONI: Non c'è dubbio che la competitività logistica del Paese passa necessariamente attraverso la promozione dell'intermodalità. Il paragrafo in esame, però, sotto tale nome si limita a trattare questioni legate al trasporto ferroviario, senza considerare, invece, l'intermodalità mare/gomma, le autostrade del Mare ed i traffici RO-RO. Inoltre tra i punti da promuovere nel settore ferroviario sarebbe opportuno ricomprendere esplicitamente la realizzazione di adeguati fasci di binari sulle banchine portuali, la semplificazione delle manovre ferroviarie, l'adozione di procedure non discriminatorie per l'affidamento dei servizi e degli eventuali strumenti di incentivo dedicati.
Nel citato seminario sulle Autostrade del Mare, a seguito di un'analisi tecnica e di un confronto interno con tutte le associazioni di rappresentanza dei diversi anelli della filiera logistico-portuale, è emerso che, nei trasporti di cabotaggio nazionale, oltre ai collegamenti esistenti da e per le Isole maggiori, che nonostante la loro natura obbligata, per l'estensione delle tratte via mare possono essere considerati pienamente alternativi al tutto strada (Catania-Ravenna, Genova-Termini Imerese) e che andrebbero, dunque, confermati, in base ai dati disponibili sui traffici di merci su gomma tra il Nord e il Sud del Paese è possibile individuare 2 nuovi corridoi intermodali alternativi al tutto strada da attivare, articolati in 4 linee di traghetti RO-RO con trasporti bilanciati (viaggi potenzialmente carichi sia all'andata che al ritorno):
• Arco tirrenico nord (Genova-Livorno)-sponda sud Tirreno (Napoli, Salerno) • Arco tirrenico nord (Genova-Livorno)-sponda sud Adriatico (Bari, Brindisi) • Arco adriatico nord (Trieste, Ravenna)-sponda sud Adriatico (Bari, Brindisi) • Arco adriatico nord (Trieste, Ravenna)-sponda sud Tirreno (Napoli, Salerno).
Al fine di poter realizzare tali nuove autostrade del mare è stata individuata la proposta organica di intervento, di seguito sintetizzata, sulle infrastrutture, sugli incentivi, sul naviglio, sulle regole e sulle attività di controllo che comprendeva l'adozione di uno strumento di pianificazione nazionale che individui i caselli prioritari delle nuove autostrade, ma che potrebbe complessivamente essere recepita all'interno del Piano Strategico della Portualità e della Logistica, rientrando a pieno titolo, nel suo ambito naturale di intervento.
Oltre al cabotaggio nazionale, non vanno trascurati tutti i traffici internazionali che avvengono attraverso le Autostrade del Mare, che rappresentano, in particolare nel bacino dell'Adriatico, una quota significativa dei flussi di merci e che meritano, pertanto, particolare attenzione da parte degli interventi del Piano nazionale Strategico.
Autostrade del Mare 2.0: una nuova proposta organica
Un Patto per le ADM 2.0, ovvero un chiaro indirizzo politico istituzionale che metta assieme tutti i diversi stakeholder coinvolti
Uno strumento programmatico che traduca in vincolanti priorità di intervento le scelte strategiche del Piano Nazionale della Logistica e misure organiche per l'accessibilità dei porti
incentivazione tramite bandi di progetti di nuove linee o di ampliamento delle esistenti promossi sinergicamente da tutti i soggetti della filiera
incentivazione mirata in funzione della merce trasferita e indirizzata alle scelte di traffico non accompagnato (rimorchi e semirimorchi)
piano di riconversione della motorizzazione delle navi verso soluzioni meno impattanti (LNG-metano), che tenga conto delle esigenze di rifornimento
rafforzamento delle attività di controllo del rispetto delle norme sulla sicurezza della circolazione stradale
esenzione dal rispetto dei divieti di circolazione per i veicoli aderenti. (calendario divieti di circolazione mezzi pesanti fuori dai centri abitati) Risultato conseguito con il DM .533 del 4 dicembre 2014 che ha esonerato dal rispetto dei divieti 2015 i trasporti combinati marittimi)
- "8 Evoluzione tecnologica come abilitatore di un nuovo modello operativo più efficiente e più orientato a logiche di mercato e upgrade tecnologico infrastrutturale" OSSERVAZIONI: Le applicazioni telematiche e la tecnologia possono offrire un indiscutibile contributo per l'efficienza del sistema logistico nazionale. Al fine di evitare, però, duplicazioni di sistemi e inutili oneri aggiuntivi per le imprese utenti sarebbe opportuno fornire l'indicazione in linea con il Decreto del Ministero dei Trasporti per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti (ITS) in Italia. di ricercare la massima interoperabilità dei sistemi puntando alla valorizzazione ed eventuale ottimizzazione delle piattaforme esistenti.
- "9 Integrazione tra sistema portuale e logistico e mondo imprenditoriale" OSSERVAZIONI: Nonostante il titolo della linea guida sia assolutamente condivisibile, la versione sintetica del paragrafo non consente di comprendere pienamente i contenuti. A giudizio di Confcommercio all'interno di tale misura dovrebbero essere prioritariamente ricompresi:
L'esigenza di dare attuazione istituzionale ed organizzativa alla lettura del territorio nazionale i lavori di analisi e lettura del territorio in 7 Piattaforme Logistiche integrate, contenuti nel Piano nazionale della Logistica del 2006 e divenuti strumenti di progettazione e programmazione nel Programma Infrastrutture Strategiche- Allegati infrastrutture (3° Allegato Infrastrutture DPEF 2006-2009, 8° Allegato Infrastrutture 2010). Nell'allegato al DPEF 2006-2009 nell'introdurre le 7 Piattaforme logistiche territoriali, quali reti integrate di porti e nodi logistici, veniva, infatti, indicato, che :
" …si ritiene opportuno prospettare una proposta organica in materia di Piastre Logistiche che dovrà necessariamente caratterizzare il nuovo tessuto connettivo infrastrutturale del Paese. Tessuto connettivo che dovrà trasformare l'attuale spontaneismo, l'attuale entropia esistente anche in aree con grande tradizione di tipo trasportistico, come l'area ligure, l'area della Padania, ecc. in sistema funzionale ed efficiente."
Il medesimo scopo perseguito, a nostro giudizio, dal Piano Nazionale Strategico della Portualità e della Logistica, che dovrebbe, dunque, fare tesoro dei lavori e delle proposte di analisi e integrazione in precedenza richiamati.
Garantire il coinvolgimento del tessuto imprenditoriale attraverso le Camere di Commercio nel processo di nomina del Presidente delle Autorità Portuali e all'interno degli organismi di governance delle stesse, a garanzia di una maggiore integrazione pubblico-privato delle strategie di sviluppo economico e territoriale e di una maggiore attenzione verso le esigenze del fare impresa.
Per quanto riguarda altre importanti questioni non esplicitamente trattate nelle "linee guida" si osserva che:
Per quanto attiene alla natura e alle funzioni delle Autorità Portuali , Il principio ispiratore della Legge 84/94 era quello di aprire i servizi portuali al mercato, mantenendo tuttavia l'asset portuale sotto il controllo pubblico. Il modello di governance meglio noto in letteratura con il nome di Landlord secondo il quale l'Autorità portuale agisce come organo di regolamentazione e come "padrone di casa", mentre le operazioni e i servizi portuali vengono effettuati da aziende private, non dovrebbe essere sconfessato dalla riforma, ma al contrario migliorato rendendolo più efficace e trasparente. A tal proposito, come accennato, andrebbero rafforzati i legami con il tessuto imprenditoriale, prevedendo una presenza negli organi di governance, oltre alle categorie imprenditoriali oggi presenti e da confermare, anche di rappresentanti delle imprese del commercio e del turismo, oggi escluse da tali organismi e dunque impossibilitati a fornire il proprio diretto contributo allo sviluppo portuale. Andrebbe, inoltre, rafforzato il potere di coordinamento delle Autorità Portuali rispetto a tutte le amministrazioni operanti a vario titolo nei porti , procedendo, anche a potenziare l'Autonomia Finanziaria di tali organismi, a fronte di efficaci strumenti di controllo centrale degli effettivi impieghi delle risorse ai fini dello sviluppo dei traffici. Si ritiene, invece, la cosiddetta "autonomia impositiva" delle Autorità Portuali, non condivisibile, in contrasto con la natura e le funzioni di detti organismi e potenzialmente pericolosa per la "merce".
Con riferimento ai servizi tecnico nautici, si ritiene che la sicurezza delle attività debba essere garantita in maniera uniforme a livello nazionale, non essendo una corretta leva attraverso cui promuovere la concorrenza tra porti. A giudizio di Confcommercio la vera sfida dovrebbe essere quella di riuscire a contemperare le esigenze della sicurezza con quelle dell' operatività dei porti e dei relativi cluster economici circostanti. Nel settore dell'autotrasporto ed in particolare dei divieti di circolazione per i mezzi pesanti fuori dai centri abitati, tale contemperazione sicurezza/operatività delle imprese , grazie ad una iniziativa della richiamata buona pratica della Consulta Generale per l'autotrasporto e la logistica nel 2012 è stata resa possibile (attraverso un emendamento al Reg di esecuzione del Codice della Strada) e da allora ha consentito di definire calendari di divieti di circolazione meno pesanti a fronte, per altro, di sensibili miglioramenti sul fronte della sicurezza stradale e dell'incidentalità. Tale esperienza mostra, dunque, che sicurezza e sviluppo economico non sono in antitesi ma possono, invece, se correttamente e attentamente governate, fornire reciproci benefici. Nel settore dei servizi tecnico-nautici tale positiva ed avanzata contemperazione la si potrebbe conseguire da un lato confermando la disciplina dei servizi tecnico nautici all'interno dell'art. 14 della legge 84/1994 che potrebbe essere migliorato recependo i contenuti dell'accordo interassociativo per la riforma degli stessi e dall'altro, con specifico riferimento al pilotaggio, procedendo all'introduzione di soluzioni in grado di ridurre ulteriormente gli oneri sostenuti dalle navi, specialmente per quelle impegnate in traffici ricorrenti, anche attraverso l'armonizzazione con le esperienze in altri Paesi Europei.
Infine, in considerazione della localizzazione urbana dei principali porti nazionali, e del significativo contributo che la crescita della nautica da diporto può offrire per lo sviluppo economico e la qualità della vita nelle città, si ritiene opportuno che il Piano preveda misure organiche per la riqualificazione delle aree portuali non utilizzate, ai fini del rilancio della nautica da diporto
Il Segretario Generale Conftrasporto Dott Pasquale Russo
Il Vice Presidente Confcommercio Dott. Paolo Uggè
Unione Interporti Riuniti
Piano strategico nazionale della portualità e della logistica
Incontro 9 febbraio 2015
GLI INTERPORTI INDISPENSABILI AI PORTI E AL SISTEMA LOGISTICO NAZIONALE
ASPETTI GENERALI – Riflessioni
In un quadro nazionale che presenta una situazione insufficiente a sostenere la competitività internazionale nel campo della portualità e della logistica, vogliamo evidenziare il ruolo svolto nel tempo dagli interporti per lo sviluppo della intermodalità con un costante impegno, così come evidenziano i dati che si ricavano dal rapporto che viene allegato in copia dove il peso specifico degli interporti è stato ben evidenziato attraverso il lavoro di analisi condotto da UIR negli ultimi anni, questo nonostante le ridotte ed ormai remote risorse messe a disposizione dallo stato. Al centro di un posizionamento logistico ottimale infatti si colloca L'INTERPORTO che rappresenta una delle infrastrutture logistiche più complesse e articolate.
L'Interporto è un "complesso organico di strutture e di servizi integrati e finalizzati allo scambio delle merci tra le diverse modalità di trasporto, comunque comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione". La peculiarità di tale struttura è pertanto quella di rappresentare UN SISTEMA INTEGRATO DI TRASPORTI E SERVIZI LOGISTICI.
Il primo aspetto (l'intermodalità) è infatti il comune denominatore degli interporti, tratto distintivo su cui lo Stato e pure gli investitori privati, attraverso le nostre società si sono impegnati negli anni; un impegno sovente sfruttato dai flussi stranieri ma al quale invece il sistema del trasporto nazionale non ha dato seguito adeguato. A tale lacuna è necessario porre rimedio (per ben noti motivi economici, strategici, ambientali); ma si potrà provare a studiare una soluzione immediata solo tramite gli interporti esistenti utilizzando politiche di incentivazione dello shift modale ed eliminazione dei "colli di bottiglia".
Secondariamente l'individuazione di "comunità di business della logistica" – servite da flussi intermodali internazionali e (si spera) nazionali e in correlazione con i porti - individuate in ambiti territoriali localizzati sui nodi delle reti europee, rappresenta una possibilità di sviluppo eterogenea (produzione, trasporto, servizi) in grado, se ben strutturata in termini qualitativi (servizi doganali, ICT, etc…), di attrarre investitori. Tali "comunità" possono vedere negli interporti - in relazione con i Ministeri competenti, gli EE.LL., il gestore della rete ferroviaria e le autorità portuali - i soggetti catalizzanti.
SENZA INTERPORTI LE BANCHINE NON POTRANNO SOSTENERE I FLUSSI DELLE GRANDI NAVI. Come evidenzia l'Analisi della domanda dello studio EY presentato in gennaio 2015 (Slide pag.25), il dimensionamento dei terminal portuali per la gestione delle nuove grandi navi portacontainer che prevedono una movimentazione di 2.500 ai 4.000 TEU per ogni toccata non basta a garantire l'efficienza del sistema.
Come si sta evidenziando già dal 2014 nei porti del Nord Europa, le nuove ULCV (navi portacontainer ultra grandi) stanno creando problemi impensabili anche se consideriamo che si tratta di strutture portuali fra le più avanzate in Europa. Nei porti come Amburgo dove la congestione ha già colpito, sono stati evidenziati dei modelli gestionali che prevedono, con una movimentazione anche di 10-12.000 box in uno scalo singolo la "produzione" di flussi in una volta sola che richiederebbe 12 navi di raccordo, 60 treni e 3.000 camion (fonte: Fraunhofer Centre for Maritime Logistics and Services).
Il Sistema portuale italiano oggi NON E' PRONTO ad affrontare questi flussi. Solo con una sinergia con il sistema interportuale si potrà sostenere in tempi rapidi ciò che le banchine affronteranno nei prossimi anni.
ATTENZIONE AL CONCETTO DI RETROPORTUALITA'. E' indispensabile comprendere che la "retroportualità", specialmente nei maggiori esempi nazionali, non è legata alla vicinanza geografica. Anzi, l'intermodalità ferro-gomma che collega le banchine agli inland terminal è conveniente in maniera direttamente proporzionale alla distanza, per cui il rapporto PORTO-INTERPORTO riguarda, per ciò che concerne i collegamenti ferroviari, realtà distanti fra loro. La Retroportualità è un concetto non geografico ma FUNZIONALE in quanto legato alla presenza di flussi che necessitano di andare all'imbarco utilizzando il treno. Inoltre, non esiste una univocità nella retroportualità, un INTERPORTO infatti, avrà molti collegamenti ferroviari con diverse destinazioni e per ognuna di esse potrà fungere da "retroporto". Attenzione dunque a non "ingessare" formalmente importanti realtà interportuali di respiro europeo rispetto a integrazioni forzate derivate solo da un principio di territorialità.
Partendo da questa premesse si ritiene che, al di la della normativa prodotta negli ultimi anni e delle varie proposte di legge che giacciono sui diversi tavoli, qualsiasi intervento legislativo che attenga alla logistica ed al trasporto delle merci dovrebbe tenere in considerazione la circostanza che il quadro programmatico di riferimento è quello afferente al progetto di Rete TEN-T e dei Corridoi Europei. Le infrastrutture a cui rivolgersi sono quelle esistenti; è indispensabile mettere da parte i mega-progetti, spesso annunciati e mai realizzati, e concentrare le risorse disponibili sul co-finanziamento di opere inserite nel contesto europeo e sui c.d. "colli di bottiglia" del sistema infrastrutturale e questo per non perdere le opportunità legate alla ripresa economica ed alla crescita sostenibile. Siamo infatti chiamati ad offrire oggi le infrastrutture ad investitori ed operatori, scongiurando le indeterminazioni e le incertezze che hanno contribuito a far sì che il nostro paese perdesse la sfida competitiva globale. Occorre dare impulso a una nuova e condivisa modalità di accesso all'infrastruttura di rete a tutti gli operatori privati che operano nel settore ferroviario merci e passeggeri, con conseguente maggiore apertura alla concorrenza e caduta delle barriere protezionistiche nazionali.
OBIETTIVI
Riteniamo che sia necessaria un'adeguata riforma della governance del sistema portuale e logistico e da questo principio non ci sottrarremmo per compiere una profonda analisi interna, anche se riteniamo opportuno vada costituito un nuovo pilastro su cui fondare la revisione del sistema logistico italiano verso la redazione del Piano.
E' in questo contesto che deve essere perseguito l'obiettivo strategico del rilancio del sistema economico-industriale del paese utilizzando come leva competitiva la logistica. In tale ottica è necessario "agganciare" le infrastrutture alla logistica e, queste, congiuntamente, al sistema produttivo.
Il "Piano Nazionale della Logistica ", potrebbe perseguire questo obiettivo, identificando le direttrici di traffico, cioè, specificatamente, imprese e settori merceologici che sviluppano fra di loro intense relazioni di acquisto/vendita. Da qui quindi per evidenziare le "colonne vertebrali", ovvero le infrastrutture di collegamento nell'ambito dei sistemi logistici doganali integrati, intorno alle quali le relazioni commerciali si articolano.
Ci trova d'accordo che le funzioni di programmazione potrebbero essere assolte da un "Comitato nazionale per l'intermodalità e la logistica" proposto al tavolo di lavoro e previsto pure dalla bozza di legge quadro in materia di Interporti: uno strumento di politica industriale capace di "guidare" il sistema della produzione verso la logistica.
L'accorpamento delle infrastrutture secondo logiche geografiche non è, di per se stesso, sufficiente a sostenere la crescita industriale e la capacità competitiva del paese.
La bozza di legge quadro in materia di Interporti, già da tempo approvata dalla Camera e da mesi all'esame del Senato, definisce la piattaforma logistica territoriale come "il compendio di infrastrutture e servizi presenti su un territorio interregionale destinato a svolgere funzioni connettive di valore strategico per il territorio nazionale, al fine di favorire l'interconnessione e la competitività del Paese" ed è da ritenere una buona base di partenza sulla quale costruire un'offerta logistica in linea con le richieste di un mercato sempre più globalizzato ed aggressivo.
In questa prospettiva i porti e gli interporti divengono fattore d'integrazione e di governo di un sistema di infrastrutture e servizi che, laddove previsto, si congiunge ai corridoi europei.
In sostanza l'intervento del legislatore dovrebbe:
portare a termine l'iter di approvazione della legge sugli interporti, essa non prevede particolari costi per il settore pubblico, ma introduce degli sbarramenti definitori basati sui traffici effettivi che impediscono la nascita di iniziative non utili per il sistema;
definire un organismo nazionale di programmazione e coordinamento così come previsto dalla legge quadro in materia di interporti e dalle linee guida del piano della logistica;
dare la possibilità di accedere a forme di credito agevolato (come già avviene per i porti) per le iniziative di investimenti a livello interportuale. Data la compartecipazione pubblica delle società interportuali, spesso le aziende interportuali sono addirittura svantaggiate rispetto ai privati in quanto sono considerate Grandi Imprese avendo tutti i parametri economici da PMI;
identificare le opere realizzabili e le relative risorse finanziarie nel periodo 2014-2020 in coerenza con la disponibilità delle risorse comunitarie, favorendo opere con valenza di sistema, il miglioramento dell'esistente (nodi Core), il superamento dei "colli di bottiglia";
rendere coerenti (nella logica della attività concorrente) le iniziative regionali con quelle nazionali sulla base della programmazione comunitaria;
migliorare l'efficienza dei servizi doganali e ferroviari nel senso sopra esposto;
assecondare a livello territoriale l'integrazione tra infrastrutture e operatori con logiche di mercato e di filiera e non come semplici aggregazioni istituzionali e geografiche, comunque in coerenza con i Corridoi Europei;
sburocratizzare: ad esempio la normativa sulla prevenzione incendi ha inspiegabilmente creato un onere alle aziende "interporto" creando una sorta di responsabilità oggettiva di ottenimento del Certificato Prevenzione Incendi anche per le aziende in autonomia funzionale insediate nell'area definita "interportuale" e rispetto alle altre strutture e imprese logistiche che semplicemente non utilizzano il termine "interporto". Inoltre occorre semplificare tutte le procedure amministrative per consentire lo sviluppo che gli stessi possono assicurare nelle aree ancora libere riportando in capo alle regioni gli iter burocratici autorizzativi (leggasi VIA, VAS, Pianificazione Urbanistica), accelerando le procedure per l'attuazione degli sportelli unici doganali e dei "Corridoi Doganali Controllati" garantendo il rapido decongestionamento delle banchine;
occorre facilitare la loro funzione strategica con una riduzione della pressione fiscale almeno nella componente IMU (assimilandoli agli scali merci che stanno praticamente sostituendo dato il progressivo abbandono degli stessi da parte del sistema Ferrovie dello Stato);
favorire un'applicazione estensiva del concetto di SPORTELLO UNICO DOGANALE, unificando i punti di effettuazione dei controlli; potenziare la funzione di organizzazione e coordinamento vincolante dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, a legislazione invariata; favorire il passaggio ad un'AUTORITA' UNICA delle competenze, delle responsabilità e del personale di tutti i procedimenti amministrativi relativi ai processi di import/export delle merci. Tutto questo potrebbe consentire di razionalizzare gli adempimenti che gli operatori ora sono costretti ad effettuare con tutte le amministrazioni coinvolte nel processo di sdoganamento; abilitare i "corridoi doganali", diffondendo le prassi proprie degli operatori certificati AEO al fine dello sdoganamento telematico in procedura domiciliata per le merci in entrata via mare.
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