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La Corte dei conti europea boccia le modalità con cui l'UE finanzia i porti, investimenti che risultano inefficaci e non sostenibili
Tra le raccomandazioni, durante il periodo 2014-2020 non concedere finanziamenti UE ad infrastrutture portuali destinate al trasbordo o allo stoccaggio di container
23 settembre 2016
«Gli investimenti in infrastrutture portuali cofinanziati dall'Unione Europea sono inefficaci e non sostenibili, con un elevato rischio che circa 400 milioni di euro investiti vadano sprecati». Lo sottolinea la Corte dei conti europea nella propria relazione speciale “Il trasporto marittimo dell'UE è in cattive acque: molti investimenti risultano inefficaci e insostenibili” diffusa oggi, nella quale l'istituzione europea rileva che, a fronte di 6,8 miliardi di euro investiti dall'UE nei porti tra il 2000 e il 2013, a cui si sono aggiunti finanziamenti sotto forma di prestiti da parte della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) per un ammontare di circa 10,1 miliardi di euro, si è constatato che le strategie di sviluppo portuale poste in essere dagli Stati membri e dalla Commissione non hanno fornito sufficienti informazioni per consentire un'efficace pianificazione della capacità. Da ciò è conseguito che gli investimenti nei porti cofinanziati dall'UE sono appunto risultati non efficaci e non sostenibili.
In particolare, la relazione evidenzia che le strategie di sviluppo portuale a lungo termine poste in essere dagli Stati membri e dalla Commissione non hanno costituito una base solida e coerente per pianificare la capacità necessaria nei porti dell'UE e per individuare i finanziamenti dell'UE e i finanziamenti pubblici nazionali necessari per le infrastrutture portuali.
Il documento rileva inoltre che in porti limitrofi il finanziamento di infrastrutture e sovrastrutture portuali simili ha avuto come conseguenza investimenti inefficaci e non sostenibili: sulla base di 30 dei 37 progetti esaminati e già completati tra il 2000 e il 2013, un euro su tre (corrispondente a 194 milioni di euro per 12 progetti) è stato finora speso senza efficacia. Circa la metà di questi finanziamenti (97 milioni di euro di finanziamenti UE per nove progetti) è stata investita in infrastrutture che non sono state utilizzate o sono state fortemente sottoutilizzate per oltre tre anni a contare dalla conclusione dei lavori. Ciò - osserva la Conte - mette in luce carenze nella valutazione ex ante delle esigenze e denota un elevato rischio di spreco degli importi investiti.
La Corte specifica che quanto appena osservato è vero anche per i cinque progetti che erano già stati esaminati nel 2010 e che sono stati oggetto di una nuova valutazione che ha delineato nel complesso un impiego delle risorse tutt'altro che ottimale: dopo quasi un decennio di attività, l'utilizzo della capacità finanziata dall'UE per questi porti era ancora inadeguato. In quattro porti - precisa la relazione - le aree portuali erano ancora ad un livello di utilizzo bassissimo o erano vuote. Complessivamente, si è giudicato che 292 milioni di euro di investimento sono stati spesi in modo inefficace.
Ulteriori inefficienze che sono state riscontrate negli investimenti in infrastrutture portuali esaminati sono costituite dallo sforamento dei costi e dai ritardi. Nel complesso, per i progetti finanziati dall'UE esaminati dagli auditor della Corte vi erano stati sforamenti dei costi per 139 milioni di euro. Inoltre, 19 dei 30 progetti completati hanno fatto registrare ritardi, in 12 casi superiori al 20% della durata prevista del progetto. I ritardi sono giunti fino al 136% della durata inizialmente pianificata. Anche sei dei sette progetti non ancora ultimati al momento dell'audit (corrispondenti ad un finanziamento UE pari a 524 milioni di euro) hanno fatto registrare ritardi.
La relazione sottolinea inoltre che molti collegamenti tra i porti e l'entroterra sono inadeguati o assenti, quali ad esempio collegamenti stradali e ferroviari mancanti, e necessiteranno di ulteriori finanziamenti pubblici per assicurare il corretto sfruttamento degli investimenti iniziali nei porti.
Neppure il coordinamento all'interno della Commissione Europea né le procedure operanti tra la BEI e la Commissione per valutare i prestiti proposti dalla BEI per le infrastrutture portuali hanno funzionato adeguatamente, in quanto la BEI non condivide con la Commissione tutte le informazioni pertinenti. Inoltre, per alcune proposte di prestito, alcuni problemi critici sono stati evidenziati internamente, nell'ambito della Commissione, ma non sono stati segnalati alla BEI sotto forma di parere negativo della Commissione Europea.
Per quanto riguarda gli aiuti di Stato e le procedure doganali, la relazione specifica che la Commissione Europea non ha intrapreso le azioni necessarie ad assicurare condizioni di parità concorrenziale tra i porti. Secondo la Corte dei conti europea, il controllo della Commissione sugli aiuti di Stato avrebbe potuto essere più fattivo ed efficace, verificando a posteriori se le condizioni alle quali erano state assunte le decisioni precedenti (ad esempio, per le concessioni) fossero rimaste immutate, oppure rifiutando il sostegno a sovrastrutture destinate a utenti specifici. Ad esempio - precisa la relazione - i progetti comprendenti sovrastrutture utilizzate da operatori privati erano stati cofinanziati con circa 92,5 milioni di euro a valere sul bilancio dell'UE.
Nella relazione la Corte formula alcune raccomandazioni per far sì che i finanziamenti dell'UE nei porti risultino più efficaci e sostenibili. Per l'istituzione europea è necessario instaurare un monitoraggio della capacità dei porti “core”, tenendo conto dei piani degli Stati membri per l'attuazione delle strategie a lungo termine, bisogna rivedere il numero attuale di porti “core” (104) considerati necessari a mantenere un livello adeguato di accessibilità per l'UE nel suo complesso, ed è necessario elaborare un piano di sviluppo portuale a livello di UE per i porti “core”, le vie di navigazione marittime e i canali.
Secondo la Corte, inoltre, è indispensabile collaborare con gli Stati membri per ridurre gli oneri amministrativi e i ritardi nella selezione e nell'attuazione dei progetti, promuovendo il principio di uno “sportello unico” nazionale per il rilascio o il rifiuto di tutti i permessi e le autorizzazioni per investimenti relativi ad infrastrutture portuali. Inoltre dovrebbe essere applicato quanto prima il principio del “tacito consenso” (dopo, ad esempio, due anni).
Bisognerebbe anche applicare in modo rigoroso il regolamento recante disposizioni comuni sui fondi SIE, nonché il regolamento sul meccanismo per collegare l'Europa (CEF) alle rettifiche finanziarie causate da investimenti inefficienti per il periodo 2014-2020, e valutare la possibilità di non concedere finanziamenti UE, durante il periodo 2014-2020, ad infrastrutture portuali destinate al trasbordo o allo stoccaggio di container (ad esempio, costruzione di moli, banchine e capacità di stoccaggio). Inoltre - per la Corte - le sovrastrutture che esulano dal mandato pubblico dovrebbero essere escluse dai finanziamenti UE, in quanto dovrebbero esser considerate rientranti in un contesto commerciale.
La Corte ritiene anche necessario attribuire ai porti “core” la priorità per i cofinanziamenti dell'UE, a titolo sia del CEF sia dei Fondi SIE, al fine di migliorare i collegamenti con il rispettivo entroterra, e finanziare infrastrutture portuali diverse dai collegamenti con l'entroterra soltanto a condizione che vi sia una manifesta necessità, che sia dimostrato il valore aggiunto UE e che la componente di investimenti privati sia sufficientemente importante rispetto all'investimento complessivo.
Bisognerebbe anche far sì che tutte le necessarie informazioni sui prestiti proposti dalla BEI siano condivise tra la BEI e la Commissione, per facilitare valutazioni robuste; inoltre chiarire internamente, ed attuare sistematicamente, la procedura per stabilire se le osservazioni critiche debbano condurre ad un parere negativo su un prestito proposto dalla BEI.
Le raccomandazioni della Corte dei conti europea includono inviti ad emanare orientamenti sugli aiuti di Stato ai porti marittimi, ad assicurare un trattamento omogeneo delle sovrastrutture portuali destinate a utenti specifici, ad aumentare il numero di indagini documentali sugli aiuti di Stato per i porti e potenziare il follow up delle precedenti decisioni in materia di aiuti di Stato, in modo da garantire che le condizioni presenti al momento della decisione rimangano anche in seguito.
Infine la Corte raccomanda agli Stati membri di notificare in modo sistematico alla Commissione ogni sostegno finanziario pubblico ai porti, nel rispetto della normativa UE in materia di aiuti di Stato, nonché di chiedere agli Stati membri di fornire periodicamente informazioni specifiche sul tipo e sul numero di procedure doganali nei singoli porti “core”, per valutare se vi sia pari trattamento tra porti, e di migliorare la competitività del trasporto marittimo rispetto ad altri modi di trasporto semplificando ulteriormente le formalità doganali e di trasporto via mare, in particolare andando verso una “interfaccia unica” a livello UE.
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