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Nell'ambito della riforma della legislazione sulla portualità italiana deve essere riconosciuta la specificità del porto di Trieste
Zerbini (Propeller Club di Trieste): «è necessario che il governo centrale conosca, riconosca e comprenda appieno le potenzialità e la vocazione di Trieste quale porto internazionale»
25 giugno 2015
Martedì gli associati del The International Propeller Club Port of Trieste hanno discusso del Piano nazionale della portualità e della logistica, della riforma della legge sui porti ed in particolare delle prospettive e dei rischi per Trieste e per lo sviluppo del suo scalo portuale. «In questi mesi - ha rilevato il professor Stefano Zunarelli, esperto di diritto della Navigazione e tra i consulenti per il Piano nazionale della logistica - il tema della governance delle Authority è stato quello che ha maggiormente attirato l'attenzione, ma vanno invece sottolineati due aspetti: una regia nazionale forte perché finora l'Italia si è caratterizzata per investimenti a pioggia con una logica perdente ed il tentativo di individuare un criterio per scegliere dove investire, con l'ipotesi di privilegiare dove c'è anche l'interesse dei privati». Zunarelli ha osservato che in tema di governance servirebbe un'Autorità di sistema portuale sovraordinata e di coordinamento sulle amministrazioni statali e locali competenti, mentre per quanto riguarda Trieste è necessario concentrarsi sull'unicità della situazione, poiché - ha spiegato - gli altri porti italiani hanno un bacino di utenza nazionale e non internazionale.
All'incontro del Propeller Club di Trieste è intervenuto un altro degli estensori del Piano nazionale della portualità e della logistica, il professor Marco Spinedi, ricercatore e coordinatore di gruppi di lavoro sui temi dell'economia dello sviluppo e dei trasporti, che ha parlato del riallineamento del Piano della portualità alla realtà economica attuale: «probabilmente - ha affermato - stiamo vivendo un periodo di trapasso che sarà caratterizzato da crescita bassa. Finora si proiettavano dati storici del Pil in modo generoso. Dobbiamo uscire da questa logica ed il Piano tenta di rimettere i piedi per terra. Le industrie si sono ripiazzate verso est perché Balcani, Turchia ed Est Europa sono un buon mercato. L'Italia confina con questo Nuovo Mondo e bisogna sfruttare questa opportunità. Potrebbe esserci un enorme spazio per l'industria ferroviaria europea e - ha precisato Spinedi - il nordest Italia potrebbe diventare un nodo importante». In materia portuale, Spinedi ha specificato che sarà importante un recupero di autorevolezza del governo centrale e quindi un'operazione di tipo politico.
Per il professor Sergio Bologna, esperto di traffici marittimi e da poco alla guida dell'AIOM (Agenzia Imprenditoriale Operatori Marittimi) di Trieste, l'ultima fase dei lavori per la riforma della legge sui porti contiene aspetti positivi: «c'è - ha spiegato - una novità su come è stata affrontata la questione, con maggiore realismo. Non interessa tanto il numero delle Autorità Portuali, ma bisogna decidere quali sono i nodi logistici importanti». Secondo Bologna, è necessario «fare capire a tutti la vocazione internazionale di Trieste. Speriamo - ha aggiunto - che venga riconosciuta la sua specificità e che si possa dire che la riforma ha portato qualcosa di buono anche qui».
Il punto di vista del segretario generale dell'Autorità Portuale di Trieste è che è «difficile raggiungere risultati se si vuole farlo solo attraverso una nuova normativa. La riforma - ha chiarito Mario Sommariva - dovrebbe dare alcune risposte: come incidere sull'obsolescenza delle norme, come costruire modelli di funzionamento più aderenti alle esigenze del mercato e come mettere in atto una politica industriale che sostenga le imprese che operano nei porti».
«La forza di Trieste - ha sottolineato il presidente nazionale dei The International Propeller Clubs italiani, Umberto Masucci - è la forza del cluster, Trieste - ha confermato - ha tutte le caratteristiche del porto internazionale, ma l'appello è quello di fare presto. Negli ultimi 20 anni, c'è stato un primo periodo durante il quale la legge 84 del 1994 è stata applicata bene. Oggi - ha proseguito Masucci - ritengo che il presidente di un porto debba avere anche caratteristiche politiche e che lo Stato debba intervenire con un po' di sano dirigismo».
Anche secondo il presidente del Propeller Club di Trieste è indispensabile che nell'ambito della riforma della legislazione sulla portualità vengano riconosciute le peculiarità del porto di Trieste: «pare finalmente avviata la politica delle scelte - ha constatato Fabrizio Zerbini - ma - ha puntualizzato - è necessario che il governo centrale conosca, riconosca e comprenda appieno le potenzialità e la vocazione di Trieste quale porto internazionale e ponga in essere quanto necessario per consentirne il deciso sviluppo quale gateway del Nord Adriatico per i traffici con il Sud ed Est Europa. Trieste è un vero porto di frontiera, distando solo mezz'ora di camion dal porto sloveno di Capodistria dove sono presenti condizioni economiche, fiscali, di costo del lavoro e di snellezza burocratica, compresa quella doganale, di grande vantaggio rispetto a Trieste: di questo - ha concluso Zerbini - si deve tenere conto e devono essere create le condizioni affinché Trieste possa debitamente competere».
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