- Certo si potrebbe dire che la sua visione del futuro dell'attività dello spedizioniere è frutto della propria storia professionale, fatta di diverse cariche direttive nell'ambito del gruppo logistico tedesco e multinazionale a. hartrodt, inclusa quella di amministratore delegato della filiale italiana. Ma ancor più verosimilmente si può dire che Maurizio Fasce è semplicemente figlio del suo tempo e non ha difficoltà a riconoscere quali sono le sfide che gli spedizionieri dovranno affrontare nei prossimi anni.
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- Il presidente di Spediporto, l'associazione degli spedizionieri genovesi, non ha esitazioni nell'esortare i colleghi ad «abbandonare la filosofia dello scagno», del «piccolo è bello». Piuttosto secondo Maurizio Fasce, che è giunto alla fine del suo mandato e che nei prossimi giorni cederà il testimone al nuovo presidente nominato dal consiglio direttivo dell'associazione avendo deciso di non rinnovare la propria candidatura perché l'azienda che rappresenta in Italia lo ha chiamato ad impegnarsi per l'apertura e la gestione di ulteriori mercati internazionali, è «indispensabile innalzare il profilo professionale della categoria». Nel corso dell'odierna assemblea di Spediporto, Fasce ha invitato quindi gli spedizionieri a non arroccarsi su posizioni di sempre più debole rendita per affrontare le sfide dell'internazionalizzazione. Come quelle poste dall'e-commerce, che - ha ricordato - ha comportato una radicale trasformazione dei servizi, soprattutto logistici.
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- Per Fasce, il mercato impone agli spedizionieri la necessità di innovare le procedure di lavoro e di ampliare il proprio raggio d'azione per garantire ai clienti consegne in qualsiasi parte del mondo. L'obbligo di confrontarsi con il mondo non vale solo per le singole aziende, ma è anche un'esigenza per le associazioni di categoria sempre più chiamate a misurarsi con normative internazionali che hanno un rilevante impatto sugli associati, come quella - menzionata da Fasce - della verifica del peso dei container prima del loro carico sulla nave, condizione imposta, con effetto dal prossimo 1° luglio, dalle modifiche apportate dall'International Maritime Organization (IMO) alla convenzione SOLAS per la salvaguardia della vita in mare.
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- A tal proposito Fasce ha rimarcato la potente spinta all'internazionalizzazione subita da Spediporto nel corso del suo mandato che è culminata con l'elezione dello stesso Fasce a presidente del Maritime Institute del Clecat e la nomina del direttore generale dell'associazione, Giampaolo Botta, a membro del Working Group Sea di FIATA, il più importante tavolo di lavoro a livello internazionale sui temi marittimi. «Mai prima d'ora - ha sottolineato Fasce - la capacità rappresentativa di Spediporto era uscita dai confini nazionali».
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- Certo rimane anche l'urgenza di confrontarsi con le norme nazionali, sia vigenti che di prossima promulgazione, come quella che dovrebbe essere a breve adottata per la riforma della legislazione sui porti. Date le nebulose ipotesi di riforma della legge 84/94 formulate in precedenza, sinora - ha ammesso Fasce - Spediporto non si era pronunciata perché - ha spiegato - «avremmo perso tempo». Ora che le nebbie si stanno diradando e che il progetto legislativo è più definito, Fasce si è soffermato sull'ipotesi di cambiamento dell'assetto di governance della portualità, con una riorganizzazione dei porti italiani stabilita in attuazione della cosiddetta “Legge Madia” che prevede l'istituzione di 15 Autorità di sistema portuale al posto delle attuali 24 Autorità Portuali e rette da un presidente e da un Comitato di gestione, quest'ultimo - ha evidenziato Fasce manifestando perplessità per la composizione della struttura - formato esclusivamente da rappresentanti di istituzioni pubbliche.
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- Pur specificando che «la riforma portuale è un passo nella giusta direzione» e che la forma dei Comitato Portuali, gli attuali organi direttivi delle Autorità Portuali, «va ripensata», anche il sindaco di Genova, Marco Doria, su questo tema si è detto convinto della «necessità di momenti di confronto con l'imprenditoria del settore».
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- È da vedere se questi momenti di confronto possano essere confinati al Tavolo di Partenariato della Risorsa Mare che verrebbe istituito con la riforma assegnandogli funzioni consultive di partenariato economico-sociale. Quest'ambito è sufficiente per il viceministro all'Economia e alle Finanze, Enrico Zanetti, secondo cui nel Tavolo si «troverà un punto di coordinamento». «Le associazioni - ha precisato Zanetti nel corso dell'assemblea pubblica di Spediporto - avranno rappresentanza nei Tavoli di Partenariato, che - ha sottolineato - non saranno pletorici, ma sostanziali».
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- Di avviso differente l'assessore allo Sviluppo economico, porti e logistica della Regione Liguria, Edoardo Rixi, che ha ribadito la proposta di dare alle Autorità di sistema portuale la forma di società per azioni anziché di enti pubblici non economici, così come avvenuto da tempo per Enav, la società che fornisce i servizi alla navigazione aerea. Come Spa - secondo Rixi - sarebbe tra l'altro più semplice verificare la qualità delle performance economiche delle Autorità.
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- Anche per il segretario generale dell'Autorità Portuale di Genova, Giambattista D'Aste, i porti, e in particolare quello del capoluogo ligure, «non vanno incapsulati nelle logiche proprie degli enti pubblici», ma è necessaria la forma societaria della Spa, «l'unico modello che può traguardare lo sviluppo».
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- Pure Nereo Marcucci, presidente di Confetra - Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, ha manifestato perplessità per le limitate opportunità che la riforma darà agli operatori economici di dire la loro nella definizione delle strategie della portualità italiana. «Quali regole diamo ai Tavoli di Partenariato?» si è chiesto Marcucci che, pur dando atto al governo di aver affrontato e in parte risolto alcuni temi importanti per il settore portuale e logistico, ha menzionato altri ostacoli ancora da appianare. Per Marcucci, innanzitutto, è assolutamente necessario che la riforma dei porti punti ad una centralizzazione della decisione sugli investimenti. Secondo il presidente di Confetra, infatti, gli attuali limiti allo sviluppo possibile della portualità italiana sono frutto di un lungo periodo nel quale gli investimenti sono stati dispersi «in mille rivoli».
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- Uno di questi rivoli, secondo Marcucci, che ne ha parlato dichiarandosi consapevole di attirare su di sé aspre critiche, è quello che a suo dire ha condotto ad investire nella realizzazione della nuova piattaforma multipurpose in via di costruzioine a Vado Ligure (Savona), che sarà gestita dalla APM Terminals del gruppo armatoriale danese A.P. Møller-Mærsk.
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- Piuttosto che criticare o meno l'osservazione di Marcucci, noi di inforMARE ci limitiamo ad osservare che, se di male si tratta, non è certo un peccato di matrice solo italiana dato che negli stessi anni scelte analoghe sono state assunte nel settore dei container, ma anche in altri comparti della portualità, da nazioni in questo campo comparabili alla nostra, come la Spagna, ma anche da altre ritenute da taluni più progredite nel segmento della portualità, come quelle nordeuropee, e da nazioni emergenti sul mercato marittimo-portuale, come quelle dell'arco costiero nordafricano, dal Marocco all'Egitto. Nell'attuale momento di profonda crisi economica, anche in tutti questi Paesi ci si interroga sugli ingenti investimenti effettuati e programmati nei porti a fronte di un calo possibile o già in atto della domanda. Se l'Italia ha peccato, non ci sembra lo abbia fatto in solitudine. Commune naufragium omnibus solacium.
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- Bruno Bellio
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