- Il Regno Unito, nonostante le misure più decise per contrastare la diffusione del coronavirus sul suolo britannico annunciate ieri dal premier Boris Johnson, è ancora l'unica nazione europea a non aver assunto iniziative drastiche per imporre limitazioni alla circolazione dei cittadini al fine di contenere il contagio. Limitandosi, come ha fatto ieri il primo ministro, a suggerire a coloro che manifestano sintomi, come febbre alta e tosse persistente, e ai loro familiari di restare a casa e agli altri di non effettuare viaggi non necessari, il Regno Unito - tranne il suo governo, che anche in questo caso non manifesta timori - sembra continuare ad essere più preoccupato per gli effetti dell'uscita della nazione dall'Unione Europea che ha avuto effetto lo scorso primo febbraio.
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- O almeno questa è l'impressione suscitata dalla poca attenzione che il settore britannico della logistica e di trasporti rivolge all'emergenza COVID-19, non rendendosi conto - sembra - del potenziale devastante impatto del problema sanitario sulle aziende del comparto. Settore d'oltremanica che teme piuttosto l'isolamento dell'isola e le conseguenze che ne deriveranno se il Regno Unito non otterrà risultati positivi dalle trattative prossime ad avviarsi sui rapporti tra l'UE e il Regno Unito, che da parte di Bruxelles mirano a concordare un accordo di libero scambio.
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- La Freight Transport Association (FTA), che rappresenta gran parte delle aziende britanniche dei trasporti e della logistica, si è sinora mostrata meno preoccupata rispetto alle altre corrispondenti associazioni europee, degli effetti dell'epidemia sugli operatori del settore, ma non risparmia esortazioni al proprio governo affinché i negoziati con l'UE in materia di scambi bilaterali dopo la Brexit non vengano sottovalutati e, in particolare, vengano tenute in conto le prioritarie necessità dell'industria della logistica.
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- L'ultima sollecitazione è giunta oggi. «Le aziende associate alla FTA - ha sottolineato Pauline Bastidon, responsabile per le politiche europee della Freight Transport Association - hanno la responsabilità di assicurare che le attività, l'industria, le case e le scuole del Regno Unito siano approvvigionate con i prodotti essenziali di cui hanno bisogno per funzionare. Senza un accordo sui trasporti, alla fine del periodo di transizione (che terminerà il prossimo 31 dicembre, ndr), dovremmo affrontare pesanti restrizioni ai movimenti logistici, con solo un numero molto limitato di permessi per accedere al mercato dell'UE, servendo meno del 5% del traffico attraverso il Canale della Manica, disponibili per gli operatori nell'ambito delle autorizzazioni CEMT».
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- Bastidon ha evidenziato che gli associati alla FTA «si attendono significativi cambiamenti alla fine del periodo di transizione». «Senza garanzie per il trasporto delle merci per via stradale, ferroviaria ed aerea - ha aggiunto - i nostri associati e i loro colleghi dell'UE semplicemente non saranno in grado di operare attraverso le frontiere senza drastiche restrizioni. Un accordo per i trasporti - ha rilevato la rappresentante della Freight Transport Association - non è un lusso, è assolutamente vitale e chiediamo ai negoziatori di assegnargli priorità nelle trattative sulle future relazioni al fine di evitare il baratro».
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- Inoltre la FTA ha accusato il governo di Londra di non aver fatto molto per far sì che le aziende siano pronte ad affrontare la Brexit, ed ora le aziende - ha precisato Bastidon - si trovano di fronte ad una realtà che è molto diversa da quella che si erano preparate ad affrontare nel 2019. «Il governo - ha aggiunto la responsabile per le politiche europee della FTA - deve riconoscerlo, fornire dettagli operativi e fare chiarezza nel più breve tempo possibile e lavorare con l'industria per assicurare che la preparazione possa essere il più adeguata possibile, con interruzioni minime al flusso delle merci. Inoltre nei negoziati il governo deve fare la sua parte dando priorità ai settori, come i trasporti, per i quali un accordo è assolutamente essenziale. Non farlo potrebbe mettere a rischio le catene di approvvigionamento».
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- Catene di approvvigionamento che, come altri Paesi europei si stanno accorgendo, in questi giorni vengono poste a rischio da una crisi che purtroppo non è possibile affrontare per via negoziale.
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