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Confitarma, il regime Marebonus per il trasferimento delle merci dalla strada al mare potrebbe rivelarsi un fallimento
La Confederazione denuncia che, con un'interpretazione restrittiva del programma, 90 milioni di euro di investimento dell'armamento resterebbero privi di compensazione
18 settembre 2017
La Confederazione Italiana Armatori (Confitarma) teme che sussista il rischio di un fallimento del Marebonus, il regime di aiuti a sostegno del trasporto intermodale di merci strada-mare che ha lo scopo di promuovere il trasferimento modale del trasporto merci dalla strada al trasporto marittimo a corto raggio, regime che è stato approvato dalla Commissione Europea con decisione del 19 dicembre 2016 in quanto ritenuto compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.
Confitarma ha evidenziato che, a seguito di un quesito rivolto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti alla Commissione Europea, sarà decisiva per il successo del Marebonus l'interpretazione che verrà data al termine “aiuto” utilizzato nella decisione del 19 dicembre 2016 con cui la Commissione ha autorizzato l'incentivo.
«La decisione - ha spiegato l'associazione armatoriale italiana - da un lato prevede l'obbligo per l'armatore di ribaltare almeno il 70% dell'“aiuto” agli autotrasportatori; dall'altro prevede che lo stesso “aiuto” non possa superare l'importo degli investimenti sostenuti dall'armatore per poter far accedere gli autotrasportatori all'incentivo».
«Considerando che il Marebonus è rivolto all'autotrasporto e che gli armatori non ne devono beneficiare se non per compensare gli investimenti richiesti - ha rilevato la Confitarma - secondo l'interpretazione logica, da sempre sostenuta da Confitarma, le compagnie di navigazione devono poter recuperare il costo degli investimenti effettuati per poter accedere al Marebonus, “ribaltando” agli autotrasportatori almeno il 70% del contributo ricevuto. In pratica, considerati i 128 milioni di euro stanziati, gli armatori dovrebbero investire non meno di 38 milioni di euro per attivare l'incentivo di 90 milioni di euro a favore degli autotrasportatori (70% del contributo), con una compensazione di non più di 38 milioni di euro (30% del contributo) per gli investimenti effettuati».
«Invece, secondo l'interpretazione letterale, più restrittiva - ha rilevato ancora la Confederazione - l'intero contributo ricevuto dalle compagnie di navigazione viene considerato “aiuto” e pertanto, per garantire agli autotrasportatori gli stessi 90 milioni di euro, le compagnie di navigazione dovrebbero investire per miglioramenti dei servizi esistenti ben 128 milioni di euro, ovvero l'intero stanziamento previsto per il Marebonus, recuperando al massimo 38 milioni di euro. Se così fosse resterebbero privi di compensazione ben 90 milioni di investimenti che l'armamento dovrebbe sostenere per poter consentire all'autotrasporto di usufruire dell'incentivo».
«Tale ipotesi - ha denunciato la Confitarma - non solo è iniqua ma anche incoerente con le indicazioni della Commissione Europea».
La confederazione armatoriale ha precisato che nel quesito rivolto dal Ministero italiano alla Commissione UE è stato formalmente chiesto di potersi attenere all'interpretazione logica condivisa con Confitarma. «Ad oggi - ha reso noto la Confitarma - non vi è stato ancora alcun riscontro».
Confitarma ha quindi invitato il Ministero a sollecitare la risposta di Bruxelles e ha auspicato che questa possa giungere prima dell'emanazione del decreto. «Solo a seguito del riscontro della Commissione Europea - ha sottolineato la Confederazione - si capirà se il Marebonus sarà un incentivo efficace o se, invece, sarà uno strumento del tutto inapplicabile».
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