- Filt Cgil ha ribadito la propria assoluta contrarietà all'effettuazione di operazioni in autoproduzione nei porti. In nuovo no espresso dall'organizzazione sindacale giunge dopo che il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, con sentenza pubblicata lunedì, ha respinto il ricorso presentato da Impresa Portuale Srl, la compagnia dei lavoratori portuali del porto di Trapani, contro l'Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale e la Capitaneria di Porto di Trapani volto a impugnare gli atti con cui l'ente portuale ha disciplinato l'attività di rizzaggio, derizzaggio, fardaggio e fissaggio dei carichi qualificandole come “servizi portuali” anziché come “operazioni portuali”, attività - quest'ultima - svolta nel porto di Trapani da Impresa Portuale ai sensi dell'art. 16 “Operazioni portuali e servizi portuali” della legge 84/94. Nel ricorso, infatti, Impresa Portuale ha specificato che l'AdSP del Mare di Sicilia Occidentale, nell'approvare il nuovo regolamento per il rilascio delle autorizzazioni di cui all'art. 16 della legge 84/94, ha incluso tra i servizi portuali anche le attività di “rizzaggio, derizzaggio, taccaggio” riferite agli autoveicoli e mezzi gommati da imbarcare o sbarcare, escluso le autovetture al seguito passeggeri; nonché, le attività di “fissaggio o fardaggio delle merci”.
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- Il TAR, accogliendo l'eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla difesa dell'AdSP e della Capitaneria, ha stabilito che il ricorso è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse in quanto, con ordinanza n. 7 del 25 maggio 2018, l'ADSP aveva modificato il regolamento solo per il porto di Trapani, prevedendo una fase transitoria per le attività di rizzaggio e derizzaggio di rotabili e autovetture su navi ro-ro e, in particolare, i termini di entrata in vigore dello stesso regolamento, nelle more del rilascio delle autorizzazioni in applicazione del nuovo regolamento. “Invero, come reso noto dalla difesa erariale - hanno osservato i magistrati nella sentenza - la ricorrente è stata autorizzata per i servizi portuali di rizzaggio, derizzaggio nel porto di Trapani, venendo meno, in tal modo, il regime transitorio dettato nelle more del rilascio delle nuove autorizzazioni”.
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- Tuttavia, nella sentenza, il TAR ha preso in esame anche quella che definisce “la questione centrale, attorno alla quale sono state articolate le doglianze avverso il regolamento, con specifico riguardo alla qualificazione giuridica delle attività di rizzaggio e derizzaggio”. Nel provvedimento il tribunale, rilevando che Impresa Portuale sostiene che “tali attività fanno parte delle operazioni di 'imbarco, sbarco, movimentazione merci e automezzi', evidenziando di avere sempre svolto tali attività in quanto ricomprese nell'autorizzazione all'esercizio delle “operazioni portuali”, ha stabilito che “il ricorso, così come prospettato, non è fondato”.
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- Spiegando perché il collegio dei magistrati ha valutato l'infondatezza del ricorso, nella sentenza, rifacendosi alle disposizioni della legge 84/94 nonché dei decreti ministeriali n. 132 del 6 febbraio 2001 e n. 585 del 31 marzo 1995 e del decreto legislativo n.272 del 27 luglio 1999, il Tribunale Amministrativo Regionale ha precisato che il collegio, dall'esame di questa normativa, ha osservato che “emerge che le attività di rizzaggio e derizzaggio sono attività prese in considerazione dal legislatore, e disciplinate anche in quanto funzionali alla sicurezza della navigazione. Ora, sebbene l'art. 16, co. 1, ricomprenda nell'ambito delle operazioni portuali “il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale” - si legge nella sentenza - ad avviso del collegio il rizzaggio e il derizzaggio rientrano tra le attività specialistiche - rispetto alle operazioni portuali di cui all'art. 16, co. 1, della l. n. 84/1994, costituenti un numerus clausus - non necessariamente connesse al ciclo delle operazioni portuali in relazione al movimento delle merci. Deve in particolare rilevarsi - prosegue la sentenza - che il rizzaggio non può essere ricondotto sic et simpliciter alle operazioni portuali, in quanto tale attività specialistica è attività necessaria, ma a carattere eventuale, poiché non tutte le operazioni di movimentazione merci richiedono l'attività di rizzaggio: si pensi, per esempio, al carico delle merci alla rinfusa, il quale si effettua senza rizzaggio. Inoltre, per quanto già rilevato anche tenendo conto della specifica normativa, il rizzaggio e il derizzaggio - a differenza della mera movimentazione delle merci - non si caratterizzano solo per l'aspetto economico, ma anche per il profilo della sicurezza della navigazione; sicché, tali attività specialistiche non possono essere considerate alla stregua di attività libere, come tali implicitamente ricomprese nel carico e scarico e nella movimentazione merci. Deve anche osservarsi che, a volere seguire la tesi di parte ricorrente, tali peculiari attività sostanzialmente perderebbero la loro autonomia rispetto alle operazioni portuali, dalle quali non sarebbero differenziate, restando prive di una specifica regolamentazione; laddove, proprio i rilevanti profili della sicurezza - quali evincibili dal complessivo quadro normativo su riportato - impongono il rilascio, da parte dell'Autorità, dell'autorizzazione a ciascuna impresa che voglia effettuare tali attività; con conseguente necessità, per tutte le imprese operanti nell'ambito portuale, di indicare, nelle istanze di autorizzazione, per quali specifiche attività chiedono di essere abilitate, nella considerazione che l'Autorità deve valutare i profili della sicurezza della navigazione e dell'approdo”.
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- Inoltre nella sentenza si sottolinea che, “come rilevato anche dal giudice di appello, '…Consegue da quanto sopra che, in materia portuale, le prestazioni possono essere qualificate come specialistiche, se caratterizzate da una particolare competenza tecnica per loro natura nautica (pilotaggio, rimorchio, battellaggio, ormeggio) o per la tipologia delle prestazioni rese dal concessionario fornitore per la sicurezza stessa delle lavorazioni (quando si inseriscono in un unico ciclo produttivo integrato del servizio di trasporto), mentre la complementarità e l'accessorietà consistono nel fatto che i servizi portuali, pur essendo attività distinte da quelle facenti parte del ciclo delle operazioni portuali ma in ruolo servente a queste, devono essere funzionali al proficuo svolgimento del ciclo stesso contribuendo a migliorarne la qualità in termini di produttività, celerità e snellezza, o devono essere necessari per eliminare residui o conseguenze indesiderate delle operazioni portuali (di regola, d'interesse generale quali gru di banchina, rizzaggi, movimentazione dei container e loro spuntature, pesatura e controllo di sigilli, bunkeraggio, approvvigionamenti per la nave, raccolta dei rifiuti, espletamento di adempimenti doganali, nel genere consistenti in attività rivolte a coprire l'intero ciclo dei servizi richiesti da una nave in funzione del miglior espletamento delle operazioni portuali)….'”
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- “Pertanto - prosegue la sentenza del TAR per la Sicilia - nella consapevolezza delle specifiche caratteristiche delle attività in interesse - del resto, in passato assimilate ai servizi tecnico nautici - il rizzaggio e il derizzaggio si possono ricondurre alla disciplina dei servizi portuali, in quanto strettamente connessi (ove necessari in funzione della tipologia di operazione) al ciclo delle operazioni che si svolgono nel porto, e aventi, oltre alle su rilevate finalità pubblicistiche involgenti importanti profili di sicurezza, anche un aspetto economico e, pertanto, necessariamente subordinate al potere autorizzativo dell'Autorità Portuale. Appare, pertanto, coerente con il quadro normativo di riferimento che il gravato regolamento adottato dall'AdSP abbia disciplinato il rizzaggio e derizzaggio di autoveicoli e mezzi gommati includendoli tra i servizi portuali specialistici, venendo in rilievo un complesso di attività finalizzate alla sicurezza della navigazione e dell'approdo in relazione al carico, scarico e movimentazione delle merci (e rotabili). Rientra, conseguentemente, nella discrezionalità dell'Autorità Portuale il compito di individuare, in considerazione della situazione del porto, le attività riconducibili ai cosiddetti servizi portuali”.
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- Di differente avviso la Filt Cgil, secondo cui tale sentenza «non è a favore degli armatori, non sposta di una virgola l'attuale impianto regolatorio, né - ha precisato il sindacato - la nostra posizione e né tantomeno la nostra forza di contrasto ad una pratica inutile e dannosa per l'intera comunità portuale». «La pratica dell'autoproduzione - ha osservato la Federazione dei Trasporti della Cgil - confligge con l'interesse generale e impatta negativamente sul rispetto della sicurezza e dei diritti dei lavoratori portuali e marittimi. Tuttavia è noto che la legge la regolamenta nelle operazioni portuali e noi, in tali casi, siamo favorevoli al rispetto dei criteri che ne disciplinano la necessaria e obbligatoria autorizzazione. I presidenti delle Autorità di Sistema Portuale in coordinamento con le Capitanerie di porto hanno, quindi, il dovere di monitorare, verificare, controllare e, nei casi di violazione, sanzionare i trasgressori».
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- «Invece un problema che merita una riflessione più puntuale - ha concluso la Filt Cgil - è la scarsa volontà, l'incapacità o la poca autorevolezza delle AdSP nei confronti delle compagnie di navigazione che utilizzano la bieca arma del ricatto del trasferimento dei traffici da un porto ad un altro se non assecondati. Concedere l'autorizzazione all'autoproduzione viola la cosiddetta “Dockers Clause” presente nei contratti internazionali siglati dalla Federazione Internazionale dei Trasporti e dalle associazioni armatoriali mondiali».
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